V
mera copia di un prodotto estraneo alla nostra realtà sociale bensì una 
declinazione diversa e ragionata di un unico schema di riferimento. 
Per comprendere appieno il concetto di stampa popolare è sembrato 
perciò in primo luogo opportuno, fatte le necessarie premesse 
terminologiche, presentare sinteticamente il panorama giornalistico 
straniero a confronto con la situazione italiana, evidenziando le possibili 
motivazioni alla base del vuoto di quotidiani popolari nel nostro Paese e 
presentando sinteticamente i prodotti ad essi in qualche modo affini, 
come la stampa periodica, quella sportiva e quella del pomeriggio. 
Si è proceduto in seguito con l’analisi dettagliata delle principali 
caratteristiche del popolare della Rizzoli, esaminandone tutti i numeri 
pubblicati, compresi i numeri-lancio diffusi nell’area-test di Pavia dal 18 
settembre al 9 ottobre 1979. 
Tra le tre edizioni della testata (Nazionale, Milano e Lombardia, Roma e 
Lazio), si è scelto di esaminare quella diffusa su tutto il territorio 
italiano, disponibile nelle copie microfilmate conservate alla Biblioteca 
Nazionale Braidense di Milano. E’ parso comunque opportuno non 
trascurare un esame sommario delle pagine milanesi (disponibili sempre 
alla Braidense nonché alla Biblioteca Sormani di Milano) là dove queste 
presentavano elementi di particolare rilevanza. 
Nell’analisi della testata si è cercato di soffermarsi specialmente sugli 
aspetti contenutistici e stilistici, analizzando tutte le pagine e le rubriche 
principali e scegliendo alcuni articoli esemplificativi degli stili di 
comunicazione adottati dal giornale. 
Per cogliere la varietà e la ricchezza informativa che caratterizza gli 
spazi fissi de L’Occhio, è parso inoltre opportuno riportare in appendice 
le schede di analisi di tutte le rubriche del quotidiano, con un’attenzione 
costante anche per la loro evoluzione nel tempo. 
 VI
Altro aspetto su cui si è focalizzata l’analisi del popolare sono i suoi 
elementi grafici, con particolare riferimento alle immagini fotografiche 
ed ai disegni. Per coglierne appieno le peculiarità e l’effettiva resa su 
carta (aspetti inevitabilmente andati in gran parte persi nel microfilm), si 
è reso necessario consultare le copie cartacee del giornale conservate 
nell’archivio storico della Rizzoli, dove è stato possibile anche 
fotografare parte del materiale illustrativo che correda la tesi. 
Nell’esame della testata si è cercato inoltre di evidenziare le eventuali 
evoluzioni grafiche, contenutistiche e stilistiche attraversate durante il 
suo non brevissimo periodo di pubblicazione, soffermandosi in 
particolare sulla svolta determinata dal passaggio di direzione da 
Maurizio Costanzo a Pier Augusto Macchi. 
L’analisi dettagliata del quotidiano, che caratterizza il capitolo più 
importante di questo lavoro, si conclude infine con un confronto 
puntuale con il principale modello straniero de L’Occhio: il britannico 
Daily Mirror. 
Per averne un’immagine chiara ed esaustiva è stato sufficiente l’esame di 
una settimana di pubblicazione, realizzato sui numeri originali in forma 
cartacea acquistati dal centro scozzese “Historic Newspapers”. La 
settimana scelta, dal 22 al 28 gennaio 1979, non assume chiaramente 
