4
L’opinione pubblica francese e l’Italia 
 
L’Italia suscita in Francia un interesse sempre maggiore. Sono diverse le 
opere di storici e studiosi italiani e francesi che si occupano del “caso 
italiano”. La facoltà di Sciences Politiques, la nostra Scienze Politiche, 
dell’università di Parigi organizza incontri, seminari e pubblica volumi sul 
nostro paese. Perché? 
L’interesse va al di là della vicinanza geografica o di tradizioni intellettuali, 
ma tocca in primo luogo la politica. L’Italia politica è un “caso da studiare”, 
fa riflettere.  
Tutti i cliché sul “Bel Paese” e sulla “Dolce Vita” vengono accantonati 
quando si parla di politica. L’Italia è un paese complicato e un po’ bizzarro 
secondo i nostri vicini francesi, è un paese che racchiude in sé talmente 
tante contraddizioni che è difficile da decifrare. E’ vero, gli italiani sono i 
creativi, i francesi sono più razionali e metodici. Lo si può facilmente 
osservare anche all’università, dove i metodi di studio sono completamente 
opposti. Ma è proprio questa creatività che li affascina, e allo steso tempo 
inquieta. L’Italia è il paese della sperimentazione, soprattutto in politica. Ma 
è allo stesso tempo il paese dalla crisi permanente, dell’anomalia e della 
democrazia imperfetta.  
All’inizio queste etichette mi sembravano vuote e prive di significato. Poi 
ho deciso di scoprirne il senso. Seguendo i fatti che hanno fatto la storia 
politica italiana recente, dagli inizi degli anni ’90, quando sembrava che 
stesse avvenendo la vera svolta storica dalla Prima alla Seconda Repubblica, 
fino al 2001, con l’inizio dell’attuale legislatura. Un decennio di avvenimenti 
seguiti però attraverso uno sguardo esterno.  
Per far questo mi sono servita di uno strumento d’analisi ineguagliabile: il 
giornale. Il giornale come fonte storica, per una ricerca orientata a ricostruire 
aspetti importanti della vita politica, economica e sociale del nostro paese. 
Un quotidiano che si rivolge ad un pubblico generico, che nonostante 
costituisca inevitabilmente il punto di vista di una parte della società 
francese, non ha una circolazione limitata a quel gruppo, ma aperta a tutti. 
Inoltre è uno di quei quotidiani considerati “di qualità”, che forniscono 
 5
informazione e commento piuttosto che intrattenimento. Infine, è il 
quotidiano con la maggiore diffusione, considerando il numero di lettori, in 
tutta la Francia. E’ proprio quel giornale che tutti i parigini leggevano sul 
metrò.  
Le Monde ha infatti un’influenza notevole sui quadri politici e culturali 
della Francia, e probabilmente dell’intera Europa. Si può dire allora che 
influenzi l’opinione pubblica, se non europea ma almeno quella francese? 
Le Monde ha una storia particolare, e negli ultimi tempi ha fatto molto 
parlare di sé. Per il potere enorme che esercita sulla società, che molti hanno 
definito addirittura eccessivo, accusandolo di “abuso di potere”.  
Ma la questione dell’opinione pubblica nasce molto prima, e non dipende 
direttamente da un quotidiano o dall’altro, ma dal fatto che chi scrive su un 
giornale inevitabilmente da un’interpretazione della realtà e dei fatti. Questa 
interpretazione è l’opinione diffusa ai vertici del potere politico o nasce dalle 
masse, dal popolo, e poi viene adottata dai gruppi dominanti?  
Il primo che ha tentato di dare una definizione esaustiva di “opinione 
pubblica” è stato Walter Lippmann, nel 1921. Il giornalista statunitense 
parla di un  <<ambiente invisibile>>, costituito dalle immagini della realtà 
che vengono trasmesse dai mezzi di comunicazione. L’individuo non conosce 
direttamente la realtà che sta fuori dal suo campo visuale, bensì attraverso 
queste immagini.  “Le immagini in base a cui agiscono gruppi di persone o 
individui che agiscono in nome di gruppi, costituiscono l'Opinione Pubblica con 
le iniziali maiuscole” 
1
. Definizione ancora attuale, che ha costituito la base di 
partenza anche per analisi più recenti. 
Gli storici che hanno studiato i sistemi democratici di tipo parlamentare, 
ad esempio, hanno identificato generalmente l’opinione pubblica con le 
opinioni prevalenti nella maggioranza parlamentare, ma più spesso con 
quelle prevalenti all’interno della stampa politica.  
Le Monde quindi rientrerebbe in questa seconda ipotesi, non solo in 
quanto esempio perfetto di stampa politica, ma per le sue caratteristiche 
particolari, in quanto attore politico in sé. Le opinioni espresse sulle sue 
colonne, infatti, rispecchiano quelle di una lobby della società francese, 
                                                 
