partire dal gennaio 1958, proposta attraverso la lente del giornale americano. Il ritmo della 
narrazione tende ad essere quotidiano e il quadro complessivo che si compone é una sorta 
di storia al rallentatore del dialogo tra PSI e DC dal punto di vista americano. La posizione 
del giornale newyorchese è costantemente paragonata a quella del Dipartimento di Stato, 
attraverso un’analisi dei documenti sull'Italia raccolti nella collezione "Foreign Relations 
of the United States", la raccolta ufficiale di tutti i documenti della politica estera 
americana. A questo si aggiungono alcune delle corrispondenze di Leo Wollemborg, 
corrispondente a Roma del "Washington Post", e raccolte nel libro L'Italia al rallentatore
2
 
del 1966. Oltre a circa 150 articoli tratti dal "New York Times e selezionati da un numero 
complessivo di oltre 500, le altre fonti sono italiane. Per la descrizione del quadro generale 
della storia italiana del dopoguerra sono stati consultati soprattutto i lavori di Giuseppe 
Mammarella
3
, di Pietro Scoppola
4
, di Ennio Di Nolfo
5
 e di Silvio Lanaro
6
; data la scarsità 
di studi organici e recenti, per la storia del centrosinistra il principale testo di riferimento é 
quello di Giuseppe Tamburrano, Storia e cronaca del centrosinistra
7
; mentre per un 
quadro più approfondito della politica italiana dal 1958 al 1960 é stato consultato il testo di 
Di Loreto, La difficile transizione
8
.  
Il metodo usato per l'analisi degli articoli del "New York Times" é generalmente 
quello comparativo. Viene, infatti, paragonata la situazione e i problemi della politica 
italiana, come scaturiscono dalla principale letteratura a riguardo, con i temi che emergono 
dagli articoli del giornale. L'obiettivo é capire non solo il grado di comprensione del 
giornale in questo difficile momento di transizione, ma anche gli interessi e gli obiettivi 
politici e strategici americani in l'Italia e quanto essi influirono nelle corrispondenze 
fornite all'opinione pubblica statunitense. 
                                                 
2
 Leo Wollemborg, Italia al rallentatore, Bologna, Il Mulino 1966 
3
 Giuseppe Mammarella, L'Italia contemporanea, Bologna, Il Mulino 1993 
4
 Pietro Scoppola, La repubblica dei partiti, Bologna, Il Mulino 1991 
5
 Ennio Di Nolfo, La repubblica degli inganni, Firenze, Ponte alle Grazie 1996 
6
 Silvio Lanaro, Storia della Repubblica italiana, Vicenza, Marsilio Editore 1992 
7
 Giuseppe Tamburrano, Storia e Cronaca del centrosinistra,  Milano, Feltrinelli 1971 
8
 Di Loreto, La difficile transizione, Bologna, Il Mulino, 1993 
 
