5
l�efficienza produttiva delle public utilities  favorendo uno sviluppo dinamico della 
tecnologia ed ha gettato le basi per l�apertura dei mercati  ed alla conseguente riduzione 
delle inefficienze allocative. La privatizzazione pu� rappresentare infatti uno strumento 
estremamente efficace di promozione della concorrenza se indirizzato a favorire, anche 
attraverso interventi di riorganizzazione e separazione societaria oppure contabile 
amministrativa delle imprese, una sostanziale trasformazione degli assetti strutturali dei 
mercati, tali da garantire una maggiore articolazione dell�offerta e una pi� netta 
distinzione fra attivit� in monopolio ed attivit� aperte alla concorrenza. Se quest�ultima 
risulta sufficientemente intensa, le rendite monopolistiche possono essere trasferite ai 
consumatori riducendo le inefficienze informative della regolamentazione e 
confinandola al cuore del monopolio, cio� la rete, dove il mercato �fallisce�. 
L�accesso alla rete, che rimane unica, viene ora liberamente consentito ad operatori 
diversi dal gestore di essa (third party access) ed � possibile attraverso la separazione 
verticale (unbundling), come si sta verificando nel settore del gas naturale, oppure, 
attraverso il libero accesso alla rete dell�ex monopolista verticalmente integrato, come � 
avvenuto nelle telecomunicazioni. 
In questi nuovi assetti di mercato, il ruolo del regolamentatore risulta comunque 
complesso: specialmente nel definire le condizioni di accesso alla rete e nel prevenire, 
almeno nelle fasi transitorie, comportamenti anticompetitivi  dell�ex monopolista 
(incumbent) il quale gode, rispetto agli entranti, di considerevoli vantaggi collegati al 
suo status di precedente fornitore unico. 
I processi di liberalizzazione, ristrutturazione e privatizzazione che hanno investito e 
stanno investendo i settori delle public utilities si accompagnano ad una revisione 
radicale delle �regole del gioco� e quindi dei tradizionali sistemi di regolazione 
settoriale. Al diretto controllo governativo, attuato attraverso uno o pi� ministeri o 
commissioni interministeriali, si sostituiscono nuove istituzioni di regolamentazione 
caratterizzate da gradi pi� o meno elevati di indipendenza, autonomia  e competenza 
tecnica specifica, poich� ogni  industria a rete presenta una struttura di costi ed un 
comportamento di mercato diverso. In Italia, con la legge n. 481 del  14 novembre 1995, 
� stata istituita l�Autorità per l’energia elettrica ed il gas e, con la legge n. 249 del 31 
luglio1997,  l�Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Queste Autorit�, istituite al 
fine di promuovere la concorrenza, di assicurare adeguati livelli di qualit� e diffusione 
 6
dei servizi di pubblica utilit�, di definire un sistema tariffario certo e trasparente, di 
promuovere la tutela  e gli interessi dei consumatori,  collaborano con gli altri regolatori 
europei ed internazionali ed interagiscono con l�Autorità Garante della concorrenza e 
del mercato, istituita con la legge del 10 ottobre 1990. Tale legge vigila sul rispetto 
della concorrenza, vieta intese restrittive di essa e gli abusi di posizione dominante e 
controlla le operazioni di concentrazione. 
In ciascun paese europeo la liberalizzazione procede su tre livelli ugualmente necessari: 
il riconoscimento ai clienti della libert� di scelta del fornitore, lo sviluppo di 
concorrenza nell�offerta, la disponibilit� di accesso alle reti e la loro utilizzazione in 
condizioni di effettiva uguaglianza. La velocit� e l�intensit� della liberalizzazione � 
diversa nei vari paesi per ciascuno dei tre livelli. Alla luce di un nuovo contesto di 
integrazione europea, che aprir� ulteriori spazi all�iniziativa ed all�innovazione, 
fondamentale risulta il ruolo delle Autorit� nazionali nell�applicare le direttive europee. 
La trattazione che segue pu� essere suddivisa in due parti. Nella prima, di impronta 
teorica, vengono esposte le linee generali della teoria economica della regolamentazione 
dei monopoli naturali (Cap.1) e le problematiche riguardanti la determinazione del 
prezzo di accesso alla rete dell�ex monopolista in un mercato liberalizzato (Cap.2). In 
particolare nel primo capitolo si illustrano le condizioni di esistenza e sostenibilit� del 
monopolio naturale, i vantaggi di una integrazione verticale, le caratteristiche dei 
mercati contendibili, la concorrenza per il mercato attraverso aste, concludendo con 
l�analisi di alcuni meccanismi pratici di regolamentazione. Nel secondo capitolo si 
analizza la teoria pi� recente del prezzo ottimale di accesso, sottolineando come la 
determinazione dello stesso dipenda dalle ipotesi sulla struttura ed organizzazione del 
mercato considerato, dal grado di informazione che il regolatore dispone e da molte 
altre variabili. 
Nella seconda parte si illustrano i diversi processi di liberalizzazione realizzatisi nella 
pratica, analizzando il settore italiano delle telecomunicazioni (Cap.3) e del gas naturale 
(Cap.4). L�attenzione di questi due capitoli � focalizzata sul passaggio dal monopolio 
all�apertura del mercato, sottolineando la necessit� di interventi delle rispettive Autorit� 
soprattutto nelle prime fasi di liberalizzazione dove coesistono attivit� in monopolio 
naturale ed attivit� potenzialmente concorrenziali. Infine la trattazione si chiude con 
delle considerazioni sulla realt� presente e futura dei due settori analizzati. 
 7
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 1 
 
