VIII
Nel panorama dei contesti informativi, quello che appare più 
danneggiato da questo fenomeno è la stampa: la cosiddetta “pubblicità 
redazionale” è divenuta una prassi comune a tutti i giornali, periodici e 
quotidiani. Sempre più frequenti sono i casi in cui il messaggio 
pubblicitario assume le stesse caratteristiche di un servizio giornalistico, 
uguale impaginazione, stessi caratteri grafici, medesima impostazione, e 
così facendo abusa della naturale buona fede del lettore. 
Dunque, il problema dell’identificazione della pubblicità si pone sotto 
due aspetti: da un lato c’è il pubblico che ha diritto a una comunicazione 
limpida e trasparente, dall’altro si prospetta la questione deontologica 
relativa alle due categorie professionali che sono coinvolte da questo 
fenomeno, quella del pubblicitario e quella del giornalista. 
Nell’affrontare questo tema, perciò,  si è cercato di tenere sempre ben 
presenti entrambi i punti di vista, ma concentrando l’attenzione, in modo 
particolare,  sulle ripercussioni che il fenomeno della pubblicità 
ingannevole ha avuto e ha tutt’oggi sul mondo dell’informazione 
giornalistica, soprattutto sotto il profilo deontologico. 
Si è deciso di dividere il lavoro in due sezioni. La prima vuole avere una 
funzione introduttiva che possa offrire uno sguardo d’insieme sul ruolo 
che la pubblicità, nel corso del tempo, è andata assumendo nella società 
 IX
in continua evoluzione e su come la società ha reagito di fronte ad un 
fenomeno di tale potenza invasiva.  
In particolare, nel primo capitolo si sono ricercate le origini 
dell’incontro tra il giornalismo e la pubblicità per verificare se questo 
rapporto è stato un tempo pacifico o se piuttosto  si è mostrato da sempre 
conflittuale.  
Nel secondo capitolo si è tentato un approccio giuridico al problema, 
portando avanti una ricerca il cui scopo è quello di mostrare se e in quali 
ambiti si è avvertita l’esigenza di disciplinare la comunicazione 
pubblicitaria, e soprattutto con quali risultati. Si è necessariamente 
dovuto consultare codici e testi giuridici, cercando di assimilare, per 
quanto possibile, un linguaggio tecnico che si adeguasse alla natura 
dell’argomento trattato. Una materia di studio alquanto inusuale per chi 
scrive ma che, senza dubbio, ha costituito uno stimolo, un forte impulso 
all’ampliamento delle proprie conoscenze in questo ambito. 
La seconda parte del lavoro rappresenta il momento di focalizzazione del 
tema: dopo un’introduzione storico-giuridica si è passati ad affrontare 
l’argomento specifico di questo studio, con un accostamento sia teorico 
che pratico. 
Il primo capitolo si propone di far comprendere più a fondo le forme e 
la natura del mascheramento pubblicitario, riproponendo anche, 
 X
brevemente, il tema della regolamentazione pubblicitaria ma, questa 
volta, finalizzato a questo particolare tipo di illecito in pubblicità. Inoltre, 
si è tentato di capire come e quanto la professione giornalistica risulti 
danneggiata da questo fenomeno. 
Il secondo capitolo rappresenta indubbiamente la parte più corposa e 
interessante dell’intero lavoro. Grazie alla straordinaria disponibilità 
dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dell’Istituto di 
Autodisciplina Pubblicitaria è stato possibile realizzare una casistica dei 
più significativi procedimenti disciplinari in materia di pubblicità 
camuffata degli ultimi anni. 
Attraverso un’analisi dettagliata dei casi selezionati si è cercato di capire 
in concreto come si realizzi il camuffamento pubblicitario e con quali 
criteri e modalità i diversi organi giudicanti affrontino il problema. Per 
contro, si è voluto proporre anche alcuni casi in cui l’ipotesi di inganno 
pubblicitario si è successivamente rivelata infondata, questo per dare 
un’idea di quanto delicato e complesso sia il problema 
dell’identificazione della natura promozionale di un messaggio.  
Sono stati consultati diversi siti internet dai quali è stato possibile 
scaricare materiale che si è rivelato fondamentale per questo studio,  
soprattutto perché straordinariamente aggiornato. 
 XI
Infine, si desidera ringraziare in modo particolare, per la pazienza e la 
infinita gentilezza dimostrate, il Presidente dell’Ordine dei giornalisti 
della Lombardia Franco Abruzzo, senza il cui supporto gran parte di 
questo lavoro non sarebbe stato realizzabile, e il Dott. Gian Luigi 
Falabrino, tra le altre cose membro del Giurì di Autodisciplina 
Pubblicitaria, per la cortese collaborazione che si è rivelata preziosa per 
chiarire molti punti di una materia all’apparenza semplice, ma, in realtà, 
più complessa e articolata di quanto si possa pensare. 
 