Data la poca rilevanza che l'informazione sull'Italia riveste all'interno degli 
equilibri generali del "New York Times", le cronache fornite dai due corrispondenti 
Arnaldo Cortesi e Paul Hofmann sono come un unico e lungo discorso, ricche di 
riferimenti reciproci. Accordandosi con il tradizionale stile del quotidiano newyorchese, 
sono pochi i giudizi diretti anche negli articoli dall'Italia e le notizie tendono ad essere 
riportate come verità oggettive. Per fare emergere il quadro complessivo della posizione 
del giornale é stato necessario da una parte considerare ogni articolo come il singolo pezzo 
di un più amplio mosaico e dall'altra fare molta attenzione alle idee che via via 
emergevano indirettamente, tra le righe dei testi o attraverso la comparazione con altre 
fonti dello stesso giorno o dello stesso mese.   
La cronaca italiana del "New York Times" é costituita da una precisa gerarchia tra i 
vari tipi di articoli. Le corrispondenze di Cortesi e Hofmann, unite a molte altre non 
firmate, costituiscono la base informativa con cui i lettori sono aggiornati a ritmo 
giornaliero delle principali novità della politica italiana. Di fronte ad avvenimenti o fatti 
politici di particolare importanza, il "New York Times" interviene con un articolo non 
firmato, normalmente riportato nella sezione dei commenti, in cui gran parte dei temi 
emersi sul giornale nelle settimane precedenti sono riorganizzati e proposti in maniera più 
diretta e concentrata. All'apice della gerarchia stanno però i commenti di Cyrus Sulzberger, 
esponente della famiglia proprietaria del giornale e commentatore politico di spicco. Dalla 
sua rubrica "Foreign Affairs", Sulzberger esprime le posizioni più generali e teoriche del 
"New York Times" sui problemi internazionali, con un taglio meno legato ai fatti 
contingenti. Per l'Italia, i concetti più importanti provengono dalla penna di Sulzberger, il 
quale nel corso dei quattro anni in esame presenta la critica più profonda al sistema 
politico italiano, fissando anche la direzione verso cui il resto della cronaca del giornale si 
sarebbe diretta. Da Sulzberger, infatti, parte il più grande attacco al centrosinistra nel 1958 
che inaugura la linea d’opposizione del "New York Times" e anche quella che espone la 
posizione del giornale dopo la sua realizzazione, all'indomani della formazione del IV 
governo Fanfani, nel 1962. 
Il filo conduttore della cronaca del "New York Times" é l'interrelazione tra politica 
interna e politica estera. La posizione neutralista dei socialisti e il loro legame con il partito 
comunista rappresentano i temi in cui si coagula il rifiuto del giornale contro d’ogni 
apertura a sinistra, mentre la forte propaganda anticomunista di cui sono impregnati gli 
articoli é stata considerata come variabile costante al pari d’altre derivanti dalla posizione 
italiana nell’ambito delle guerre fredde. Questo per mettere meglio in evidenza il livello di 
comprensione del giornale sui temi e sulla situazione del confronto politico in Italia, 
limitando il più possibile altre interferenze.  
Data la grande rilevanza del fattore cronologico, il lavoro é composto da cinque 
capitoli che scandiscono un preciso momento della storia italiana a cavallo tra gli anni '50 
e '60. Il primo é dedicato alla campagna elettorale per le elezioni politiche della III 
legislatura, dal gennaio fin al giugno 1958; il secondo invece analizza il periodo del II 
governo Fanfani, dal giugno 1958 al febbraio 1959; il terzo prende in considerazione 
l'anno del governo Segni, dal febbraio 1959 al febbraio 1960. Il IV capitolo analizza i 
pochi, ma intensi mesi del governo Tambroni, dal febbraio 1960 all'agosto dello stesso 
anno. L'ultimo capitolo infine traccia un quadro più sintetico delle posizioni del giornale 
durante il III governo Fanfani, dall'agosto 1960 fino ad al IV governo Fanfani, in cui, 
benché l'appoggio socialista fosse esterno, il PSI ebbe una parte attiva nella creazione del 
programma di riforme con cui lo spostamento degli equilibri a sinistra debuttò nella 
politica italiana. In pratica la tesi é divisa in due parti. Quella più corposa racchiude i primi 
quattro capitoli in cui la posizione del "New York Times" é quella di ostacolare il 
centrosinistra, mentre la seconda si limita all'ultimo capitolo ed analizza la fase di 
realizzazione dell'apertura a sinistra, in cui la posizione del giornale americano cambia 
nettamente e si limita ad una pressione per fare in modo che il centrosinistra si realizzasse 
dopo una chiara rottura del PSI dal PCI e con una definitiva rassicurazione sul 
mantenimento dello status quo atlantico dell'Italia.  
La fase iniziata nell'agosto del 1960 si conclude pienamente nel dicembre 1963 con 
la realizzazione del I governo Moro e la creazione di un governo con la diretta 
partecipazione del PSI al Gabinetto. Il IV governo Fanfani, tuttavia, senza rappresentare la 
formula organica del centrosinistra, si pone come la virtuale conclusione del lungo 
processo ideologico, iniziato alla metà degli anni '50 per la realizzazione dello spostamento 
a sinistra e rispondente alla necessità di ritrovare una formula di stabilità in grado di 
sostituire il centrismo. All'interno di ciascun capitolo, pur rispettando una logica 
