VI   -   Introduzione 
Valutare l’operato dei gestori di fondi hedge risulta, quindi, compito più complesso 
dell’analisi del servizio reso dai gestori dei fondi comuni di investimento. Rispetto al 
comparto tradizionale, quello degli investimenti alternativi si presenta deficitario sotto il 
profilo della completezza e dell’accuratezza dei dati sui rendimenti dei fondi. Si 
caratterizza per un’assoluta ritrosia da parte dei gestori a diffondere informazioni sulle 
posizioni aperte in portafoglio e sulle logiche sottostanti il loro stile di gestione e si 
distingue per la totale autonomia che lascia alle parti nel definire i margini di 
discrezionalità del gestore. 
Il presente lavoro affronta il tema della valutazione della performance degli hedge funds 
sia dal punto di vista teorico, proponendo una rassegna della vasta – ancorché giovane – 
letteratura scientifica disponibile su tale argomento, sia dal punto di vista empirico 
analizzando i rendimenti di una serie di indici di hedge funds forniti da due tra i più 
autorevoli data provider presenti nel settore degli investimenti alternativi: Hedge Fund 
Research e Credit Suisse Tremont. 
Fornita nel primo capitolo una breve introduzione al settore degli investimenti 
alternativi, alla loro struttura organizzativa e alle principali strategie d’investimento da 
essi adottate, si passa al tema della valutazione delle performance. In particolare, si 
descrivono nel capitolo 2 le principali distorsioni che caratterizzano i dati disponibili sui 
fondi hedge ponendo particolare attenzione alle conseguenze che esse hanno sull’analisi 
delle performance. Con il capitolo 3 si entra invece nel vivo della performance 
evaluation definendo il concetto di performance e dimostrando come le misure 
tradizionalmente utilizzate per la valutazione dei fondi comuni – quali l’indice di 
Sharpe e l’alpha di Jensen – mal si adattano ai fondi hedge a causa della non normalità 
dei loro rendimenti e della presenza di autocorrelazione. In particolare si vedrà come 
l’indice di Sharpe risulti inadeguato a causa della forma delle distribuzioni dei 
rendimenti dei fondi hedge, le quali essendo caratterizzate da elevata skewness negativa 
ed elevati valori di kurtosi, non possono essere descritte in modo completo usando 
unicamente il rendimento atteso e la deviazione standard dei rendimenti. Quest’ultima 
infatti è una misura che, trascurando l’elevato tail risk negativo a cui sono soggetti i 
fondi hedge, porta inevitabilmente a sottostimare il loro rischio con la conseguenza che 
l’indice di Sharpe tende a fornire una sovrastima delle performance effettivamente 
realizzate da questi fondi.  
Introduzione   -   VII 
 
