CAPITOLO I
LE DELOCALIZZAZIONI DI COMODO
Sempre più spesso capitano sui mezzi di informazione notizie, anzi vere e proprie 
tempeste mediatiche riguardo le residenze fittizie di persone fisiche, anche rinomate. 
Oltre che un tormentone estivo, che fa ancora più notizia in un contesto come quello 
attuale di recessione economica, è un indice dell'attenzione crescente che 
l'Amministrazione finanziaria, incentivava da ragioni di gettito, dedica al fenomeno del 
1
trasferimento di base imponibile all'estero.
È proprio la recessione economica tutt'ora in corso ad aver indotto i maggiori 
2
Paesi industrializzati, riunitisi nel summit G20, tenutosi a Londra nella primavera 2009, 
ad inasprire le politiche di contrasto verso gli Stati e i territori accusati di appropriarsi 
indebitamente di risorse riservate alle esangui finanze altrui.
Le ricadute di un così massiccio sforzo contro gli abusi fiscali non hanno tardato a 
manifestarsi: se già in prossimità e durante il vertice di Londra sono proliferati nuovi 
accordi in materia di scambio di informazioni tra Paesi, nei giorni successivi, dopo che 
Costarica, Filippine, Malaysia e Uruguay hanno fatto voto di abbandonare ogni opacità, 
la lista nera, elaborata dall'OCSE e formata dal nocciolo duro degli Stati o territori più 
1
Cfr. MORO VISCONTI R., Manovra anticrisi (D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito) – Il rimpatrio delle 
holding estere: le novità del decreto anticrisi, in Il fisco n. 34 del 21 settembre 2009, pag. 1-5640.
2
Durante tale summit, avente ad oggetto i mercati finanziari e l'economia mondiale, sono stati 
approvati, d'intesa con il Comitato ONU di esperti in materia di cooperazione fiscale, gli standard 
sullo scambio di informazioni elaborati in sede OCSE e la lista stilata dalla stessa organizzazione 
parigina per classificare i Paesi in funzione della propensione a collaborare. Cfr. LO PRESTI VENTURA E., 
MONTUORI N., Le delocalizzazioni di comodo. Inasprimento della disciplina Cfc e opportunità dello 
scudo fiscale-ter, in Il fisco n. 40 del 2 novembre 2009, pag. 1-6609.
4
riottosi ad allinearsi ai mutati standard di lotta all'evasione, è andata svuotandosi.
Le successive relazioni sullo stato d'avanzamento del progetto riformatore – i 
cosiddetti progressive reports – hanno registrato gli sforzi diffusi per guadagnarsi i 
galloni di Paese “virtuoso”, tramite il requisito della stipula, con almeno 12 dei 30 Paesi 
aderenti all'Ocse, di accordi bilaterali in materia di scambio in informazioni.
L'azione di contrasto all'evasione, di così ampia concertazione, è stata 
accompagnata da interventi unilaterali non meno incisivi: l'Italia, in particolare, già 
3
attiva sul fronte internazionale, si è mossa su quello interno in due direzioni, 
utilizzando ad un tempo “il bastone e la carota”: da un lato, secondo consuetudine in 
occasione dei giri di boa nelle politiche fiscali, si è offerta la possibilità ai contribuenti 
4
di chiudere i conti con il passato, aderendo al cosiddetto scudo fiscale-ter; dall'altro 
lato, si è impresso un giro di vite senza precedenti al ricorso a strutture estere in odore di 
elusione.
È certo innegabile che le esigenze di gettito, particolarmente avvertite in un 
periodo di difficile congiuntura economica, hanno giocato un ruolo di primo piano tra i 
fattori alla base degli interventi del nostro legislatore fiscale: non è assurdo sostenere 
che questi abbia preso a pretesto, per il proprio interesse erariale, il propizio clima di 
5
consenso internazionale sin qui descritto, piuttosto che esserne condizionato.