alcun particolare valore documentario, volendo rappresentare la 
situazione ordinaria della testata in un periodo in cui essa cominciava ad 
essere presa a modello dai progettisti de L’Occhio. 
I capitoli 2 e 4 completano infine il quadro di presentazione del popolare 
della Rizzoli, soffermandosi in primo luogo sulle caratteristiche generali 
e sulle strategie di marketing adottate dal giornale (prezzo, distribuzione 
ecc.) ed in secondo luogo sui momenti cruciali della sua “nascita” e della 
sua “morte”, anche con una costante attenzione per l’accoglienza ad esso 
 VII
tributata dagli altri quotidiani del nostro Paese, con una rassegna stampa 
che tiene conto dei diversi settori in cui essi si articolano (quotidiani 
d’informazione, del pomeriggio, di partito ecc.). 
La nascita de L’Occhio diventa così occasione per riconsiderare il 
panorama giornalistico italiano a fine anni ’70, nonché la situazione della 
casa editrice Rizzoli, sulla quale pesano all’epoca le ombre del 
fallimento e della P2. 
La “morte” del giornale solleva invece una serie di riflessioni circa gli 
errori di gestione commessi dai responsabili della testata ma soprattutto 
circa le indubbie difficoltà di affermazione attraversate dalla stampa 
quotidiana di taglio popolare nel nostro Paese. 
A questo proposito si è rivelata essenziale la consultazione di alcuni 
testi, a partire dai “classici” della storia del giornalismo, come i lavori di 
Paolo Murialdi e di Valerio Castronovo, fino a quelli più specifici sugli 
anni ’70 e sulla storia della casa editrice Rizzoli. 
Alcuni volumi mi hanno inoltre consentito di acquisire una maggiore 
competenza circa gli aspetti grafici e linguistici della stampa italiana, 
nonché circa il giornalismo dei Paesi stranieri, con particolare 
riferimento a quello popolare britannico. 
Per confrontare e verificare le mie impressioni sul giornale mi sono 
avvalsa infine della consultazione dei lavori su L’Occhio realizzati 
ormai, rispettivamente, venti e quindici anni fa (con taglio decisamente 
diverso) dagli studenti dell’Università Cattolica Maria Claudia 
Provvedini e Marco Varvello. 
A completamento delle informazioni acquisite con la consultazione di 
tale materiale bibliografico e dei periodici Prima Comunicazione e 
Numero Zero, si sono dimostrate infine fonte preziosa di riflessione le 
conversazioni con Maurizio Costanzo, Pier Augusto Macchi, Alberto 
 VIII
Tagliati ed Isabella Bossi Fedrigotti, rispettivamente direttori, 
vicedirettore e redattrice de L’Occhio. 
Tali interviste fanno perciò parte integrante della tesi, contribuendo ad 
alimentare la riflessione sulle potenzialità di mercato di eventuali nuovi 
quotidiani popolari nel nostro Paese. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio Isabella Bossi Fedrigotti, Maurizio Costanzo, Pier Augusto 
Macchi ed Alberto Tagliati per il tempo che mi hanno dedicato per le 
interviste. 
Ringrazio in particolar modo Pier Augusto Macchi ed Alberto Tagliati 
per la loro singolare disponibilità e per i loro preziosi consigli. 
Ringrazio inoltre Danilo Fullin, responsabile dell’archivio Rizzoli, per il 
materiale messo a disposizione. 
 1
CAPITOLO 1  
PER UNA DEFINIZIONE DEL GIORNALISMO 
   POPOLARE 
 
