5
Rinviandone ad un momento successivo l’individuazione della natura 
giuridica, possiamo definire il trasporto multimodale come il 
trasferimento di una merce che utilizza almeno due modi di trasporto 
diversi
2
. 
Già agli inizi del secolo scorso ebbero origine problematiche inerenti 
al trasporto effettuato con più di una modalità, con particolare 
riguardo ai temi della documentazione e della responsabilità
3
: si 
trattava tuttavia di un fenomeno ancora di modeste dimensioni a 
livello mondiale. 
                                                 
2
 Precisamente questa è la definizione utilizzata dalla CEMT (Conferenza Europea dei 
Ministri dei Trasporti) nell’intento di utilizzare un linguaggio comune in tema 
trasportistico. Si vedano in proposito gli articoli Trasporto multimodale, intermodale, 
combinato. Le differenze terminologiche secondo la CEMT, in Le assicurazioni trasporti, 
30, 1995, 21 ss. e Trasporto multimodale, intermodale, combinato – La CEMT aggiorna 
la terminologia, in Le assicurazioni trasporti, 58, 2000, 24 ss. 
Nel quadro terminologico così elaborato dalla CEMT nel 1993 e successivamente 
aggiornato nel 1999, le definizioni trasporto intermodale (“trasferimento di una merce 
che utilizza più modi di trasporto ma con una stessa unità di carico, senza rottura del 
carico stesso. L’unità di carico può essere un veicolo stradale ovvero una unità di 
trasporto intermodale”)  e trasporto combinato (“trasporto intermodale in cui la maggior 
parte del tragitto europeo si effettua per ferrovia, vie navigabili o per mare, mentre i 
percorsi iniziali e/o terminali, i più corti possibili, sono realizzati su strada”) sembrano 
appartenere al genus trasporto multimodale. 
3
 Nel 1927 venne infatti discusso dalla Camera di Commercio Internazionale nel 
Congresso di Stoccolma il tema della documentazione del trasporto, concludendo per la 
inopportunità di una disciplina legale uniforme, in ORIONE, Appunti per uno studio sul 
trasporto multimodale, in Dir. mar., 1996, 648 ss.; si veda inoltre BERLINGIERI-
VERRUCOLI, Il trasporto combinato: nuove problematiche in tema di responsabilità e 
documentazione, in Dir. mar., 1972, 190 ss. Più in particolare sull’evoluzione storica 
della disciplina del trasporto multimodale si veda il successivo paragrafo 4. 
 6
Fu l’avvento del container
4
 e della tecnica di unitizzazione
5
 dei carichi 
a favorire la rapida diffusione di questa nuova realtà: nel 1834 infatti 
nello Stato della Pennsylvania si utilizzarono per la prima volta 
proprio tali contenitori in occasione della apertura della prima tratta di 
trasporto intermodale chiatta-ferrovia
6
. 
Solamente un secolo più tardi tuttavia i containers si affermarono      
in maniera definitiva, e precisamente nel 1956, quando 
l’autotrasportatore americano Malcom McLean attuò l’idea di caricare 
direttamente i camions sulle navi, anziché farli viaggiare su strada. 
L’affinamento di tale tecnica e la successiva massiccia utilizzazione 
dei containers nella guerra del Vietnam catalizzò l’attenzione 
mondiale sugli enormi vantaggi della neonata realtà economica. 
                                                 
4
 “Il container è un’unità di carico parallelepipeda, in grado di essere riutilizzata, 
concepita per essere impiegata su più mezzi di trasporto, ed in funzione di ciò, dotata di 
dispositivi che ne permettono la movimentazione e il rapido aggancio/sgancio”, GHIO, Il 
trasporto multimodale: una risposta alla complessità dei flussi logistici delle imprese 
industriali, in Economia e diritto del terziario, n. 2, 1995, 711; si veda in proposito anche 
PESLE, Il trasporto multimodale e lo sviluppo economico del Mediterraneo, in Trasporti, 
65, 1995. Più in generale sul container, sui tipi, le misure e gli imballaggi, si veda infine 
FAVARO, I trasporti internazionali: tipologie, assicurazioni, incoterms, imballaggi, 
norme, modelli, II ed., Ipsoa, 2002. 
5
 L’unitizzazione consiste appunto nel “consolidare” più merci in idonee unità di 
condizionamento, come il container, il pallet, la cassa mobile, ecc.: si veda ORIONE, 
Appunti per uno studio sul trasporto multimodale, cit., 649 e MIDORO, Dallo shipping 
all’intermodalità, Genova, 1992, 63; le cosiddette tecniche di “unitizzazione dei carichi” 
hanno quindi il fine di “accelerare le operazioni di imbarco e sbarco delle navi, di ridurre 
il numero e il costo delle manipolazioni delle merci, e di assicurare una continuità di 
flusso delle stesse”, così BERLINGIERI-VERRUCOLI, Il trasporto combinato: nuove 
problematiche in tema di responsabilità e documentazione , cit., 194 ss.  
6
 Si veda in proposito PASINO, La responsabilità del vettore marittimo nel trasporto 
mediante containers, in Trasporti, 62-63, 1994, 156 ss. 
 7
 