Ma le misure di contrasto all'occultamento dei redditi all'estero, e del beneficiario 
3
Per quanto in modo selettivo, per ovvie ragioni geografiche, un'attenzione particolare è stata 
concentrata sulla Svizzera e su San Marino: si pensi alle recenti installazioni da parte della Guardia di 
finanza lungo i confini con questi Paesi dei cosiddetti autovelox fiscali, speciali mezzi mobili 
plurisensori utilizzati per bloccare gli illeciti trasporti di denaro e titoli, ma anche di altri beni come 
oro, argento e preziosi; questi sistemi di rilevamento elettronico sono montati a bordo di furgoni delle 
Fiamme gialle e permettono di riprendere i numeri di targa di tutti i veicoli transitanti presso una 
determinata area stradale: grazie al database, le auto "sospette", a causa della frequenza dei passaggi 
sono poi oggetto del vero e proprio controllo da parte dei finanzieri. Cfr. LO PRESTI VENTURA E., 
MONTUORI N., op. cit.; MAGLIONE V., Autovelox fiscali schierati sui confini, in Il Sole 24 Ore, Norme e 
tributi, n. 268 del 29 settembre 2009, pag. 31.
4
Cfr. infra.
5
Cfr. LO PRESTI VENTURA E., MONTUORI N., op. cit.
5
economico effettivo che si può nascondere dietro complesse ed a volte impenetrabili 
strutture societarie e schermi fiduciari, sono poste in essere non solo e non tanto 
dall'autorità fiscale, pro domo sua non sempre interessata a perseguire soggetti non 
fiscalmente residenti, quanto e soprattutto dalle Banche centrali o da altre authorities 
deputate ai controlli antiriciclaggio, in un'ottica di contrasto ai movimenti sospetti di 
denaro o altre risorse, un contrasto che trae le sue origini politiche soprattutto a seguito 
6
degli attentati dell'11 settembre 2001 alle Torri gemelle in New York.
Tale lotta, promossa in primis dall'OCSE, si propone di squarciare ogni forma di 
velo di segretezza opposto da taluni Paesi, non necessariamente paradisi fiscali, alle 
indagini operate dalle amministrazioni estere, perseguendo, come detto, benefici anche 
7
diversi da quello erariale.
6
Cfr. MORO VISCONTI R., op.cit.
7
Cfr. LO PRESTI VENTURA E., MONTUORI N., op. cit.
6
CAPITOLO II
LA FISCALITÀ INTERNAZIONALE 
NELL'ORDINAMENTO TRIBUTARIO ITALIANO
Una panoramica sull'ordinamento italiano
La legislazione sui redditi conseguiti all'estero dalle persone fisiche, sulla 
residenza delle società o sulle società controllate estere fanno parte di quel coacervo di 
8
disposizioni di diritto tributario internazionale tese a contrastare quei comportamenti 
finalizzati a sottrarre dalla tassazione redditi prodotti in un determinato Paese, mediante 
9
il loro trasferimento fittizio oltre confine.
Questo fenomeno, non solo italiano, è collegato al principio, presente in vari 
ordinamenti, della worldwide taxation, secondo il quale per i residenti, persone fisiche o 
persone giuridiche, in Italia sono ivi assoggettati ad imposizione tutti i loro redditi 
8
Le norme interne di diritto tributario internazionale disciplinano vicende che si collocano, sia pure 
sotto un profilo solo formale, e in modo parziale o totale, al di fuori del territorio dello Stato. Esse si 
differenziano da quelle facenti parte del diritto internazionale tributario, contenute nei Trattati 
bilaterali o multilaterali, nelle convenzioni e nelle norme consuetudinarie, che involgono questioni 
tributarie di rilevanza transnazionale. Cfr. INGRAO G., D.L. Anticrisi e "stretta" sulla normativa CFC: 
contrasto agli abusi fiscali o miopia del legislatore?, in Rassegna tributaria n. 1 di gennaio – febbraio 
2010, pag. 87.
9
Cfr. INGRAO G., op. cit.
7
10
ovunque prodotti.
Per le persone fisiche residenti, tale regola di tassazione dei redditi ovunque 
prodotti offre allo Stato una prima protezione in relazione al rischio di delocalizzazione. 
I fatti aventi rilevanza reddituali realizzati all'estero scontano, infatti, la tassazione in 
Italia, a meno che non vi siano specifiche previsioni nelle convenzioni internazionali 
contro le doppie imposizioni, e salvo la possibilità di fruire del credito per le imposte 
11
pagate all'estero. Per sfuggire all'applicazione di tale norma, ove questa comporti un 
maggior onere tributario, viene fatta figurare una fittizia residenza nello Stato estero, 
dove è prevista una bassa, se non inesistente, pressione fiscale piuttosto che 
12
l'applicazione di speciali agevolazioni fiscali.