cronologica, i problemi sono organizzati secondo un criterio tematico, che tende a 
raccorpare nell'ambito di uno stesso periodo gli articoli relativi ad uno stesso problema o 
partito politico.  
1. VERSO LE ELEZIONI DEL 1958: UN PERIODO DI TRANSIZIONE  
Le elezioni del ‘58 si pongono come prologo di un importante cambiamento che 
sancisce la definitiva conclusione dell’esperienza dei governi centristi e costringono le 
forze politiche a trovare nuove soluzioni che consentano la costituzione di governi stabili 
capaci di affrontare i cambiamenti economici e sociali che si stavano profilando nel nuovo 
decennio. Questa situazione si colloca in un quadro internazionale che sembra anch’esso 
modificarsi.  Si assiste ad una fase di relativa distensione tra le due superpotenze  e che in 
Italia rende il confronto tra comunismo e anticomunismo meno acceso, favorendo una 
ripresa dei contatti tra la sinistra democristiana e i socialisti. Questo dialogo, destinato via 
via ad intensificarsi, aveva rappresentato uno dei momenti chiave della seconda legislatura 
e si proponeva, in prospettiva, come uno dei temi fondamentali anche della terza 
legislatura. 
In questa situazione di grande dinamicità del quadro politico, sembra opportuno 
iniziare l’analisi degli articoli del "New York Times" dedicati alla formazione del 
centrosinistra dal periodo che precede le elezioni del maggio del ‘58, per comprendere le 
posizioni del giornale in questo particolare momento in cui convivono i segnali della 
conclusione dell’esperienza del centrismo e l’inizio di una nuova fase storica. In questi 
primi mesi del ’58 si ha l’occasione di analizzare gli ultimi atti della politica di Pio XII 
prima del cambiamento che dopo la sua morte, nel novembre dello stesso anno, avverrà 
con il pontificato di Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II. 
L’obiettivo dell’analisi degli articoli pubblicati dal "New York Times" dal 1 
gennaio al 30 maggio 1958 é quello di evidenziare in che modo il giornale avesse colto i 
segni di cambiamento del quadro politico italiano, a quali problemi fosse particolarmente 
interessato e quali fossero le attese, le speranze e i timori per il futuro dell’Italia in questa 
fase di transizione. In particolare, si farà speciale attenzione allo spazio e alle modalità con 
cui  é riportata l’ipotesi di un possibile ingresso in un prossimo futuro dei socialisti al 
governo, quando ancora una possibile grande vittoria della DC potrebbe fare restare questa 
ipotesi come tale 
 1.1 La sinistra italiana verso le elezioni del maggio ‘58 
Il PCI é il principale protagonista negli articoli pubblicati dal New York Times 
durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo. Il giornale è particolarmente attento a 
riportare con grande evidenza tutti i segni di debolezza del partito comunista. La ragione di 
questo interesse é da ricondursi alla grande speranza che la crisi del ’56 avesse creato delle 
ferite non rimarginabili e che le elezioni della primavera seguente potessero dimostrarsi 
una occasione determinante di riduzione dell’incidenza del PCI nella politica italiana. 
Gli articoli dedicati al PCI seguono alcuni principali nuclei tematici. La 
maggioranza delle notizie cercano di mettere in evidenza la debolezza organizzativa del 
partito comunista, che tradizionalmente rappresentava il suo maggiore punto di forza.  In 
questa situazione, le politiche del PCI sono spesso fatte dipendere da una precisa 
indicazione di Mosca che sembra condizionare le decisioni del partito fino a fare apparire 
il PCI quasi un’emanazione del PCUS in terra italiana. L’ombra del PCUS nella politica 
comunista pone l’accento sulla debolezza interna del PCI che ha la necessità di essere 
guidato e ispirato dagli alleati sovietici. Il legame con l’URSS non é però solo indice di 
debolezza, evidenzia anche la mantenuta pericolosità del partito e la sua immagine di spina 
sovietica nel fianco dell’Occidente.    
L’analisi spesso non rende conto della ben più complessa linea politica di Togliatti, 
e riflette in modo esemplare il profondo anticomunismo che anima il "New York Times". 
Tale posizione porta il “New York Times” a giudicare non solo la politica del PCI, ma 
anche di tutta la sinistra italiana, compreso il PSI, in termini molto netti che non escono 
dalla logica di contrapposizione tra comunismo e anticomunismo e non rendono conto dei 
dibattiti e degli umori interni alla sinistra stessa, che il più delle volte si manifesta con 
opinioni e idee meno monolitiche di quello che si vuole mostrare.  
Tale impostazione porta a mantenere il quasi totale silenzio fino a poche settimane 
dal voto sul tema del centrosinistra, che invece anima il dibattito politico già da molto 
tempo, attorno a cui si collocano le strategie di tutti i partiti in vista delle elezioni. Notizie 
sul PSI compaiono solo di rado per molti mesi e fino a poco prima delle elezioni non viene 
affrontata la tematica dei delicati rapporti tra lo stesso PCI e il PSI. Solo dopo la 
dichiarazione di Nenni sulla volontà del PSI di non presentarsi alle elezioni con i comunisti 
verrà contenuto, in ogni articolo che introduce le elezioni italiane, il preoccupato 
avvertimento di una possibile partecipazione socialista al governo nel caso la DC non 
centri la maggioranza assoluta.  
 
