5
generalisti, si è spaccata nettamente, manifestando in maniera esplicita il 
proprio consenso o la propria opposizione alla politica internazionale 
dominante.  
Tra una marea di bandiere arcobaleno, simbolo unificante del composito 
movimento pacifista rinato a partire da quegli avvenimenti, si è intravista una 
figura diversa di leader politico: un uomo anziano, appesantito dagli anni e 
dalle malattie, ha urlato il suo “no” forse in maniera più decisa di tutti. Un 
grido disperato, come spesso hanno sottolineato i giornali, senza se e senza 
ma. In primo luogo l’urlo di un uomo qualsiasi che ha conosciuto la guerra in 
prima persona e poi monito del Seguace di Pietro sulla terra e pastore 
dell’umanità. Giovanni Paolo II, apparentemente, è stato l’unico a riuscire nel 
difficile compito di unificare le mille sfaccettature del movimento arcobaleno, 
laiche e cattoliche, politiche o apartitiche,  in un fronte compatto di 
opposizione nei confronti del possibile conflitto. 
Non sono mancate le polemiche e le accuse di strumentalizzazione, da 
una parte politica e dall’altra, ma lo spirito dell’opera di dissenso portata 
avanti dal pontefice ha quasi sempre raccolto consensi da parte del popolo 
pacifista e dell’opinione pubblica in generale, così come testimoniato dai 
sondaggi realizzati da due settimanali molto letti, anche se non proprio 
imparziali sull’argomento, come Famiglia Cristiana e la Repubblica.  
La mano alzata del papa per fermare la guerra non è stato l’unico sforzo 
del Vaticano in questo senso. Al pari di tutte le nazioni, coinvolte o meno, nel 
conflitto iracheno, anche la diplomazia vaticana ha lavorato ininterrottamente 
e su tutti fronti per scongiurarne il rischio. I maggiori capi di stato e 
rappresentanti istituzionali sono stati ricevuti in udienza dal papa per 
discutere della crisi internazionale e ipotizzare alternative per la sua 
risoluzione. La diplomazia della Santa Sede si è mossa, inoltre, attraverso gli 
inviati del papa, il cardinale Roger Etchegaray e il cardinale Pio Laghi, 
 6
mandati direttamente in Iraq e negli Stati Uniti senza però ottenere alcun 
risultato apparente.  
L’analisi del materiale giornalistico servirà appunto a far luce sulle 
caratteristiche della copertura dedicata al Vaticano e a descrivere la pregnanza 
del fattore religioso nelle dinamiche storiche e politiche del nostro tempo. 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 7
1. Papa Wojtyla: una figura sui generis 
 
 
1.1. Karol Wojtyla: una breve biografia 
La storia di papa Giovanni Paolo II colpisce per il grande numero di 
prove che il destino, o Dio, ha concentrato nei primi anni della sua esistenza e 
che hanno contribuito a formarne il carattere. Egli stesso, nella sua biografia 
ricorda come “a vent’anni avevo già perso tutti quelli che amavo e perfino quelli che avrei 
potuto amare, come quella sorella maggiore che, mi hanno detto, era morta sei anni prima 
della mia nascita
1
”. Con lui, per la prima volta, sale al seggio di Pietro un uomo 
che ha conosciuto da molto vicino la guerra, il dolore, le privazioni, le 
deportazioni e le ingiustizie che il secolo appena passato ha portato con sé. 
Karol Wojtyla nasce a Wadowice, in Polonia, il 18 maggio del 1920, negli 
anni duri del primo dopoguerra, da Karol Wojtyla ed Emilia Kaczorowska; la 
donna morirà quando il futuro papa ha solo nove anni, seguita dopo appena 
tre anni dal figlio maggiore Edmund.  
Successivamente al trasferimento a Cracovia, all’età di 18 anni, il giovane 
Karol si iscrive alla Facoltà di Lettere ma, quando nell’agosto del 1938, anche 
il padre muore a causa di un infarto, per sfuggire alla guerra e alla 
deportazione è costretto a lavorare nelle cave di pietra di Zakrzowek come 
operaio e poi alla fabbrica Solvay nel reparto di depurazione delle acque.  
Nella Polonia spartita tra la Germania e l’URSS, Karol Wojtyla ha 
un’intensa vita culturale e politica: si interessa di teatro, continua a frequentare 
gruppi di preghiera e di meditazione, segue i corsi clandestini della Facoltà di 
Teologia dell’Università Jagellonica e, con il suo amico Kotlarczyk, fonda il 
Teatro Rapsodico organizzando spettacoli nella segretezza delle abitazioni 
                                                 