Il sistema di protezione degli interessi erariali si completa, poi, con una norma, 
l'art. 2, comma 2-bis, D.P.R. 22 dicembre 1987, n. 917, Testo Unico delle Imposte sui 
Redditi (da qui in avanti per brevità T.U.I.R.), che disconosce ai fini fiscali, salvo prova 
contraria del contribuente, il trasferimento della residenza delle persone fisiche in Paesi 
13
o territori aventi fiscalità privilegiata.
La disciplina italiana identifica i Paesi a fiscalità privilegiata sulla base della loro 
non inclusione in una lista di Paesi virtuosi, la white list, che ha sostituito, capovolgendo 
1415
, la black list. Tali Paesi sono individuati con decreto del Ministero e 
16
delle Finanze, sulla base:
10
Cfr. DEL FEDERICO L., Società estere e presunzione di residenza ai sensi del D.L. n. 223/2006: artt. 43 e 
48 del Trattato CE, Convenzioni contro le doppie imposizioni e disapplicazione della norma interna 
di cui al comma 5-bis dell'art. 73 del Tuir, in Il fisco n . 41 del 6 novembre 2006, pag. 1-6367.
11
Cfr. INGRAO G., op. cit.
12
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
13
Cfr. INGRAO G., op. cit.
14
Questa inversione nella logica di individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata è stata introdotta nel 
nostro ordinamento con l'art. 1, primo comma, L. 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria per il 
2008.
15
Secondo l'approccio black list, i regimi fiscali privilegiati erano individuati in positivo nell'elenco 
ministeriale.
16
Nelle more dell'emanazione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze di tale decreto e fino 
8
l'impostazione
del livello di tassazione non sensibilmente inferiore a quello applicabile in 
Italia;
dell'esistenza di un adeguato scambio di informazioni con 
17
l'Amministrazione finanziaria italiana.
Anche per quel che concerne le società, il sistema tributario interno adotta dei 
rimedi per prevenire la sottrazione di materia imponibile operata in favore di Paesi 
18
aventi regimi fiscali più favorevoli.
Mentre per le persone giuridiche residenti, in attuazione del citato principio della 
worldwide taxation, sono assoggettati ad imposizione in Italia tutti i redditi ovunque 
prodotti, per le società e gli enti non residenti, al contrario, ai sensi dell'art. 151, primo 
comma, T.U.I.R., ed in applicazione di un diverso principio di tassazione territoriale, 
sono assoggettati ad imposizione in Italia soltanto i redditi prodotti sul territorio 
nazionale. Conseguentemente, per effetto di tale previsione normativa, una società o un 
ente non residente n Italia, solo ove consegua redditi sul nostro territorio, sarà, per tali 
cespiti, tassato nel nostro Paese, indipendentemente dal fatto che per la stessa ricchezza 
tale società od ente sia assoggettato ad imposizione anche nel proprio Paese di 
19
residenza, in virtù del principio della worldwide taxation. 
alla sua entrata in vigore, prevista per il periodo d'imposta successivo a quello della sua pubblicazione 
in Gazzetta Ufficiale, continuano, in ogni caso, ad applicarsi le disposizioni vigenti sino al 31 
settembre 2007, riguardanti quindi la black list. Cfr. AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE CENTRALE 
NORMATIVA, Disciplina relativa alle controlled foreign companies (CFC) – Dividendi provenienti e 
costi sostenuti con Stati o territori a fiscalità privilegiata - Chiarimenti n. 51 del 6 ottobre 2010.
17
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
18
Cfr. INGRAO G., op. cit.
19
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
9
••
L'ESTEROVESTIZIONE DELLE HOLDING
Il concetto di residenza fiscale è particolarmente rilevante per le holding, 
soprattutto nei casi in cui la holding sia localizzata all'estero, in special modo in Paesi a 
20
fiscalità privilegiata, e una o più partecipate siano in Italia.
La società holding si caratterizza per essere un'entità giuridica autonoma, che 
svolge principalmente un'attività di assunzione, gestione e vendite di azioni o quote, 
eventualmente affiancata dallo svolgimento di altre attività- Il controllo partecipativo 
detenuto da questa società permette di realizzare strategie di gruppo in cui una pluralità 
di imprese, aventi ciascuna una propria autonomia giuridica, svolge attività economiche 
21
unitarie o coordinate tra loro con il fine di realizzare determinati risultati economici.