1.1.1 I problemi interni del PCI e i rapporti con il Cremilino 
Il 1 gennaio 58 in terza pagina il “New York Times” apre la sezione della politica 
internazionale con un articolo di Paul Hofmann sugli aggiornamenti della linea politica del 
PCI di Togliatti in vista delle elezioni: “Italy’s Reds Told To Examine The West” annuncia 
il titolo. “Italian communism ordered its intellectuals today to study ‘Anglo-Saxon 
culture’, so they could fight it better” riporta Hofmann con un misto di curiosità e 
preoccupazione. Il tema é l’attenuarsi delle convinzioni ideologiche degli intellettuali 
comunisti, influenzati dal neocapitalismo: 
  
“The Italian communist party, the strongest one in the West, clearly indicated it was 
worried over the 'desertion' of intellectuals; the party directive denounced the tendency among 
left wing writers and artists to 'break away from Marxism and to line up in various ways on the 
ideological positions of neocapitalism'.  
Since the Hungarian uprising in the autumn of 1956, scores of well-known intellectuals 
have left the Italian Communist party and in general joined the camp of what Moscow last 
November branded as traitorous 'revisionism'. […] Today’s directive was issued by the 
National Cultural Commission of the Italian Communist party, which is in charge of 
controlling the Red intelligentsia. […] The present leaders of Italian communism were 
depicted unreliable from Moscow’s viewpoint in the purported secret report of an unidentified 
Soviet inspector in Italy that will be published in tomorrow’s issue of  'La Giustizia’ organ of 
the Social Democratic Party. The Soviet representative was quoted as warning the Kremlin 
that Palmiro Togliatti, the Communist leader was indulging too much in discussions with 
'bourgeois intellectuals' and was taking his role in parliament seriously”
9
.  
 
Comincia così una lunga serie di reportage con oggetto le vicende interne dei 
comunisti italiani e in particolar modo la crisi organizzativa che i comunisti devono 
sostenere alla vigilia dell’appuntamento elettorale.  
La defezione degli intellettuali vuole, prima di tutto, mettere in evidenza una crisi 
di fiducia nell’ideale comunista che dagli intellettuali avrebbe potuto diffondersi alla base 
del partito. La notizia di un’ispezione sovietica rende la cosa più “accattivante” e introduce 
un altro articolo pubblicato un mese dopo col titolo: “Soviet Reds Begin Inspection In 
Italy”. Riprendendo il tono del precedente articolo, l’interessamento sovietico alla salute 
del PCI, senza essere esplicito, rende chiarissima l’accusa di subordinazione del 
                                                 
9
 Paul Hofmann, Italy’s reds told to examine West, “New York Times”, 1 gennaio 1958 
comunismo italiano alla politica del PCUS. L’immagine del Partito Comunista è quella di 
un “cavallo di Troia” sovietico nella democrazia italiana:  
 
“A seven man delegation of the Soviet Communist party started a month-long 
inspection of Italian communism today. The visit of the Soviet Communists coincides with the 
opening of the Italian Red’s campaign for the coming general elections. The Soviet survey of 
what still is the strongest Communist party in the West is thought here to reflect misgivings 
about its organizational and ideological firmness. Italian communism concedes that it has lost 
in organized strength. Moscow is believed to be seeking first-hand information on the Italian 
Communist party machine in view of the need to place Palmiro Togliatti as its leader in the 
not-too-distant future. Signor Togliatti, who will be 65 years old next month, is reported to be 
in ill health.” 
10
. 
   
Come nell’articolo del 1 gennaio è ancora sottolineata la crisi organizzativa del 
partito. La preoccupazione di Mosca è usata come una prova rivelatrice della stretta 
connessione tra PCI e PCUS.   
L’attenzione ai problemi del PCI, prosegue il 10 aprile con un piccolo trafiletto dal 
titolo: “Togliatti still ill as party confers”. La notizia riferisce l’influenza di Togliatti e la 
sua conseguente assenza al Consiglio Nazionale del PCI: 
 
“Illness prevented Palmiro Togliatti, Communist party leader, from attending today a 
meeting of his party’s National Council. Signor Togliatti has influenza. Party headquarters said 
Sunday he would be unable to attend to his usual work for few days […]”
11
 
 
La semplice notizia di una influenza del leader comunista si trasforma in 
un’importante verifica dell’indiscrezione pubblicata a metà febbraio, nel precedente 
articolo in cui già si preannunciava la malattia di Togliatti, rendendo più credibile l’ipotesi 
di una successione in un  vicino futuro. 
Dopo avere parlato spesso e volentieri della “malattia” del comunismo italiano, ora 
si parla della malattia del suo leader creando un effetto che, oltre a dare argomentazioni a 
favore dell’indiscrezione rivelata in febbraio, tende a mettere in luce, non solo la 
decadenza del leader, ma anche una più vasta crisi generazionale all'interno del partito 
stesso, aumentando l’impressione di debolezza del comunismo, pochi mesi prima delle 
importanti elezioni di maggio. 
                                                 
