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fenomeno migratorio; è a partire da questo quadro generale, che evidenzia  
difficoltà e risorse degli stranieri, che si possono ipotizzare possibili strategie 
d'intervento. 
Il secondo capitolo è stato suddiviso in due parti: nella prima parte, si analizzano i 
principali contributi teorici della psicologia sociale alla lettura del fenomeno 
migratorio: in particolare, si riportano le teorie sul pregiudizio e sulle relazioni 
intergruppo, che consentono la spiegazione dei meccanismi psico-sociali alla base 
dei comportamenti discriminatori nei confronti dello straniero; gli studi sulla 
socializzazione etnica, che informano sul processo di formazione del sentimento 
di appartenenza ad un gruppo etnico e analizzano il ruolo dell'identità etnica nel 
determinare il benessere degli immigrati e le modalità di interazione con altri 
gruppi; infine, vengono presentate le strategie di acculturazione, che offrono un 
quadro di riferimento per la lettura degli effetti del contatto tra gruppi diversi. 
Nella seconda parte di questo capitolo, si entra nell'ambito specifico della 
psicologia di comunità per ricercare le premesse teoriche che rendono la 
disciplina particolarmente adatta ad occuparsi del fenomeno migratorio in virtù 
dell'interesse volto non solo ad un livello di conoscenza, ma anche ad un piano di 
intervento, finalizzato al superamento di condizioni problematiche. 
Nel terzo capitolo vengono presentati, nello specifico, i metodi utilizzati dalla 
psicologia di comunità per la conoscenza del fenomeno e le possibili chiavi di 
lettura, quali il costrutto di rete sociale e quello di senso di comunità. Si illustrano 
successivamente le applicazioni dei metodi e dei costrutti individuati all'ambito 
dei servizi e a quello del volontariato. Infine, si descrive la cornice normativa del 
nostro paese, dal cui approfondimento derivano elementi importanti per la 
comprensione del macrosistema in cui avvengono le interazioni tra immigrati ed 
autoctoni. 
Nel quarto capitolo, invece, si procede all'individuazione degli strumenti 
d'intervento, peculiari dell'ottica di comunità, applicabili al fenomeno migratorio: 
lo sviluppo del senso di comunità, l'educazione interculturale, il sostegno 
attraverso la rete egocentrata, la creazione di gruppi di auto-aiuto, la promozione 
della partecipazione, il coordinamento tra i servizi, la gestione dei conflitti. Il fine 
  3
ultimo di questi interventi, come abbiamo accennato precedentemente, è quello di 
promuovere il benessere dei migranti nella nostra società e la convivenza 
arricchente con gli autoctoni, fattori che incidono positivamente sul benessere 
complessivo della comunità. 
 
 
 
  4
 
CAPITOLO 1 
 
IL FENOMENO MIGRATORIO IN ITALIA 
 
 
 
Il fenomeno migratorio è divenuto area di interesse privilegiata dell’opinione 
pubblica italiana, in virtù delle dimensioni sempre più consistenti che sta 
assumendo e delle conseguenze che tali flussi determinano sullo scenario 
nazionale e internazionale. 
Si tratta di un fenomeno relativamente recente per l’Italia, paese che in passato è 
stato terra d’emigrazione. Prima degli anni ’80, gli stranieri presenti in Italia 
provenivano prevalentemente dai Paesi comunitari: si trattava di studenti, di 
lavoratori qualificati, insomma di una popolazione economicamente benestante. 
Negli anni ’80, invece, a seguito dell’irrigidimento delle politiche migratorie di 
ammissione nei paesi dell’Europa centro-settentrionale, i flussi di migranti 
provenienti dalle zone disagiate  del mondo, si riversarono sull’Italia, come meta 
di seconda scelta.  
Prima di affrontare questo lavoro, è indispensabile fare una premessa sulla 
terminologia utilizzata: si useranno indifferenziatamente, con la stessa valenza 
semantica, i termini straniero- immigrato- extracomunitario. 
Questa premessa pare necessaria perché l'influenza mediatica ha contribuito alla 
creazione di una differenza semantica tra i termini: ”lo straniero” convoglia 
l'immagine di una persona occidentale e benestante, mentre con “immigrato ed 
extracomunitario” il riferimento è a persone povere, provenienti da paesi 
extracomunitari, che cercano benessere nei paesi ospiti (Colombo, Sciortino, 
2004). 
In questo capitolo, si tenterà di costruire un quadro generale del fenomeno 
migratorio in Italia: verrà presentato inizialmente il profilo demografico, 
  5
contenente informazioni sulla composizione della popolazione immigrata in Italia; 
seguirà il profilo sociale, costituito da elementi relativi alle condizioni di vita 
degli stranieri nella nostra società e, in particolare, riguardanti la dimensione 
lavorativa, quella abitativa, di salute, scolastica e la criminalità.  
Si concluderà con gli aspetti processuali, legati ai progetti migratori, alla 
partecipazione alla vita sociale e politica, ai ricongiungimenti familiari, alle loro 
paure e percezioni di discriminazione e agli indicatori di inserimento e 
integrazione. 
 