Non solo dunque le merci, ma gli stessi mezzi di trasporto (treni, 
autotreni, navi), le strutture e le infrastrutture portuali
7
, le attrezzature 
di sbarco e imbarco furono condizionati e modificati dalla nuova 
tecnica di trasporto, dando vita a nuove realtà: navi porta-containers, 
navi traghetto, navi full containers, e così via
8
. 
I cambiamenti maggiori si sono avvertiti in particolare nel settore 
marittimo
9
, ove le innovazioni tecnologiche nel segno 
dell’intermodalità presentavano una spiccata tendenza all’aumento ed 
alla capacità del naviglio, dando luogo  al cosiddetto fenomeno del 
gigantismo navale,   concentrato    fino    agli   anni ‘70 soprattutto nel  
                                                 
7
 Più in particolare riguardo le modificazioni avvenute nelle strutture portuali, si veda 
recentemente XERRI, Il trasporto nel diritto marittimo, nel diritto della navigazione, nel 
diritto dei trasporti e sua evoluzione verso l’integrazione del sistema, in Trasporti e 
globalizzazione: materiali per una ricerca, Quaderno dell’istituto per lo studio del diritto 
del trasporti, n. 10, 2004, 36 ss., la quale afferma che “per rispondere alle necessità del 
container il porto ha vissuto una trasformazione, da porto-emporio di impianto medievale 
e coloniale a fabbrica portuale. La dinamicità del porto-emporio viveva in funzione del 
retroterra industriale e urbano, produttore e consumatore delle merci che passavano per il 
porto e le operazioni portuali erano subordinate alla complessità delle relazioni a terra. 
Nell’era dei container tende invece ad affermarsi il “portless port” (il “porto senza 
porto”), semplice punto in cui avvengono i passaggi intermodali”. Si veda inoltre 
TORBIARELLI, Alcuni appunti in tema di terminali intermodali terrestri, in Trasporti, 71, 
1997, 167 ss. 
8
 Tra gli altri, si veda a riguardo POLIDORI, Le infrastrutture, i mezzi di trasporto ed i 
volumi di traffico. Alcuni confronti internazionali, in Trasporti, 24, 1981, 3 ss. 
9
 Si veda a proposito COLETTA, Il trasporto marittimo: nuove tecnologie e piano generale 
dei trasporti, in Trasporti, 82, 2000. 
 8
settore cisterniero
10
.   L’obiettivo di tutte queste modifiche è stato 
chiaramente quello di rendere uniformi le operazioni necessarie alla 
movimentazione dei containers
11
. 
Notevoli appaiono infatti i vantaggi legati all’uso del container stesso: 
innanzitutto la grande maneggevolezza, e di conseguenza la maggiore 
rapidità nelle operazioni di caricazione e scaricazione, la più breve 
permanenza delle navi nei porti e quindi un decisivo calo dei costi dei 
trasporti marittimi. 
                                                 