IL MONOPOLIO NATURALE E LA 
REGOLAMENTAZIONE DELLE PUBBLIC UTILITIES 
 
 8
 
1.1 Il monopolio naturale 
 
La definizione di monopolio naturale ha subito, alla fine degli anni settanta, una 
significativa evoluzione rispetto alla definizione data da Henry Carter Adams nel 1887 
secondo la quale “le industrie dominate dai rendimenti crescenti di scala, dove la libera 
concorrenza risulta incapace di esercitare una salutare influenza regolatrice, sono per 
natura monopoli”. Il tradizionale concetto di monopolio naturale si impernia quindi 
sull�esistenza di economie di scala legati alla tecnologia dell�impresa in questione. 
In un�impresa monoprodotto, con costi fissi di produzione elevati, la presenza di 
economie di scala indica che i costi medi della stessa decrescono all�aumentare della 
quantit� prodotta come � rappresentato in figura 1.1: 
 
 
       
         P 
                           AC                                                 
                                                                            P(Q) 
                                                                                     
 
         AC(Q’/2)   
   
                                                                                                                        
                    AC(Q’)                                                                  AC 
 
                                            
                                 0                Q’/2                     Q’  Q   
                                                              
 
                                                               fig. 1.1 
 
L�impresa produce secondo una funzione di costo C(Q) ed il suo costo medio indicato 
in figura � AC = C(Q)/Q dove Q � l�output totale; la funzione di domanda � assunta per 
semplicit� lineare P(Q) dove P � il prezzo del bene o servizio. Dall�intersezione tra le 
due funzioni si ottiene il livello ottimale di produzione Q� con un costo medio pari a 
AC(Q�), se un�altra impresa, con la stessa tecnologia, entrasse  sul mercato le due 
imprese si dividerebbero l�output totale producendo la quantit� Q�/2 sopportando un 
costo medio pari a AC(Q�/2) superiore a quello che dovrebbe sopportare un'unica 
impresa.  
 9
Tale dimostrazione giustifica la presenza di un monopolio naturale. La presenza di 
economia di scala � condizione sufficiente per l�esistenza dello stesso. 
Secondo l�accezione corrente
1
 un�industria � un monopolio naturale se, e solo se, per 
tutti i livelli di output rilevanti
2
 la sua funzione di costo � subadditiva. In altri termini, la 
subadditivit� � condizione di esistenza del monopolio naturale. 
Una funzione di costo � subadditiva se: C(Q)< C(Q�) +C(Q��) per ogni livello di output 
Q, Q� e Q�� tale che Q= Q�+ Q�� e, in generale, C(Q)< Σ 
i
 C(Q
i
 ) dove Σ 
i
 Q
i
 = Q ; 
pertanto il costo per fornire, da parte di una sola impresa, la quantit� di output che 
soddisfi la domanda, � inferiore alla somma dei costi che dovrebbero sopportare due o 
pi� imprese di dimensioni minori, le quali contribuiscono solo parzialmente all�offerta 
complessiva. 
Nell�industria monoprodotto esiste uno stretto legame fra la subadditivit� e l�esistenza 
di economia di scala: la presenza di quest�ultima implica l�esistenza della prima, ma non 
viceversa. La presenza di economie di scala � condizione sufficiente ma non necessaria 
per l�esistenza del monopolio naturale, si pu� avere subadditivit� con funzione di costo 
medio crescente per qualche livello di output, come dimostra la fig. 1.2 . 
 