10
 Soviet reds begin Inspection in Italy, "New York Times", 11 febbraio 1958 
11
 Togliatti still ill as party confers, "New York Times", 10 aprile 1958 
Completa il quadro di notizie sulla difficile situazione interna del PCI un articolo 
che si collega questa volta più direttamente alle elezioni. La notizia riguarda la decisione di 
Togliatti di non ripresentare un terzo dei senatori e deputati della legislatura appena 
terminata, adottando un metodo che dal titolo si annuncia decisamente staliniano 
Il titolo, infatti, lascia intendere già un giudizio sul metodo, "Italy’s red party upset 
over purge": 
 
“The Italian party has been agitated by a purge in its upper echelons. The purge was 
occasioned by the general elections to be held May 25. About a third of the fifty Communists 
Senators and 143 Communists are being dropped. Some of those affected are not included on 
the party ticket; this is tantamount to saying that they will not be re-elected because 
independent candidates’ chances are virtually nil. Some are to be candidates in provinces 
where they are almost surely doomed to defeat. Mild purges are effected by all parties at 
elections time to weed out legislators considered unsatisfactory. What is remarkable about the 
Communist purge is the number of its victims and the fact that it aims to eliminate anyone who 
even hesitated to accept the line laid down by Palmiro Togliatti, party leader. Four main 
classes of 'deviationists' are being ousted.  First are those who did not show immediate 
enthusiasm for the downgrading of Stalin, and in general, for the new line set forth in Moscow 
in 1965 by the twentieth congress of the Soviet Communist party.  Second are those who 
showed any signs of queasiness when the Soviet Army moved into Hungary to quash the 
revolt there. Third are actual suspect 'revisionists’. Fourth are all members who have not 
shown enough obedience to the party’s 'apparatus'. The purge has stirred much commotion 
among the rank and file and even given rise to protests. Some Communists, even some 
prominent ones, say Signor Togliatti has not kept his promise to democratize the party’s 
internal workings. Others complain that a cult of Togliatti is rising in Italy. […] While the 
purges Signor Togliatti desired were all eventually pushed through, he had difficulty in getting 
the party apparatus to accept some of the candidates he wished included on the ticket. […]”.
12
 
 
All’ormai usuale attenzione ai problemi interni dei comunisti si aggiunge qui 
l’allarme per una cronica mancanza di democraticità all’interno del partito. Cortesi è 
chiaro nel mettere in evidenza la differenza tra una prassi ormai consueta tra i partiti, vale 
a dire cambiare ad ogni elezione i candidati più deboli, e invece la decisione di sostituire 
tutti i parlamentari che non avevano aderito in pieno alla linea del segretario. La parola 
“purga” assume qui un tono accusatorio, che vuole sostanzialmente dare al lettore 
americano questo messaggio: un partito che non è democratico al suo interno non può 
agire e garantire democraticità in una sua eventuale partecipazione al governo. Se poi 
questo partito è il PCI e, come mostrato nelle colonne del “New York Times” già in 
diverse occasioni, conduce una politica di strettissima connessione a quella sovietica, la 
sua pericolosità eversiva almeno raddoppia.  
                                                 