Con il capitolo 4 si mostra come l’analisi delle performance degli hedge funds si sia 
sviluppata intorno alla style analysis proposta da Sharpe (1992) e ai modelli inferenziali 
multifattoriali che costituiscono i principali metodi attualmente adottati per la 
valutazione delle performance realizzate dai fondi comuni. Con l’analisi degli stili di 
gestione degli investment managers si entra nella sfera soggettiva di scelta del gestore 
cercando di distinguere la quota di rendimento del portafoglio gestito risultato dello stile 
e replicabile con portafogli passivi, da quella parte legata ad una genuina capacità 
gestionale. In altre parole, l’analisi dello stile di un fondo consiste nel determinare sia la 
sua esposizione ai diversi fattori di rischio sistemici presenti nel mercato e rappresentati 
dai rendimenti di classi omogenee di attività finanziarie, sia la componente 
idiosincratica del suo rendimento. 
Tuttavia anche la style analysis e i tradizionali modelli inferenziali multifattoriali non 
vengono considerati in grado di risolvere il problema della performance evaluation dei 
fondi hedge, non essendo in grado di trattare la dinamica delle scelte di localizzazione 
compiute dagli hedge fund manager, nonché l’eterogeneità delle scelte in merito alla 
direzione ed al leverage delle posizioni.     
Infatti, il ricorso a derivati, la presenza di commissioni di performance asimmetriche e il 
trading dinamico che caratterizzano i fondi hedge possono distruggere la stabile 
dipendenza lineare tra il rendimento del portafoglio gestito e i rendimenti delle classi di 
attività oggetto di investimento che costituisce il fulcro delle analisi di stile e di 
performance tipiche nel settore dei fondi comuni. 
Al fine di catturare la possibilità di dipendenze non lineari, i modelli multifattoriali 
tradizionali devono essere opportunamente modificati, integrando le variabili esplicative 
con rendimenti associabili a strategie dinamiche di trading in grado di riflettere la 
triplice dimensione delle scelte di un gestore di fondi hedge: localizzazione, direzione e 
scala delle posizioni. Sono due le principali estensioni dei modelli multifattoriali 
classici presenti nella letteratura degli hedge funds. La prima, dovuta a Fung e Hsieh 
(1997) cattura e modella le dimensioni aggiuntive presenti in una gestione dinamica 
ricorrendo all’analisi delle componenti principali, mentre la seconda, proposta da 
Agarwal e Naik (2000), utilizza allo stesso fine i payoff di strategie elementari in 
opzioni.  
VIII   -   Introduzione 
Nel capitolo 5 si affronta il tema della performance persistence domandandosi se vi 
siano prove dell’esistenza di gestori in grado di battere sistematicamente il mercato 
oppure se sia la fortuna a premiare volta per volta un fondo diverso che ha ottenuto 
performance superiori in qualche mese o anno per poi ricadere nella normalità. A tal 
proposito verranno presentati i principali studi presenti in letteratura sull’argomento, 
cercando di comprendere quali delle due tesi (presenza o assenza di performance 
persistence) sembri essere la più verosimile.  
Con il capitolo 6 si entra poi nel campo del risk management e della portfolio analysis. 
In particolare, si dimostra come l’approccio media-varianza introdotto da Markowitz 
non sia in grado di rappresentare il corretto trade-off tra rischio e rendimento nel caso 
dei fondi hedge.  Infatti, quando l’ipotesi di normalità non è rispettata, media e varianza 
non sono sufficienti per descrivere in modo completo una distribuzione. Nasce quindi la 
necessità di sviluppare una misura in grado di tenere conto anche del terzo e del quarto 
momento di una distribuzione di rendimenti al fine di misurare in modo corretto il 
rischio dei fondi hedge. Si discuterà pertanto di misure quali il Value at Risk (VaR) e il 
Conditional Value at Risk (CVaR) per arrivare a presentare la Mean-Value-at-Risk 
Theory, ovvero, una metodologia in grado di derivare un portafoglio ottimo la cui 
massima perdita attesa non superi un limite di VaR prefissato su un certo orizzonte 
temporale e ad un dato livello di confidenza. La sezione dedicata al risk management si 
conclude illustrando il Modified Value at Risk (MVaR), ovvero, una variazione del  
VaR tradizionale che permette di tenere conto anche della skewness e della kurtosi di 
una distribuzione. Si giunge in tal modo alla definizione di una misura di rischio la cui 
validità non è subordinata ad alcuna assunzione sulla distribuzione sottostante.  
Per quanto riguarda invece la portfolio analisys, si analizzano gli effetti 
dell’introduzione di hedge funds in portafogli tradizionali. In particolare, si mostra 
come, utilizzando il tradizionale approccio media varianza, i fondi hedge, grazie alle 
particolari caratteristiche della loro distribuzione, tendano ad assumere allocazioni 
eccessive all’interno di un generico portafoglio. Infatti, se da un lato i rendimenti di 
questi fondi risultano molto attraenti in termini di media e varianza, dall’altro 
presentano caratteristiche non gradite all’investitore quali una distribuzione con 
asimmetria negativa ed elevata kurtosi che non sono però tenute in considerazione in 
una tradizionale ottimizzazione media-varianza. Si illustrano infine una serie di strategie 
Introduzione   -   IX 
 
