Introduzione 
 
A conclusione del percorso universitario, ho voluto fare un 
omaggio all’attività d’impresa svolta dai miei genitori. 
La disciplina che regola la materia, complessa, delle gare di 
appalto indette dalla Pubblica Amministrazione (Stato, 
Regioni, Enti locali) è di per sé ad altissima specialità 
perché fitta di norme che, nate per contrastare 
malversazioni a malaffare, ha finito per rendere il percorso 
sempre più articolato e di non facile accesso.   
In questo ambito,  riveste  carattere di particolare 
importanza il complesso normativo che regola le “offerte 
anomale”. Tale argomento, infatti, è di estrema rilevanza 
dal momento che le politiche di libero mercato hanno 
comportato l’estremizzazione della concorrenza  e, 
soprattutto, la progressiva riduzione dei prezzi con l’intento 
di vedersi aggiudicata la gara. Un processo non 
alimentabile, chiaramente, all’infinito ma che diviene 
predominante perché è proprio sul “fattore prezzo” che si 
fonda la riuscita o il fallimento dei soggetti economici. Da 
questo fattore, infatti, dipende  l’indice di salute di un 
impresa, perché   solo una ditta estremamente efficiente, 
dal punto di vista tecnico e qualitativo, può proporre al
mercato prezzi relativamente bassi, che però sono in grado 
di coprire costi e, soprattutto, di garantire un utile, 
necessario per lo sviluppo di una sana economia aziendale.  
La situazione che andiamo accennando - e che più 
dettagliatamente svilupperemo nel corso del lavoro - riveste 
elementi di criticità quando l’azienda  è posta  di fronte  a 
contratti con la P.A. essendo differenti gli interessi in gioco: 
collettivi e non meramente privati. In una società civile è 
fondamentale, infatti, la garanzia dei servizi pubblici 
essenziali. Per la loro realizzazione, in tanti casi, le 
amministrazioni, sprovviste delle competenze tecniche 
specifiche, sono costrette ad affidarsi a terzi. 
I soggetti Pubblici nella realizzazione di opere, servizi o 
forniture, predispongono pertanto bandi di gara, per potersi 
avvalere dei imprese che abbiamo le necessarie competenze 
per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Vi è 
degenerazione del fenomeno quando le imprese 
partecipanti, a volte,  pur di ottenere l’aggiudicazione del 
bando, adottano politiche che falsano il percorso della libera 
e leale concorrenza, proponendo offerte talmente basse che 
non sono in grado di coprire i costi. Offerte, insomma, tali 
da non permettere la realizzazione del servizio, 
comportando, così, seri problemi alle amministrazioni.
Questa pratica veniva, e viene , tutt’ora adottata in quanto 
l’impresa (appaltatrice) confida nel recupero economico 
successivo all’affidamento (perizie di variante, rivalutazione 
dei prezzi ect) con l’inevitabile aggravio dei costi e dei tempi 
di realizzazione. Passività tutte che ricadono, 
inevitabilmente,  nella sfera dei pubblici interessi. 
Proprio per ridurre questa degenerazione, l’Europa 
chiarendo la propria posizione riguardo ai Contratti di 
pubblico interesse (ribadendo il principio di libera 
concorrenza), ha chiesto l’adeguamento a tutti gli stati 
membri ai principi comunitari. Enorme sforzo è stato 
richiesto, soprattutto, al legislatore italiano, essendo la 
materia degli appalti pubblici affetta da un elevato tasso di 
frammentarietà. Il 12 aprile 2006 con decreto legislativo 
n.163 veniva varato il Codice dei Contratti Pubblici, con lo 
scopo di unificare tutta la materia degli appalti pubblici e 
soprattutto disciplinare compiutamente le offerte 
anormalmente basse, stabilendo criteri per la loro 
individuazione e il  procedimento di verifica e di esclusione. 
Il lavoro che vado a presentare è diviso in tre sezioni. 
Preliminarmente, è stato rivolto lo sguardo ai profili 
fondamentali dei contratti pubblici (appalto e concessioni), 
sottolineandone l’evoluzione normativa. Si è poi passati ad
illustrare le procedure di gara, i criteri d’individuazione dei 
contraenti e le varie procedure di scelta utilizzabili. Infine, 
ci  si è soffermati sulla nozione di offerta anomala, 
sull’excursus normativo, evidenziando l’evoluzione 
dell’istituto nei vari momenti storici. Sono stati illustrati i 
criteri di individuazione e il procedimento che può indurre 
all’esclusione, anche alla luce delle novità introdotte con la 
legge 78/2009.  
Tutto ciò a dimostrazione del fatto che l’offerta anomala è 
un istituto, se pur attualmente normativizzato,  in continua 
evoluzione.
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Capitolo I  
Profili fondamentali in materia d‟appalto e 
concessioni 
 