                        
 
                                P 
AC  
 
                         ACb  
 
 
               ACe                
 ACa 
 
 
 
                                   0           Qb                      Qa       Qe                 Q 
 
fig. 1.2 
                                                           
1
 Baumol, Panzar, Willig (1982). 
2
 Se la funzione di domanda traslasse verso destra (aumento della quantit� domandata per ogni livello di      
prezzo) l�industria cesserebbe di essere un monopolio naturale. 
P(Q) 
AC 
 10
Per produrre la quantit� Qa  i costi medi sono decrescenti e quindi ci sono economie di 
scala, per produrre Qe= Qa +Qb  (dove 0Qb = QaQe), i costi medi sono crescenti, quindi 
non ci sono economie di scala. L�industria � un monopolio naturale se per il livello di 
output Qe  la funzione di costo � ancora subadditiva: la somma delle due aree 
evidenziate, corrispondenti ai costi totali sostenuti qualora due imprese si 
suddividessero la produzione dell�output totale, una producendo fino al punto in cui vi 
sono economie di scala ( 0Qa), l�altra soddisfando la domanda residua (QaQe ), sarebbe 
pertanto maggiore del costo totale sopportato da una sola impresa (area 0 ACe  E Qe  ). 
Nell�industria multiprodotto, il concetto di subadditivit� si distacca significativamente 
dalla visione tradizionale che lega il monopolio naturale alle economie di scala. Queste 
ultime non sono n� condizione necessaria n� sufficiente per la subadditivit� e, quindi, 
per l�esistenza del monopolio naturale. La subadditivit� comprende, oltre agli effetti 
interni di variazione di costo di aumenti della scala produttiva, quelli derivanti dalla 
diversificazione della produzione, dovuti alla presenza di complementariet� nel 
processo produttivo di beni o servizi distinti. 
La produzione congiunta pu�, infatti, essere pi� costosa della rispettiva produzione 
singola, a causa di un�esternalit� negativa tra le due linee di produzione. Si hanno 
invece economie di diversificazione (economies of scope) se, considerando due soli 
output q1 e q2, si verifica la seguente condizione: C(q1,0)+C(q2,0)>C(q1,q2). La 
contemporanea presenza di economie di scala e di diversificazione non � ancora 
sufficiente a garantire la subadditivit� della funzione di costo. Occorre introdurre la 
nozione di costo incrementale IC1 (q1,q2) = C(q1,q2)-C(0,q2) ovvero il costo aggiuntivo 
che il monopolista deve sostenere per produrre q1 quando gi� produce q2. Se il costo 
incrementale decresce al crescere della produzione di q2, la tecnologia presenta delle 
complementariet� di costo tra i due beni, inoltre, poich� il costo medio incrementale del 
bene 1 decresce all�aumentare della quantit� q1 prodotta, ci sono delle economie di scala 
specifiche per quell�output. 
La simultanea presenza di costi medi incrementali decrescenti ed economie di 
diversificazione � condizione sufficiente per garantire la subadditivit� della funzione di 
costo e per avere quindi un monopolio naturale. 
Quando le condizioni per l�esistenza risultano soddisfatte, occorre affrontare il 
problema del �fallimento del mercato�. La presenza di una sola impresa implica prezzi 
 11
pi� alti di quelli che massimizzerebbero il benessere sociale e si affermerebbero 
nell�ideale di concorrenza perfetta. Il monopolista sfrutterebbe il suo potere di mercato 
fissando un prezzo ed una quantit� in corrispondenza dell�uguaglianza ricavi costi 
marginali, ottenendo extra profitti senza curarsi della minimizzazione dei costi. Lo Stato 
interviene attraverso l�impresa pubblica oppure regolamentando l�impresa privata: 
l�intervento dello Stato ha come obiettivo la fissazione di meccanismi di regolazione 
che consentano di estrarre la rendita del monopolista, riducendo l�inefficienza allocativa 
e produttiva del monopolio, considerando tutti quei limiti che s�incontrano nel definire 
il rapporto fra regolatore e regolato. I summenzionati limiti riguardano la presenza di 
costi di transazione dovuti all�impossibilit� di stipulare contratti completi, vincoli 
politici amministrativi e problemi di asimmetria informativa traducibili in problemi di 
moral hazard e di adverse selection. Ogni forma di regolamentazione presenta il grave 
limite di non fornire all�impresa regolata un sufficiente incentivo ad evitare forme di 
inefficienza, perci� la stessa deve essere utilizzata solo dove non sia possibile introdurre 
qualche forma di concorrenza.   
 
