4
Termina nel 1943 quando le truppe britanniche, aiutate da quelle del 
Commonwealth, conquistano, dopo numerose battaglie, l’Eritrea, la 
Somalia italiana e per ultima la Libia. La fine degli scontri armati in 
Africa lascia spazio agli scontri diplomatici in sede internazionale. Il 
problema delle colonie italiane sembra non avere mai fine. Le 
Conferenze di Yalta (4- 11 febbraio 1945) e di Potsdam ( 17 luglio- 1 
agosto 1945)segnano l’inizio delle disquisizioni sul futuro assetto 
coloniale italiano. Solo durante la Conferenza di Londra ( 11 settembre- 
2 ottobre 1945), però, i delegati degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia 
e Unione Sovietica presentano le loro posizioni sulla questione delle ex 
colonie italiane. Stati Uniti e Inghilterra non vogliono il ritorno 
dell’Italia in Africa e desiderano allo stesso tempo tenere lontana 
l’Unione Sovietica da quelle coste. Auspicano una amministrazione 
collettiva dell'ONU. E la Gran Bretagna tenta, a più riprese, di ottenere 
l’egemonia sul Mediterraneo. La Francia propone che i territori coloniali 
prefascisti tornino all’Italia. Ed infine la Russia avanza una precisa 
richiesta di trusteeship per la Tripolitania. Le Conferenze di Parigi 
(aprile- luglio 1946) e dei “Ventuno” (luglio- ottobre 1946) giungono, 
dopo ripetute sedute fallimentari, ad un accordo sul trattato di pace per 
l’Italia e sulla questione coloniale. Il 10 febbraio 1947 il nostro Paese 
firma il trattato “punitivo” di pace.  Tra i tanti articoli di rinuncia che 
l’Italia ha dovuto firmare, vi è anche la rinuncia preventiva ad ogni 
 5
sovranità sulle colonie. Le quattro Potenze si sono impegnate a trovare 
una soluzione definitiva per la Libia, l’Eritrea e la Somalia entro un anno 
o a demandare la decisione alle Nazioni Unite. Il 20 settembre 1949 si 
apre a New York la quarta sessione straordinaria dell’Assemblea 
generale dell’ONU. E i risultati di intensi lavori diplomatici non tardano 
a manifestarsi in più larghe intese e in più facili confluenze. Il 21 
novembre 1949 i delegati delle Nazioni Unite giungono alla soluzione 
finale della questione. All’Italia viene concesso il mandato di 
amministrazione fiduciaria sulla Somalia, della durata di dieci anni. In 
Libia, secondo le decisioni delle Nazioni Unite, si deve creare uno Stato 
indipendente e sovrano, non più tardi del 1° gennaio 1952. Solo il 2 
dicembre 1950 si trova un accordo sul futuro dell’Eritrea. Diventerà uno 
Stato autonomo federato con l’Etiopia (l’Etiopia riacquista 
l’indipendenza nel 1942 con la reintegrazione di Hailè Selassiè nelle 
prerogative di imperatore) sotto la corona del Negus. 
I quotidiani (“Corriere della Sera”, “Il Popolo”, “Unità”, “Avanti!”) sono 
fonte di innumerevoli notizie. Attraverso gli articoli del tempo prende 
forma il complesso problema delle ex colonie italiane. Il “Corriere della 
Sera”, quotidiano d’informazione, sposa la linea governativa rivolta al 
riottenimento delle colonie di epoca prefascista. I punti fermi della 
propaganda sono: il lavoro italiano svolto in Africa, il diritto dell’Italia 
alle sue ex colonie, la necessità di uno sfogo per l’eccedenza 
 6
demografica, il riconoscimento per le fatiche sostenute durante 
l’occupazione tedesca dell’Italia. “Il Popolo”, quotidiano democristiano, 
appoggia la politica del governo e fonda la sua propaganda soprattutto 
sul lavoro e sulle fatiche italiane in Africa. Senza gli italiani quelle terre 
torneranno ad essere deserto. L’ “Unità”, quotidiano comunista, si 
discosta dai due precedenti poiché attacca con veemenza il passato 
coloniale italiano e i consecutivi tentativi del governo di tornare nelle 
colonie prefasciste. Il giornale vorrebbe l’indipendenza per la Libia, 
Eritrea e Somalia. L’”Avanti!”, quotidiano socialista, denuncia le 
imprese coloniali italiane che sono costate al popolo ingenti cifre. Ha 
una posizione ambigua rispetto alla questione coloniale. Fin dopo le 
elezioni del 1948 non è chiaro se auspichi l’indipendenza o 
l’amministrazione fiduciaria italiana per il futuro delle terre d’Africa. I 
quattro quotidiani presentano posizioni simili solo in tre casi: verso il 
trattato di pace considerato punitivo,  verso il comportamento scorretto 
dei delegati britannici e verso l’importanza del lavoro italiano in Africa. 
I quotidiani, nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, non si 
pongono il problema di svelare e denunciare il passato coloniale 
dell'Italia. Invece di dar vita ad un dibattito obiettivo sulle colpe e sui 
pregi del colonialismo italiano, continuano ad essere alimentati miti e 
leggende. Per esempio nell’immaginario collettivo il soldato italiano in 
Africa continua ad essere rispettoso, coraggioso e cavalleresco. 
 7
Tutt’altro che la realtà. Il nostro Paese sembra aver rimosso, quasi 
totalmente i soprusi, i crimini, i genocidi, le oppressioni di vario genere, 
i campi di concentramento, i gas e i lanciafiamme utilizzati durante le 
campagne militari, legati strettamente al fenomeno del colonialismo 
italiano. 
1
 