1
 Walter Lippmann, L’opinione pubblica, (prefazione di Nicola Tranfaglia, traduzione di 
Cesare Mannucci), Donzelli Editore, Roma, 1999.  
 6
costituita dalla borghesia intellettuale moderna. E spesso si oppongono 
anche duramente a certe scelte del potere politico, soprattutto a quello 
presidenziale, che in Francia è molto più forte che altrove per la sua forma di 
governo. In questo modo verrebbero a formarsi, in Francia, due tipi distinti e 
a volte contrastanti di opinione pubblica. E quale dei due esprimerebbe 
meglio il modo di pensare della popolazione francese nella sua maggioranza? 
Probabilmente dipende molto dall’argomento in discussione. E questo è uno 
dei motivi per cui bisogna usare quest’espressione con molta cautela. Per 
quel che riguarda però l’immagine che in Francia si ha dell’Italia, mi sentirei 
di dire che il pensiero espresso dal potere politico in quanto tale non 
differisce di molto da quello espresso dalla stampa politica. Sicuramente il 
primo è per definizione maggiormente “politically correct” del secondo, meno 
sbilanciato nelle critiche, ma perché la sua posizione lo impone. La stampa 
francese invece, e in particolare Le Monde, non si è mai risparmiata 
nell’esprimere giudizi e critiche, ma anche dal prendere come modello ciò che 
invece il nostro paese offriva di migliore. Negli ultimi dieci anni l’Italia è stata 
esempio da seguire ma anche modello di tutto ciò che in politica bisogna 
evitare. La mia analisi si propone di scoprire dove e come siamo stati 
l’esempio e dove e come abbiamo sbagliato. Sicuramente un punto di vita 
non racchiude pienamente la realtà dei fatti, e come tale deve essere preso in 
considerazione. Ma è indubbiamente utile per mettersi sempre in 
discussione e mirare a migliorarsi. In una tensione permanente verso 
l’ideale.  
 7
Parte prima 
Le Monde: journal de référence  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le Monde appartient à ceux qui le font,  
à ceux qui le lisent ou a ceux  
qui l’ont aidé quand il était en péril. 
 
(“Le Style du Monde”) 
 8
La stampa quotidiana di qualità è in crisi. La nostra società gli sta 
togliendo l’aria e cambiando la natura del suo essere. L’importanza della 
velocità della notizia, dell’istantaneità, del tempo reale fa sì che media come 
la televisione e internet abbiano maggior successo anche nell’universo 
storicamente cartaceo del giornalismo. La superficialità delle immagini 
diverte di più della profondità delle parole scritte, è più facile da seguire, più 
adatta ai tempi frenetici a cui siamo abituati. Questo succede in quasi tutti i 
paesi occidentali. Ci si chiede allora quale sarà il futuro del giornalismo fatto 
d’inchiostro su carta, di parole che non hanno la capacità di cambiare sul 
foglio ma restano invariate nel tempo. Svanirà nel nulla o ritornerà ed essere 
un giornalismo d’élite? La sua tradizione nella nostra cultura è importante, 
ma la sua presenza è ancora necessaria, il quarto potere è ancora nelle mani 
della stampa? Riesce ancora un quotidiano a riflettere l’intera opinione 
pubblica di un Paese? 
Ci sono quotidiani che ne sono ancora capaci. Sono considerati come delle 
istituzioni nazionali e punti di riferimento a livello internazionale, strumenti 
d’informazione indispensabili in una democrazia moderna.  
 