 
1.2 I vantaggi dell’integrazione verticale 
 
Le public utilities prima dei processi di ristrutturazione e liberalizzazione erano 
verticalmente integrate, nel senso che svolgevano all�interno della stessa impresa tutte le 
attivit� della filiera produttiva. Il monopolista, che gestisce la rete, estendeva cos� il 
proprio potere di mercato sulle altre attivit� connesse all�utilizzo della stessa. 
La scelta dell�integrazione verticale � giustificata dal problema dell�internalizzazione 
delle esternalit� che si creano fra i vari segmenti della filiera e da finalit� di tipo 
strategico, miranti ad incrementare il potere di mercato dell�impresa. 
Vengono considerate internalizzazioni di esternalit� la soluzione al problema della 
doppia marginalizzazione, del �blocco� degli investimenti in assets specifici, dei costi di 
transazione e della ripartizione dei rischi.  
Consideriamo due imprese con potere di mercato: la prima (impresa A) gestisce il 
segmento a monte della filiera, per esempio la generazione di energia elettrica, la 
seconda (impresa B) gestisce il segmento a valle della stessa filiera, per esempio la 
 12
trasmissione e la distribuzione di energia elettrica attraverso l�utilizzo della rete. Il 
fornitore a valle (impresa B) determina il prezzo del bene finale, applicando una 
maggiorazione al prezzo dell�input, il quale, a sua volta, incorpora una maggiorazione 
rispetto al costo marginale per produrlo. In altri termini, il monopolista a valle acquista 
l�input dal monopolista a monte il cui prezzo comprende un mark-up ed, a sua volta, 
aggiunge un ulteriore mark-up.  
In questo caso, la somma dei profitti del fornitore dell�input e del fornitore del bene 
finale, � inferiore al profitto che un fornitore integrato (A+B) potrebbe ottenere. 
Considerando sempre la presenza delle imprese (AeB) l�impresa a monte pu� rifiutarsi 
di effettuare investimenti ad elevato capitale fisso (nuovi impianti di produzione), 
poich� non � in grado di trasferire sull�impresa B i maggiori costi, attraverso aumenti di 
prezzo dell�input. L�integrazione verticale risolve questo problema, evitando il 
decadimento delle infrastrutture. Una possibile alternativa sarebbe una struttura 
contrattuale a lungo termine che disciplini le relazioni fra le due imprese; tuttavia il 
problema non viene risolto poich� vi sono elevati costi di transazione dovuti 
dall�impossibilit� di stipulare contratti completi. 
Coase (1937) per primo afferm� che “quando i costi delle transazioni sono elevati è 
conveniente per l’impresa eliminare queste ultime svolgendo il complesso delle attività 
che danno loro origine, anziché affidarsi al mercato per l’acquisto degli input o la 
vendita dei propri prodotti”. 
L�integrazione verticale permette di ripartire i rischi dell�attivit� di impresa, all�interno 
della stessa, evitando il problema di attribuirli alle varie imprese della filiera.  
Per quanto riguarda le finalit� di tipo strategico, assumiamo che sul mercato siano 
presenti un monopolista M proprietario della rete e due fornitori (G1, G2) che 
necessitano della stessa per fornire il servizio finale. Il monopolista pu� fissare ad un 
fornitore, (ad esempio G2) un prezzo di accesso alla rete elevato ed escluderlo dal 
mercato, integrandosi verticalmente con G1. Se, la configurazione industriale che 
minimizza il costo della fornitura del bene � caratterizzato da due fornitori, l�esclusione 