 
                                                          
1
 Vedi: A. DEL BOCA, Gli Italiani in Africa Orientale, la nostalgia delle colonie, 
Roma- Bari, ed. Laterza, 1984, vol. IV, pp. 16- 50; A. DEL BOCA, Gli italiani in 
Libia, Roma- Bari, ed Laterza, 1991, vol. II, pp.327- 428; G. ROSSI, L’Africa 
italiana verso l’indipendenza, Milano, Giuffrè Editore, 1980, pp. 95- 104, 152- 154, 
188- 204, 240- 241, 268- 275, 449- 470, 558- 566. 
 8
 
                 “CORRIERE DELLA SERA” 
 
 
POTSDAM, LONDRA E LE COLONIE 
 
I 
All’indomani della liberazione il “Corriere della Sera”, epurato, assume 
fino al maggio 1946 il titolo: “Corriere d’Informazione”. Dal maggio in 
poi diviene “Il Nuovo Corriere della Sera”. Direttore del giornale per il 
1945 e la prima metà del 1946 è Mario Borsa. Borsa desidera costruire 
un quotidiano nuovo, diretto e redatto da giornalisti di sicura fede 
antifascista e democratica. Il “Corriere” avrebbe dovuto essere libero da 
ogni influenza di partito. Un vero e proprio quotidiano d’informazione i 
cui punti fermi fossero: brevità, semplicità e chiarezza
2
. 
Il “Corriere” si occupa del problema delle ex colonie italiane fin dalla 
Conferenza di Potsdam
3
. Numerosi articoli di cronaca cercano di 
descrivere ogni accadimento e decisione.  
                                                          
2
 Vedi: G. LICATA, Storia del Corriere della Sera, Milano, Rizzoli, 1976, pp. 396- 
455. 
3
 Vedi: G. ROSSI, L’Africa italiana verso l’indipendenza (1941- 1949), cit., p. 95- 
105 
 9
La linea del quotidiano è chiara fin dall’inizio. Appoggio alla volontà di 
tornare in Africa. Simonazzi è il giornalista che si occupa della 
questione. Gli articoli di cronaca sono per la maggior parte suoi. 
Simonazzi non lascia apertamente apparire il proprio punto di vista ma 
riesce lo stesso nell’intento con la scelta di brani e di interviste ad hoc. 
Utilizza al suo scopo posizioni riprese da ambienti diplomatici o 
governativi. Ci sono tre linee principali attraverso le quali i fatti sono 
narrati e commentati da Simonazzi: 1) il trattato di pace; 2) la necessità 
del territorio coloniale per la ricostruzione del Paese; 3) l’ambiguità 
politica della Gran Bretagna.  Il primo punto è ampiamente trattato fin 
dal luglio 1945. Gli inviati alla conferenza di Potsdam sono i primi a 
parlare del problema coloniale italiano.  
 