“Le Monde” è uno di questi. Il quotidiano francese, per molti secondo solo 
al “New York Times”, rappresenta per il suo paese, ma anche a livello 
internazionale, il giornale di riferimento. Un “journal de référence”. Il suo 
peso nella società francese è innegabile, perché è il solo quotidiano 
“indispensabile”, quello che tutti i cittadini -che lo amino o lo detestino- non 
possono permettersi di ignorare, in una democrazia d’opinione qual è la 
Francia. Le Monde è potente, e la sua potenza gli deriva dall’indubbia qualità 
della sua informazione. “Le Monde ha assicurato la coerenza e l’intelligenza 
delle scelte della società francese contemporanea” scrive Jacques Thibaud, 
ambasciatore di Francia, nell’opera che gli dedica 
2
.  
La sua potenza è tale da attirarsi anche varie critiche, soprattutto negli 
ultimi anni e con l’ultima sua direzione. Ma oltre alla sua arroganza e al suo 
rigore, entrambe incontestabili, è il suo rapporto senza equivalenti con la 
Francia, il suo Stato e le sue élite che spiega il posto particolare che occupa. 
                                                 
2
 Jaques Thibaud, Le Monde 1944-1996. Histoire d’un journal, journal dans l’histoire. Plon, 
Parigi, 1996.  
 9
In una parola, è la sua posizione nei riguardi della politica che ne fa un caso 
eccezionale. Inoltre, la sua egemonia intellettuale e il suo peso politico gli 
derivano indubbiamente anche dalla sua storia. Una storia particolare, fatta 
di grandi figure che si susseguono come direttori e di un rapporto con il 
potere che oscilla sempre tra il compromesso e l’indipendenza.  
 10
Capitolo primo 
Storia del quotidiano che “fa la storia” 
 
 
1.1 
Le origini e i valori 
Le Monde nasce nel 1944, lo stesso anno della liberazione della Francia 
dall’oppressione nazista, per volontà del generale De Gaulle. A capo della 
nuova Francia libera, il generale volle ridonare una voce ufficiale e potente al 
paese, seria e credibile, una voce destinata a restaurarne la grandezza. Dopo 
la seconda guerra mondiale infatti, tutti i quotidiani collaborazionisti 
vennero soppressi, e tra questi anche il liberale “Le Temps”. Le Monde ne 
raccolse l’eredità, giornalistica e materiale. Come direttore fu scelto Hubert 
Beuve-Méry, ex-corrispondente a Praga del Temps.  
Le Monde nasce quindi per volontà del potere politico, come la “voce della 
Francia”, anche se da subito è chiara la sua volontà di rimanerne 
indipendente, per preservare la credibilità. Nonostante ciò Beuve-Méry 
assume il suo compito come un “dovere civico”, un modo di partecipare alla 
ricostruzione nazionale e morale. I principi del nuovo quotidiano sono subito 
chiari: l’eredità cattolica e liberale del XIX secolo, la concezione di un 
giornalismo d’èlite e  lo spirito scientifico proveniente dall’Illuminismo. 
Diventa presto un’istituzione, seguendo il percorso storico della Francia 
verso la modernizzazione. Nei suoi primi anni, l’organo “intellettuale” della 
borghesia francese, contribuisce infatti ad assicurare la coerenza ideologica, 
culturale ed etica dell’intera società. Inserito nella storia, ne diventerà presto 
anche artefice.  
 
Gli anni ’50 sono anni difficili, in cui il quotidiano di Beuve-Méry deve 
affrontare una crisi interna causata da divergenze sulla linea editoriale da 
tenere nei riguardi della politica estera. Sono infatti gli anni della guerra 
fredda, dove anche un quotidiano che si è da sempre dichiarato esterno a 
qualsiasi potere fa fatica a non schierarsi. Ma la fermezza del suo direttore 
getta le basi per un’indipendenza che durerà almeno fino alla fine degli anni 
’60. Le Monde difende infatti una posizione decisamente neutrale nei 
 11
confronti di Usa e Urss, schierandosi a favore di una terza forza, quella 
europea. Beuve-Méry viene accusato di essere autoritario e anti-americano 
dalla stessa redazione, in particolare da due giornalisti, ma alla fine la sua 
posizione risulterà essere la più coerente.  
Si può dire quasi che Le Monde sia stato fondato due volte: nel 1944, come 
servizio pubblico nazionale e nel 1951, durante le elezioni in Francia, come 
quotidiano indipendente dal potere politico.  
Questa nuova posizione risulta chiara anche analizzando la linea adottata 
nei riguardi di un altro avvenimento che sconvolse la Francia in quegli anni: 
la guerra d’Algeria. Il quotidiano nei suoi primi anni di vita si era sempre 
schierato a favore della colonizzazione, considerandola come un atto di 
civilizzazione. Indubbiamente l’eredità cattolica e la vicinanza al potere di De 
Gaulle si facevano notare. Negli anni ’50, durante la sanguinosa guerra 
d’Algeria, la linea editoriale adottata è decisamente differente. Viene 
pubblicato un rapporto tragico della guerra, dal quale ne emergono soltanto 
gli orrori e non più la missione civilizzatrice del popolo più sviluppato. E’ 
proprio in questi anni che Le Monde diventa un’istituzione, capace di opporsi 
al potere e di denunciarne gli abusi. Ma è anche vero che nel quotidiano di 
Beuve-Méry prevale comunque un sentimento d’interesse superiore del 
paese che impone, in una certa misura, una nozione d’appartenenza e di 
responsabilità. Non ancora un vero “contro-potere” quindi, come invece 
diverrà più tardi.  
 