 1
 
 
 
Parte prima 
ASPETTI STORICO-GIURIDICI 
 
 2
Capitolo primo 
 
IL RAPPORTO TRA GIORNALISMO E PUBBLICITA’: 
GENESI E SVILUPPO 
 
La pubblicità moderna nasce quando il settore produttivo, anche se non 
ancora propriamente industriale, comincia ad avvertire l’esigenza di 
rivolgersi ad un pubblico di acquirenti di dimensioni più vaste, vale a 
dire quando le vendite di un prodotto non si svolgono più in botteghe o 
fiere ma in più negozi contemporaneamente
1
.  
Colui che un tempo era insieme produttore e venditore inizia a non avere 
più un contatto diretto col compratore ed ha, ora più di prima, la 
necessità  di far conoscere il proprio prodotto su scala gradualmente 
sempre più vasta. In tale ottica la stampa, ancora molto lontana 
dall’essere in competizione con mezzi di comunicazione di massa quale 
la televisione,  appare certamente, ai nostri occhi, come il mezzo di 
diffusione ideale,  per la capacità di raggiungere contemporaneamente 
più persone in luoghi diversi. 
                                                           
 
1
 GIAN LUIGI FALABRINO, Effimera & Bella, Gutenberg 2000, Torino, 1990. 
 3
Eppure, a partire dell’invenzione di Gutenberg  nel XV secolo e per i 
successivi tre secoli,  il commercio non si rende conto dei vantaggi che 
può ricavare da  tale  strumento, anche  perché  la stampa è  stata   
considerata per molto tempo mezzo appannaggio della religione prima e 
della letteratura poi.  
Bisogna aspettare il ‘600 per vedere circolare le prime gazzette che 
informano con notizie di attualità e il ‘700 per assistere alla nascita del 
giornale politico e d’opinione. Solo in un periodo relativamente recente 
dunque, e precisamente nel XIX secolo, si possono incontrare i primi 
veri esempi di pubblicità moderna, cioè di pubblicità che col chiaro 
intento di promuovere la vendita di prodotti commerciali, acquista spazi 
sui giornali affiancandosi alle notizie politiche e letterarie. 
.  
1. La pubblicità di servizio e la “quarta pagina”. 
 
L’800 è il secolo della industrializzazione: l’invenzione della macchina a 
vapore, l’incremento dei mezzi di trasporto e delle vie di comunicazione, 
la diffusione della stampa in termini di gran lunga superiori rispetto ai 
due secoli precedenti sono gli elementi caratterizzanti di quella nuova 
società industriale a cui l’800 dà inizio. In questa atmosfera di generale 
cambiamento, in cui il progresso industriale compie passi da gigante, 
 4
anche il mondo del giornalismo,  che doveva ringraziare gli intellettuali 
del secolo precedente per lo straordinario sviluppo che aveva conosciuto, 
vive mutamenti così importanti da risultare definitivi.  
In particolare nel 1836 accade qualcosa  che, relativamente al rapporto 
pubblicità-informazione e quindi ai fini della  ricerca che si sta portando 
avanti,  costituisce un momento decisivo: il giornalista francese Emile de 
Girardin, diventato editore de “La Presse”, dedica la quarta pagina del 
suo giornale ad annunci pubblicitari a pagamento, ottenendo così la 
possibilità di abbassare il prezzo di vendita e di realizzare, almeno in 
parte, l’autonomia economica del giornale.  
Lo stesso De Girardin scriveva infatti, proprio sul primo numero de “La 
Presse”:  
“ Ormai, l’abbonato al giornale deve pagare soltanto per coprire le spese di carta, 
stampa e posta. Sono gli annunci pubblicitari che ci forniscono il denaro occorrente 
per le spese di redazione, composizione e amministrazione, che sono invariabilmente 
uguali sia per un abbonato che per mille”
2
. 
   
