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Premessa
“Noi riteniamo come indubitabili queste verità: che tutti gli uomini
sono creati uguali, che sono dal Creatore dotati di certi inalienabili
diritti, per esempio la vita, libertà e propensione alla felicità”.
Così esordiva Thomas Jefferson nel 1776, nella Dichiarazione di
Indipendenza Americana, affermando la grande importanza dei diritti
dell’uomo.
La tutela dei diritti dell’uomo costituisce, oggi più che mai, una sorta
di baluardo della società occidentale nella difesa di un patrimonio di
valori comuni.
Nei Paesi europei, questa difesa impegna tre ordinamenti: quello
nazionale, comunitario ed internazionale, i quali si intersecano e si
integrano a vicenda, manifestando un sempre crescente bisogno di
alimentarsi senza sosta l’uno dagli altri, in virtù di quel collante di cui
dispongono, rappresentato dai diritti fondamentali, fonte ed
espressione di una cultura politico-giuridica che si rinnova e si
rigenera.
Per l’ordinamento internazionale il XX secolo ha rappresentato la fase
storica di impegno nella tutela dei diritti dell’uomo: tentando di
costruire una barriera per la loro violazione da parte degli Stati e,
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cercando di salvaguardarne gli standars minimi, ha perforato gli
ordinamenti nazionali per far convergere in essi quel patrimonio di
valori condivisi dei quali i diritti dell’uomo costituiscono l’essenza.
In questo contesto si colloca la Convenzione europea dei diritti
dell’uomo (detta comunemente CEDU), la quale trova le sue origini
storiche ed ideali nella Magna Charta del 1215, nella Dichiarazione di
indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776, nella
Dichiarazione francese dei Diritti dell’Uomo e delle libertà
fondamentali del 1789 e nella Dichiarazione Universale dei diritti
Umani del 1948.
La CEDU è un trattato internazionale multilaterale che ha creato uno
spazio giuridico comune europeo, in cui i diritti dell’uomo e le libertà
fondamentali garantite dalla stessa, occupano il primo posto e dove gli
Stati valgono come soggetti garanti e responsabili di fronte alla
comunità internazionale.
Una tra le conquiste più importanti della Convenzione europea, che le
dà quel quid pluris rispetto a tutti gli altri trattati internazionali, è
l’aver istituito un organo internazionale super partes con funzioni
tipicamente giurisdizionali, predisposto alla tutela dei diritti garantiti
nella stessa Convenzione: la Corte Europea.
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La previsione di questo organo ha rappresentato un passo in avanti di
notevole importanza per il diritto internazionale e può essere
paragonato soltanto alla istituzione della Comunità Europea e degli
organi giurisdizionali in questa presenti.
Infatti gli Stati aderenti alla Convenzione europea non solo hanno
accettato che i diritti ivi prescritti siano da considerare e tutelare
all’interno del proprio ordinamento, ma hanno anche rinunciato a
parte della loro sovranità, ammettendo la loro soggezione alla Corte di
Strasburgo.
La centralità della Corte all’interno del sistema creato con la
Convenzione è un dato inequivocabile.
Come inequivocabile è il suo ruolo propulsivo nell’applicazione ed
interpretazione dei diritti garantiti dalla CEDU e dai protocolli
allegati.
Ma, d’altronde, non poteva essere altrimenti.
La CEDU è stata aperta alla firma nel 1950, nell’immediato dopo
guerra, quando vi erano determinate condizioni economiche politiche
e sociali.
Oggi giorno parrebbe quasi inutile uno strumento del genere, in
quanto molti dei diritti contenuti nella Convenzione europea
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"sembrano" essere un patrimonio imprescindibile di ogni individuo.
L’autorevolezza e la posizione che la Corte di Strasburgo assume
all’interno del “Sistema Europeo”, nonché gli strumenti predisposti
per garantirne l’attuazione delle sentenze, consentono ai diritti
prescritti e tutelati dalla CEDU, di valere ed essere garantiti all’interno
di ogni ordinamento ad essa aderente, non soltanto secondo il mero
dettato letterale, ma anche secondo l’applicazione e l’interpretazione
che ne è data dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Pertanto i diritti riconosciuti dalla Convenzione e dai Protocolli
allegati sono diritto vivente e vigente nell’ordinamento giuridico
nazionale ed in questo devono trovare la loro prima e fondamentale
applicazione e tutela, senza necessità di ricorrere all’organo
internazionale, da vedere come extrema ratio ad una negazione o
menomazione della giustizia interna (sussidiarietà della tutela).