 
1.2 
Le Monde affronta la storia 
Il 1968 costituisce per il mondo intero una svolta storica. Il quotidiano 
francese, con il nome che porta e il ruolo che ormai è chiamato a giocare, 
non può rimanerne indifferente. Infondo un giornale deve essere rivelatore di 
una società, e deve renderne conto. Parigi è sconvolta dalle rivolte 
studentesche e Le Monde diventa il loro portavoce. Le sue pagine sono colme 
di bollettini e comunicati, tutte le ricette per fondare una nuova società. La 
sua redazione diventa un bastione, difeso giorno e notte contro gli attacchi 
dei gruppi di estrema destra. E’ la prima volta che si schiera apertamente, e 
 12
lo fa in disaccordo con il suo direttore, che durante le rivolte è ancora 
bloccato in Madagascar. Al suo ritorno la reazione sarà dura, Beuve-Méry 
tenterà di mettere fine al disordine generale. Ma ormai nulla sarà più come 
prima e il quotidiano comincia ormai a cambiare epoca. Nel 1969 infatti il 
generale De Gaulle si dimette, e poco dopo anche Hubert Beuve-Méry va in 
pensione. Con la partenza dei due patriarchi una pagina, della Francia e di 
Le Monde,  viene definitivamente archiviata.  
 
Con il nuovo direttore, Jaques Fauvet, proveniente dal MRP (Movement 
Républicain Populaire), il quotidiano subirà una svolta decisamente verso 
sinistra. Le Monde si allontana definitivamente dalla concezione originaria di 
“servizio pubblico”, non lo sarà mai più, e inizia a concepirsi nella cultura 
più militante del confronto politico. Negli anni ’70 molta attenzione è 
dedicata alle questioni sociali, come l’educazione, la giustizia e le libertà 
individuali. Ma con Fauvet, che aveva per molto tempo diretto il settore 
politico, il quotidiano si politicizza inevitabilmente. Si oppone da subito alla 
concentrazione di potere nelle mani di un Presidente, l’aveva fatto con De 
Gaulle e lo ripete con Pompidou. Ma la vera svolta è con le elezioni del 1973. 
Dopo estenuanti discussioni di redazione la decisione è presa, ed è 
rivoluzionaria: Le Monde si schiera dalla parte di François Mitterand, 
esponente della sinistra francese, sebbene non riconoscendone la politica 
economica. Verrà eletto però il suo avversario, Valéry Giscard d’Estaign. 
Quello che molti criticano però è il suo sbilanciamento, che abbandona 
definitivamente il principio d’indipendenza dal potere politico, per anni difeso 
coraggiosamente.  
Nonostante ciò questi sono gli anni d’oro per Le Monde. Il quotidiano vanta 
numerosi nuovi supplementi, un aumento di lettori considerevole, 
soprattutto da parte degli studenti, e il più alto livello di diffusione dalla sua 
fondazione, che gli fa guadagnare il posto di terzo quotidiano francese, dietro 
solo a Ouest-France e France-Soir. Sono anche, non ne avevamo dubbi, gli 
“anni gloriosi” della Francia.  
Ma il suo peso politico comincia a farsi un po’ ingombrante. Arrivano 
infatti le prime critiche in merito alle scelte editoriali, perché in quanto 
 13
istituzione e organo di referenza-riferimento per l’informazione nazionale, 
deve essere riportato sul giusto cammino. 
 