Molto spesso la residenza estera delle holding è fittizia; si costituisce una società 
all'estero senza alcun elemento di collegamento con quel territorio ed ogni elemento è 
22
invece di carattere nazionale: si parla in questi casi di box company, di società vuota.
Spesso queste costruzioni abusive sono caratterizzate dalla presenza di soci al 
2324
, oppure i soci sono di nuovo altre holding off shore, caratterizzate da soci di 
norma ancora al portatore o da schermi fiduciari in cui i fiducianti, non sempre 
agevolmente rintracciabili sono i beneficiari economici di ultima istanza.
In taluni casi, la holding può essere un mero strumento formale per conseguire 
un'interposizione reale o fittizia, attraverso un'intestazione puramente formale di 
20
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
21
Cfr. SOZZA G., Criticità fiscali nell'internazionalizzazione dell'impresa, allegato n. 10 a Il fisco n. 24 
del 13 giugno 2005, cap. 7.
22
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
23
Questa possibilità non è fiscalmente consentita in Italia, mentre è ampiamente sfruttata laddove è 
lecita, per poter modificare la compagine sociale in tempi rapidi, senza particolari formalità oltre alla 
traditio, alla consegna, del certificato azionario, e senza essere assoggettati ad alcuna imposizione, che 
non saprebbe neppure chi colpire. Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
24
È il tipico caso di sub-holding dell'Unione Europea controllata da holding off shore. Cfr. MORO 
VISCONTI R., op. cit.
10
portatore
partecipazioni in realtà riferibili ad altri soggetti, ad esempio persone fisiche residenti in 
25
Italia, con la principale finalità di sottrarsi agli adempimenti tributari previsti 
dall'ordinamento di reale appartenenza e beneficiare, al contrario, del regime impositivo 
26
più favorevole vigente altrove.
Attraverso una delocalizzazione all'estero di società nazionali, si cerca di 
conseguire un differimento della tassazione – il cosiddetto tax deferral – degli utili per il 
tramite di controllate estere, localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata. Il soggetto 
partecipante residente produce utili assoggettati in tali Paesi esteri ad un'imposizione 
fiscale ridotta o nulla, rinviando sine die la tassazione degli utili in Italia al momento 
27
della loro effettiva distribuzione da parte della controllata estera: Infatti, nella misura 
in cui tali società vengono legittimamente costituite, esse costituiscono un vero e 
proprio schermo all'esercizio della potestà impositiva dello Stato di residenza della 
società della società estera fino al momento in cui gli utili verranno rimpatriati dal 
28
soggetto controllante sotto forma di dividendi, plusvalenze di capitale o altro.
L'Amministrazione finanziaria italiana segue con crescente attenzione le 
problematiche sulla residenza fiscale effettiva delle società, utilizzando con frequenza 
criteri e metodi di tipo sostanziale, come mezzo per contrastare localizzazioni di 
comodo; tale contrasto è tuttavia una operazione particolarmente difficoltosa, 
specialmente nel caso in cui la holding fittiziamente residente all'estero risulti dormiente 
o di fatto inattiva, e quindi, tipicamente tale da non attrarre l'attenzione.
L'esterificazione delle holding può comportare problemi di esterovestizione 
societaria: tale termine designa quella particolare situazione per cui una società 
costituita all'estero, pur avendo formalmente residenza a fini fiscali nel Paese di 
costituzione, è nondimeno titolare di redditi suscettibili di essere legittimamente 
assoggettati a tassazione in Italia, in quanto presenti uno o più criteri legali di 
25
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
26
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
27
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
28
Cfr. ANTONELLI V., D'ALESSIO R., PISTONE P., Summa fiscale 2010, edito da Il Sole 24 Ore Pirola, 2010, 
pp. 586 e ss.
11
collegamento con l'ordinamento nazionale, in virtù dei quali la residenza fiscale viene 
altresì radicata all'interno del territorio dello Stato. 
Tali criteri di collegamento, individuati dal legislatore tributario all'art. 73, terzo 
comma, T.U.I.R., per la determinazione dello status di residente della società, sono tre:
la sede legale;
la sede dell'amministrazione;
l'oggetto principale,
29
per la maggior parte del periodo di imposta nel territorio dello Stato italiano.