 
 
 
 
PREMESSA 
 
Parlare di giornalismo popolare comporta una serie di problematiche di 
non facile soluzione, a partire dal significato dello stesso termine 
“popolare”, che nella lingua italiana mantiene la duplice accezione dei 
termini anglosassoni “popular” (del popolo, accessibile a tutti, in 
rapporto con un consumo di massa) e “folk” (popolo inteso come 
nazione che condivide usi, costumi e tradizioni. Un chiaro esempio è la 
folk music, ben diversa rispetto alla pop music).  
Solo la prima accezione del termine viene però considerata nell’ambito 
del giornalismo, anche se ciò non elimina una ambiguità di fondo: 
giornale del popolo o giornale per il popolo?  
Il giornale popolare è prima di tutto il giornale letto da grandi strati della 
popolazione, perciò molto diffuso e quindi in sintonia con i gusti e le 
esigenze dei lettori.
1
  
Quest’ultimo aspetto chiama naturalmente in causa anche i giornali detti 
“di qualità”, nei quali non è raro trovare, specialmente a partire dagli 
anni ’80, elementi tipici del giornalismo popolare: semplificazione, 
 2
personalizzazione, orientamento al lettore, spettacolarizzazione, 
sensazionalismo.  
Il giornale popolare ha tuttavia il peculiare obiettivo di selezionare una 
serie di esigenze radicate in un gran numero di lettori, funzionando da 
interprete, strumento di conferma e riproduttore dei loro bisogni:  
«Popolare è tutto ciò che provoca un coinvolgimento emotivo perché fa 
appello ad un substrato di istinti, sentimenti, sensazioni, per lo più 
riducibili a “terrore, sorpresa, morbosità, compassione”, che si 
presuppone comune a tutti gli esseri umani, quasi un dato statistico a 
priori che non necessita verifiche. Per intenderci, la “razionalità” non è 
popolare.»
2
 
Per questo di solito i giornali popolari sono più conservatori che 
innovatori - essendo più forte nell’uomo il desiderio rassicurante del già 
noto - ed esplicitano un rapporto stretto con il loro pubblico, che si sente 
interpellato in prima persona e vede rispecchiata nella voce del giornale 
la sua stessa voce.  
Essi si collocano perciò in modo marcato entro l’immaginario collettivo, 
condizionandolo pesantemente, come dimostrano diversi episodi della 
recente storia britannica.
3
  
                                                                                                                                                                    
1
 Cfr.  GIUSEPPE RICHERI (a cura di), Un quotidiano “popolare”? , I Quaderni di Ikon, Franco 
Angeli Editore, Milano 1980,  p. 3. 
2
 Cfr. MARIA CLAUDIA PROVVEDINI, Il quotidiano per i non-lettori,  Tesi di Scuola Speciale 
Comunicazioni Sociali Università Cattolica Milano, A.A. 1979/80, p. 7. 
3
 Cfr. STEFANO MAGISTRETTI,  No Comment. L’organizzazione del consenso nella stampa 
britannica, Il Saggiatore, Milano 1978, pp. 43-45.  
 3
1.1  I QUOTIDIANI POPOLARI STRANIERI 
 
Quando si parla di giornalismo “popolare” si intende generalmente far 
riferimento ad un certo tipo di stampa periodica italiana ma soprattutto 
alla stampa quotidiana che negli altri Paesi Occidentali raccoglie il 
maggior volume di vendite delle case editrici. 
Per comprendere al meglio questo genere giornalistico è dunque 
opportuno richiamarsi alle caratteristiche dei principali quotidiani 
popolari stranieri, con particolare riferimento alla situazione di fine anni 
’70, cioè all’epoca del tentativo italiano de L’Occhio, ispirato 
principalmente al britannico Daily Mirror ed alla tedesca Bild Zeitung. 
  
 ξ  GRAN BRETAGNA: è il Paese in cui questo genere di giornalismo 
prospera maggiormente, potendo contare su una tradizione di ormai 
circa cent’anni. 
The Daily Mail, primo popolare inglese in senso stretto, nasce nel 
1896 grazie ad Alfred Charles William Harmsworth, meglio 
conosciuto come Lord Northcliffe. Da allora il giornalismo popolare si 
è sviluppato in modo continuativo, specialmente nei primi 
quarant’anni del secolo, contribuendo alla creazione di imperi di carta 
molto redditizi.
4
   
A fine anni ’70 i quotidiani popolari principali sono quattro e da soli 
costituiscono circa l’87% della tiratura quotidiana britannica: Daily 
Mirror (circa 4 milioni di copie), Sun (3,5 milioni), Daily Express (2,8 
milioni), Daily Mail (1,8 milioni).
5
  