 
1.1 L‟attività contrattuale della pubblica    
amministrazione. 
 
Lo strumento contrattuale è ampiamente utilizzato dalla 
pubblica amministrazione, vuoi per il conseguimento dei 
propri fini istituzionali, vuoi per  soddisfare esigenze 
patrimoniali ed organizzative. 
Il fenomeno è talmente complesso e che i moduli 
convenzionali utilizzati non possono ricondursi ad un unico 
modello ben definito. La dottrina amministrativistica ha 
determinato il nascere di diverse distinzioni e suddivisioni, 
prima tra tutte quella tra attività amministrativa di diritto 
pubblico, di diritto privato e attività privata della p.a. per 
indicare, l‟attività formalmente e sostanzialmente 
amministrativa, in quanto regolata da norme pubblicistiche; 
l‟attività formalmente privata e sostanzialmente 
amministrativa, in quanto la p.a. per il raggiungimento dei
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suoi fini istituzionali pone in essere negozi giuridici alla 
stessa stregua dei privati e infine l‟attività formalmente e 
sostanzialmente privata, strumentale rispetto al 
raggiungimento dei fini istituzionali propri 
dell‟amministrazione, e relativamente alla quale i negozi 
giuridici posti in essere sono in tutto e per tutto regolati dal 
diritto privato. 
Tale distinzione consente di mettere in luce un dato, la 
possibilità che la p.a. persegua obiettivi di pubblico interesse 
non solo per mezzo di atti amministrativi, ma anche con gli 
strumenti propri dei soggetti privati. 
Lo strumento negoziale, rispetto al provvedimento, 
garantisce maggiore snellezza ed efficacia all‟azione 
amministrativa, e svolge una funzione di prevenzione dei 
conflitti, visto che è basato sulla ricerca del consenso con i 
soggetti privati di volta in volta interessati. Tuttavia il 
contratto sembra di per sé inidoneo ad una verifica circa la 
sua conformità al pubblico interesse, mentre l‟atto 
amministrativo può essere investito dal sindacato di 
legittimità da parte del giudice amministrativo, onde 
verificare che non sia stato adottato in violazione di legge, o 
da un organo incompetente, o per fini diversi rispetto a quelli 
previsti dalla norma attributiva del potere, questo controllo,
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non sembra poter essere esteso anche all‟atto negoziale di 
diritto privato. 
Il contratto è sicuramente valido ove persegua una causa 
lecita, non  rilevando la sua idoneità al perseguimento del 
pubblico interesse conforme al potere di cui è investita la p.a. 
a norma di legge. 
Qui nasce la necessità di risolvere una tale contraddizione, 
ovvero c‟è bisogno di evitare che attraverso l‟impiego di 
strumenti privatistici la p.a. possa sostanzialmente eludere i 
meccanismi di controllo funzionale sull‟atto amministrativo e 
il rispetto del principio di legalità, ciò ha indotto la dottrina a 
diverse ricostruzioni dogmatiche, entro cui inquadrare 
l‟attività contrattuale degli enti pubblici, quali il modello 
dell‟evidenza pubblica e il contratto di diritto pubblico. 
Il Contratto di diritto pubblico, si identifica in una fattispecie 
contrattuale che, pur presentando molte similitudini con il 
contratto di diritto privato, se ne differenzia per altri aspetti, 
quali l‟oggetto contrattuale, che è un bene nella sola 
disponibilità della parte pubblica; la presenza di clausole 
contrattuali che sanciscono una posizione predominante 
della p.a. e la natura pubblicistica di una delle parti 
contrattuali. 
Molteplici perplessità sono state avanzate in sede dottrinale
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per quanto riguarda l‟ammissibilità di una tale figura 
contrattuale, perplessità che ben possono riassumersi nella 
discussa compatibilità logica tra potestà discrezionale 
amministrativa, vincolata al perseguimento dell‟interesse 
pubblico; e autonomia contrattuale che esprimono la 
convinzione aprioristica che il pubblico interesse, cui è 
funzionalizzata l‟attività amministrativa, possa essere 
perseguito solo attraverso decisioni unilaterali e autoritative 
della parte pubblica, e mai attraverso lo strumento 
contrattuale
1
. 
Assunto che Il pubblico interesse  deve essere perseguito 
esclusivamente attraverso il modulo provvedimentale, viene 
messo in crisi dalla previsione dell‟art. 11 della legge n. 
241/1990, che devolve espressamente a specifici accordi tra 
p.a. e privati, la funzione di determinare il contenuto 
“discrezionale” del provvedimento amministrativo o, nei casi 
previsti dalla legge, di sostituirsi ad esso. 
Il problema della qualificazione di un contratto di diritto 
pubblico potrebbe trovare una plausibile soluzione, tuttavia, 
solo ove si riscontrasse una normativa distinta da quella che 
                                                           