Quella che a noi oggi appare una cosa del tutto naturale e scontata fu 
allora una trovata geniale che però urtò la morale degli intellettuali al 
punto da costituire un vero e proprio scandalo.  
Per comprenderne la portata si pensi che non ci si limitò agli insulti ma 
si giunse ad un duello: il giornalista Armand Carrel sfidò il collega De 
                                                           
 
2
 CARLO BARBIERI, Il giornalismo. Dalle origini giorni nostri. Centro di documentazione 
giornalistica, 1982, p. 431. 
 5
Girardin e perse la vita. Per capire come mai una tale iniziativa abbia 
avuto conseguenze così drammatiche bisogna fare un passo indietro. 
I secoli precedenti avevano già conosciuto esempi di pubblicità a mezzo 
stampa anzi si può dire che “la pubblicità nasce con la stampa”
3
. 
Per citare alcuni esempi, nel ‘400 a Parigi i librai dovevano pubblicare le 
liste dei volumi con i prezzi indicati, nel ‘500 in Italia esisteva un 
settimanale , le “Listre de cambi et mercantie”, che era una specie di 
giornale economico, e per tutto il ‘600 e il ‘700 si pubblicano giornali di 
informazione economica
4
.  
Ma tutte queste pubblicazioni erano considerate un servizio pubblico e 
soprattutto erano tenute separate  dall’informazione politica e letteraria. 
La “pubblicità di servizio” aveva spazi autonomi, quali i numerosi 
giornali specializzati, oppure si potevano trovare  sotto forma  di annunci 
sporadici e gratuiti. Il giornalismo del tempo era figlio delle numerose 
battaglie culturali portate avanti nel ‘700 in nome della ragione, della 
diffusione delle idee, di  principi insieme politici e letterari. 
 L’ambiente culturale vedeva nel giornalismo uno strumento il cui valore 
era molto alto perché alti erano i principi che con esso si diffondevano. 
Era chiaro perciò che  vendere pagine, tradizionalmente  dedicate a temi 
                                                           
 
3
 G.L. FALABRINO, op. cit., p.16. 
4
 G.L. FALABRINO, op. cit. 
 6
di rilevanza politica e culturale, per annunci pubblicitari equivaleva, per i 
colleghi di De Girardin, a tradire il significato stesso del giornalismo. 
Un’attività alta e culturalmente di prestigio inquinata dal vile danaro. 
Solo così si possono comprendere lo sdegno e il disprezzo che 
l’iniziativa di De Girardin ha suscitato. 
Ad ogni modo, nonostante insulti e duelli, la “quarta pagina”
5
 
dell’innovatore giornalista francese era destinata a segnare l’inizio di un 
fenomeno che  da allora in avanti, fino ad oggi dove ha assunto 
proporzioni inimmaginabili, vedrà giornalismo e pubblicità camminare 
insieme per reciproco vantaggio: il primo , con i guadagni degli annunci, 
può stampare molte più copie e quindi raggiungere un pubblico di lettori 
sempre più vasto, la seconda, utilizzando un mezzo di diffusione a larga 
scala, ottiene il risultato di far conoscere le aziende produttrici ad un 
numero maggiore di potenziali acquirenti e quindi ad aumentarne gli 
introiti economici.  
                                                           
 
5
 La definizione di quarta pagina rimarrà in uso fino alla metà del nostro secolo  per indicare “piccola 
pubblicità”, [N.d.A.]. 
 7
2. La nascita delle concessionarie di pubblicità. 
 