Nel 1979 è nato anche il nuovo popolare Daily Star, che ha raggiunto 
                                                          
4
 Cfr. MASSIMO OLMI,   I giornali degli altri, Bulzoni Editore, Roma 1990, pp. 17-21. 
5
 Cfr. STEFANO MAGISTRETTI,   I quotidiani “popolari”: in Inghilterra, in G. RICHERI, op. cit.,     
pp. 83-85.  Cfr. anche S. MAGISTRETTI,   No comment, cit.,  pp. 2-9. 
 4
rapidamente un milione di copie, a conferma della solidità della 
tradizione dei pops in Gran Bretagna.  
Ci sono poi tre principali quotidiani “seri” (qualities), molto simili ai 
quotidiani italiani: Times (300.000 copie), Guardian (300.000 copie), 
Financial Times (180.000 copie). Infine il Daily Telegraph (1,3 
milioni di copie) è un ibrido tra popolare e quality paper. 
Mancano invece del tutto in Gran Bretagna i settimanali di 
informazione tipo Panorama o Der Spiegel, a testimonianza di una 
stampa periodica dalle dimensioni molto ridotte.  
Tutti i principali giornali del Paese sono editi a Londra ed 
appartengono a pochi grandi gruppi editoriali in mano a Press Lord 
quali Cecil King e Rupert Murdoch, impegnati in una strenua 
concorrenza giocata anche sul prezzo di vendita, che non è soggetto a 
forti vincoli da parte dello Stato. I  pops costano comunque circa la 
metà dei qualities, in quanto puntano ad un pubblico di ceto sociale 
medio-basso, costituito principalmente da operai e con una leggera 
prevalenza delle donne sugli uomini, anche se ogni testata si rivolge 
poi ad un target specifico, identificato sulla base delle tendenze 
politiche di fondo del giornale. 
La forte concorrenzialità di un mercato decisamente maturo ed ormai 
saturo di lettori stimola inoltre i pops ad una continua ricerca di 
iniziative ed argomenti spettacolari, allo scopo di sottrarsi il pubblico 
a vicenda.  
Al di là delle differenze tra le diverse testate, i quotidiani popolari 
britannici manifestano una  sostanziale uniformità di contenuti:  delle 
28-32 pagine in formato tabloid, lo sport occupa fino al 50% dello 
spazio, seguito dagli spettacoli, dalla cronaca nera e rosa, dalle 
rubriche fisse. Scarse sono le pagine di politica e quasi nulle quelle 
 5
sugli esteri.  
Il tutto è trattato in chiave sensazionalistica e personalistica, cercando 
di porre in rilievo i retroscena più o meno piccanti delle vicende. 
Queste caratteristiche sono sintetizzate al meglio nell’espressione 
“shock horror tits & bums” (shock orrore tette e culi) con cui si 
designa negli ambienti giornalistici la formula di Rupert Murdoch, 
miliardario australiano che ha rilanciato con pieno successo il Sun a 
partire dal 1969, salvandolo dall’ormai imminente chiusura e 
portandolo addirittura al sorpasso del prestigioso Daily Mirror. 
Non mancano naturalmente in questo impasto di contenuti delle chiare 
contraddizioni, in quanto se i pops tendono da un lato a criticare la 
corruzione morale del Paese, dall’altro non esitano a pubblicare foto di 
donne nude o seminude in terza pagina, accompagnate da frequenti 
articoli decisamente piccanti.  
Si tratta comunque, sotto l’aspetto professionale, di prodotti di alta 
qualità: il giornale è rigorosamente pianificato pagina per pagina, con 
grande attenzione anche per gli elementi grafici e linguistici.  
A quest’ultimo proposito va sottolineata l’importanza del ruolo dei 
subeditor, impegnati a riscrivere gli articoli firmati dai reporter per 
uniformarli ad un modello standard: brevi paragrafi di poche frasi 
concise, scanditi da più titoli grassettati; struttura linguistica semplice; 
linguaggio colloquiale e connotato emotivamente (e la lingua inglese 
si presta molto bene a frasi quasi sloganizzate).  
La grafica ha poi un’importanza particolare: vignette, fotografie, 
colore, titoli di scatola ecc. conferiscono ai pops una fisionomia 
decisamente lontana dai più tradizionali e seriosi qualities. 
Per un’analisi più specifica del quotidiano popolare Daily Mirror si 
 6
veda il paragrafo 6 del capitolo 3. 
 