1
 Tratto da “Non abbiate paura”. André Frossard dialoga con Giovanni Paolo II. Prefazione di Carlo Maria 
Martini, Rusconi, Roma 1983, pag. 39. 
 8
private per evitare problemi con la censura tedesca
2
. Aiuta inoltre i suoi 
compagni studenti e artisti nella raccolta di fondi per sostenere la resistenza 
polacca ma, a causa delle sue posizioni non violente, si rifiuta di prendere 
parte, in prima persona, ad azioni militari.  
Il teatro rimane la più grande passione fino al marzo del 1943, quando 
annuncia ai suoi amici la volontà di seguire la forte vocazione religiosa; nel 
settembre del 1944 si trasferisce, infatti, presso l’arcivescovo di Cracovia 
Saphieha, che ha trasformato la sua residenza in un seminario clandestino, 
rimanendovi fino alla fine del conflitto. Prende i voti nel novembre del 1946, 
con un anno di anticipo, e si trasferisce per due anni a Roma, dove si laurea 
presso l’Angelicum, l’ateneo domenicano, con una tesi su La dottrina della fede 
secondo San Giovanni della Croce, uno dei pensatori cristiani più importanti per la 
sua formazione. Dopo la laurea viene nominato viceparroco della parrocchia 
di Niegowic, nella sua Polonia, dove continua a studiare per il corso che lo 
porterà a laurearsi come maestro di teologia e poi dottore in sacra teologia.  
Il 1953 è l’anno della morte di Stalin, a cui segue un ulteriore 
irrigidimento nel campo delle libertà politiche e religiose nella Polonia 
occupata. I russi danno ordine di chiudere tutte le redazioni dei giornali che 
non hanno dedicato il doveroso spazio alla morte del dittatore e così accade 
anche alla rivista Tigodnik Powszechny con cui, sotto pseudonimo, collabora 
Wojtyla. Anche l’Università Jagellonica, dove è stato appena nominato 
docente di etica sociale, è costretta a interrompere le lezioni. La sua opera di 
opposizione al regime comunista, però, trova altri sbocchi, attuandosi 
soprattutto nella caparbia costruzione di nuove chiese e nelle omelie contro le 
limitazioni delle libertà fondamentali sofferte dal popolo polacco.  
 