10
 “Ad esempio, nella flotta mondiale di porta-container, a fine 1998, compaiono ben 144 
unità da oltre 60 mila tonn. di portata lorda, 21 unità di oltre 80 mila t.d.w., e 6 unità di 
oltre 100 mila t.d.w.; nonché 282 navi da oltre 3500 teu (container standard da 20 piedi), 
189 navi da oltre 4000 teu, e già 51 navi di oltre 5000 teu (dati del Lloyd’s register of 
shipping). Misura, quest’ultima da cui partono le Post-Panamax, con previsioni di 
possibili sviluppi  di capacità da 8 mila fino a 15 mila teu. Sempre nel mondo 
dell’intermodalità vanno anche ricordate le dimensioni, solitamente rilevanti e al di là dei 
valori consueti, che si prospettano per i “super-traghetti veloci” dell’alta velocità via 
mare.” Così in MARCHESE, Le industrie dei trasporti marittimi fra i primi anni 80 e 
l’inizio del 2000, in Trasporti, 86, 2002, 41 ss. E’ giusto il caso di far notare che tali 
fenomeni di gigantismo navale a loro volta si riverberano in ambito assicurativo, come 
ribadito nell’articolo Il gigantismo navale e i massimali di polizza per le merci, in Le 
assicurazioni trasporti, n. 44, 1998, 27. 
11
 I container più diffusi sono infatti di dimensioni standard: 20 e 40 piedi, determinate 
dall’ISO (International Standard Organization). A proposito delle dimensioni e della 
classificazione dei containers e dei vantaggi ad esse legate, oltre a FAVARO, I trasporti 
internazionali: tipologie, assicurazioni, incoterms, imballaggi, norme, modelli, cit., si 
veda anche MORENO, Legal nature and functions of the multimodal transport document, 
Genève, 2002, 10, ove si afferma che “containers can be classified according to their size, 
the material used in their construction and the nature of the commodity to be placed in 
them. As regards the size of containers, the ISO types of 8x8 x 20 ft and 8x8 x 40 ft are 
the most commonly used throughout the world. An 8x8 x 20 ft container is referred to as 
a TEU, a “20 foot equivalent unit”. This unit of measurement is widely used to indicate 
both capaciy and statistical comparison. A 40 foot container is equal to two TEU”. 
 9
Nondimeno, la possibilità di sfruttare in maniera più efficiente e 
razionale gli spazi disponibili per il carico
12
. 
Infine, la stessa natura del contenitore ha indubbiamente agevolato lo 
sviluppo dei trasporti combinati, data la sua capacità di adattarsi con 
facilità al trasporto via mare, su strada, su rotaia, favorendo allo stesso 
tempo una notevole diminuzione dei danni alle merci trasportate oltre 
ad una riduzione dei costi di imballaggio e confezionamento, dato che 
la merce, nella spedizione di carichi completi, può essere caricata 
direttamente nel contenitore. 
Anche la dottrina ha sottolineato la particolare efficacia del container 
quale “strumento utilizzato per il trasporto, non assimilabile né alla 
nave, né alle merci, atto a consentire sia la migliore conservazione e 
manipolazione di queste ultime, sia per lo sfruttamento più completo 
della capacità di carico della prima”
13
. 
                                                 
12
 Attraverso l’uso del container l’utilizzazione del mezzo di trasporto stradale e 
ferroviario viene di molto incrementata, raggiungendo un coefficiente di utilizzo quasi 
raddoppiato rispetto al traffico tradizionale; si veda FAVARO, I trasporti internazionali: 
tipologie, assicurazioni, incoterms, imballaggi, norme, modelli, cit. 
13
 Così espressamente ANTONINI, Profili giuridici del trasporto a mezzo containers, in 
Atti dell’Incontro di studio sul tema “Trasporto multimodale e sviluppo dell’economia 
nell’area del Mediterraneo”, Messina, 1994, 87. L’Autore chiarisce inoltre che il 
container stesso non verrà considerato come parte del carico, come un comune 
imballaggio: tale termine quindi, ove riferito ai contenitori, andrà inteso in senso 
“atecnico”. 
 10
Alla luce di questi numerosi vantaggi, nella pratica dei traffici 
commerciali il container - sebbene in teoria non sia l’unico strumento 
utilizzabile in un trasporto combinato - risulta quasi sempre 
utilizzato
14
. 
Tutte queste innovazioni tecnologiche ed economiche finiscono per 
configurare il trasporto multimodale come un ciclo di trasporto 
complesso, conferendogli allo stesso tempo la caratteristica della 
unicità tecnico-organizzativa: in altre parole, l’intermodalità non 
corrisponde ad una semplice sequenza di trasporti monomodali; essa 
rappresenta piuttosto una integrazione funzionale, una connessione 
delle varie tecniche di trasporto nella realizzazione di un unico 
processo operativo
15
. 
Sia sul piano meramente funzionale che su quello – come vedremo più 
avanti – squisitamente giuridico, non riteniamo quindi opportuno 
considerare il fenomeno del trasporto multimodale quale semplice 
somma di più modalità di trasporto differenti che si susseguono nel 
tempo: si tratta invece di una nuova ed ulteriore modalità di trasporto 
                                                 
