2
Nel terzo capitolo si analizza il tema delle strategie sociali, sia sul piano 
concettuale che delle loro possibili classificazioni, evidenziandone le implicazioni 
organizzative. 
Nell’ultimo capitolo ho analizzato il ruolo della variabile sociale 
nell’approccio strategico aziendale, facendo particolare riferimento alle aziende 
definite “proattive”. In proposito è stato messo in evidenza come la compatibilità 
sociale delle produzioni aziendali possa rappresentare, al tempo stesso, sia un 
significativo fattore di differenziazione sui mercati, sia un importante elemento di 
coesione sociale. Infine, è stata sottolineata la crucialità delle risorse immateriali 
dell’azienda per un coerente approccio strategico.    
 3
CAPITOLO  I 
 
RESPONSABILITA’ SOCIALE ED 
ETICA D’IMPRESA 
 
 
 
1.1.  Premessa 
 
Il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, è nato già dalla metà 
dell’ottocento grazie al contributo di J.S. Mill (uno dei punti di riferimento del 
pensiero liberale) che formulò il principio della sovranità del consumatore
1
, 
secondo cui: “il consumatore è sovrano quando, disponendo liberamente del 
proprio potere d’acquisto, risulta essere in grado di orientare, seguendo il suo 
sistema di valori, i soggetti di offerta sia sui modi di realizzare i processi 
produttivi sia sulla composizione dell’insieme dei beni da produrre”. 
Nonostante Mill fosse un precursore in materia, è soprattutto negli ultimi 10 
anni che il dibattito attorno a questa materia si è fatto molto acceso, quando 
alcune multinazionali sono risultate negligenti dal punto di vista del rispetto 
ambientale e sociale. 
Uno dei casi più paradigmatici è quello della Nike: “dopo che alcune 
associazioni di consumatori avevano denunciato lo scandalo del lavoro minorile 
mal pagato in India e Pakistan orchestrando una campagna di boicottaggio, il 
titolo Nike precipitò dai circa 66 $ dell’agosto 1997 ai 39 $ del gennaio 1998”
2
. 
                                                 
1
 Mill J. S. On Liberty, London, Oxford University Press, 1963. 
2
 Zamagni S., La responsabilità sociale dell’impresa: presupposti etici e ragioni economiche, 
saggio 2003. 
 4
Con Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) si intende un modello di 
governance allargata dell’impresa, in base al quale chi la governa ha 
responsabilità che si estendono al di là dell’osservanza dei doveri fiduciari nei 
riguardi della proprietà fino ad includere dei doveri fiduciari nei riguardi di tutti 
gli stakeholder
3
. 
Sostanzialmente si tratta di una forma di responsabilità volontaria che le 
imprese tendono ad assumere nei confronti dei loro interlocutori sociali, a causa 
del fatto che esse comprendono il loro mutato ruolo in seno all’ambiente, ma 
anche la fusione della componente sociale con quella economica e ancora la 
centralità assunta dal fattore etico nell’ambito imprenditoriale. 
Secondo il Libro Verde della Commissione Europea la RSI: “è 
l’integrazione volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed 
ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti 
interessate. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare 
pienamente gli obblighi giuridici, ma anche andare al di là, investendo di più nel 
capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”
4
. 
Per semplificare, l’impresa del nostro secolo si pone come obiettivo 
l’equilibrio tra le dimensioni economica, ambientale e sociale, definito nella 
letteratura anglosassone come Triple Bottom Line
5
. 
Obiettivo che potrebbe sembrare in contrapposizione con quanto fortemente 
sostenuto negli anni ‘60 dal premio Nobel per l’economia Milton Friedman
6
 , vale 
a dire che: “il vero dovere sociale dell’impresa è ottenere i più elevati profitti 
producendo così ricchezza e lavoro per tutti nel modo più efficiente possibile”. In 
realtà, il profitto in una situazione di mercato aperto, corretto e competitivo, in cui 
tutti rispettano le regole del gioco, è un indicatore sintetico di efficienza 
allocativa, quindi massimizzarlo significa fare il miglior uso possibile delle risorse 
(scarse per definizione) per creare ricchezza e lavoro per tutti, di conseguenza 
generare profitto significa operare per il bene comune. In queste condizioni la 
                                                 