                                                 
2
 Nel 1938 c’è l’esordio da scrittore teatrale con la messa in scena di sue opere durante una serata 
letteraria alla Casa Cattolica di Cracovia. 
 9
Un’azione di resistenza che, contro ogni evidenza, si rifiuterà sempre di 
definire politica in senso stretto: “Io non faccio politica, la Chiesa non fa politica, essa 
proclama il Vangelo e se difendere i diritti dell’uomo è fare politica, allora…
3
”. Wojtyla 
non si sente schierato politicamente, né di destra né di sinistra, ma appoggia le 
iniziative dei cattolici e dei laici impegnati nella società, come il gruppo 
politico-culturale Znak e il gruppo clandestino Odrodzenie appoggiato dal 
cardinale Wyszynski, personaggio importantissimo per la sua formazione e 
che egli considera un esempio da seguire per la fermezza d’animo e la forza 
con cui seppe resistere ad ogni restrizione della libertà religiosa, anche a 
scapito della propria.  
La sua carriera universitaria procede all’Università Cattolica di Lublino, 
dove insegna fino alla sua elezione sul soglio pontificio e dove i suoi corsi di 
teologia morale risultano sempre tra i più affollati. Nel corso delle lezioni egli 
sviluppa in maniera organica tutte le linee guida del suo pensiero umanista e 
cattolico, di cui l’uomo, come entità unica portatrice di diritti inalienabili, è il 
principale protagonista. “Il soggetto della morale è l’individuo vivente: l’esistenza della 
persona è la forma suprema della realtà e questa realtà deve essere rispettata nella sua 
forma concreta
4
”: questa, in sintesi, la tesi che poi sviluppa nella sua maggiore 
opera filosofica, Osoba i Czyn (Persona e Atto) del 1969, dove si affrontano “i 
principali temi stessi che riguardano la vita, la natura e l’esistenza dell’essere umano - sia 
con i suoi limiti che con i suoi privilegi – direttamente come essi si presentano all’uomo nella 
sua lotta per sopravvivere mantenendo al tempo stesso la sua dignità di essere umano: cioè di 
un uomo che si pone dei fini e si sforza di raggiungerli ed è lacerato fra la sua condizione 
troppo limitata e la sua altissima aspirazione a rendersi libero
5
”. 
                                                 
3
 Tratto da J. Offredo, Jean Paul II. L’aventurier de Dieu, Editions Carrère – Michel Lafon, Paris 1986, 
pagina 47.  
4
 Tratto da J. Chelini, Jean Paul II. Le pèlerin de la liberté, Editions Jean Goujon, Paris 1980, pagina73. 
5
 Da K. Wojtyla, Persona e atto, Libreria Editrice Vaticana, 1982, pagina 52. 
 10
Contemporaneamente papa Wojtyla continua ad esercitare anche la sua 
passione letteraria e drammaturgica, per lo più di ispirazione biblica, che 
pratica sotto la copertura di uno pseudonimo, che ha la funzione di 
mantenere le distanze tra la sua missione sacerdotale e l’attività di scrittore 
che egli considera secondaria. 
 
 
1.2. Da vescovo di Cracovia a successore di Pietro 
Molto brillante è la sua carriera all’interno della gerarchia cattolica 
polacca: nel 1958 è nominato vescovo ausiliare di Cracovia e nel 1962 prende 
parte al Concilio Vaticano II e a tutte le convocazioni del Sinodo dei vescovi. 
Viene nominato arcivescovo di Cracovia nel 1963 e, solo quattro anni dopo, 
diventa cardinale, attirando su di sé l’attenzione dei servizi segreti del regime 
comunista russo.  
Il Concilio II, che alla morte di Giovanni XXIII è passato in eredità a 
Paolo VI, convoglia nella capitale della cristianità i maggiori rappresentanti 
della chiesa mondiale, e nelle quattro sessioni vede svolgersi dibattiti anche 
molto accesi. Durante le riunioni, il cardinale Wojtyla si fa notare per i suoi 
appassionati interventi sul tema della libertà religiosa e sulla necessità che 
anche i vertici ecclesiastici si sporchino le mani con la realtà, scendendo dal 
proprio piedistallo.  
Giovanni Paolo II è il primo papa della storia completamente formatosi 
nelle prospettive e negli insegnamenti scaturiti dal Concilio Vaticano II e la 
sua opera ne conserverà le tracce orgogliosamente, opponendosi alle correnti 
tradizionaliste che giudicano i pilastri delle dottrine conciliari troppo lontani 
 11
dallo spirito cristiano originario
6
. Il Sinodo da lui convocato come 
arcivescovo di Cracovia nel 1972, al ritorno dai suoi sempre più numerosi 
impegni con la chiesa mondiale, è completamente intriso dello spirito 
conciliare e inserisce nel contesto decisionale della chiesa polacca tutti coloro, 
anche laici, che vogliano assumersi la responsabilità di lavorare per la 
realizzazione di scopi comuni, dando così importanza anche al più piccolo 
frammento della sua chiesa.  
Nel 1976 è chiamato personalmente da Paolo VI a predicare gli esercizi 
spirituali in Vaticano e, alla morte di questo, partecipa al Conclave che porterà 
all’elezione di Giovanni Paolo I.  
Durante gli undici anni da cardinale, dunque, Karol Wojtyla si è fatto 
notare, oltre che in Polonia, dove la sua fama cresce di giorno in giorno, 
anche negli ambienti dei collegi cardinalizi e internazionali dove prende parte 
agli eventi più importanti della chiesa mondiale. Nessuno, però, alla vigilia del 
Conclave seguito alla morte di Giovanni Paolo I, avrebbe scommesso sulla 
possibilità che quel cardinale polacco, amato in patria ma con scarse 
credenziali da spendere in una tale occasione, sarebbe divenuto, di lì a poco, 
vescovo di Roma e nuovo pastore della comunità cristiana cattolica nel 
mondo. 
Contro ogni aspettativa, invece, alle ore 18 e 17 minuti di lunedì 16 
ottobre 1978 giunge la tanto attesa fumata bianca e alla folla, raccolta in attesa 
in Piazza San Pietro, viene annunciata l’elezione di Giovanni Paolo II, al 
secolo Karol Wojtyla, il primo papa polacco della storia. 
 