1.1  Il profilo demografico 
 
Secondo i dati diffusi da Caritas/Migrantes, a inizio 2004 (Caritas/Migrantes, 
2004), la presenza di immigrati regolari ammonta a quota 2,6 milioni, cui si 
devono aggiungere le presenze irregolari, che vengono stimate tra le 200.000 e le 
800.000 unità, a seconda degli enti. Le anticipazioni del Rapporto Caritas 2005, 
che uscirà alla fine di ottobre, parlano di 2.730.000 presenze regolari a fine 2004, 
prevedendo che, con questo ritmo, e a maggior ragione se andranno 
incrementandosi i flussi per ricongiungimento familiare e per inserimento 
lavorativo, i soggiornanti probabilmente diventeranno tre milioni entro il 2006. 
L’incremento della popolazione immigrata, già vivace nel corso degli anni ’90, ha 
assunto, nel nuovo millennio, proporzioni ancor più consistenti: basti pensare che, 
tra il censimento del 1991, che contiene i primi dati statistici significativi sugli 
stranieri in Italia, e quello del 2001, la presenza é triplicata, passando da 350.000 
unità a più di un milione, mentre tra il 2000 e la fine del 2004 il numero di 
immigrati è più che raddoppiato, giungendo a quota 2,7 milioni. 
A livello nazionale, l’incidenza della popolazione immigrata è del 4,5% su quella  
nazionale e si riscontra una tendenza all’inserimento stabile, tanto che gli 
immigrati presenti in Italia da almeno 5 anni sono ormai il 60%. 
E’ importante ricordare che, nonostante le generalizzazioni ricorrenti e improprie, 
la categoria dei migranti è fortemente eterogenea: cela, infatti, una notevole 
varietà di paesi di provenienza, di religioni, di contesti culturali e familiari di 
  6
appartenenza, di livello di istruzione, ceto sociale, progetto migratorio, di cui 
appena sotto delineeremo alcuni tratti. 
I tre gruppi nazionali più rappresentati sono Romania, Marocco ed Albania, 
ciascuno con 230/240 mila presenze, ma bisogna ricordare che sono presenti quasi 
tutte le nazionalità; per quanto riguarda i continenti, si impone la presenza 
europea, con quasi la metà del totale (solo il 7% è costituito da cittadini 
comunitari), cui segue l’Africa (25,3%). E’ consistente anche la rappresentanza 
asiatica, mentre è più ridotta quella americana. 
Per quanto riguarda la religione, vi è prevalenza di cristiani (49,5%), seguita dai 
musulmani (37%); le altre religioni sono poco rappresentate. 
Relativamente al genere, rispetto al passato, in cui prevaleva la componente 
maschile, si è creato un sostanziale equilibrio tra i due sessi, favorito anche dai 
processi di ricongiungimento familiare. Va tuttavia segnalata la discrepanza nella 
composizione di genere a seconda dei gruppi etnici: ad esempio, la popolazione 
filippina e quella peruviana sono prevalentemente femminili, mentre quella 
senegalese, tunisina ed egiziana sono prevalentemente maschili. 
La classe d’età più rappresentata è quella tra 19 e i 40 anni, che costituisce il 
58,5% sul totale, quella 41-60 incide per il 21,1% e i minori di 18 anni sono il 
15,6%; gli ultrasessantenni incidono per il 4,8%: in sostanza, si tratta di una 
popolazione costituita prevalentemente da giovani adulti in età lavorativa e in cui i 
coniugati rappresentano la metà del totale.  
Illustrate le caratteristiche generali di composizione della popolazione immigrata 
in Italia, è utile, poi, soffermarsi sui dati statistici generali relativi all'inserimento 
nel nostro paese. 
Al censimento del 2001, la percentuale di stranieri nati in Italia era il 12% sul 
totale. Per quanto riguarda, invece, la presenza a scuola, secondo i dati del 
Ministero dell’Istruzione, gli studenti stranieri iscritti nell’anno scolastico 2003-
2004 erano 282.683. 
La ripartizione territoriale è scalare, con il 60% di insediati nel Nord-Italia, il 30% 
al Centro e il 10% al Sud. Le regioni che accolgono il maggior numero di 
lavoratori immigrati sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e si evidenzia, 
  7
rispetto al passato, una loro ripartizione più armoniosa tra città grandi e medio-
piccole, tra capoluoghi ed altri comuni della provincia: i comuni con meno di 
30mila abitanti detengono infatti la metà della popolazione immigrata. 
I 2/3  degli immigrati sono venuti per lavoro e un quarto per motivi di famiglia 
(ricongiungimento familiare). Complessivamente, una assunzione su 6 spetta ad 
un immigrato; ripartendo le assunzioni per rami produttivi, quelli in cui vi è 
maggiore impiego di immigrati sono il lavoro domestico e di assistenza agli 
anziani, l’edilizia, l’industria dei metalli e quella tessile, il settore alberghiero, il 
commercio al dettaglio e all’ingrosso, l’agricoltura. 
 