14
 Il traffico delle merci spedite in containers copre oltre l’80% delle spedizioni di merci, 
come riportato nell’ articolo Armatori e spedizionieri si contendono il mercato 
multimodale, in Le assicurazioni trasporti, 21, 1994, 14. 
15
 Si veda in particolare a questo proposito GHIO, Il trasporto multimodale: una risposta 
alla complessità dei flussi logistici delle imprese industriali, cit., in cui l’Autrice descrive 
estesamente le caratteristiche tecniche ed economiche della multimodalità, nonché la 
natura e le competenze dell’OTM (Operatore di Trasporto Multimodale). 
 11
che si va ad aggiungere a quelle tradizionali
16
, avente caratteristiche 
tecniche, documenti ed operatori specifici, oltre la disciplina giuridica. 
Questa nuova realtà ha suscitato il vivo interesse di spedizionieri e 
armatori
17
, i quali hanno immediatamente intuito i vantaggi che 
avrebbero ottenuto inserendosi in tali traffici. 
Gli operatori attivi nel campo multimodale sono quindi nella maggior 
parte dei casi soggetti già da tempo presenti nelle modalità 
convenzionali
18
: gli spedizionieri, che assumono contrattualmente 
anche il trasporto trasformandosi in spedizionieri-vettori
19
; le 
compagnie di navigazione, le quali attraverso trasportatori terrestri di 
propria fiducia assumono l’organizzazione dell’intero ciclo di 
trasferimento della merce
20
. 
Agendo tuttavia in questa nuova veste di Operatori Multimodali, le 
competenze solo in minima parte restano le stesse, divenendo quindi 
                                                 
16
 A proposito dei differenti tipi di trasporto si veda BENTIVOGLIO, Profili organizzativi 
nei diversi tipi di trasporto, in Trasporti, 9, 1976, 36 ss. 
17
 Si veda al riguardo l’articolo Armatori e spedizionieri si contendono il mercato 
multimodale, cit.,  dove sono descritte le strategie delle due fazioni, facendo in particolare 
riferimento all’esperienza statunitense. 
18
 Si vedano in proposito le considerazioni di PESLE, Il trasporto multimodale e lo 
sviluppo economico del Mediterraneo, cit., 129 ss. e di XERRI, Il trasporto nel diritto 
marittimo, nel diritto della navigazione, nel diritto dei trasporti e sua evoluzione verso 
l’integrazione del sistema, cit., 34. 
19
 A proposito dei mutamenti avvenuti riguardo la figura dello spedizioniere nei traffici 
internazionali, si veda CAPPA, C’è ancora un futuro per lo spedizioniere nel mondo dei 
trasporti del 2000?, in Le assicurazioni trasporti, n. 49, 1999, 23 ss. 
20
 Si veda nuovamente l’importante contributo di ORIONE, Appunti per uno studio sul 
trasporto multimodale, cit., 656. 
 12
spedizionieri e vettori protagonisti di una nuova ed indipendente realtà 
economica e commerciale
21
. 
Indipendentemente dalla qualifica del soggetto che assume la 
responsabilità del trasporto, identica rimane l’ esigenza del caricatore 
che viene soddisfatta, ovvero quella di potersi riferire ad un unico 
operatore di trasporto che si occupi di tutte le operazioni inerenti al 
trasferimento della merce: il caricatore ha quindi la possibilità di 
disinteressarsi delle modalità, delle tratte utilizzate per il trasporto, del 
numero di vettori impiegati, devolvendo tali incombenze all’operatore 
del trasporto multimodale, con il quale stipulerà un unico contratto di 
trasporto
22
. 
Si giunge in tal modo alla realizzazione del trasferimento completo 
“door to door” o “porta a porta”. 
Il percorso evolutivo non sembra ancora arrestarsi. Negli ultimi anni 
infatti le esigenze dei caricatori e le risorse degli operatori si sono 
ulteriormente affinate, arricchendo i contenuti della domanda stessa: 
non è più richiesto unicamente il trasferimento delle marci, ma anche 
                                                 