L’elezione di papa Wojtyla è, quasi per tutti, una sorpresa. 
                                                 
6
 Neanche davanti alla possibilità di evitare l’unico scisma formale avvenuto durante il suo 
pontificato, nel 1988, ad opera del tradizionalista Lefebvre e dei suoi seguaci, papa Wojtyla rinuncia 
e concede revisioni alle riforme operate dal Concilio. 
 12
Per secoli la carica papale era stata attribuita solo a esponenti di rilievo 
del clero italiano, a cui si riconosceva una sorta di supremazia morale e un 
diritto naturale implicito. Anche nel conclave del 1978 sembra del tutto 
scontato il ballottaggio tra Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, e Giovanni 
Benelli, arcivescovo di Firenze: l’ultimo papa straniero
7
 è ormai un ricordo di 
storici e studiosi e non certo la principale aspettativa dopo la morte dello 
sfortunato Albino Luciani, scomparso appena 31 giorni dopo la sua elezione.  
Il cardinale Karol Wojtyla, con i suoi 58 anni, è ancora molto giovane 
rispetto ai più quotati cardinali riuniti in Conclave ma ha dalla sua parte 
importanti sostenitori che conoscono bene la sua opera di evangelizzazione in 
patria e il suo spirito innovatore unito alla grande capacità comunicativa. 
Secondo le indiscrezioni raccolte e poi rivelate dal senatore Giulio Andreotti
8
, 
all’ottavo scrutinio il nome di Wojtyla raccoglie 99 preferenze su 111, dopo gli 
11 voti del sesto scrutinio e i 47 del settimo. Per alcuni cronisti i voti che 
portano all’elezione dell’arcivescovo di Cracovia sono 97, per altri ancora 104 
ma resta il fatto che, per la prima volta, gli italiani, anche per una mera 
questione di numeri, 27 su un totale di 111, non riescono ad imporre le 
proprie candidature.  
 
 
 