Come si sa l’Italia conobbe il progresso industriale più tardi rispetto ad 
altri paesi del mondo.  L’Inghilterra, la Francia, la Germania e gli Stati 
Uniti avevano compiuto, nel corso dell’800, passi importanti nello 
sviluppo industriale, ai quali l’Italia giungerà più lentamente. 
 E proprio in questi paesi più evoluti erano nate, già da tempo, società 
che si occupavano della vendita degli spazi pubblicitari sui giornali per 
concessione di vari editori.  
Addirittura in Francia il primo esempio di “régie” pubblicitaria appare 
nel 1835 e cioè un anno prima del caso De Girardin. Questo esempio 
ebbe molto seguito: in tanti in tutta Europa diedero vita ad agenzie di 
pubblicità, ma per trovare un riscontro anche in Italia si deve aspettare il 
1863, anno in cui  il farmacista bresciano Attilio Manzoni fondò a 
Milano la A. Manzoni &C., concessionaria che lavorò  col “Corriere 
della Sera” e con altri importanti giornali. 
Ben presto all’originale ruolo di intermediazione le agenzie dovettero 
aggiungere anche quello di creazione del messaggio pubblicitario e a 
questo scopo vennero assunti giornalisti disoccupati e giovani scrittori: 
nascevano  vere  e   proprie  “aziende  produttrici  di   servizi   per  conto 
 8
dell’inserzionista”
6
 che assunsero denominazione e compiti diversi a 
seconda del paese in cui sorgevano.   
In particolare furono tre i modelli di agenzie pubblicitarie che si 
formarono nel corso del tempo: le agencies anglo-americane che 
gradualmente  approfondirono il settore della creatività a discapito del 
ruolo di mediatori; le régie francesi che continuarono ad avere sempre le 
due funzioni 
7
; le concessionarie italiane, che mantennero la funzione 
originaria. 
Questo sviluppo nel campo dell’organizzazione pubblicitaria va di pari 
passo con un generale miglioramento della stampa grazie, soprattutto, 
all’aumento del grado di alfabetizzazione conseguente alla diffusione 
delle scuole.  In Italia aumentano le testate e nascono, nell’ultimo 
decennio del secolo, le prime riviste illustrate che subito mostrano di 
essere il genere giornalistico idoneo a diventare un veicolo pubblicitario 
privilegiato.  
Oramai la pubblicità ha i suoi spazi, che già iniziano ad estendersi oltre i 
confini della stampa
8
, una sua struttura ed è perfettamente organizzata: si 
può parlare di pubblicità moderna a pieno titolo. Giornalismo e 
pubblicità appaiono legati in modo inscindibile, ma ciò non impedisce il 
                                                           
6
 G.L. FALABRINO, Effimera & Bella, p.40. 
7
 A partire dalla seconda metà dell’800 non si chiameranno più régie bensì agence, [N.d.A.]. 
8
 Nel 1850 compare a Londra l’uomo sandwich che in Italia sarà introdotto nel 1897, [N.d.A.]. 
 9
sorgere di polemiche da parte di chi,  ancora legato all’ideale di un 
giornalismo puro, sopporta mal volentieri questo connubio che non solo 
non accenna ad indebolirsi ma che anzi, col passare del tempo, si 
rafforza  e si “istituzionalizza”.  
Sembra proprio che il fantasma di Armand Carrel, il giornalista ucciso 
dal pubblicitario De Girardin, aleggi nell’aria
9
 e che, invece di 
scomparire,  sia destinato a far sentire la propria presenza ancora per 
molto tempo.     
 
3. I persuasori occulti. 
 
Il ‘900 appare essere, per la pubblicità, il secolo decisivo. Il fenomeno 
più importante è la nascita della televisione che diventa da subito 
strumento nelle mani della pubblicità per la sua capacità di entrare nelle 
case della gente.  
In Italia da Carosello in avanti si è assistito ad un tale  incremento della 
presenza pubblicitaria in televisione che in pochi decenni si è giunti a 
percentuali altissime: oggi probabilmente gli spazi pubblicitari superano, 
o quasi, quelli dedicati ad informazione e spettacolo.  
                                                           
9
 G.L. FALABRINO, Pubblicità serva padrona. Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 1989. 
 10
Inoltre la diffusione di questo nuovo mezzo di comunicazione di massa 
gradualmente comporta, o comunque in buona parte incide sulla crisi 
della stampa che, per poter sopravvivere, è costretta ad aumentare 
sempre di più gli spazi pubblicitari fornendo così alla pubblicità vantaggi 
maggiori di quelli che già ricavava in passato, anche perché, seppure con 
difficoltà, la stampa aveva continuato a svilupparsi ampliando di molto 
le aree  di diffusione.  
Così la pubblicità tramite i giornali ottiene sempre maggiore flessibilità 
geografica che, come si è detto sopra, con l’avvento della televisione non 
avrà più confini, e associa il proprio nome  al prestigio di cui gode la 
maggior parte dei giornali sia locali che nazionali
10
. 
Ma le novità non finiscono qui. Infatti oltre ad avere, come si è visto, 
sempre più mezzi di diffusione la pubblicità cresce in se stessa, si 
modifica diventando qualcosa di più di una semplice inserzione 
commerciale. Il messaggio pubblicitario diventa oggetto di studi 
approfonditi che vanno dalla psicologia alla sociologia e che porta alla 
elaborazione di nuove tecniche di comunicazione e di persuasione di cui 
la pubblicità vuole avvalersi. Nomi importanti iniziano ad occuparsene e 
nasce una  letteratura molto vasta su questo tema.  
                                                           
10
 S. WATSON DUNN, Il libro della pubblicità. Trad. di Baldo Peroni. Garzanti, Milano, 1965.