12
 Arnaldo Cortesi, Italy’s red party upset over purge, "New York Times", 23 marzo 1958 
Tale concetto è argomentato con minuzia di particolari da Cortesi. Prima di tutto 
colpiscono le categorie in cui sono suddivisi i parlamentari bocciati. La prima é 
rappresentata da coloro che non hanno accolto immediatamente e con entusiasmo la 
politica sovietica delineata al XX Congresso del PCUS: è cioè posta prima di tutto la 
fedeltà all’Unione Sovietica. Anche la seconda categoria si riferisce a questo problema, 
accomunando tutti coloro che avevano provato “nausea” per l’attacco dell’armata rossa in 
Ungheria. Dunque i primi posti di colpevolezza sono dati a coloro che non avevano seguito 
la politica e le impostazioni decise da Togliatti, in occasione dei fatti che turbarono 
dall’esterno il PCI. Solo al terzo e quarto posto sono messi coloro che, o sospettati 
dell’“eresia revisionista” o per disobbedienza verso l’apparato, non erano stati fedeli 
all’organizzazione interna e quindi alle decisioni di Togliatti. Anche questo tipo di 
gerarchia in qualche modo è coerente con la visione data fin qui del PCI, come di un 
partito che agisce prima di tutto come “mano sovietica” nelle faccende interne italiane.   
A poco più di un mese dalle elezioni, l’articolo trasmette ancora una calda speranza 
nell’ipotesi che l’ormai documentata debolezza costringa i comunisti almeno a non 
aumentare il proprio voto e nello stesso tempo evidenzia la pericolosità nel caso si verifichi 
la situazione opposta e cioè un inaspettato guadagno di voti.  
 1.1.2 La campagna comunista per la “neutralizzazione “ dell’Italia 
Il 13 gennaio trova posto in terza pagina un’ampia corrispondenza di Arnaldo 
Cortesi da Roma sull’offerta sovietica al governo italiano di fare dell’Italia una zona 
nucleare neutra. Si tratta di un “tranello” che ha l’obiettivo di creare un acceso dibattito 
elettorale sul pericolo nucleare derivato dalle testate collocate dal governo americano in 
territorio italiano. Nel caso questa tattica avesse avuto una qualche efficacia, il Governo 
sarebbe stato costretto a rispondere a scomode domande sulla presenza di missili americani 
in Italia e questo avrebbe creato molti problemi alla DC in vista delle elezioni con un 
evidente vantaggio per il PCI.  Questa mossa sovietica avrebbe dato molti problemi anche 
al governo americano, mettendo in pericolo uno dei suoi principali interessi in Italia, 
ovvero la presenza di basi missilistiche in un territorio strategicamente fondamentale.  
Il New York Times riporta questo avvenimento con molta evidenza, avendo 
l’occasione di mostrare al lettore americano un caso concreto in cui il Cremilino, attraverso 
il PCI, cerca di condizionare il clima politico italiano in vista delle elezioni:   
 
“Soviet offers of unspecified 'concessions' to Italy in exchange for turning the country 
into a zone free of nuclear weapons received an immediate negative reply today. [In the 
Scandinavian countries and Finland there was no immediate official reaction to a Soviet 
suggestion that they join in forming a nuclear zone in Northern Europe]”
13
. 
 
L’accento dell’attacco è tutto posto sull’immediatezza della risposta italiana, 
ulteriormente sottolineata dall’inciso tra parentesi, posta a confronto con i tentennamenti 
dei paesi scandinavi ad una analoga proposta proveniente dal Cremilino.  
L’articolo continua mettendo in risalto la risposta negativa di Fanfani: 
  
“ Speaking in Naples this morning less than 24 hours after the Soviet offer was made 
in Moscow, Amintore Fanfani, secretary general of the ruling Christian democratic party, 
made it clear that no possible basis of understanding existed between Italy and the Soviet 
Union”
14
. 
  
La risposta di Fanfani si riferisce non solo a questa specifica proposta sovietica, ma 
anche ad una più generale possibilità di un negoziato tra Italia e Unione Sovietica. Cortesi, 
                                                 
13
 Arnaldo Cortesi, Italian  rejects atom-free plan, "New York Times" , 13 gennaio 1958 
14
 Ibidem. 
per spiegare la posizione dell’Italia e dare più incisività all’affermazione, riporta tra 
virgolette le stesse parole di Fanfani:  
 
“Italy is ready to negotiate with any country except those that have not yet given up the 
use of fifth columns in our country. No understanding can be reached with Russia as long as 
she persists in using Communist parties inspired by her to influence the politics and the fate of 
countries with which she wishes to negotiate”
15
. 
 
Una volta chiarito che queste proposte non condizioneranno la politica del governo 
italiano, Cortesi si preoccupa di fare emergere la più amplia strategia del Cremilino per 
mettere in discussione non solo l’appartenenza dell’Italia all’Alleanza Atlantica, ma anche 
le basi missilistiche nel suo territorio:  
 
“Italy has been subjected in the last twenty-four hours to an intensive peace offensive. 
Moscow has made no secret of its desire to knock Italy out of the North Atlantic alliance by 
working on her fears of atomic reprisals if she allows missile bases to be established on her 
territory”
16
. 
 