                                                 
7
 L’ultimo papa straniero era stato l’olandese Adriano VI, rimasto sul trono di Pietro per un anno 
appena, dal 1522 al 1523  
8
 In Luigi Accattoli, Karol Wojtyla. L’uomo di fine millennio, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 
1998; 
 13
1.3. Habemus papam 
Dalle cronache dei Sacri Palazzi si apprende che Wojtyla accetta la 
nomina con una certa preoccupazione, come sottostando a un destino del 
tutto indipendente dalla sua volontà e al quale è impossibile sottrarsi. Le sue 
prime parole sono quasi una preghiera a Dio e alla Madre di Cristo, per 
ringraziare e accettare l’incarico, nonostante le gravi difficoltà. Gli stessi 
sentimenti traspaiono quando si affaccia per la prima volta dalla finestra di 
San Pietro sulla folla in attesa: è visibilmente emozionato, un misto di 
contentezza stupita e di concentrazione sul senso della sua missione. Sente di 
dover giustificare, con il suo operato, la scelta inattesa del Conclave e di dover 
conquistare a questa novità l’Italia e la comunità cristiana di tutto il mondo. I 
fedeli presenti in Piazza San Pietro accolgono con un caloroso applauso il 
primo discorso del nuovo pontefice che, in italiano incerto e ignorando il 
cerimoniale che prevede unicamente una benedizione in latino, ironizza sulla 
sua non perfetta padronanza della “vostra, anzi nostra bella lingua italiana” e urla 
alla folla “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Nella 
memoria collettiva degli italiani rimane impresso anche il suo invito “Se sbaglio 
mi corrigerete” che instaura subito un clima informale tra i fedeli e il loro nuovo 
pastore. 
Dopo i primi viaggi nelle parrocchie italiane, nella sua diocesi e all’estero, 
l’opera missionaria di Giovanni Paolo II conosce una prima, forzata 
interruzione. Mercoledì 13 maggio 1981, nel luogo apparentemente più sicuro 
per un papa, cioè Piazza San Pietro, due colpi di pistola lo feriscono 
gravemente davanti agli occhi di migliaia di fedeli radunati per salutarlo ed 
assistere all’appuntamento settimanale dell’Angelus. Il papa si accascia sulla 
sua campagnola bianca, ferito, insieme a due turiste americane, dai colpi 
sparati dalla Browning Calibro 9 del 23enne terrorista turco Mehmet Alì 
Agca, sfuggito dalle carceri del suo paese dove avrebbe dovuto scontare una 
 14
condanna per omicidio. Molto si è detto e discusso sul movente dell’attentato, 
il primo compiuto ai danni del capo della cristianità mondiale, e 
sull’eventualità che esso sia legato all’orientamento anticomunista del papa e 
ai suoi numerosi nemici nell’est europeo, preoccupati per la sua sempre 
maggiore influenza. A più di vent’anni di distanza da quell’avvenimento, 
comunque, il movente dell’attentato non è ancora del tutto chiaro ma sembra 
impossibile che Agca abbia potuto agire da solo, essendo a quei tempi 
ricercato e conosciuto dalla polizia di tutto il mondo. 
La corsa verso il Policlinico Gemelli di Roma dove, secondo una 
disposizione dello stesso pontefice
9
, al decimo piano sarà sempre pronto un 
appartamentino per le sue degenze ospedaliere, tiene con il fiato sospeso tutto 
il mondo ma l’operazione per estrarre uno dei due proiettili conficcati 
nell’intestino, si conclude nel migliore dei modi. Dopo pochi giorni 
sopraggiunge un altro ricovero a causa di un’infezione dovuta alle trasfusioni 
di sangue eseguite durante l’intervento chirurgico. Il papa, ripresosi dalle 
degenze e rafforzato nella fede dalla sua salvezza quasi miracolosa, decide di 
fare visita al suo attentatore nel braccio di massima sicurezza del carcere di 
Rebibbia a Roma, dove Alì Agca sta scontando il suo ergastolo. E’ il 27 
dicembre 1983 e Giovanni Paolo mostra così di voler definitivamente voltare 
pagina, perdonando colui che voleva dargli la morte. 
Nonostante il culto per il corpo, derivatogli dalla passione per lo sport e 
la natura, Giovanni Paolo viene fiaccato, soprattutto a partire dai primi anni 
novanta, da una serie di acciacchi e malattie. Nel 1992 il papa sceglie di 
sottoporsi ad una serie di accertamenti medici che rivelano la presenza di un 
tumore al colon, subito asportato chirurgicamente.  
                                                 