Il Daily Telegraph scrive che in base alla pressione degli Italo- Americani il 
Presidente Truman sosterrà una tesi che potrebbe definirsi quella di una pace 
dolce per l’Italia. Ci si ripromette di serbare all’Italia il mandato sulle sue 
colonie perdute nell’Africa settentrionale
4
. 
 
Fino al 1946 il nostro Paese fa conoscere le sue posizioni attraverso 
memoriali inviati ai ‘Quattro’, poiché non può ancora partecipare alle 
                                                          
4
 …, La sorte delle colonie italiane verrebbe decisa a Potsdam, “Corriere 
d’Informazione”, 14 luglio 1945, p.1 
 10
conferenze di pace. Borsa commenta il fatto domandandosi: “Ma quando 
l’Italia potrà far sentire autorevolmente i suoi desideri?”
5
.  
Come spesso accade, cominciano a giungere alla direzione del 
“Corriere” notizie ufficiose riguardanti la pace con l’Italia.  
 
Notizie ufficiose diffuse dalla stampa italiana hanno oggi posto in primo 
piano il problema della futura sistemazione delle colonie italiane. Il problema 
dei possedimenti- hanno dichiarato le autorità interrogate- non è stato ancora 
discusso appieno dal governo degli stati Uniti
6
. 
 
In questo primo mese i riferimenti alle posizioni statunitensi sono 
preponderanti rispetto a quelle di Francia, Russia e Gran Bretagna. 
 
Nel pensiero dei governanti americani la ‘pratica’ relativa alle colonie italiane 
è stata lasciata con un buon margine bianco. Questo margine sarà riempito 
con i consigli e i suggerimenti che potranno giungere al Governo da parte 
dell’Inghilterra, della Russia e delle altre grandi Potenze
7
. 
                                                          
5
 M. BORSA, Potsdam e l’Italia, “Corriere d’Informazione”, 17 luglio 1945, p.1. A 
proposito del memoriale italiano ne riporto di seguito una parte: “Pur ammettendo 
errori politici ed alcuni atti biasimevoli commessi dal fascismo nelle colonie, il 
memoriale di Roma afferma che la grande maggioranza dei 200.000 colonizzatori 
non lavorarono per il regime di Mussolini. Inoltre il distacco della Tripolitania 
dall’Italia sarebbe destinato a far cessare l’equilibrio delle forze politiche nel 
mediterraneo senza contare che nessuna Nazione sarebbe in grado di rimpiazzare 
l’Italia nell’opera di colonizzazione”, in J. KOLAOZ, Memoriale italiano,  “Corriere 
d’Informazione”, 13 ottobre 1945, p.1 
6
 C. CORDLY, Nulla è stato ancora deciso per i problemi territoriali italiani, 
“Corriere d’Informazione”, 24 luglio 1945, p.1 
7
 ibidem 
 11
 
La speranza dunque di tornare nei territori coloniali è in questo primo 
momento alta. Inizialmente si notano espressioni a connotazione positiva 
“una pace dolce/ ci si ripromette di serbare/ il problema non è stato 
ancora discusso appieno/ le decisioni potranno subire mutamenti di 
rilievo”
8
. Pian piano però si lascia spazio alla disillusione. Si ha già 
sentore che le trattative non saranno così semplici. Lo dimostrano gli 
articoli di cronaca in cui ogni speranza sembra persa ed insieme ad essa 
anche le colonie. Con tono rassegnato il “Corriere” titola: La sorte delle 
nostre colonie sarebbe stata già decisa
9
. Sempre più numerosi  sono gli 
articoli in cui, per esempio, si legge: 
  