 ξ  GERMANIA OCCIDENTALE:  l’aggettivo tedesco “popular” ha la 
duplice accezione di “preferito da molti” e di “aderente allo stato di 
coscienza di vasti strati della popolazione”.  
Principale quotidiano popolare tedesco, ma specialmente nella prima 
accezione del termine, è la Bild Zeitung, nata nel 1952 dal re della 
stampa tedesca Axel Springer e di immediato successo.  
A fronte di una tiratura di circa 200/300.000 copie dei principali 
quotidiani di qualità (Die Suddeutsche Zeitung, Die Welt ecc.), la Bild 
Zeitung vende ogni giorno a fine anni ’70 circa 4,7 milioni di copie 
(2,2 milioni per l’edizione domenicale), per un numero complessivo di 
11 milioni di lettori, il 27% della popolazione adulta.
6
  
Essa ha perciò suscitato in Germania vasti dibattiti tra studiosi ed 
intellettuali, discordi sulle ragioni del suo inquietante successo. La 
stessa casa editrice Springer ha reso noti nel 1968 i risultati di 
un’analisi del quotidiano realizzata da un istituto di ricerca incaricato 
dall’azienda stessa:  
«[...]assecondare i desideri e gli impulsi segreti dei lettori offrendo 
loro una certa dose di sensazione e di sesso, di sciagure e di delitti. Il 
lettore ha così la possibilità di soddisfare surrettiziamente le sue 
esigenze inconsce senza che questo metta in pericolo il suo equilibrio 
e la compagine sociale.[...]Il desiderio di molti lettori di un mondo 
ordinato, limpido e comprensibile - un mondo che si cerca e si trova 
nella Bild - racchiude in sé anche l’angoscia per questo mondo, che è 
incomprensibile senza l’aiuto di altri.[...]Fornendo al lettore una 
raccolta già ordinata e commentata di ciò che accade nel mondo - in 
 7
modo sintetico, pregnante e sicuro - la Bild dà la certezza consolante 
che si può ancora affrontare e comprendere questo mondo.»
7
 
Le ragioni di questo successo (peraltro condiviso da molte testate del 
gruppo, che spesso adottano formule giornalistiche alquanto 
discutibili) sono certamente molteplici, a cominciare dall’abilità 
imprenditoriale di Springer, evidente nell’accorta politica dei prezzi 
(la Bild Zeitung costa nel 1979 50 Pfennig ed è il quotidiano meno 
costoso della Germania Occidentale) e nella perfetta macchina 
distributrice (essa arriva anche dove le altre testate non arrivano o 
comunque prima di esse). 
I contenuti della Bild sono quelli che tradizionalmente attirano i 
lettori: poca politica (anche in periodo pre- e post-elettorale), piccole 
cose di ogni giorno (con molte storie toccanti di persone comuni), 
rubriche di servizio e di colloquio con il lettore, iniziative “popolari”, 
cronaca nera e sesso (con la fotografia di donna svestita in terza 
pagina ed articoli ricchi di particolari piccanti e perversi). 
Non mancano talvolta persino notizie totalmente inventate o 
comunque deformate e strumentalizzate, fino a scadere nelle pratiche 
diffamatorie, a testimonianza di un’assoluta mancanza di scrupoli.  
Le numerose citazioni in tribunale (comunque senza conseguenze 
penali), i richiami da parte del Deutsche Presserat (equivalente al 
nostro Ordine dei Giornalisti) e la nascita, nel 1977, di una sorta di 
fondo speciale per le vittime del sensazionalismo di Springer
8
 non 
hanno scalfito lo straordinario successo di una testata che, a detta di 
molti, ha effetti simili ad una “droga”.
 9
 