Alla luce di questa premessa, il presente lavoro si propone di indagare
ed analizzare l’incidenza della CEDU, inteso come diritto
convenzionale, nell’ordinamento giuridico italiano, sia sul piano delle
fonti ed il relativo rapporto con la Costituzione, che sul piano
giurisdizionale, definendo i rapporti tra giudici nazionali e giudici
CEDU.
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Nel primo capitolo si procederà, principalmente, all’analisi
dell’art.117,1°co.,Cost., così come modificato dalla riforma del titolo
V della Costituzione del 2001.
Questa disposizione, sancendo il limite del rispetto dei vincoli
derivanti dagli obblighi internazionali, nonché da quelli comunitari,
all’esercizio della potestà legislativa statale e regionale, ci porta a
riflettere sulla sua portata dirompente in relazione a tematiche quali:
l’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, la definizione
ed il contenuto di tali obblighi internazionali, in che modo la
gerarchia delle fonti del diritto, attraverso il recepimento della
normativa sovranazionale, si verrebbe a delineare, nonché il rapporto
tra giurisdizioni nazionali ed europee.
Attraverso l’ausilio di giurisprudenza e dottrina, ripercorreremo gli
iniziali inquadramenti della CEDU e dei trattati internazionali così
come recepiti nel nostro ordinamento, dando, altresì, conto della
situazione previgente alla riforma costituzionale del 2001.
Nel secondo capitolo ci soffermeremo sul contributo offerto dalla
Corte Costituzionale, in particolar modo partiremo dalle note sentenze
nn. 348 e 349 del 2007, con le quali viene finalmente definito il valore
ed il ruolo della CEDU nel sistema delle fonti del diritto.
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Decisioni molto attese principalmente per due ordini di motivi:
innanzitutto perchè la Corte Costituzionale ha dovuto cimentarsi con
l’interpretazione dell’art. 117,1°co.,Cost., chiarendo, in particolare, il
contenuto del rispetto degli obblighi internazionali e, in secondo
luogo, perché ha espressamente riconosciuto l’importanza assunta dal
cd. Sistema Europeo nel nostro ordinamento, dando anche una
risposta alla questione dei rapporti tra giudici nazionali e Corte EDU.
E’, dunque, in relazione alla CEDU, al suo valore e alla sua
collocazione nel nostro ordinamento giuridico che si è espressa la
Corte Costituzionali, con affermazioni che, come vedremo, sembrano
poter essere estese a tutto il diritto internazionale pattizio.
In particolar modo, anticipando quanto sarà dettagliatamente spiegato
nel presente elaborato, la Consulta riconosce rango sub-costituzionale
alle norme CEDU, definendole come fonti interposte che rendono
concretamente operativo l’art.117, co. 1,Cost., il quale, attraverso il
rinvio mobile in esso contenuto, consente ai trattati internazionali (ivi
compresa la CEDU), di divenire il parametro mediato della legittimità
costituzionale delle fonti primarie.
Daremo successivamente voce alle recente giurisprudenza
costituzionale che sembra collocarsi sulla scia delle sentenze su citate.
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Nel terzo ed ultimo capitolo analizzeremo la crescente importanza
delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo ed il modo in
cui vincolano lo Stato italiano, non tralasciando l’aspetto relativo alle
continue condanne inflitte al nostro Paese per la lentezza dei processi,
in violazione dell’art.6 CEDU (diritto ad un equo processo), che
rappresenta ancora oggi uno dei più gravi deficit del sistema
giudiziario italiano.
Nell’ottica di quella che definiamo “tutela multilivello dei diritti”,
inoltre, analizzeremo la sorte del giudicato formatosi a livello
nazionale, in violazione, accertata successivamente dalla Corte
europea, delle norme della CEDU, con specifico riferimento
all’ambito penale, dove la posta in gioco è certamente notevole, con
particolare attenzione ai casi più noti, quali: Dorigo e Somogyi.
Non sorprende che taluno abbia affermato che la reale portata della
problematica in esame non è quella di trovare una via per dare
esecuzione alle sentenze della Corte europea, quanto quello di definire
i termini del rapporto tra legalità nazionale, sintetizzata nel giudicato,
e legalità convenzionale, affermata dalle decisioni della Corte di
Strasburgo.
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Il terzo capitolo si chiuderà con una panoramica sugli istituti
normativi interni di raccordo tra sistema CEDU e organi statali, che
sembrano prefigurare una problematica ma crescente e reciproca
integrazione tra ordinamenti, fino alla sostanziale immedesimazione,
sul terreno del riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali, in vista
dell’ottimale appagamento degli stessi.