Assai scarse sono ritenute negli ambienti a contatto con le sfere governative e 
diplomatiche le probabilità che, alla conferenza della pace, l’Italia possa 
ritornare in possesso delle colonie. (…) Si ritiene che la Libia e la Cirenaica 
difficilmente potranno essere restituite all’Italia, e ciò per motivi estranei ai 
rapporti tra questa e gli alleati. Difatti si osserva in questi ambienti che la 
riaffermazione della sovranità territoriale italiana in quelle regioni 
susciterebbe un profondo malcontento da parte del blocco panarabo, di cui 
l’Inghilterra è la principale fautrice, e non mancherebbe inoltre di provocare 
                                                          
8
 L. SIMONAZZI, La sorte delle colonie italiane verrebbe decisa a Potsdam, 
“Corriere d’Informazione”, 14 luglio 1945, p.1; C. CORDLY (United Press),  Nulla è 
stato ancora deciso per i problemi territoriali italiani, “Corriere d’Informazione”, 24 
luglio 1945, p.1 
9
 L. SIMONAZZI, La sorte delle nostre colonie sarebbe stata già decisa, “Corriere 
d’Informazione”, 1 agosto 1945, p.1 
 12
un’ondata di sdegno in Francia, dove è ancor vivo il risentimento e 
l’apprensione per gli sviluppi attuali e futuri della situazione della Siria e del 
Libano
10
.  
 
Differenti punti di vista sul futuro coloniale vengono alla luce negli 
articoli di cronaca. Gli Stati Uniti continuano a sostenere la tesi di 
affidare le colonie italiane ad un trusteeship internazionale mentre, per 
esempio, la Francia è di diverso avviso.  “De Gaulle ha affermato che su 
tali territori il governo di Parigi non avanza alcuna pretesa e vedrebbe 
anzi con molto favore il ritorno della Cirenaica e della Tripolitania 
all’amministrazione italiana”
11
. Occorre considerare che nel primo 
periodo di trattative è la Libia al centro dell’interesse. Eritrea e Somalia 
restano in secondo piano. Il loro futuro comunque è molto incerto: “Nei 
limiti del possibile si ritiene probabile una partecipazione italiana, in 
misura assai larga, all’amministrazione dell’Eritrea e della Somalia”
12
.  
Un argomento presente in ogni articolo in cui si rivendichino le colonie è 
la necessità di tornare in Africa.  
                                                          
10
L. SIMONAZZI, La sorte delle nostre colonie sarebbe stata già decisa, “Corriere 
d’Informazione”, 1 agosto 1945, p.1 Avverbi, aggettivi e sostantivi a connotazione 
negativa appaiono spesso: “assai scarse, difficilmente, profondo malcontento, ondata 
di sdegno, vivo risentimento”. 
11
 L. SIMONAZZI, L’Italia in Europa, “Corriere d’Informazione”, 13 ottobre 1945, 
p.1  
12
 L. SIMONAZZI, La sorte delle colonie sarebbe stata già decisa, “Corriere 
d’Informazione”, 1 agosto 1945, p.1 
 13
Il Paese ha bisogno per la sua ricostruzione  dei territori africani da 
utilizzare come sfogo demografico e come impiego di manodopera. Il 
Governo italiano, da quanto si evince dal quotidiano, crede necessario 
ritornare in quelle terre. Non solo seguendo l’interesse politico 
internazionale ma anche al fine di facilitare una nuova crescita 
economica.  
 
Quello delle colonie per noi non è assolutamente più un problema di 
espansione imperiale. Sono le nostre realizzazioni e la nostra espansione 
economica che desideriamo siano salvaguardate. Ora una soluzione che ci 
tagliasse fuori da questi modesti campi di attività non contribuirebbe certo al 
nostro sforzo di ricostruzione
13
.  
 