che possono essere adottate per eliminare la skewness negativa e l’elevata kurtosi 
presenti in un portafoglio contenente fondi hedge. 
Nel capitolo 7 si approfondiscono le relazioni esistenti tra performance e caratteristiche 
dei fondi hedge. Più precisamente, si andrà a modellizzare la struttura dei contratti di 
incentivo degli hedge fund manager, e si tenterà di analizzare gli effetti delle diverse 
forme d’incentivazione sulla performance del fondo e sulle sue probabilità di 
sopravvivenza. Si cercherà poi di comprendere in che modo caratteristiche quali 
dimensione ed età del fondo, nonché presenza o assenza di commissioni di gestione e/o 
d’incentivo, influiscano sulle performance degli hedge funds.   
La rassegna della letteratura si conclude con il capitolo 8 in cui si cerca di analizzare il 
ciclo di vita dei fondi hedge. In particolare, si tenta di comprendere come le differenze 
tra fondi alternativi e fondi comuni influiscano sulle modalità di allocazione del capitale 
da parte degli investitori e sulle modalità con cui i capital flow e i managerial incentives 
influenzano le performance future degli hedge funds. 
Il capitolo 9 è invece dedicato ad un’analisi empirica di performance evaluation con la 
quale si cerca di favorire una maggiore comprensione dell’origine dei rendimenti delle 
principali strategie adottate dagli hedge funds. Tali strategie vengono studiate 
analizzando le serie storiche dei rendimenti di numerosi hedge fund index forniti da due 
tra i più importanti data provider del settore degli investimenti alternativi. In 
particolare, si è scelto di seguire la metodologia proposta da Agarwal e Naik (2000, 
2004) regredendo gli extra-rendimenti degli indici di fondi hedge sulla base di quelli 
realizzati da Location Factors (indici tradizionali) e Trading Strategy Factors (fattori 
option based). I risultati ottenuti da questa analisi dimostrano che è possibile “spiegare” 
un consistente ammontare della varianza dei rendimenti degli indici di fondi hedge con 
un numero limitato di fattori. Inoltre, la forte presenza di fattori option based tra quelli 
selezionati dal modello come significativi, conferma l’ipotesi avanzata in letteratura 
circa la presenza di relazioni non lineari tra i rendimenti dei fondi hedge e quelli delle 
classi di attività tradizionali.  
 
 
 1.  
Hedge Funds: aspetti introduttivi 
 
 
 
Un Hedge Fund è un fondo d’investimento la cui filosofia è ottenere risultati di 
gestione che siano indipendenti dall’andamento dei mercati finanziari in cui opera. Il 
gestore non si propone di superare un indice di borsa o un paniere finanziario (utilizzato 
come benchmark), ma fissa un valore assoluto da raggiungere ogni anno, mantenendo al 
tempo stesso, entro una soglia massima, il livello di volatilità della quota. 
Non esiste una definizione unica che possa racchiudere tutte le caratteristiche tipiche 
degli Hedge Funds. Tuttavia si possono indicare molti elementi comuni: dalla ampia 
scelta delle attività in cui investire alla copertura del rischio, dalla possibilità di vendere 
allo scoperto all’utilizzo della leva finanziaria e di strumenti derivati, dall’impiego delle 
commissioni d’incentivo per retribuire il gestore al diretto investimento di quest’ultimo 
nel fondo, dalle elevate soglie di ingresso (generalmente da 250.000$ a 1.000.000$) alla 
dimensione limitata del patrimonio del fondo (relativamente alla dimensione dei 
patrimoni gestiti dai fondi comuni).  
I fondi hedge sono sempre caratterizzati dalla compresenza di due obiettivi: realizzare 
una performance assoluta e contenere il rischio di portafoglio. Perseguire una 
performance assoluta significa riuscire a realizzare una gestione di portafoglio non 
correlata ai mercati finanziari che permetta di accrescere il valore della quota, 
indipendentemente dall’andamento degli indici di borsa e dalle quotazioni delle 
obbligazioni. Se poi vi si aggiunge l’obiettivo di contenere la volatilità del portafoglio, 
allora si intuisce il motivo del crescente interesse da parte degli investitori in merito a 
questo strumento finanziario.  
I gestori di hedge funds godono, rispetto a quelli dei fondi comuni, di una più ampia 
libertà d’azione nella scelta delle strategie e non subiscono i controlli stringenti che le 
autorità di vigilanza impongono ad altri prodotti del risparmio gestito. Ad esempio 
l’utilizzo della leva finanziaria, proibito ai fondi comuni è invece consentito ai fondi 
2   -   Capitolo 1 
hedge i quali possono ricorrervi per ampliare i propri rendimenti. Ciò ovviamente 
sopportando il rischio di incorrere in perdite decisamente più elevate. 
Se da un lato gli hedge funds sono strumenti d’investimento più flessibili dei 
tradizionali fondi comuni, dall’altro sono però meno liquidi e meno trasparenti. Infatti, i 
fondi hedge,  diversamente da quanto accade per i fondi comuni, non sono soggetti ad 
alcun obbligo informativo nei confronti degli investitori e non possono rivolgersi 
direttamente ad essi per sollecitarne gli investimenti. Inoltre sono frequentemente 
caratterizzati dalla presenza di periodi di lock-up, ovvero periodi durante i quali non è 
possibile disinvestire.  
Gli Hedge Funds sono dunque strumenti adatti solo a quegli investitori in grado di 
rinunciare alla trasparenza e alla liquidità dei fondi tradizionali al fine di beneficiare 
della maggiore flessibilità di cui godono i fondi alternativi. 
 