1.2  Il profilo sociale 
 
La costruzione di un profilo sociale della popolazione immigrata ha come finalità 
l'approfondimento della conoscenza sulle condizioni oggettive in cui tale 
popolazione si trova a vivere; il percorso di analisi ipotizzato prevede che si 
considerino la situazione lavorativa, quella abitativa, le condizioni di salute, 
l'inserimento scolastico e la criminalità.  
Per ciascuna di queste aree tematiche verrà condotta un'analisi articolata su tre 
livelli, che riguardano le condizioni allo stato attuale degli stranieri rispetto a 
ciascun ambito individuato, il rapporto tra italiani e stranieri e, infine, un livello 
socio-politico aperto anche alla progettazione di soluzioni ai problemi individuati. 
 
Il lavoro:  in percentuale, la quota degli stranieri occupati è superiore a quella 
della popolazione autoctona, in virtù del fatto che migrano soprattutto i giovani in 
età lavorativa. Sono impiegati in mansioni poco qualificate nei diversi settori 
produttivi, con prevalenza nell’edilizia e nel lavoro domestico, dislocati 
soprattutto in alcune regioni italiane, quali Lombardia, Veneto ed Emilia 
Romagna. 
Si stima che il 40% degli immigrati lavori nell’economia sommersa, nonostante 
l'eventuale regolarizzazione ottenuta mediante sanatori; sono inoltre frequenti i 
contratti a tempo determinato, soprattutto nel settore dei servizi, ma ciò ripercorre 
  8
una tendenza attualmente in atto anche per i lavoratori italiani. Non sembra 
esistere una specializzazione etnica, per cui gli appartenenti ad un gruppo si 
concentrano in particolari attività per tradizioni culturali: la concentrazione in 
nicchie occupazionali è, piuttosto, il risultato dell’efficienza delle reti sociali di 
alcuni gruppi (FIERI, 2004).  
Relativamente al rapporto tra italiani e stranieri nell'occupazione, non sembra 
esservi competitività tra di essi per il posto di lavoro (FIERI, 1998); vi è piuttosto 
complementarietà, in quanto gli immigrati occupano quei posti di lavoro che gli 
italiani non sono più disposti ad accettare. Inoltre, non esiste un’ampia differenza 
salariale tra immigrati ed autoctoni: essa costituisce il 20%, un valore basso se 
confrontato al divario salariale per genere. 
Va segnalata la discriminazione subita da molti lavoratori immigrati che, sebbene 
in possesso di titoli di studio medio-alti, svolgono attività lavorative di livello 
molto basso, con un processo di sotto-inquadramento ben maggiore di quanto 
accada per i giovani italiani. 
A livello normativo, la combinazione di lavoro “in nero” e a tempo determinato è 
particolarmente pericolosa per gli stranieri, in quanto l’assenza di un contratto di 
lavoro regolare  impedisce il rinnovo del permesso di soggiorno, favorendo la 
caduta in una posizione di irregolarità. 
 