Col passare del tempo le notizie relative alle colonie si fanno sempre più 
preoccupanti. Si inizia a temere di dover rinunciare a quei territori. 
Soprattutto la Libia. Non mancano da parte del Governo tentativi al fine 
di scongiurare la fine del legame tra Italia e Africa: “Si stanno 
formulando controproposte italiane intese a dimostrare la necessità della 
colonizzazione  per il popolo italiano, e cioè impostando il problema sul 
campo rigidamente sociale, ad esclusione di qualsiasi questione 
formale”
14
.   
                                                          
13
 L. SIMONAZZI, Il punto di vista italiano sulle trattative di pace, “Corriere 
d’Informazione”, 12 ottobre 1945, p.1 
14
 L. SIMONAZZI, Le trattative per la pace, “Corriere d’Informazione”, 19 ottobre 
1945, p.1 
 14
Il Governo italiano rende noto che un’equa risoluzione coloniale sarebbe 
necessaria al fine di stipulare un equo trattato di pace: “Il problema di 
stabilire una pace durevole diverrà ancora più grave se l’Italia in seguito 
alla perdita delle colonie vedrà aumentare notevolmente la sua 
popolazione metropolitana”
15
. 
Ci sono differenti sfumature che compongono il quadro sopra presentato. 
Tutte quante si fanno più evidenti e decise con il trascorrere delle 
Conferenze di pace. Ciò che sta più a cuore è il bisogno di uno sfogo per 
l’aumento demografico italiano. Occorre all’Italia estendere le proprie 
terre oltre confine. I profughi, prima di tutti, hanno bisogno di tornare in 
Africa con la sicurezza di essere tutelati. A proposito di profughi e coloni 
che sono rimasti in Africa vi è un articolo in terza pagina di Negro che si 
trova a Tripoli. Già il titolo è significativo: Ansie degli italiani a 
Tripoli
16
. La situazione in Libia non è rosea. Dopo un’ampia descrizione 
della città di Tripoli Negro passa ad occuparsi della popolazione italiana 
e delle sue preoccupazioni. Lo stesso argomento sarà ripreso nel 1946 
dal quotidiano socialista “Avanti!”. Le poche notizie che gli italiani 
hanno dell’Italia provengono più che da radio e quotidiani da coloro che 
giungono a Tripoli direttamente dal Paese.  
 
                                                          
15
 J. KOLAOZ, Memoriale italiano, “Corriere d’Informazione”, 13 ottobre 1945, p.1  
16
 S. NEGRO, Ansie degli italiani a Tripoli, “Il Nuovo Corriere della Sera”, 27 
ottobre 1946, p.1 
 15
E poi vi è il grande interrogativo, la questione alla quale pensano tutto il 
giorno, quella che rende la loro vita incerta e provvisoria. Resterà italiana la 
Libia come essi sperano assieme a noi o passerà ad altri come ogni tanto si 
insinua; avrà un’amministrazione societaria o si reggerà da sé come si chiede 
ogni tanto da parte araba? Non si tratta soltanto di una questione di prestigio 
nazionale oltrechè di giustizia, considerato quello che l’Italia ha fatto per 
questo Paese, si tratta anche dell’avvenire dei singoli, della loro attività, dei 
frutti del loro lavoro. E’ su questo argomento che l’Italiano, vorrebbe, da chi 
arriva da fuori, notizie ed assicurazioni che nessuno è in grado di dargli
17
.  
 
Negro in quest’anno 1945 non lascia appieno trapelare la sua posizione 
riguardo la questione coloniale come farà successivamente nel 1946. Le 
sue attenzioni sono rivolte direttamente all’Italia. Gli preme 
maggiormente la condizione in cui versa il Paese più che la questione 
coloniale. 
 
Basta attraversare un breve braccio di mare per accorgersi che questo nostro 
paese, dove non si riesce mai ad andar d’accordo su un programma minimo e 
                                                          