 
1.1 Il primo Hedge Fund: Alfred Winslow Jones - 1949 
 
Il primo fondo hegde fu costituito nel 1949 da Alfred Winslow Jones il quale fu 
il primo gestore ad utilizzare la vendita allo scoperto come strumento di hedging 
(copertura). L'idea era molto semplice: volendo ridurre il rischio di mercato e sfruttare 
le sue doti di stock picker, Jones acquistava titoli con potenzialità di crescita superiore a 
quella di mercato e vendeva titoli con tendenza contraria, lasciando esposto il suo 
portafoglio solamente al cosiddetto rischio non sistemico. E' importante prestare 
attenzione alla correlazione fra le due posizioni, altrimenti si rischia di perdere sia sul 
lato lungo, sia sul lato corto del proprio portafoglio. Jones, inoltre, utilizzò la leva 
finanziaria per amplificare i risultati ottenuti. Si consideri il seguente esempio: 
ipotizziamo di partire con un capitale di 10.000$ e chiedere a prestito ulteriori 20.000$; 
investiamo il ricavato per acquistare 30.000$ di azioni che pensiamo sottovalutate e, 
contemporaneamente, andiamo corti (vendiamo allo scoperto) sull'indice azionario di 
riferimento con un contratto future per 25.000$ (il discorso non cambierebbe se 
andassimo corti su azioni sopravvalutate). Trascurando il costo del finanziamento (in 
parte compensato dai possibili proventi derivanti dalla posizione in future, o, nel caso di 
posizione corta in azioni, dai proventi derivanti dal deposito della somma ricavata dalla 
Hedge Funds: aspetti introduttivi   -   3 
vendita allo scoperto delle stesse azioni), possiamo ricavare un utile di 1.500$, se le 
azioni si apprezzano del 5% e il mercato rimane sostanzialmente stabile, contro i 500$ 
che avremmo ricavato senza il ricorso al debito. Nel caso in cui il mercato scendesse del 
10% e le nostre azioni del 5% la nostra situazione sarebbe, al contrario, pari a: utile = 
(30.000 x 0.95) - 30.000 + 25.000 - (25.000 x 0.90) =  + 1000$. 
Anche se nel caso proposto il livello di leva impiegato è eccessivo rispetto a quanto si 
riscontra nella realtà, i primi fondi hedge funzionavano in questo modo. Essi riuscivano 
a conseguire risultati indipendenti dai movimenti del mercato sfruttando la capacità di 
scegliere titoli ad alta potenzialità di crescita e le correlazioni fra le diverse attività 
finanziarie. 
Il fondo così strutturato da Jones guadagnò nel decennio '55-65 il 670%, a fronte del 
358% guadagnato dal migliore fondo comune e il 225% dell’indice S&P 500, tenendo 
ben presente che i risultati riportati sono al netto della commissione di incentivo. Jones 
stabilì infatti una commissione di incentivo del 20% e una clausola secondo la quale le 
perdite subite avrebbero dovuto essere recuperate da parte del gestore prima che questo 
potesse richiederla (è la cosiddetta clausola di High Water Mark). 
Oggi l’archetipo introdotto da Jones caratterizza solo una piccola parte dei fondi hedge 
esistenti mentre la denominazione da esso derivante è utilizzata per indicare un vasto 
universo di differenti strategie di gestione. Probabilmente, si deve proprio al particolare 
schema contrattuale di remunerazione dei manager introdotto da Jones, il fatto di 
indicare oggi con il termine "hedge fund" dei fondi che adottano strategie tanto 
differenti dal modello originale. 
 