La condizione residenziale:  si registra una certa difficoltà degli immigrati nel 
trovare un’abitazione, per cui il numero di senzatetto stranieri in Italia è superiore 
a quello degli altri paesi europei. Questo dato va contestualizzato, tenendo conto 
che l’edilizia residenziale pubblica ha avuto, in Italia, uno sviluppo modesto, per 
cui ci sono liste di attesa piuttosto lunghe per poter ricevere in locazione gli 
alloggi “popolari”. 
Per questo motivo, alcuni stranieri si rivolgono al terzo settore (volontariato e 
cooperative sociali), che funge da mediatore nella ricerca dell’abitazione; altri si 
affidano al libero mercato e riescono ad affittare casa dai privati, seppur con 
canoni d'affitto generalmente più esosi rispetto a quelli applicati agli autoctoni:  
questa condizione determina un conseguente sovraffollamento nelle abitazioni per 
  9
suddividere le spese. C’è anche chi occupa abusivamente case definite inabitabili, 
vivendo in condizioni igienico-sanitarie del tutto precarie. 
Generalmente, la popolazione immigrata tende ad insediarsi nelle aree in cui i 
costi dell'affitto sono inferiori, quindi nei centri storici degradati o nelle periferie: 
la segregazione spaziale (elevata concentrazione di immigrati in una certa area) 
costituisce infatti un fenomeno atteso nei periodi di rapida immigrazione, ma 
quando il flusso si affievolisce, si affermano processi di dispersione e di 
assimilazione spaziale (Colombo, Sciortino, 2003). Mancano, invece, ricerche e 
dati relativi alla concentrazione sul territorio a seconda della nazionalità. 
I proprietari autoctoni di abitazioni, come accennato sopra, mostrano 
generalmente, una certa diffidenza nell'affittare i propri immobili a cittadini 
extracomunitari: secondo l'Appc (Associazione piccoli proprietari di case), il 57% 
degli affittuari sarebbe contrario ad affittare casa agli immigrati (Di tutti i colori, 
2005); nel caso, invece, decidano di affittare agli immigrati, tendono ad innalzare 
i canoni d'affitto. 
A livello socio-politico, il problema dell’abitazione non va trattato in termini 
unicamente emergenziali (centri di prima accoglienza), ma vanno ricercate 
soluzioni permanenti, quali l’incremento dell’offerta di case a basso costo. 
La decentralizzazione in atto prevede che siano autorità locali e regioni a definire 
gli interventi e ad allocare fondi per le abitazioni; la mancanza di regole generali a 
carattere nazionale contribuisce, pertanto, alla condizione di marginalità che tali 
problemi possono rivestire a livello locale. Le iniziative previste a livello locale 
possono riguardare sia l'offerta ordinaria (evoluzione della tradizionale edilizia 
pubblica), sia la ricerca di nuovi modelli di produzione (ad es. l'organizzazione di 
agenzie immobiliari sociali, cioè gestite dal volontariato). 
 