9
 Stando a quello che l’amico don Stanislaw riferisce a Frossard, il pontefice stesso aveva detto che 
se un giorno avesse avuto bisogno di cure, doveva essere ricoverato come tutti gli altri in ospedale 
e che quell’ospedale poteva essere il Gemelli.   
 15
Nello stesso anno cominciano a comparire i primi sintomi della malattia 
nervosa, il Morbo di Parkinson, che gli impedirà, più avanti nel tempo, di 
coltivare ulteriormente le sue passioni sportive e di presiedere alle celebrazioni 
liturgiche più impegnative. Nel 1993 cade davanti ai credenti raccolti nell’aula 
delle Benedizioni ma è il 1994 che lo vede, per la prima volta, costretto all’uso 
del bastone successivamente ad un’altra caduta e alla rottura del femore con 
conseguente impianto di una protesi. La sesta operazione giunge, invece, nel 
1996 per un’appendicite cronica che non gli toglie la voglia di scherzare, in 
occasione di interviste o discorsi ufficiali, con i giornalisti e i fedeli sui suoi 
continui problemi di salute.  
 
Gli ultimi ricoveri del pontefice si concentrano tra il mese di febbraio e 
quello di marzo del 2005, in seguito a ripetuti aggravamenti delle sue 
condizioni fisiche. Per la prima volta nel suo pontificato, il papa non può 
presenziare i riti della Settimana Santa in Vaticano: visibilmente sofferente si 
affaccia solo per pochi minuti, e senza parlare, alla finestra in occasione della 
Domenica delle Palme. Durante la tradizionale Via Crucis al Colosseo le 
telecamere lo riprendono solo di spalle, con una croce tra le braccia, mentre 
cerca di leggere, silenziosamente e con una voce che sembra sempre più un 
rantolo, i testi preparati per la Pasqua. Numerose voci non ufficiali parlano di 
probabili dimissioni, eventualità smentita periodicamente dai più stretti 
collaboratori del papa e da lui stesso. Secondo il pontefice, infatti, neanche 
Gesù, durante il suo sacrificio, era sceso dalla croce per sfuggire alla 
sofferenza. Papa Wojtyla si affaccia per l’ultima volta alla finestra della sua 
Piazza San Pietro per salutare un gruppo di ragazzi riunitosi per pregare per 
lui, ma è un saluto muto: da quel giorno non parlerà più.  
 16
Le prime voci su una possibile agonia del papa cominciano a circolare il 
31 marzo: Giovanni Paolo II soffre a causa di un’infezione alle vie urinarie, di 
uno shock settico e di un collasso cardiocircolatorio.  
Dal bollettino medico si evince anche che Wojtyla, giudicato cosciente, 
lucido e sereno, ha ricevuto il Santo Viatico, la comunione degli infermi, ma 
continua a concelebrare la Santa Messa. In tutto il mondo si organizzano 
veglie di preghiera per Giovanni Paolo II, a cui, credenti e non, riconoscono 
una grande carica di umanità e una fierezza dignitosa anche nel dolore. 
 
La sera del 2 aprile monsignor Leonardo Sandri, Sostituto alla Segreteria 
di Stato, dà ai fedeli raccolti in preghiera sul sagrato di San Pietro la notizia 
che ormai tutti si aspettano: Sua Santità Giovanni Paolo II è morto alle ore 
21:37. Il corpo viene portato, tra due ali di folla, nella cappella Clementina 
dove riceve l’omaggio commosso di migliaia di fedeli e dei maggiori capi di 
stato mondiali. 
 