21
 In questo senso XERRI, Il trasporto nel diritto marittimo, nel diritto della navigazione, 
nel diritto dei trasporti e sua evoluzione verso l’integrazione del sistema, cit., 36, la quale 
afferma che “nell’ambito di tale processo evolutivo multimodale una serie di figure 
professionali – soprattutto portuali – che sopravvivono in sistemi trasportistici 
tradizionali, tendono a venire assorbite o riconvertite”. 
22
 In questo senso, fra gli altri, ORIONE, Appunti per uno studio sul trasporto 
multimodale, cit., 655 ss. e XERRI, Il trasporto nel diritto marittimo, nel diritto della 
navigazione, nel diritto dei trasporti e sua evoluzione verso l’integrazione del sistema, 
cit., 34. 
 13
un insieme di servizi di supporto ed informativi che aumenta 
sensibilmente il valore e l’efficienza complessiva del ciclo di trasporto 
multimodale. 
I carriers hanno risposto a queste sollecitazioni con i servizi ad alto 
valore aggiunto (VAS)
23
, trasformandosi spesso in operatori 
trasportistico-logistici in grado di vendere un servizio “differenziato” 
e personalizzato sulle esigenze del singolo cliente
24
. 
                                                 
23
 I servizi ad alto valore aggiunto (VAS, Value Added Services) consistono nell’insieme 
di servizi in grado di generare una utilità per il cliente che ne usufruisce ( servizi logistici, 
di imballaggio e di stivaggio, servizi portuali ed assicurativi, doganali ed informatici, 
etc.), come spiega estesamente MIDORO, La differenziazione nei servizi di trasporto 
intermodali, in Trasporti, 82, 2000, 147 ss. ed anche ORIONE, Appunti per uno studio sul 
trasporto multimodale,  cit., 658.  
24
 Al riguardo, particolarmente importante è la figura dell’operatore terminalista, il quale 
svolge un “ruolo di anello forte del sistema intermodale del trasporto di merci che 
consente di ricomporre ad unità tutta una serie di attività che si svolgono in ambito 
portuale”, in CARBONE, Limiti temporali e quantitativi della responsabilità 
dell’operatore terminalista nella recente normativa nazionale e nel diritto uniforme, in 
Trasporti, 62-63, 1994, 30 ss. Frequentemente inoltre è lo stesso operatore di trasporto 
multimodale o il vettore unimodale a svolgere attività di terminalista: si veda al riguardo 
BRIGNARDELLO, Spunti in tema di risarcimento dei danni subiti dalle merci durante la 
movimentazione in un terminal portuale, in Dir. mar., 2003, 219 ss., ed ORIONE, 
L’attività logistica del vettore multimodale, in Il trasporto multimodale nella realtà 
giuridica odierna, Torino, 1997, 163 ss. In giurisprudenza, si veda Trib. Genova 9 
maggio 2002, Suisse National Insurance Company c. Ignazio Messina S.p.a., in Dir. 
mar., 2003, 218 ss. 
In generale sull’importanza della logistica nel trasporto, si veda il recente contributo di 
CANALI - PUGLISI, Il trasporto nella logistica moderna, in Trasporti, 86, 2002, 189 ss., 
ove ancora una volta si afferma che “la committenza chiede sempre di più servizi 
integrati ed accessori che vanno ben al di là della mera movimentazione delle merci”. 
Inoltre, si afferma poi che la stessa logistica moderna avrà risvolti determinanti 
sull’organizzazione dei trasporti, “contribuendo sempre più ad assegnare quote crescenti 
di traffico al trasporto su gomma, a discapito del tanto auspicato riequilibrio delle varie 
modalità di trasporto presenti sul territorio”. Causa di ciò sarebbero i servizi indotti dalla 
logistica, quali fra gli altri la frammentazione delle consegne e la maggiore rapidità del 
servizio, che favoriscono ulteriormente l’impiego del trasporto stradale anche su medie e 
lunghe distanze. 
 14
 
Anche in ambito assicurativo la nuova realtà del trasporto 
multimodale non ha tardato a portare cambiamenti
25
: società 
assicuratrici attive da anni nelle differenti modalità di trasporto hanno 
rivolto la loro attenzione al vasto mercato multimodale, elaborando 
polizze nuove e sofisticate
26
. 
Naturalmente, i progressi tecnologici legati al container e lo sviluppo 
dei traffici multimodale hanno introdotto molti cambiamenti anche nel 
Mediterraneo. 
L’Italia, per parte sua, non poteva non inserirsi in questi nuovi traffici, 
sviluppandosi nel segno della intermodalità sia a livello internazionale  
                                                 