La salute:  la maggior parte degli immigrati, all'arrivo in Italia, gode di buona 
salute, data la giovane età e il cosiddetto “effetto migrante sano” (Pietrantoni, 
2001), che si caratterizza per l'autoselezione di chi decide di migrare, che 
generalmente è forte, con maggiore spirito d'iniziativa, maggiore stabilità 
psicologica; va tenuto presente che il proprio corpo, insieme alla capacità 
  10
lavorativa, è l'unico mezzo di scambio, almeno inizialmente, che lo straniero ha 
con la nuova società. Nel paese ospite avviene un'ulteriore selezione al rovescio, 
per cui molti stranieri, avendo contratto durante la loro permanenza malattie 
croniche invalidanti, ritornano nel paese d'origine. Purtroppo, il “patrimonio 
salute” in dotazione all'immigrato viene più o meno rapidamente consumato: 
infatti, lo sradicamento culturale, le discriminazioni subite, le difficoltà 
economiche che lo straniero vive nel paese ospitante possono contribuire 
all'insorgenza di disturbi psicologici; inoltre, le condizioni abitative e lavorative 
precarie, i cambiamenti climatici, lo scarso accesso a cibi di qualità possono 
causare disturbi fisici, di cui i più frequenti nella popolazione immigrata italiana 
paiono essere quelli di tipo respiratorio. 
Anche gli infortuni sul lavoro a danno di immigrati sembrano essere piuttosto 
frequenti, alimentati dall'inosservanza delle norme di sicurezza da parte del datore 
di lavoro e dal fatto che vengono loro affidati gli incarichi più gravosi e 
pericolosi. 
Tra le donne immigrate, il tasso di abortività è particolarmente elevato, con valori 
di circa tre volte superiori rispetto a quelli delle donne italiane (FIERI, 2000); vi 
sono poi difficoltà legate alla gravidanza e al parto, dovute perlopiù ad uno scarso 
uso dei servizi sanitari. 
Alle difficoltà legate al processo migratorio che incidono sulla salute psicofisica 
degli immigrati, si aggiunge un rapporto spesso difficoltoso tra lo straniero e 
l'istituzione sanitaria, per cui si verifica la tendenza a rivolgersi ai servizi sanitari 
solo quando la malattia è conclamata. Il limitato accesso ai servizi sanitari da 
parte degli immigrati sembra imputabile sia ad una carenza di informazioni sulle 
normative e sull'esistenza stessa dei servizi da parte degli utenti, sia ad una scarsa 
conoscenza dei bisogni degli stranieri da parte degli operatori stessi; influiscono 
inoltre le barriere linguistico-culturali: ad esempio, una donna musulmana incinta 
mostra riluttanza nell'essere visitata da un ginecologo uomo. Queste difficoltà di 
comunicazione possono orientare l'operatore ad una risposta tecnica e 
medicalizzata (Favaro, Tognetti Bordogna, 1991). 
  11
A livello progettuale, va dunque sollecitata una riorganizzazione dei servizi socio-
sanitari, che ne massimizzi la fruibilità da parte degli stranieri; va posta attenzione 
alle diversità linguistiche e culturali, inserendo figure di intermediazione tra 
l'utente ed il personale, che facilitino la comprensione reciproca e va stimolato un 
adattamento della competenza dell'operatore ai bisogni specifici degli utenti.  
Bisogna ricordare, infine, per una maggiore completezza del quadro, che gli 
immigrati regolari godono degli stessi diritti degli italiani in materia di salute e di 
prevenzione delle malattie, mentre agli irregolari sono garantite le prestazioni 
urgenti ed essenziali. 
 
La scuola: a livello nazionale, secondo i dati del Ministero dell'Istruzione, il 
numero di studenti stranieri iscritti a scuole italiane nell'anno scolastico 
2003/2004 è di 282.680, con una concentrazione maggiore nelle scuole 
elementari, seguite da scuole medie e materne (Caritas/Migrantes, 2004). La 
distribuzione territoriale degli alunni stranieri rispecchia la differente ripartizione 
locale del flusso migratorio nel nostro paese, per cui sono più numerosi nel 
Centro-Nord dove, a fronte di un mercato del lavoro maggiormente ricettivo, si 
registra una crescente presenza stabile di nuclei familiari. Le regioni con il più 
alto numero di studenti stranieri sono infatti la Lombardia, l'Emilia Romagna, il 
Veneto, la Toscana e il Piemonte e i gruppi più numerosi sono i marocchini, gli 
albanesi, gli ex-jugoslavi e i cinesi. 
Va evidenziata l'eterogeneità degli studenti stranieri, riferita non solo ad una 
diversa provenienza nazionale, ma anche a percorsi di vita differenti: vi sono 
bambini di seconda generazione, nati in Italia da genitori stranieri; bambini giunti 
per ricongiungimento familiare in età scolare; profughi, entrati in Italia soli o con 
la famiglia; nomadi o ex-nomadi. 
Per quanto riguarda l'andamento scolastico, si registra un maggior numero di 
fallimenti (“bocciature”) tra gli alunni immigrati rispetto a quello degli autoctoni, 
imputabile in parte a difficoltà linguistiche; un obiettivo di qualità per tutte le 
scuole dovrebbe, pertanto, essere la riduzione del divario del successo scolastico 
tra alunni stranieri e autoctoni. 
  12
Le normative in materia di immigrazione garantiscono il diritto allo studio a tutti 
gli immigrati in età scolare, anche a coloro che sono privi di permesso di 
soggiorno. Inoltre, nel caso lo studente abbia frequentato nel proprio paese di 
provenienza alcuni anni di scuola, gli verranno convalidati e l'alunno sarà inserito 
nella classe corrispondente. 
La necessità di progettare e realizzare cambiamenti che rendano la scuola 
adeguata al mutamento della popolazione scolastica si innesta su uno sfondo di 
riassetto generale dell'istruzione nel nostro paese, caratterizzata dal passaggio alla 
“scuola dell'autonomia”, dal riordino dei cicli e dalle innovazioni del profilo 
professionale dei docenti. In tale contesto, documenti e circolari ministeriali 
hanno fornito indicazioni metodologiche e operative per favorire l'integrazione 
degli alunni stranieri, che ha assunto il valore di finalità prioritaria. Nelle scuole è 
stata prevista l'educazione interculturale, sotto la cui etichetta vengono 
raggruppate differenti esperienze, alcune rivolte a sostenere le competenze 
linguistiche degli alunni stranieri, attraverso corsi di lingua italiana o iniziative di 
valorizzazione delle lingue d'origine, e altre più propriamente interculturali in cui 
viene valorizzato l'incontro e il dialogo con il diverso. 
 