 17
1.4. Un papa controverso: i viaggi e lo sport 
Karol Wojtyla ha apportato una indiscutibile carica di novità al ruolo di 
responsabilità e rappresentanza della chiesa tutta. Nel suo lunghissimo 
pontificato ha saputo fare della sua caparbietà un punto di forza e, con il 
passare del tempo, l’opinione pubblica è stata sempre più affascinata da 
quest’uomo vitale e combattivo, seppur sofferente. Le stesse reazioni 
commosse seguite alla sua morte, le lunghe file per ossequiarne la salma, la 
folla oceanica che ha presenziato al suo funerale (officiato dal suo futuro 
successore Benedetto XVI) e gli striscioni presenti in Piazza San Pietro 
inneggianti ad una sua santificazione immediata, sono indizi del grande affetto 
che lo ha circondato, tra alti e bassi, per gran parte dei ventisette anni del suo 
pontificato. 
Secondo don Gianni Baget Bozzo
10
, Giovanni Paolo II ha operato una 
riduzione della funzione istituzionale e abitudinaria associata all’immagine del 
seguace di Pietro, a favore di una tutta personale. Sono molteplici gli 
opinionisti dell’ambiente secondo cui papa Wojtyla non si è mai trasformato 
totalmente in Giovanni Paolo II ma ha sempre conservato il suo forte carisma 
individuale, caratterizzandosi come un papa della missione piuttosto che del 
governo. Personalità controversa, che poco si è aperta alle istanze più 
progressiste, ha saputo comunque portare una ventata di aria nuova senza mai 
operare riforme ufficiali, in un sistema impantanato da secoli in formule, riti e 
tradizioni protette da un’aurea sacra che sembra non accusare lo scorrere del 
tempo. 
La carica di novità propria di questo pontificato non si è espressa, o non 
ha saputo farlo, in maniera rigorosa, in una rivoluzione dogmaticamente 
ordinata, come risultato di una riflessione dell’intera Chiesa.  
                                                 
10
 In Ortodossia e liberazione. Un’interpretazione di papa Wojtyla,di Gianni Baget Bozzo, Saggi Rizzoli, 
Milano 1981. 
 18
L’innovazione, semmai di questo si possa parlare, si è propagata come 
un’onda da un unico centro, papa Wojtyla, come conseguenza di una natura 
personale fuori dagli schemi della tradizione. Pulsazioni del tutto private che, 
amplificate dall’importanza del ruolo, finiscono per catalizzare l’attenzione e 
per riassumere in Giovanni Paolo II la promessa di una chiesa nuova, almeno 
nei modi. Nessuna risistematizzazione o revisione dogmatica, quindi, ma 
passioni e inclinazioni individuali assunte come espressione di una cristianità 
intera. 
L’aspetto ecumenico del pontificato di Giovanni Paolo II è senz’altro 
uno degli elementi più facilmente osservabili, non soltanto attraverso le 
encicliche o i testi di diretta produzione papale, ma anche attraverso la lettura 
attenta delle cronache politiche vaticane. Venendo incontro alle esigenze di 
ricristianizzazione delle società post-moderne e complesse, la religione ha 
dovuto operare l’annacquamento di alcune posizioni teologiche, rifuggendo, 
dove fosse possibile, al semplice dogmatismo e spostandosi su una più neutra 
filantropia. Il messaggio religioso, quindi, non si rivolge più unicamente alla 
comunità di credenti e fedeli ma ha pretese universalistiche e si rivolge a tutti 
gli uomini di buona volontà, senza porre nessun vincolo religioso.  
L’ecumenismo di Wojtyla, però, necessita di un’analisi più approfondita 
in tutti i suoi vari livelli. Questo infatti si collega anche con la propensione per 
i viaggi e con l’attenzione inedita per i popoli di tutta la terra, a cui urge 
portare la testimonianza della buona novella. Da qui i numerosi viaggi verso le 
più disparate mete, come nessun papa aveva mai fatto; ma da qui anche 
l’impegno teso a riportare le frange più estreme, come la teologia della 
liberazione, alla dottrina canonica, o almeno a smussarne gli eccessi. 
 Dal 16 ottobre 1978 la vita di Karol Wojtyla cambia irrimediabilmente: 
nei mesi successivi si rammarica spesso di dover rinunciare alla libertà di 
movimento e allo spirito di iniziativa che lo ha sempre contraddistinto. In un