di G2 d� luogo ad un�inefficienza tecnica ed a una possibile inefficienza allocativa, la 
quale dipende dal grado di concorrenza esistente fra le due imprese. L�integrazione 
verticale realizza cos� un trade-off fra la doppia marginalizzazione che viene evitata e 
 13
l'aumento del prezzo causato dall�eliminazione della concorrenza per la fornitura del 
bene finale. 
Se il monopolista pu� stipulare contratti completi con G1 e G2, conosce quindi 
perfettamente i loro costi, l�integrazione verticale non � necessaria per la 
massimizzazione del suo profitto. Infatti, praticando una tariffa a due parti per l�input 
venduto, otterrebbe lo stesso livello di profitto od uno superiore. Eliminando l�ipotesi di 
informazione perfetta, si dimostra che l�integrazione verticale pu� essere necessaria per 
massimizzare il profitto di M; la stessa permette di estrarre parte della rendita che il 
fornitore pi� efficiente otterrebbe sul mercato del bene finale. Il monopolista non 
conosce la disponibilit� a pagare di G1 e G2 per l�accesso; l�integrazione verticale 
elimina l�asimmetria informativa tra G1 e M, aumentando il potere contrattuale 
dell�impresa integrata rispetto a G2 . Il monopolista pu� contrattare con G2 con un 
contratto del tipo �prendere o lasciare�. M decide di fornire l�accesso a G2 fissando il 
prezzo ā; tenendo conto di ā, che per G2 � un costo, tale impresa trover� conveniente 
acquistare l�accesso se, e solo se, il suo costo medio costante � strettamente inferiore al 
costo medio costante di G1, cio� del produttore integrato; G2 realizza profitti pari alla 
differenza dei due costi. Tuttavia, M potrebbe fissare un prezzo d�accesso superiore ad 
ā, avendo la possibilit� di ottenere maggiori profitti e di catturare l�efficienza di G2 , 
naturalmente, in questa situazione G2 potrebbe rifiutare l�accesso. 
Un altro motivo favorevole all�integrazione verticale riguarda il desiderio di M1 di 
opporsi alla minaccia dell�ingresso di un secondo fornitore alla rete, M2. Il fornitore 
originale pu� acquistare sia G1 che G2; in tal modo M2 verr� escluso dal mercato, se era 
presente, oppure non trover� conveniente l�ingresso. Il monopolista M1 pu� ricorrere ad 
una diversa strategia: acquistare solo G1, aumentando il potere di mercato di G2 nel 
stipulare i contratti con M2 fino al punto in cui, quest�ultimo, decide di abbandonare il 
mercato oppure di non entrare in esso, poich� i costi di contrattazione con G2 sono 
troppo elevati. 
Hart e Tirol (1990) introdussero un altro motivo che conduce all�integrazione verticale, 
giustificato da limiti di capacit�; per esempio, nel caso dell�energia elettrica, l�impresa 
di trasmissione pu� servire solo un generatore. Una fusione fra M1 e G1 implica che G2 
non possa pi� contrattare con M1, ci� indebolisce la posizione di M2 fino al punto in cui 
sar� costretto a lasciare il mercato, oppure a decidere di non entrare. 
 14
Nonostante i vantaggi derivanti dall�internalizzazione dell�esternalit�, l�integrazione 
verticale consente al monopolista di catturare i profitti attesi dei rivali e di mettere a 
punto pratiche anticompetitive, come l�incremento dei costi dei rivali ed il rifiuto di 
formulare un�offerta credibile. Strategie di questo tipo, si basano su assenza di 
regolamentazione, rafforzano il potere di mercato dell�impresa integrata ma, conducono 
all�inefficienza produttiva ed allocativa. 
 