La criminalità: negli ultimi anni, parallelamente alla crescita del fenomeno 
migratorio, vi è stato un notevole incremento del numero di stranieri coinvolti in 
eventi delittuosi e del numero di arrestati e detenuti, tali da far triplicare la 
popolazione carceraria. I dati del Ministero dell'Interno [2000] sembrano 
confermare l'esistenza di una “specializzazione etnica” criminale: i marocchini 
controllano in larga parte il contrabbando e il traffico di stupefacenti; gli albanesi 
predominano nel campo dello sfruttamento della prostituzione, seguiti da ex-
jugoslavi e nigeriani. Esiste, inoltre, una significativa differenza legata al genere: 
le donne straniere sono perlopiù coinvolte in comportamenti connessi al reato di 
prostituzione, ma raramente in altre forme di devianza. 
La distribuzione di reati commessi dagli stranieri non è uniforme sul territorio 
italiano: i grandi centri urbani del Centro-Nord e le regioni del Nord-Ovest si 
  13
caratterizzano per una percentuale più elevata di denunciati, arrestati e detenuti 
stranieri. 
Questi dati vanno interrogati e interpretati con cautela: basti pensare che, nel 
1996, il 43% dei reati attribuiti agli stranieri riguardavano il delitto 
“d'immigrazione”, ovvero l'inosservanza delle norme che regolamentano 
l'ingresso e la permanenza nella nostra nazione (Basso, Perocco, 2000). Inoltre, gli 
immigrati hanno generalmente risorse economiche scarse per potersi permettere 
una difesa efficace nei processi; non vengono poi concesse misure alternative alla 
detenzione, quali gli arresti domiciliari, qualora l'immigrato non abbia una 
residenza stabile. 
Tra gli autoctoni è diffusa la criminalizzazione dello straniero, anche a causa 
dell'influenza mediatica, che tende a dare molto spazio a notizie di atti di 
criminalità e devianza in cui siano coinvolti gli immigrati. Va comunque ricordato 
che la criminalità immigrata si innesta su quella autoctona preesistente: gli 
stranieri rivestono generalmente mansioni di bassa qualifica ed occupano i gradini 
più bassi, ma più visibili, dell'organizzazione criminale; pare esservi dunque una 
complicità nell'esecuzione di reati tra stranieri ed autoctoni.  
Non bisogna dimenticare che gli immigrati sono frequentemente anche vittime di 
reati: spesso i loro datori di lavoro li sottopongono a condizioni lavorative in cui 
sono violate le norme di sicurezza, talvolta sono soggetti a sfruttamento e violenza 
da parte dei connazionali o  a comportamenti discriminatori da parte degli 
autoctoni. 
Un'attenzione particolare merita il problema della devianza minorile per gli 
stranieri, considerando che le denunce che coinvolgono minori immigrati 
costituiscono la metà del totale e riguardano in prevalenza reati contro il 
patrimonio; il maggior numero di ingressi di minori stranieri negli istituti penali 
sembra anche imputabile allo scarso utilizzo di misure cautelari non detentive. 
E' prioritaria, a livello politico, la focalizzazione sulle problematiche relative ai 
minori stranieri, che ha già condotto all'introduzione della figura del mediatore 
culturale negli istituti di pena per i minori e che potrà portare in futuro ad una più 
ampia utilizzazione di misure alternative agli istituti di pena anche per i minori 
  14
stranieri e ad un maggior utilizzo dei servizi per la difesa dei propri diritti. A tal 
fine, potrà essere utile un maggiore e continuo contatto tra le autorità giudiziarie e 
le associazione “di” e “per” immigrati che potrebbero fornire informazioni per 
avviare anche con i minori stranieri il lavoro di rete già portato avanti con i 
ragazzi italiani. 
 