Nel successivo paragrafo, intitolato “Pressure on Italy’s Election”, il passo 
sovietico é contestualizzato in termini di politica interna, evidenziando che parallelamente 
il Partito Comunista ha agito quasi in accordo col governo sovietico proponendo la 
neutralità atomica come uno dei capisaldi della sua campagna elettorale:  
 
“In Italian Government circles the Soviet peace offensive was regarded as an effort to 
influence the general elections that are to take place before the end of June. Atomic neutrality 
in exchange for safety from attack by Soviet missiles is likely to make an election slogan that 
appeals to many Italian voters.  
This morning the Communist party came out with its election program. The first point 
on it is 'Italian atomic neutrality'. It says that Italy will be a 'candidate for extinction' if atomic 
missiles are based on her territory”
 
.
17
 
 
La risposta di Fanfani ai comunisti mantiene gli stessi toni di fermezza usata nei 
confronti dell’URSS: 
  “Signor Fanfani lost no time before replying to the Communist peace 
offensive. As Secretary general of the DC he will be in charge of the coming election on behalf 
of the party that is now in sole charge of the Italian Government. The tenor of his reply was 
such that the DC clearly have no intention of allowing fear of loosing some votes stamp them 
                                                 
15
 Ibidem. 
16
 Ibidem. 
17
 Ibidem. 
into compromising with the Soviet Union or weakening their support of the North Atlantic 
Alliance”
18
.  
 
Cortesi propone Fanfani  come campione dell’anticomunismo e la DC é presentata 
come la sola garanzia in Italia alla minaccia comunista, mentre l’immagine del PCI é 
ancora una volta quella di  una “succursale” italiana del PCUS. C’é insomma una grande 
coerenza nelle tematiche con cui il "New York Times" descrive il PCI. La proposta 
sovietica sembra avere l’obiettivo di mettere in difficoltà il governo italiano, dando al PCI 
in crisi una occasione per guadagnare posizioni nell’opinione pubblica con una campagna 
tesa ad evidenziare i pericoli dell’Italia nel caso dello scoppio di confronto nucleare e 
mostrando la DC come asservita agli interessi americani e in contrasto con la sicurezza 
italiana. L'intervento dell’Unione Sovietica nelle faccende interne italiane, avvantaggiando 
il PCI, da una parte non fa altro che confermare la preoccupazione del Cremilino per il 
comunismo italiano, dall’altra però sottolinea la mantenuta pericolosità del partito di 
Togliatti. L’ampio spazio dato alle dure e solide reazioni di Fanfani si può leggere quindi 
come il tentativo di ribadire ancora la necessità di mantenere forte la DC per contrastare il 
pericolo comunista. 
 Nei documenti americani di politica estera troviamo confermato il fatto che la 
nascita di una campagna contro le basi nucleari in Italia fosse giudicato un tema spinoso 
dal Ministero della Difesa italiano e che il Dipartimento di Stato fosse ugualmente 
allarmato. 
In un colloquio tra Taviani e McElroy, il segretario della Difesa americano, in 
occasione di una conferenza NATO a Parigi nel dicembre 57, il ministro della Difesa  
italiano chiese quale sarebbe stata la reazione USA nel caso fosse stato costretto ad una 
esplicita ammissione sulla presenza già da molti anni di armi nucleari in territorio italiano. 
Il Dipartimento di Stato rispose con un telegramma in cui Dulles diede istruzioni ai 
funzionari dell’ambasciata a Roma sul comportamento americano nel caso esponenti 
comunisti avessero fatto sorgere il problema in sede di Commissione Difesa. La 
disposizione é quella di non confermare né di negare il fatto. 
Il colloquio è riferito in un telegramma del Dipartimento di Stato all’Ambasciata 
americana a Roma con la firma di Forrest Dulles e datato 6 gennaio 58: 
                                                 
18
 Ibidem. 
 “Defense Minister Taviani: about a year ago Communists stated that there were atomic 
weapons in Italy. Since Government never made a denial it has been generally understood that 
atomic weapons have been in Italy for over a year. I believe that type of answer should satisfy 
Italian people. Since atomic weapons have been in Italy for over a year and nothing has 
happened, public has no reason to be concerned now. It is safe to have them. However, if 
Italian Defense Minister puts a public statement that there are atomic weapons in Italy that 
there have been atomic weapons in Italy over a year, American press will no doubt report this 
and ask Secretary of Defense for confirmation: my problem is that if I make such a statement, I 
don’t want U.S. to deny it. My precise question is: may I state that atomic weapons have been 
in Italy for over a year? 
Secretary McElroy: I see no reasons not to, but I will check with the Secretary of State 
upon my return to U.S. It will be you who will make the statement, we will say nothing only 
be prepared to confirm. 
Unless Embassy perceives objection Taviani should be informed, with respect this 
conversation, as follows: From U.S. point of view it would be preferable if Defense Minister 
Taviani continued to find unnecessary to make a statement on this subject; however, this 
determination can of course only be made by Italian Government, and U.S. would fully 
understand reasons which might make it desirable for Italian Govt. to make such statement. 
19
. 
 