 
1.3 La sostenibilità del monopolio naturale 
 
Nel primo paragrafo sono state definite le condizioni di esistenza del monopolio 
naturale, che sussistono quando un singolo produttore pu� operare a costi medi inferiori 
a quelli ottenuti da pi� produttori: nel caso monoprodotto e multiprodotto. 
Riprendendo la figura 1.1 possiamo constatare che il monopolio naturale � anche 
sostenibile; il monopolista pratica un prezzo P=AC' dove l�entrata nel mercato da parte 
di altre imprese non � conveniente. Se entrassero non verrebbe rispettato il vincolo del 
pareggio di bilancio poich� produrrebbero in perdita; perci� se il monopolio naturale � 
sostenibile, i profitti del monopolista sono nulli. 
Nella figura 1.2 il monopolio naturale pur esistendo (se � soddisfatta la subadditivit� 
della funzione di costo) non � sostenibile. Qualunque impresa, con la stessa tecnologia 
dell�incumbent, in assenza di costi di entrata ed uscita dal mercato
3
 potrebbe entrare, 
produrre la quantit� Qa corrispondente al minimo costo e praticare un prezzo pi� basso 
del monopolista che vende la quantit� Qe. In generale possiamo affermare che, nel caso 
monoprodotto, un monopolio naturale � sostenibile quando la curva di costo medio 
interseca la domanda nel suo tratto decrescente o costante. 
Generalizziamo l�analisi, estendendola al caso multiprodotto. Introduciamo il concetto 
preliminare di configurazione industriale fattibile: dato un insieme di n mercati sui quali 
siano presenti m imprese che producono utilizzando la stessa tecnologia, la 
configurazione industriale di m imprese � descritta dai vettori q
1
 � q
m
 delle quantit� di 
output prodotte da ciascuna impresa e dal vettore dei prezzi p a cui tali output sono 
                                                           
3
 Una delle condizioni per un mercato contendibile, si rimanda al � 1.4 
 
 15
forniti
4
. Una configurazione industriale si definisce fattibile se valgono le seguenti 
condizioni:          
                                                                m 
1)                                ∑i   q
i
 = Q(p) 
                                                     1 
 
 
                                                      n 
2)                                                 ∑k   p 
k
 q
i
 
k
  �  C(q
i
 ) ≥  0             ∀
i
  
                                      1 
 
dove  Q(p) � il vettore delle quantit� domandate dei beni ai prezzi p, c�� equilibrio fra 
domanda e offerta e per ogni impresa i il profitto non � negativo. 
Una configurazione industriale fattibile � anche sostenibile se dato un qualsiasi vettore 
di prezzi p tale che  p ≤  p e un vettore di quantit�  q tale che q ≤  Q ( p ) si ottiene: 
 
                                                        n 
3)                                                  ∑k  p
k
  q
k
  �  C(q ) ≤  0              
                                                                   1 
 
Non esiste possibilit� per un�altra impresa di ottenere profitto dall�entrata; in altri 
termini non si pu� applicare un vettore di prezzi inferiore a quelli vigenti, per mezzo dei 
quali, l�impresa potrebbe offrire un output su quel mercato ed ottenere profitti non 
negativi. Il monopolio naturale � sostenibile se esiste almeno un vettore di prezzi 
sostenibile. 
Un ulteriore requisito di una configurazione industriale sostenibile, � che il prezzo di 
ciascun bene o servizio non pu� essere inferiore al relativo costo marginale. In caso 
contrario, la fornitura dell�unit� marginale dell�output sarebbe, per il monopolista, 
un�operazione in perdita che potrebbe essere evitata da un eventuale competitore 
producendo una quantit� leggermente inferiore con profitti strettamente positivi. 
Nel caso multiprodotto la produzione di una linea aggiuntiva non deve essere effettuata 
in perdita. In una configurazione industriale sostenibile � esclusa la presenza di sussidi 
incrociati, i quali renderebbero possibile il finanziamento della vendita sottocosto di 
alcuni  beni o servizi attraverso i profitti ottenuti su altri beni o servizi. 
La non sostenibilit� dei prezzi del monopolio naturale multiprodotto rende possibile 
entrate puramente speculative volte a �scremare� il mercato (cream skimming), 
                                                           