Non sarebbe, quindi, rilevante che la società sia stata costituita – ed abbia la sede 
legale – all'estero, qualora essa abbia nel territorio dello Stato la sede amministrativa o 
l'oggetto principale, potendosi, dunque, verificare il caso di società formalmente estere, 
ma fiscalmente residenti in Italia.
In applicazione della norma de qua, il soggetto estero si considera, ad ogni effetto, 
residente nel territorio dello Stato e sarà quindi soggetto a tutti gli obblighi strumentali e 
sostanziali che l'ordinamento prevede per le società e gli enti residenti.
La normativa fiscale, in altri termini, ha conferito rilevanza non soltanto al dato 
formale della localizzazione della sede legale della società sul territorio nazionale, ma 
anche a quello sostanziale connesso all'ubicazione in Italia della sede 
dell'amministrazione o allo svolgimento, nel nostro Paese, dell'oggetto principale 
dell'impresa, in entrambi i casi, per la maggior parte del periodo di imposta. 
La sede legale si identifica con la sede sociale indicata nell'atto costitutivo o nello 
statuto, e dà evidenza ad un elemento giuridico “formale”; diversamente la 
localizzazione dell'oggetto principale o l'esistenza della sede dell'amministrazione 
30
devono essere valutati in base ad elementi di effettività sostanziale.
In merito alla sede dell'amministrazione, la dottrina ha formulato la teoria 
29
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
30
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
12
•••
31
cosiddetta dell'impulso volitivo, secondo cui questa risiede nel luogo da cui 
32
promanano le decisioni fondamentali della vita dell'ente. Ovviamente sarà opportuno 
individuare le caratteristiche delle decisioni cui si fa riferimento tenendo di conto della 
tipologia di holding cui ci troviamo innanzi; al riguardo conviene premettere che nella 
strutturazione dei gruppi multinazionali vengono spesso inserite, ai vari livelli del 
gruppo, società aventi funzioni prevalentemente di holding: in una di esse, generalmente 
la top holding, viene tendenzialmente concentrata l'attività di direzione e coordinamento 
strategico del gruppo, mentre le altre si limitano a un'attività di detenzione delle 
controllate operanti in diversi ambiti. 
Perciò, per tali soggetti, ontologicamente funzionali, congiuntamente a tutte le 
società appartenenti ad un gruppo soggetto a unitaria direzione e coordinamento ai sensi 
degli artt. 2497 e ss., c.c., intendere per sede dell'amministrazione il luogo in cui 
vengono assunte le decisioni strategiche non appare significativo, ma appare preferibile 
riferirsi al luogo in cui l'organo gestorio perfeziona le attività afferenti all'area operativa, 
33
“quotidiana”, dell'ente, non già al luogo di statuizione delle decisioni strategiche.
Occorre osservare che in merito al requisito della residenza è dedicato l'intero art. 
4 del Modello OCSE di Convenzione: questa norma non può tuttavia applicarsi alla 
legislazione interna nazionale in quanto diretta a regolamentare i rapporti internazionali; 
in prima battuta si cercherà di definire la residenza fiscale utilizzando le definizioni 
adottate dalle legislazioni interne dei singoli Stati coinvolti, e solo qualora non sia 
possibile, facendo ricorso alle disposizioni interne, attribuire, in modo univoco, la 
residenza fiscale ad una società, si farà riferimento al Modello OCSE di Convenzione.
31
Questo approccio è stato confermato anche da una sentenza della Corte Suprema di Cassazione del 22 
gennaio 1958, n. 136, ove si prevedeva che per sede effettiva della società deve considerarsi “il luogo 
in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l'esercizio 
dell'impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano 
gli affari e dove i diversi fattori dell'impresa vengono organizzati e coordinati per l'esplicazione ed il 
raggiungimento dei fini sociali”. Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
32
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
33
Cfr. BOGONI R., ARTUSO E., La «vera» sede delle holding, Fondazione Centro Studi Unione nazionale 
giovani dottori commercialisti, in Il Sole 24 Ore, Norme e tributi n. 170 del 22 giugno 2009, pag. 4.