25
 Si veda in proposito PILLININI, Le coperture assicurative da magazzino a magazzino 
nel trasporto multimodale, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, Pubblicazioni della 
facoltà di Giurisprudenza, Dipartimento di Scienze Giuridiche Università di Modena, 
1997. Si veda ancora ZANARDI, Gli sviluppi assicurativi nei trasporti multimodali: nuove 
polizze danni e responsabilità, in Dir. trasp., 1992, 821 ss. Più in particolare sul tema 
assicurativo, si veda inoltre il paragrafo 3 del Capitolo III del presente studio. 
26
 Un esempio in proposito particolarmente significativo è quello dato dalla CAMAT di 
Parigi, famosa compagnia di assicurazione francese operante da più di un secolo nel ramo 
trasporti, entrata proprio in occasione del centenario nel settore multimodale, 
interrompendo il continuo disinteresse manifestato dalle compagnie assicurative francesi 
verso questo nuovo e importante ramo di trasporti con nuove polizze in grado di coprire 
non soltanto le operazioni di trasporto, bensì tutte le attività effettuate dall’operatore in 
ambito multimodale, si veda La CAMAT celebra 100 anni di attività entrando nel settore 
multimodale, in Trasporti, 31, 1996. Per una analisi maggiormente dettagliata degli 
aspetti assicurativi legati al trasporto multimodale si rimanda al successivo Capitolo III, 
paragrafo 3. 
 15
che nazionale: i porti  principali
27
, le strutture di comunicazione, i 
fulcri del trasporto hanno quindi subìto nei decenni scorsi 
modificazioni più o meno incisive volte a favorire lo sviluppo dei 
traffici multimodali. 
Anche di fronte ai recentissimi mutamenti riguardanti i trasportatori di 
containers, i quali - adeguandosi alle esigenze dei caricatori - offrono 
servizi sempre più complessi e personalizzati del semplice 
trasferimento delle merci, la risposta delle infrastrutture portuali 
italiane sembra adeguata
28
.  Occorre tuttavia precisare, come del resto 
è stato fatto da dottrina recente
29
, che sebbene numerosi ed interessanti 
                                                 
27
 Si veda in proposito STOCCHETTI, Il ruolo del porto di Venezia nei trasporti combinati, 
in Trasporti, 19, 1979, 71 ss.,in cui l’Autore mette in luce estesamente le ingenti opere 
necessarie ad adeguare i porti veneziani alle nuove tecniche di trasporto,costruendo un 
terminal marittimo che disponesse di aree per il parcheggio dei containers, magazzini per 
il consolidamento delle merci, attrezzature e banchine di sbarco e imbarco, mezzi di 
sollevamento e movimentazione dei containers, officine ed uffici, oltre a personale 
addestrato alla conduzione di tali nuovi e sofisticati mezzi. 
E’ quindi riconosciuta, alla luce dello sviluppo dei trasporti combinati, la particolare 
importanza dell’area portuale quale luogo di incontro tra il vettore marittimo e quello 
terrestre: si manifesta la necessità di costruire un terminal ferroviario e di potenziare e 
creare strutture di collegamento stradale e ferroviario oltre che aereo, collocandole in 
maniera razionale nel territorio quali centri di osmosi e di scambio all’insegna della 
velocità e della rapidità. 
28
 Interessante in proposito l’articolo di MIDORO, Attenzione al mutamento, in Trasporti, 
85, 2001, 145 ss., che asserisce l’adeguatezza del porto di Genova di fronte alla 
“trasformazione dei trasportatori oceanici in operatori logistico-trasportistici globali”, 
trasformazione resa necessaria dei bassi margini di profitto del semplice trasporto 
marittimo a fronte dei rischi del trasporto stesso.  
29
 Si veda recentemente PINOTTI, Trasporto intermodale: dopo 17 anni, ancora lontani 
dagli obiettivi del piano generale dei trasporti del 1986, in Riv. giur. circ. trasp., 2003, 
341 ss., ove sono riportati i contenuti della delibera n. 27/2003/G del 4 luglio 2003, con la 
quale la Corte dei Conti ha licenziato la Relazione sul risultato dell’indagine concernente 
“Interventi per il trasporto intermodale”. 
 16
siano sulla carta i progetti, i cambiamenti e gli interventi legislativi
30
 
nel settore del trasporto multimodale proposti in Italia, nella pratica 
tuttavia molti di essi tardano ad essere raggiunti
31
. 
Le cause di tale lentezza vanno ricercate nella eccessiva genericità 
della progettazione stessa e degli obiettivi da essa fissati; nel 
disequilibrio tra le varie modalità di trasporto presenti sul territorio a 
favore    del   trasporto    su gomma
32
; l’aspetto più critico rimane però  
                                                 