 
1.2 Dati strutturali sul settore degli Hedge Funds 
 
La domanda di fondi hedge si ripartisce principalmente tra clienti privati e 
investitori istituzionali. La domanda privata proviene in particolare dagli high net worth 
individuals e dagli ultra-high net worth individuals. I primi si caratterizzano per un 
4   -   Capitolo 1 
patrimonio finanziario
1
 superiore ad un milione di dollari, mentre i secondi si 
distinguono per un patrimonio che supera i 30 milioni di dollari.  
Dal lato della clientela istituzionale è possibile individuare i fondi pensione, le 
fondazioni, le banche, le assicurazioni, le casse previdenziali, i fondi di fondi, i brokers, 
gli endowments
2
 e altri ancora. Allo scopo di valutare il cambiamento nel tempo della 
domanda internazionale, è utile riportare i dati di una ricerca Kpmg del 1996, quelli di 
una ricerca JP Morgnan-Hedge Fund Research del 1999 e i dati aggiornati a gennaio 
2005, tratti da Hennessee Group LLC Hedge Fund Advisory. Si veda la Figura 1.1. 
 
 
 
Figura 1.1 - Categorie di investitori in fondi hedge. Fonte: Kpmg, 1996, Hedge Fund Research, Inc., JP 
Morgan, 1999, Hennessee Group LLC, 2005. 
 
 
I dati risalenti al 1996 attribuiscono l’82 per cento degli investimenti in fondi hedge alla 
clientela privata e il restante 18 per cento a quella istituzionale. I risultati dell’indagine 
del 1999 rilevano invece un ribaltamento delle proporzioni. La domanda derivante dalla 
clientela istituzionale ha raggiunto il 65 per cento (compresa la quota di fondi di fondi 
hedge) del totale investito in fondi hedge da parte della clientela non residente negli 
USA, mentre gli high net worth individuals rappresentavano il rimanente 35 per cento. 
L’indagine del gennaio 2005 ridistribuisce le quote nuovamente a favore della clientela 
privata, facendo tuttavia rilevare l’emergere del fenomeno dei fondi di fondi hedge, che 
assume una consistenza crescente nel tempo. Un altro aspetto interessante sulla natura 
dei fondi hedge riguarda la loro dimensione, in termini di assets under management e la 
                                                 
1
 Per patrimonio finanziario si intende l’insieme delle risorse finanziarie non impiegate in beni reali e 
durevoli, ovvero il totale delle risorse liquide accumulate nel tempo. 
2
 Gli endowments sono i fondi di dotazione delle universit`a private americane. 
Hedge Funds: aspetti introduttivi   -   5 
loro numerosità. Negli ultimi anni, l’industria degli hedge ha vissuto un’espansione 
imponente: secondo Capitalgest Alternative Investments, alla fine del 2005 i fondi 
speculativi disponevano globalmente di attività per circa 1.100 miliardi di dollari, quasi 
il triplo dei circa 400 miliardi di inizio 2000 (Figura 1.2).  
 
 
 
Figura 1.2 - Crescita dei patrimoni in gestione 1990-2005. 
 
 
La Figura 1.3 descrive invece la crescita nel numero degli Hedge fund nel periodo 
1990-2005 dovuta principalmente all’ingresso delle principali case di investimento 
mondiali, oltre che di numerosi professionisti provenienti dall’asset management 
tradizionale. 
  
 
Figura 1.3 - Crescita nel numero degli Hedge fund 1990-2005.