13
Tale Modello, all'art. 4, terzo paragrafo, risolve i conflitti tra gli ordinamenti 
considerando preminente la sede della direzione effettiva della società stessa o dell'ente 
collettivo. Anche in questo campo convenzionale tale sede è individuata, qualora sia 
differente dal luogo in cui si trova la sede della società o dell'impresa, nel luogo in cui 
viene, in concreto, esercitata l'attività, o nel luogo in cui promanano le decisioni 
concernenti la gestione e l'amministrazione della società, il cosiddetto place of 
34
management.
35
Con il D.L. 4 luglio 2006, n. 233, è stata introdotta una norma per contrastare più 
efficacemente le esterovestizioni societarie, grazie ad una presunzione di residenza di 
cui all'art. 73, comma 5-bis, T.U.I.R., che appunto disconosce la residenza di enti e 
società estere che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell'art. 2359, primo 
3637
comma, c.c., in società di capitali ed enti commerciali residenti in Italia, invertendo a 
loro carico l'onus probandi; la possibilità di fornire la prova contraria garantisce la 
valutazione case by case e dunque la proporzionalità della norma rispetto al fine 
38
perseguito, così da mitigare e da rendere legittima la portata generale della norma. 
L'attrazione presuntiva in Italia della sede amministrativa, e con essa della 
residenza fiscale, avviene se, alternativamente, tali enti e società:
sono controllati anche indirettamente, ai sensi dell'art. 2359, primo 
comma, c.c., da soggetti residenti nel territorio dello Stato, con l'effetto, 
34
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
35
Il cosiddetto decreto legge Visco – Bersani.
36
Sono considerate società controllate ai sensi dell'art. 2359, primo comma, c.c. le società in cui un'altra 
società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria – il controllo di diritto 
– le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante 
nell'assemblea ordinaria – il controllo interno di fatto – e le società che sono sotto influenza 
dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa – il controllo esterno di 
fatto. Ai fini dell'applicazione dei primi due casi si computano anche i voti spettanti a società 
controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di 
terzi.
37
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
38
Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
14
•
quindi, di frapporsi tra due soggetti – tipicamente il beneficiario 
economico effettivo e la società partecipata – residenti in Italia;
pur non essendo controllate da soggetti residenti in Italia, sono rette da un 
consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, 
39
composto in prevalenza di soggetti residenti nel territorio italiano.
Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis rileva la 
situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio o del periodo di gestione del 
soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, inoltre, per le persone fisiche si tiene 
40
conto anche dei voti spettanti ai familiari. 
A titolo di esempio, la società Beta si presume residente nel territorio dello Stato 
41
italiano quando:
Partecipazione di controllo 
Alpha S.p.A.
anche indiretto
residente in Italia
Beta
localizzata all'estero
Gamma S.p.A.
Partecipazione di 
residente in Italia
controllo diretto
oppure quando:
39
Cfr. MORO VISCONTI R., op. cit.
40
Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e 
gli affini entro il secondo grado. Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
41
Cfr. AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE CENTRALE NORMATIVA E CONTENZIOSO, Decreto legge n. 223 del 4 
luglio 2006 – primi chiarimenti n. 28 del 4 agosto 2006, pp. 26 e ss.
15
•
Beta
Partecipazione di 
controllo diretto
localizzata all'estero
Alpha S.p.A.
C.d.A. composto da tre
residente in Italia
membri di cui due residenti
in Italia
La norma è ritenuta applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti 
controllanti e controllati si interpongano una o più sub-holding estere. La presunzione di 
42
residenza in Italia della società estera che direttamente controlla una società italiana 
renderà operativa, infatti, la presunzione anche per la società estera inserita nell'anello 
immediatamente superiore della catena societaria: quest'ultima si troverà, infatti, a 
controllare direttamente la sub-holding estera, considerata residente in Italia.
Questa nuova previsione comporta che le holding estere aventi le caratteristiche di 
cui sopra sono assoggettate a tassazione in Italia per tutti i redditi prodotti; con questa 
norma si inverte, di fatto, l'onus probandi sul controllo estero di una società in cui 
operino in maniera prevalente soggetti di nazionalità e di residenza italiana.