30
 Si fa qui riferimento in particolare alla Legge 23 dicembre 1997, n. 454, Interventi per 
la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità, in Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 303, 31 dicembre 1997, ed alle seguenti L. 57/2001 
e L. 166/2002. 
31
 Si precisa infatti in PINOTTI, Trasporto intermodale: dopo 17 anni, ancora lontani 
dagli obiettivi del piano generale dei trasporti del 1986, cit., 341 ss. che gli obiettivi 
fissati dal Piano Generale dei trasporti del 1986 – consistenti nella semplificazione del 
quadro normativo e nel riequilibrio del trasporto ferroviario rispetto a quello stradale – 
non sono stati ancora raggiunti a distanza di più di diciassette anni. Riguardo la 
realizzazione degli interporti previsti dalla Legge 240/90, poi, il risultato non cambia: per 
la maggior parte di essi si è provveduto solo allo stanziamento dei fondi, altri si trovano 
ancora nella fase progettuale, e solo in pochi sono riusciti a realizzare gli interventi 
autorizzati. Si veda inoltre XERRI, Il trasporto nel diritto marittimo, nel diritto della 
navigazione, nel diritto dei trasporti e sua evoluzione verso l’integrazione del sistema, 
cit., 40. 
32
 Si afferma ancora in PINOTTI, Trasporto intermodale: dopo 17 anni, ancora lontani 
dagli obiettivi del piano generale dei trasporti del 1986, cit., 344 che “è sempre la 
modalità stradale ad assorbire la quota di trasporto merci più consistente. Lo squilibrio fra 
le varie modalità di trasporto è in verità presente in tutti i paesi dell’unione europea dove 
il trasporto su strada assorbe in media il 44,5% del traffico interno delle merci, ma appare 
preoccupante in Italia dove arriva a circa il 67% (…). Per conseguire il riequilibrio tra 
trasporto su strada e quello su rotaia occorreranno ancora massicci aiuti dello Stato in 
considerazione dell’alto costo delle infrastrutture e degli impianti”. Il problema è 
affrontato anche in CANALI - PUGLISI, Il trasporto nella logistica moderna, cit., 193, ove 
si afferma che “l’esistenza (…) in modo specifico nel nostro paese di alcune condizioni di 
criticità quali la configurazione geografica del territorio, la dispersione della popolazione 
e delle imprese sul territorio, la bassa dimensione media delle imprese e la pratica diffusa 
della subfornitura al dettaglio, fanno ritenere che il problema dell’autotrasporto 
continuerà a rappresentare un fattore strutturale destinato a restare tale nel prossimo 
decennio”. 
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l’incompletezza dell’assetto normativo
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. 
Ci si auspica dunque che le misure necessarie al superamento di tali 
inadeguatezze siano presto adottate dallo Stato, in modo da consentire 
anche al nostro Paese un inserimento più incisivo all’interno dei 
traffici internazionali nel segno della multimodalità. 
 
 
                                                 
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 Si veda al riguardo quanto affermato in XERRI, Il trasporto nel diritto marittimo, nel 
diritto della navigazione, nel diritto dei trasporti e sua evoluzione verso l’integrazione 
del sistema, cit., 40: “il ritardo accumulato nei confronti degli altri paesi europei risiede 
nella bassa qualità del servizio rispetto all’alto costo, nella distribuzione e nella mancanza 
di integrazione fra le varie modalità, nella dotazione infrastrutturale, nella carenza di una 
disciplina realmente organica. E’ un ritardo che pesa sia nelle aree più deboli, 
impedendone lo sviluppo, sia nelle aree più forti, come il nord-est, soffocandone le 
potenzialità. E’ un ritardo che non ha ragione di essere protratto, tenuto anche conto delle 
opportunità che emergono dal Libro bianco del 2001”.