Questo colloquio é seguito poco tempo dopo da una conversazione  tra lo stesso 
Taviani e due esponenti del Dipartimento di Stato sempre in merito alla possibilità di una 
precisa domanda da parte dei comunisti sulle testate americane in territorio italiano.  
Taviani rassicura gli esponenti del governo americano sulla remota possibilità che i 
comunisti effettivamente affrontino il problema in Commissione Difesa: 
 
“ […] Minister Taviani stated that the Department’s point of view was very helpful and 
came at an opportune time since he planned to meet with the Parliamentary Commission for 
Defense on January 24 and will be subject to questioning as regards Italy’s role in the new 
defense plans. While the meeting of Parliamentary Commission is not public it is participated 
in by representatives of the Communist and Left Wing parties, who, it may be anticipated, will 
attempt to create unfavorable propaganda concerning the subject. For this reason he is 
carefully preparing a statement in which he would state that there were atomic weapons 
present in Europe, as is well known.  If pressed as to their presence in Italy he would confirm 
that they had been in Italy for some time but refuse further comment on the grounds that their 
exact whereabouts constitute a military secret. In making this confirmation Minister Taviani 
said that he would attempt to dispel any alarm concerning the presence of atomic weapons in 
Italy by pointing out the fact that they have been in Italy for some time without any harm 
resulting or any accident occurring, that it was perfectly safe to have them there. While the 
tactic will not forestall Communist propaganda, it should prove reassuring to the non- 
Communist voters.  The Minister considers that there is a good chance that he will not be 
questioned closely on the above points since he anticipates that interest will be concerned on 
the problem of the deployment of missiles as discussed in Paris. Since he is apprehensive of 
                                                 
19
 Il documento è contenuto in Foreign Relations of the United States (d’ora in poi 
FRUS)1958-1960, VII, Italy, Washington 1977, pp. 431-432 
the affects of Communist propaganda on this subject in the pre-election period, he is preparing 
a somewhat fuller presentation concerning it.” 
20
 
 
E’ evidente la differenza di impostazioni tra l'approccio del New York Times e 
quello del Dipartimento di Stato.  Cortesi riporta le dichiarazioni ufficiali di Fanfani 
cercando di sottolineare varie volte l’assoluta impossibilità che il piano sovietico avrebbe 
potuto in qualche modo avere una sua efficacia, nonostante ne ammetta la pericolosità. In 
realtà la solidità della reazione di Fanfani nasconde un disorientamento nel governo 
italiano che durava già da alcune settimane, come si può notare dal comportamento di 
Taviani, costretto a consultarsi con il collega americano per decidere comunemente le 
dichiarazioni del caso. Chiaramente, un eventuale accordo tra Italia e URSS non era 
neanche in discussione e l’ostentata sicurezza di Fanfani ha qui gioco facile. Cortesi dal 
canto suo ne fa una occasione allettante per evidenziare con toni propagandistici  
l’appassionato anticomunismo di Fanfani e della DC.   
L’articolo di Cortesi é esemplare per mostrare la linea del “New York Times” verso 
i comunisti in questi primi mesi del 58. L’adesione totale alle posizioni democristiane è 
correlata da una ferma determinazione a non concedere nulla ai comunisti sul piano 
politico in vista delle elezioni.   
Dalla lettura di questo articolo si può trarre anche un’altra importante indicazione. 
Il tentativo di Cortesi di presentare la DC più forte che mai mette in evidenza un certo 
nervosismo sul futuro delle posizioni italiane in politica estera. Il comportamento del 
ministro della difesa infatti evidenziava una debolezza politica del governo di fronte ad 
eventuali attacchi provenienti da sinistra. L’ansia da parte americana per la debolezza del 
governo Zoli fa dirigere tutte le speranze verso le elezioni e al progetto di Fanfani di 
riuscire a riguadagnare la maggioranza assoluta che avrebbe consentito alla DC di costruire 
un più solido governo.  
Lo sforzo di presentare la DC come il solo partito che poteva garantire il 
mantenimento dell’Italia nella sfera occidentale é motivato dal tentativo del "New York 
Times" di sostenere il più possibile il progetto di Fanfani, mostrando a livello 
internazionale l’importanza del raggiungimento dell’obbiettivo della maggioranza assoluta 
per i democristiani. Tale impostazione sarà visibile più chiaramente negli articoli che più 
direttamente trattano la DC.  
                                                 
20
 FRUS, 1958-1960, VII, Italy, Washington 1977, pp. 432-433