Tramite tale inversione dell'onere probatorio si dota l'ordinamento di uno 
strumento che solleva l'Amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l'effettiva 
sede dell'amministrazione di entità che presentano elementi di collegamento con il 
territorio dello Stato italiano molteplici e significativi. In tale ottica la norma persegue 
un obiettivo di miglioramento dell'efficacia dell'azione di contrasto nei confronti di 
pratiche elusive, facilitando il compito del verificatore nell'accertamento degli elementi 
di fatto per la determinazione della residenza effettiva delle società, valorizzando gli 
aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in 
conformità al principio della substance over form riconosciuto in campo 
43
internazionale.
42
In questo caso la presunzione di residenza si realizza, ricordiamo, in quanto nella determinazione 
dell'eventuale controllo verso valle da parte del soggetto residente si computano anche i voti spettanti 
a società controllate, anche se residenti all'estero.
43
La norma si applica non solo nel caso di fissazione della sede legale in paradisi fiscali, ma in 
qualunque Stato estero; essa è stata duramente criticata, in quanto non consente di attivare lo 
16
Ovviamente si tenga presente come i requisiti imposti dalla norma non precludono 
altre ipotesi di esterovestizione, con la sola differenza che sarà la stessa 
44
Amministrazione ad assumerne l'onere della prova.
Eventuali conseguenze penali in caso di esterovestizione
L'esterovestizione presenta rischi anche penal-tributari: nell'ipotesi in cui il 
contribuente non riesca a dimostrare l'effettiva residenza all'estero di una società che i 
verificatori qualificano come esterovestita, si pone il delicato problema degli effetti 
penali. Una cosa è innanzitutto certa: il riconoscimento della residenza italiana della 
società verificata non configura mai un reato, in ragione dell'assoluta indipendenza tra il 
piano tributario e il piano penale.
La fattispecie di reato configurabile è quella di omessa dichiarazione, di cui all'art. 
5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, pur essendo le relative dichiarazioni presentate 
all'estero: questo reato ha natura di delitto di pura omissione, punito con la reclusione da 
uno a tre anni, che concerne indifferentemente la mancata presentazione della 
dichiarazione ai fini IVA o delle imposte sui redditi. Poiché l'omessa dichiarazione sia 
penalmente rilevante, l'imposta evasa deve essere superiore, con riferimento alla singola 
annualità, a 77.468,53 euro.
Il vigente principio del doppio binario, statuente la separazione dei procedimenti 
tributario e penale e previsto dall'art. 20 dello stesso D.Lgs., implica, invero, l'obbligo 
per il giudice penale di valutare attentamente le prove raccolte, senza tenere in alcuna 
considerazione, le determinazioni del contenzioso fiscale.
In questo senso, il giudice penale non può tenere in alcun conto l'applicabilità al 
strumento dell'interpello ordinario, ma la prova dell'effettiva residenza può essere data solo in sede di 
accertamento tributario. Se fosse prevista una procedura di interpello preventivo si migliorerebbe 
invece il diritto di difesa e si deflazionerebbe il contenzioso. Cfr. INGRAO G., op. cit.
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Cfr. DEL FEDERICO L., op. cit.
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caso di specie della presunzione tributaria, ma mediante le prove raccolte in 
dibattimento può certamente giungere a una differente definizione della questione 
rispetto all'orientamento dei giudici tributari; nel processo penale possono essere 
esaminati ulteriori o differenti elementi – documenti, testimonianze, ecc. – in grado di 
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dimostrare l'effettiva natura straniera della società. 
IL REGIME CFC
Genesi e ratio
Le predette norme non hanno tuttavia un campo di applicazione così ampio da 
coprire ogni forma di elusione fiscale internazionale: per quanto riguarda in particolare 
le società, la norma sull'esterovestizione non può operare se la partecipata estera, che si 
ipotizza essere stata costituita per sfruttare abusivamente il regime fiscale favorevole del 
Paese estero, non detiene a sua volta partecipazioni in società residenti in Italia o non 
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amministrata da soggetti ivi residenti.
Per vincere la presunzione di residenza in Italia, sarà sufficiente, da parte del 
contribuente, dimostrare, certo con argomenti adeguati e convincenti, che la sede di 
direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all'estero: tali argomenti e prove 
dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, 
esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto 
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Cfr. CARACCIOLI I., Senza dichiarazioni scatta il penale, in Il Sole 24 Ore, Norme e tributi n. 214 del 4 
agosto 2008, pag. 2.
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Cfr. INGRAO G., op. cit.
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