                                                                                                                                                                    
6
 Cfr. BIRGIT RAUEN, I quotidiani “popolari”: in Germania, in G. RICHERI, op. cit., pp.73-82. 
7
 Cfr. FRANCO KUHN,   L’improbabile mondo della Bild, in “Numero Zero”, a. III, n. 10, ottobre 
1979,  pp. 17-19. 
8
 Cfr. M. OLMI, op. cit., pp. 319-321. 
9
 Cfr.  GÜNTHER WALLRAFF,  Il grande bugiardo, Feltrinelli, Milano 1978, p. 68. 
 8
La grafica è aggressiva, improntata al “giornalismo ottico” di cui parla 
lo stesso Springer: forte uso del colore e delle fotografie; presenza di 
disegni; impaginazione molto studiata. 
Anche il linguaggio utilizzato dalla Bild Zeitung ha tratti fortemente 
emotivi, con accenti confidenzial-paternalistici.  
Per tutti questi aspetti, il quotidiano è da sempre malvisto dagli 
intellettuali, pur continuando ad essere letto da vasti strati della 
popolazione di tutti i ceti sociali, con chiara prevalenza di operai e 
della piccola borghesia impiegatizia caratterizzata da un grado di 
istruzione medio-basso. 
  
Negli altri Paesi Occidentali la stampa popolare ha caratteristiche meno 
rilevanti rispetto alla Gran Bretagna ed alla Germania Ovest, pur essendo 
ampiamente diffusa. 
 ξ  In FRANCIA negli anni ’70 tutta la stampa vive un periodo di forte 
crisi, con una contrazione generalizzata delle vendite che colpisce in 
modo particolare i quotidiani popolari. 
Delle cinque testate popolari France Soir, Le Parisien Liberé, 
L’Aurore, Paris-Jour e L’Humanité, che nel 1970 vendono 
rispettivamente 868.927, 749.699, 318.299, 259.395 e 145.722 copie, 
nel 1983 ne restano in vita solo tre, con una diffusione decisamente 
ridotta rispetto a 13 anni prima: France Soir (418.830 copie), Parisien 
liberé (340.741), L’Humanité (120.301).
10
 
Si è dunque ben lontani dalle tirature eccezionali dei pops inglesi e 
della Bild tedesca, coi quali i popolari francesi condividono comunque 
molteplici aspetti contenutistici (cronaca, spettacolo, rubriche di 
                                                          
10
 Cfr. M. OLMI, op. cit., p. 188. 
 9
servizio ecc.), benché trattati con minore maestria ed incisività.  
 ξ  Negli STATI UNITI  il giornalismo popolare moderno si afferma in 
anticipo rispetto all’Europa, nascendo a New York negli anni ’30 
dell’Ottocento con il modello del penny paper, caratterizzato da 
prezzo ridotto, pubblico di ceto medio-basso, molte inserzioni 
pubblicitarie, abbondanza di cronaca e di “human-touch stories” 
trattate in modo colloquiale e sensazionalistico. 
A fine secolo questo genere di stampa può ormai vantare una piena 
affermazione, consolidata anche dall’introduzione di fotografie ed 
elementi grafici grazie alle novità tecnologiche (rotative veloci e 
linotype) appena adottate. 
E’ proprio il modello americano ad ispirare a fine ‘800 Lord 
Northcliffe nella creazione della stampa popolare britannica e quindi 
europea. 
Il giornalismo popolare statunitense si differenzia però sotto molti 
aspetti da quello del vecchio continente, in quanto manifesta un 
carattere strettamente localistico, come del resto richiede la struttura 
federale del Paese. 
Se si eccettua il New York Daily News (1.911.565 di copie vendute 
ogni giorno nel 1978; 2.752.739 per il numero della domenica)
11
, 
mancano, quindi, negli Stati Uniti quotidiani popolari di rilievo 
nazionale, caratterizzati da ampia tiratura e da una fisionomia 
inconfondibile quale è quella dei pops britannici. 
La concorrenza del tutto inesistente in molte zone degli USA, inoltre, 
consente a molte testate di modificare a più riprese la loro formula 
editoriale per andare incontro alle preferenze degli inserzionisti 
                                                          