Gli anni ’80 invece segnano un primo declino, una prima lunga crisi del 
quotidiano. Nel 1982 finisce il mandato di Fauvet e bisogna trovare un  
successore. Le consultazioni iniziano due anni prima, ma la scelta non si 
rivela facile. La società dei redattori, principale azionario con il 40%, è 
chiamata a proporre un candidato. E’ la prima volta che una tale 
responsabilità incombe sulla redazione di un grande giornale. Alla fine, 
Claude Julien, redattore capo di Le Monde diplomatique, supplemento 
mensile del quotidiano, ottiene la maggioranza dei voti e viene nominato 
gerente. Ma a causa di un conflitto con la redazione abbandonerà subito il 
suo ruolo. Un comitato di “saggi” allora propone il nome di André Laurens, 
vice direttore del servizio pubblico, che diventa direttore capo e gerente 
unico. Ma la situazione che eredita è molto difficile, soprattutto sul piano 
economico. Le sue scelte inoltre non sono mai sostenute dalla redazione, e 
questo lo porta alle dimissioni già nel dicembre del 1984. Sono anche gli 
anni dell’elezione di Mitterand (1981), che Le Monde aveva sostenuto, le cui 
pressioni sul quotidiano si fanno sentire e sembrano dare molo fastidio alla 
redazione, tanto che in futuro assumerà una linea molto dura nei suoi 
confronti.  
Nel 1985 viene nominato nuovo direttore André Fontaine, che dal 1947 
era a capo del settore dedicato alla politica estera. Inizia una fase di rilancio 
economico che comporta la vendita dello storico immobile in rue des Italiens, 
la diminuzione di personale e salari e la ricerca di finanziamenti esterni da 
banche e grandi imprese. Quest’ultimo aspetto ha conseguenze negative 
anche sulle scelte editoriali, che ne vengono inevitabilmente influenzate. Ciò 
divide la redazione. Viene anche fondata una società esterna alla SRL, la 
Società dei lettori di Le Monde, sotto la presidenza di Alain Minc. Tutto ciò 
porta, alla fine degli anni ’80, ad un miglioramento economico, che però avrà 
vita breve.  
Una nuova crisi, infatti, si profila agli inizi degli anni ’90. Sul piano 
redazionale Le Monde riconquista terreno e credito nei confronti dei lettori 
grazie ad un grosso scoop che pubblica in quegli anni, e che renderà famoso 
 14
il quotidiano per il suo “giornalismo d’investigazione” alla Watergate, nel 
bene e nel male. Nel 1985, infatti, Rainbow Warrior, la nave del movimento 
ecologista Greenpeace, esplode nella baia d’Auckland in Nuova Zelanda, 
proprio mentre tenta di impedire i test nucleari francesi nel Pacifico. La 
Francia e il suo governo è subito sospettata, nessuno dubita della sua 
implicazione ma mancano le prove della colpevolezza. Le Monde, e in 
particolare due giornalisti, Edwy Plenel e Bertrand Le Gendre, dedicano una 
vera inchiesta a quanto accaduto. Ma soprattutto rivelano l’implicazione di 
un gruppo di militari francesi, senza però avere prove sicure. Le intuizioni si 
riveleranno fondate, ma la storia ha il sapore dello scoop rischiato. Inoltre il 
quotidiano si schiera in questo modo decisamente contro il potere politico e 
contro il Presidente Mitterand. E’ l’inizio del suo “contro-potere” e soprattutto 
del suo “anti-mitterandismo”. Negli anni ’90 infatti, sebbene non si schieri 
apertamente né a destra né a sinistra, fonda la sua identità politica su due 
pilastri: l’ostilità verso i Presidenti eletti a suffragio universale e la denuncia 
di tutti i “populismi” e della demagogia in politica.  
 
Nel 1991, dopo diversi mesi di dibattiti interni, viene designato nuovo 
direttore Jaques Lesourne, tecnico e professore di economia, vice presidente 
della Società dei lettori. E’ la prima volta che gli associati non giornalisti, 
sotto le pressioni di Alain Minc, impongono un direttore non proveniente 
dalla redazione ma dall’esterno. E’ comunque un avvenimento storico, poiché 
i giornalisti stessi riconoscono la loro incapacità di governarsi. Inizia così 
anche l’indebolimento della Società dei redattori. Lesourne però non durerà 
che due anni, perché l’incredibile crisi della pubblicità del 1993 lo 
costringerà a dimettersi.  
Nel 1994 gli succederà Jean-Marie Colombani, da anni redattore capo del 
servizio politico. Direttore di redazione: Edwy Plenel, all’apice del suo 
successo dopo l’affare della Rainbow Warrior. L’entrata in scena del trio 
Colombani-Plenel-Minc segna l’inizio di una vera rivoluzione per il giornale. 
Un “nuoveau Monde” si profila all’orizzonte.  
 