1.3  Processi e dinamiche sociali 
 
Dopo aver costruito il profilo demografico e quello sociale della popolazione 
immigrata, è utile considerare gli aspetti maggiormente processuali legati al 
fenomeno migratorio per completare la visione d'insieme. Verranno approfonditi, 
in particolare, i progetti migratori degli stranieri, il loro grado di partecipazione 
alla vita sociale e politica, i ricongiungimenti familiari e i matrimoni. 
A partire dai risultati di alcune ricerche, verranno poi evidenziate, in sintesi, le 
paure e le discriminazioni denunciate dagli stranieri. Infine, verrà presentato un 
sistema di indicatori di integrazione degli immigrati e una sorta di “termometro” 
dell'inserimento a livello regionale. 
 
Il progetto migratorio: le ragioni principali del migrare sono rappresentate dal 
lavoro e dal ricongiungimento familiare; ci sono poi rifugiati per motivi politici, 
religiosi.., presenti in numero limitato; gli studenti e i giovani di estrazione media, 
con un buon livello di istruzione, che intendono esplorare l’Europa, costituiscono 
invece una minoranza. 
E’ necessario distinguere tra progetti a breve termine, in cui la permanenza nel 
paese ospitante è vista come una parentesi per guadagnare denaro da investire 
nell’apertura di attività autonome nel paese di provenienza e progetti a medio-
lungo termine, in cui è previsto un insediamento stabile. E’ comunque frequente 
che il progetto a breve termine sfumi in una permanenza di lunga durata, per la 
difficoltà e il tempo richiesto dal risparmiare denaro. 
 
  15
La partecipazione politica e sociale: in Italia, gli stranieri non godono del diritto 
di voto, né alle elezioni politiche, né alle amministrative; sono state tuttavia 
previste alcune forme di rappresentanza dei cittadini immigrati sia a livello  
provinciale che comunale. 
A livello provinciale, sono stati istituiti i Consigli territoriali per l'immigrazione 
(CT), che prevedono la partecipazione di almeno due rappresentanti delle 
associazioni di immigrati attivi a livello locale, cui se ne aggiungono due delle 
associazioni di volontariato italiane. I CT, presieduti dai Prefetti, hanno l'obiettivo 
di promuovere i diritti degli immigrati, sensibilizzando rispetto ai loro bisogni e 
alle loro difficoltà. Si intende attivare al più presto un sito internet in cui inserire i 
dati sulla composizione dei CT e sulle iniziative da questi intraprese. 
A livello comunale, invece, è stata istituita una consulta per gli stranieri, composta 
da immigrati ed eletta dai titolari di permesso di soggiorno: tale organo ha 
funzione consultiva ed ha dunque il compito di avanzare proposte o pareri in 
ordine agli interventi comunali attuativi delle normative sull'immigrazione. 
Questa consulta è ancora poco diffusa in Italia: nel 2004, in media il 13% dei 
comuni italiani aveva attivato tale organo, con una percentuale più alta al Nord, 
dove raggiunge il 19% (Caritas/Migrantes, 2004); altri comuni (3%) hanno 
istituito, invece, il ruolo di consigliere aggiunto nel Consiglio comunale, con 
diritto di parola, ma non di voto. In generale, però, si riscontra una bassa 
partecipazione all'elezione di questi apparati da parte della popolazione 
immigrata. 
Alla scarsa partecipazione dei migranti a livello politico-istituzionale, sembra 
accompagnarsi un maggior coinvolgimento in associazioni non istituzionali e 
sociali, soprattutto se gestite dagli autoctoni. Le associazioni di volontariato 
italiane rappresentano infatti un punto di riferimento importante per il cittadino 
straniero: consentono infatti il reperimento di informazioni, offrono servizi di 
supporto legale o burocratico e rappresentano un ausilio nella ricerca del lavoro e 
dell'abitazione.