4
 La definizione comprende anche il caso di monopolio (m=1) 
 16
praticando un prezzo pi� basso su un sottoinsieme di output servendo, praticamente, 
soltanto la parte pi� profittevole della clientela dell�impresa esistente
5
.   
La subadditivit� della funzione di costo, come � possibile vedere anche attraverso la 
figura 1.2, pur essendo condizione necessaria perch� i prezzi applicati da un 
monopolista possono costituire una configurazione sostenibile, non � sufficiente a 
garantire che tale configurazione esista. 
La  necessit�  di  garantire  un  servizio  universale o, comunque,  di  soddisfare   il    pi� 
possibile la domanda dei servizi di pubblica utilit�, hanno costretto il regolamentatore a 
proteggere i monopoli naturali non sostenibili dall�insidia del cream skimming  
attraverso, ad esempio, l�istituzione di barriere legali che assicurino al monopolista il 
diritto ad operare in esclusiva sul mercato in questione.  
 
 
1.4 I mercati contendibili 
 
Il monopolio naturale, come � stato sottolineato, necessita di una regolamentazione. 
Alla fine degli anni settanta, tale impostazione fu messa in discussione dalla nuova 
importanza attribuita alla concorrenza potenziale nel �regolare� i mercati, in modo tale 
che essi raggiungano automaticamente l�ottimo di second best (P=AC). Il first best di 
concorrenza perfetta, non � infatti raggiungibile proprio per l�esistenza delle condizioni 
di monopolio naturale. 
La teoria dei mercati contendibili di Baumol, Panzar e Willig (1982) sottolinea 
l�importanza della concorrenza potenziale. Un mercato si definisce perfettamente 
contendibile, quando per qualsiasi impresa � possibile entrare ed uscire senza costi dallo 
stesso. I potenziali entranti sono quindi in grado di entrare sul mercato, applicare un 
prezzo inferiore a quello applicato dal monopolista operante ed uscire prima che 
quest�ultimo possa reagire provocando perdite all�entrante. Questa concorrenza 
potenziale  di tipo hit and run  impedisce al monopolista l�esercizio del potere di 
mercato, ma richiede il rispetto delle seguenti condizioni: 
a) Tutte le imprese esistenti o potenziali entranti devono avere accesso alla medesima 
tecnologia. 
                                                           
5
 Si rimanda la trattazione al � 2.2. Casi di entrata non efficiente. 
 17
b) L�impresa entrante non deve sopportare costi  non recuperabili (sunk costs). I costi 
non recuperabili riguardano gli investimenti irreversibili, cio� quegli investimenti 
strettamente connessi ad una particolare attivit� produttiva e non riutilizzabili in 
altre attivit�; quindi, in caso di uscita dal mercato, andrebbero perduti. 
c) Le imprese esistenti sul mercato possono reagire all�entrata di nuove imprese 
cambiando i propri prezzi, solo con un certo ritardo temporale rispetto all�entrata. 
d) I consumatori reagiscono rapidamente alle differenze di prezzo spostando la propria 
domanda verso il produttore con prezzi pi� bassi. 
La  condizione b), che rende possibile una strategia di entrata hit and run � collegata 
alla  condizione c), nella quale deve risultare credibile la congettura �alla Bertrand�.  
Nel tempo precedente la reazione delle imprese operanti, l�entrante pu� recuperare il 
costo sostenuto e lucrare profitti positivi. 
Se tutte queste condizioni sono valide, la sola minaccia di entrata � sufficiente a 
spingere il monopolio naturale a comportamenti efficienti (second best) senza la 
necessit� di un  regolamentazione. 
Come � stato dimostrato nel Weak Invisible Hand Theorem di Baumol, Panzar e Willig, 
�in un mercato perfettamente contendibile una configurazione industriale di equilibrio � 
sostenibile�; si realizza la massimizzazione del benessere sociale, sotto il vincolo di 
pareggio del bilancio del monopolista, come si evince dalla figura 1.3 
 
 
 
 
             P 
                                                                                  P(Q) 
                                                                                         
                                                                                             AC 
 
                                                                       
   
                                     P* 
 
                                 
                                    0                                       Q*                           Q  
                                                                                                                    
  
fig. 1.3