 
 
 15
1.3 
Un “Monde” meilleur 
Jean-Marie Colombani, nella sua lettera a redattori, azionisti e salariati
3
, 
ma anche ai lettori, spiega chiaramente il suo piano d’azione, che si sviluppa 
su tre pilastri. 
1. Rinnovare  
Rinnovare il contenuto, facendo in modo che diventi indispensabile. 
Come? Con l’anticipazione, la riflessione critica e la rivelazione, il 
saperne di più.  
2. Gestire 
Importanza del ruolo del gerente per creare unità intorno ad un 
obiettivo comune, doveroso per questo il dialogo con il direttore di 
redazione. Una gestione di tipo sociale. 
3. Rifondare 
Costituire un comitato per le strategie a medio termine. 
Viene creata anche la figura del “mediatore”. Le Monde è il primo e unico, 
per ora, quotidiano in Francia ad offrire ai suoi lettori questo servizio. Il 
mediatore, infatti, rende pubbliche e commenta le opinioni critiche dei 
lettori, stabilendo un dialogo ideale tra lettori e redazione. 
Il cinquantenario della nascita del quotidiano viene sfruttato per rilanciare 
un nuovo Le Monde, che preserva la vecchia identità ma mostra una nuova 
indipendenza.  
Il primo numero della nuova formula compare nelle edicole il 2 gennaio 
1995. Non si tratta di fare un nuovo giornale, dichiara il suo direttore, ma 
“un Monde migliore”, ovvero un mondo migliore. L’informazione deve essere 
maggiormente gerarchizzata, l’impaginazione più dinamica, con un nuovo 
carattere più leggibile e gradevole. Sono create inoltre nuove sezioni con lo 
scopo di separare chiaramente l’informazione dal commento e dall’opinione. 
Il successo tra i lettori è immediato e le vendite aumentano. Un successo 
editoriale e finanziario che verrà confermato nel 1997, quando redazione e 
amministrazione si riuniranno di nuovo nell’immobile dove ancora risiedono, 
in rue Claude Bernard, nel 5° arrondissement di Parigi. Le Monde ne 
                                                 
3
 Jean Marie Colombani, Défis, Le Monde 6-7 marzo 1994. 
 16
guadagna sicuramente in coesione. I due anni seguenti, caratterizzati dalla 
crisi della stampa francese, per Le Monde saranno invece positivi, portandolo 
a diventare il primo quotidiano francese in termini di numero di lettori. Nel 
1999, infatti, viene creata anche una filiale dedicata ad internet del 
quotidiano: Le Monde Interactif. Il quotidiano in rete diventa un vero portale 
interattivo: www.lemonde.fr. E’ il segno dell’adeguamento alla nuova società, 
preservando però sempre la tradizione cartacea che è la sua forza e il suo 
motore. Nel 2000 Colombani viene rieletto per il suo secondo mandato e 
l’anno seguente ancora nuove modifiche verranno apportate per adattare il 
giornale ad un mondo in continuo mutamento. Ad esempio, una pagina 
quotidiana verrà dedicata all’attualità dell’Unione Europea, dopo 
l’importante passaggio alla moneta unica. Una “rivoluzione di velluto”
4
: per 
non perdere i lettori tradizionali ma nemmeno la sfida con la modernità. Un  
giornale che conta e che è capace di dare il “la” ideologico ad un intero 
paese.  
 
 
1.4 
I principi e il “lato oscuro” 
Nel 2002 esce in Francia, al prezzo di soli 8 euro, la “Bibbia” di Le Monde
5
. 
Una pubblicazione edita dallo stesso quotidiano in cui sono ribaditi i suoi 
principi, la deontologia e il ritratto di un giornale che si considera lui stesso 
“di referenza”. Un libro di stile, insomma. “Le style du Monde” è una 
questione di metodo e di norme al servizio del giornalismo, come afferma il 
suo direttore nell’editoriale, paragonandolo forse un po’ arditamente a 
Esercizi di stile di Queneau. I suoi principi parlano d’indipendenza a 
qualsiasi tipo di pressione, di pluralismo e di difesa dei valori di libertà, 
uguaglianza e fratellanza. Il suo primo obiettivo è l’informazione, che deve 
essere originale, onesta ed equilibrata, e ben distinta dalle opinioni. Le 
Monde inoltre si impegna a rendere conto della diversità della società intera, 
e si impegna a porre i suoi lettori al centro delle sue preoccupazioni. 
                                                 
4
 Bernard Poulet, Le Pouvoir du Monde, La Découverte, Parigi, 2003. 
5
 Le Style du “Monde”, ed. Le Monde, Parigi, 2002