17
 Ci sono alcuni elementi interessanti da riportare: “La guerra che ha distrutto le città 
della Cirenaica, qui è passata rapida, lasciandosi dietro, senza grandi cambiamenti, la 
vita di prima. (…) Non ci sono partiti politici tra gli Italiani di Tripoli; un avvocato 
tentò di fondarne uno di sinistra, ma la cosa non ebbe seguito, c’è invece un circolo 
di manifestazioni artistiche e sportive che raccoglie rappresentanti di ogni classe e la 
cui attività non esce dai limiti statutari. (…)Dopo l’occupazione anche gli Inglesi 
hanno fatto una specie di epurazione tra gli alti funzionari i quali sono stati quasi tutti 
messi da parte e mandati in confino nel Kenya. Il personale subalterno è rimasto 
invece al suo posto. (…) La giustizia è affidata ai magistrati italiani il cui prestigio è 
rimasto intatto. La legge che vige è quella italiana”, in S. NEGRO, Ansie degli 
Italiani a Tripoli, “Corriere d’Informazione, 11 novembre 1945, p.1 
 16
sulle cui piaghe ci accapigliamo tutti i giorni in gara di pessimismo, è pur 
sempre una realtà, nonostante tutto, ha un suo nobile ed inconfondibile viso, 
una sua funzione ed un suo avvenire
18
. 
 
Alla Gran Bretagna nel memoriale italiano si fa notare che l’Italia  è 
andata in Africa con il beneplacito delle altre Potenze europee. La stessa 
Gran Bretagna che, al momento, è la più contraria al ritorno dell’Italia in 
Africa aveva seguito favorevolmente le iniziative coloniali italiane:  
 
L’acquisto dei territori coloniali da parte dell’Italia, fa notare il memoriale, fu 
antecedente all’instaurazione del regime fascista, e nella sua opera di 
colonizzazione, l’Italia ricevette il pieno consenso ed anche l’appoggio delle 
Grandi potenze e in particolare dell’Inghilterra
19
.  
 
La Gran Bretagna appoggia ora invece la tesi del blocco panarabo per 
l’indipendenza della Libia. Ma cerca prima di tutto di salvaguardare i 
suoi interessi: la sua egemonia nel Mediterraneo. Le aspirazioni italiane 
sulle colonie, pur con superficialità, sono prese in considerazione da 
alcuni politici britannici. Sir Noel Charles dichiara in proposito:  
 
                                                          
18
 S. NEGRO, Ansie degli Italiani a Tripoli, “Corriere d’Informazione”, 11 novembre 
1945, p.1 
19
 J. KOLAOZ, Memoriale italiano,  “Corriere d’Informazione”, 13 ottobre 1945, p.1 
 17
Non ho alcun dubbio che , quando verranno prese le decisioni finali, si terrà 
conto delle aspirazioni dell’Italia relative allo sbocco per la sua super 
popolazione e verrà presa in considerazione la sua posizione in vista del 
lavoro e della ricchezza profusi nel periodo prefascista
20
.  
 
Si mescola alla politica internazionale la richiesta italiana di un 
riconoscimento per i sacrifici affrontati nel periodo di occupazione 
tedesca. Più volte sottolineato è lo sganciamento dell’Italia dall’alleanza 
con la Germania. Tali rivendicazioni dopo un primo periodo si fanno 
sempre più rade. Alla fine non appaiono quasi  più tra le motivazioni che 
possano portare ad una pace “dolce”  e al mandato fiduciario sulle 
colonie. Già nel 1945 tali richieste non sono ascoltate come dovrebbero 
dagli Alleati. Ne deriva che gli articoli di cronaca parlino in termini di 
“disappunto, malumore, scarso riconoscimento dei sacrifici”
21
.  
La linea seguita dal quotidiano appare fin dai brevi articoli di cronaca 
incentrata sul forte attaccamento e necessità del territorio coloniale. Si 
vogliono riottenere i possedimenti al di là del mare. Non quelli di epoca 
fascista bensì quelli precedenti. Il “Corriere” appoggia la politica 
coloniale del governo e non manca mai di far valere la propria forza nel 
                                                          
20
 L. SIMONAZZI, L’Inghilterra pronta a discutere un nuovo ‘status’ per l’Italia, 
“Corriere d’Informazione”, 23 novembre 1945, p.1 
21
 “Si accenna al temuto scarso riconoscimento dei sacrifici sopportati dall’Italia nel 
periodo dell’occupazione tedesca e del contributo da essa dato alla vittoria delle armi 
alleate” in J. C. OESTREICHER,  Una catena di compromessi, “Corriere 
d’Informazione”, 29 dicembre 1945, p.1