1
 Per l‟analisi della quérelle circa la configurabilità di un contratto di diritto pubblico: G. Falcon, “ Le 
convenzioni pubblicistiche. Ammissibilità e caratteri “, Milano, 1984, 71-203; F. Ledda, “Il problema del 
contratto nel diritto amministrativo”, Torino, 1965, 25 ss.; Bruti Liberati, “ Consenso e funzione nei 
contratti di diritto pubblico tra amministrazioni e privati”, Milano, 1996.
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regola e attribuisce rilevanza al contratto tra privati, «o 
quanto meno un complesso di regole diverse ordinabili, e non 
solo una serie di norme integrative o modificative del regime 
ordinario, come quelle che si hanno per i contratti di diritto 
privato dell‟amministrazione» 
2
. 
Il contratto ad evidenza pubblica
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, è un modello al quale 
possono ricondursi gran parte dei contratti stipulati dallo 
Stato e dagli enti pubblici territoriali, tra cui il contratto 
d‟appalto di opere pubbliche. 
Tale modello prevede una fase procedimentale a rilevanza 
pubblicistica, costituita da atti autoritativi della p.a. 
(presupposto costitutivo del contratto), e un successivo 
contratto che si ritiene disciplinato dalle norme civilistiche. 
Le questioni problematiche sollevate dalla categoria 
dell‟evidenza pubblica sono essenzialmente ricollegabili alla 
qualificazione del tipo di connessione tra la fase 
procedimentale pubblicistica (costituita da una deliberazione 
                                                           
2
 F. Ledda, “Il problema del contratto nel diritto amministrativo”, Torino, 1965. 
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 La teoria dell‟evidenza pubblica risale a M. S. Giannini, “Diritto amministrativo”, Milano, 1970, il quale 
distingue tra contratti di diritto comune o ordinari (disciplinati dal diritto comune dei privati anche se una 
delle parti è un ente pubblico); contratti speciali, disciplinati da norme di diritto privato singolare, e 
contratti di diritto pubblico, che possono essere conclusi soltanto da pubbliche amministrazioni. L‟autore 
individua, poi, la categoria particolare dei contratti ad evidenza pubblica, la quale configura una sorta di 
schema al quale è possibile ricondurre sia i contratti ordinari che quelli speciali e di diritto pubblico. 
L‟evidenza pubblica si caratterizza per la previsione di un procedimento amministrativo, predeterminato 
dalla legge, attraverso il quale l‟ente perviene alla formazione della propria volontà contrattuale e alla 
scelta del privato contraente.
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di contrattare, dalla pubblicazione di un bando di gara, 
dall‟aggiudicazione del contratto e infine dalla sua eventuale 
approvazione) e il successivo contratto. 
Il procedimento di formazione del contratto è  soggetto a 
regole che assicurano la trasparenza e l'imparzialità della 
scelta del contraente, nell'ottica della migliore definizione 
dell'attività volta al perseguimento dell'interesse pubblico, 
quella che attiene allo svolgimento del rapporto contrattuale 
derivante dalla stipulazione della convenzione con il soggetto 
privato, è invece regolata dalle norme che riguardano i 
rapporti tra privati.