11
 Cfr. M. OLMI, op. cit., p. 426.  Cfr. anche  ROBERTO GRANDI, I quotidiani “popolari”: negli 
USA, in G. RICHERI, op. cit., pp.91-94.  
 10
pubblicitari, fonte principale di sostentamento della stampa popolare. 
Negli anni ’70 si assiste così ad un generale orientamento dei 
quotidiani popolari statunitensi verso le esigenze dei cittadini con 
maggiori possibilità di consumo, spostando il proprio asse di 
riferimento verso l’alto. 
 
In sintesi, dunque, al di là delle differenze tra i vari Paesi e le diverse 
testate, si possono tracciare delle linee comuni generali che 
contraddistinguono il giornalismo popolare: 
 ξ  Contenuti: poca politica; pochissime notizie estere; moltissimo sport 
(fino al 50% della foliazione); molta cronaca nera e rosa; storie 
commoventi di gente comune; rubriche utili al lettore (programmi TV, 
posta del cuore ecc.). Obiettivo principale non è informare bensì 
intrattenere e divertire, puntando specialmente sul sensazionale, sulla 
violenza e sulla moderata pornografia. Donne, bambini ed animali 
sono i principali protagonisti delle storie raccontate. 
Nella trattazione delle notizie, l’interpretazione conta più dei 
contenuti. Si adottano e si diffondono perciò immagini stereotipate 
della realtà. 
 ξ  Stile:  linguaggio chiaro, aderente alla lingua parlata e quindi adatto ad 
un pubblico di istruzione non elevata; lessico limitato; sintassi 
semplice, con prevalenza della paratassi sull’ipotassi; toni emotivi, 
sensazionalistici, talvolta paternalistici; frequenti cadute nelle 
espressioni gergali. Tendenza a semplificare le questioni, 
impostandole in modo univoco e non problematico.  
Gli articoli vengono riscritti in redazione dai subeditor per 
massimizzarne l’efficacia.    
 11
 ξ  Grafica: formato tabloid; numerose fotografie, disegni e vignette; uso 
abbondante del colore; titoli a caratteri cubitali, specialmente in prima 
pagina.   
 ξ  Iniziative:  i pops cercano di stabilire un contatto stretto e personale 
col lettore, anche con iniziative di vario genere (concorsi, 
sottoscrizioni ecc.) che interpellano il pubblico in prima persona.  
 ξ  Tiratura:  tutti i principali popolari hanno grande tiratura, superiore al 
milione di copie. 
 ξ  Pubblico:  appartiene prevalentemente ad un ceto sociale medio-basso, 
con un grado non rilevante di istruzione. C’è leggera prevalenza delle 
donne sugli uomini. 
 ξ  Costi:  prezzo di vendita molto ridotto rispetto ai quotidiani di 
prestigio; i principali introiti delle testate sono rappresentati dalle 
inserzioni pubblicitarie. 
 ξ  Proprietà:  i principali giornali popolari appartengono a grandi gruppi 
editoriali, che possiedono in genere più testate quotidiane e 
periodiche, spesso accompagnate da altre attività nel vasto campo dei 
media, specialmente nella TV.  
Molte di queste situazioni di stretto oligopolio sono state favorite dallo 
scarso impegno degli Stati nel combattere la concentrazione dei media 
nelle mani di pochi imprenditori.  
 
Sulla base di questi tratti peculiari dei popolari stranieri si cercherà di 
definire nei capitoli seguenti se ed in che misura si può parlare di 
quotidiano “popular” per il giornale della Rizzoli L’Occhio.