3
 Sacconi L., Dobbiamo chiedere alle imprese di essere socialmente responsabili? E se si, come? 
Intervento al convegno "La responsabilità etico sociale d'impresa, modelli di gestione per attuarla" 
Atti del Convegno, Milano, 11 Marzo 2003.  
4
 Commissione Europea, Libro Verde, 2001. 
5
 Terziani S., Responsabilità sociale dell’azienda, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia 
Aziendale, Luglio-Agosto n. 8 1984. 
6
 Friedman M. Capitalism and Freedom, Chicago University Press 1962. 
 5
catena del valore economico coincide perfettamente con la catena del valore 
sociale, nel momento in cui si realizza l’equilibrio economico conseguentemente 
si realizzeranno gli equilibri ambientale e sociale (Triple Bottom Line). 
Purtroppo, nella società post-fordista in cui viviamo le condizioni di mercato 
non sono perfettamente concorrenziali, di conseguenza per ottenere l’efficienza 
sociale “fare profitto per i proprietari” è ancora necessario ma non più sufficiente. 
Ecco allora entrare in gioco la RSI, che secondo molti accademici, 
ricercatori e uomini d’azienda non è semplicemente un fenomeno passeggero 
legato ad una qualche moda culturale, ma qualcosa di permanente destinato a 
definire il comportamento dell’impresa globale del futuro
7
. 
Le motivazioni, che stanno inducendo ad un interesse crescente sul tema, 
sono riconducibili ad almeno tre fattori. La prima riconducibile al passaggio da 
una logica “produci-vendi” ad una logica “ascolta-rispondi”
8
. Secondo questa 
logica, l’impresa ricopre oggi un nuovo ruolo nella società globale: oltre a 
rappresentare l’Istituzione che produce beni e servizi creando ricchezza, diventa 
un organismo che deve farsi carico di un comportamento responsabile per 
soddisfare i valori umani/sociali. 
Tale teoria viene avvalorata dal fatto che la figura del consumatore come 
ricettore passivo delle proposte della produzione, sta cedendo il passo ad un 
soggetto che vuole consumare, ma in modo critico (da consumatore-cliente a 
consumatore-cittadino)
9
. Con i suoi comportamenti, le sue decisioni d’acquisto, il 
consumatore contribuisce a costruire l’offerta dei beni e servizi per i quali fa 
domanda sul mercato. Il rapporto qualità-prezzo ha sempre la sua importanza 
nelle decisioni del consumatore, ma accanto ad esso egli vuole conoscere come 
quel determinato prodotto sia stato fabbricato e se nel produrlo l’impresa abbia 
violato, ad esempio, i diritti fondamentali della persona che lavora oppure 
inquinato l’ambiente e così via. 
Mentre fino a qualche anno fa erano le aziende a decidere cosa e come 
produrre oggi il potere decisionale passa nelle mani del consumatore che è libero 
                                                 
7
 Zamagni S. (2001), La responsabilità…op. cit. 
8
 Martini U., Impresa e ambiente di riferimento, Società dell’Informazione n. 14 1996. 
9
 Zamagni S., Nelle mani del consumatore cittadino, Etica per le professioni IV 2002. 
 6
di scegliere non l’opzione migliore tra tutte quelle offerte sul mercato, ma quello 
di cui ha veramente bisogno. 
Le organizzazioni dovranno far diventare i consumatori soggetti attivi nel 
proprio processo di programmazione e di definizione delle strategie di mercato 
rinunciando al ruolo di produttore “impositore” per ricoprire quello di 
“suggeritore, consulente, organizzatore di idee e progetti”. 
Un’ulteriore ragione che giustifica l’adozione della RSI è la crisi della 
“razionalità economica” dovuta alla crescente incertezza dell’attuale società 
globale. 
La scienza economica per convenzione ha sempre trattato lo spazio 
economico separatamente dallo spazio politico e sociale, sostenendo che le 
variabili economiche possono risentire degli accadimenti manifesti nella sfera 
politica e nelle relazioni sociali, ma che alla lunga tali variabili tenderanno sempre 
al loro standard di riferimento per effetto dei “market fundamentals”. Il mercato 
possiederebbe dunque una propria dinamica interna che nel lungo periodo non 
risente in alcun modo dell’influenza delle altre dinamiche sociali. 
Oggi però sappiamo che le convenzioni e le norme sociali di comportamento 
che regolano il funzionamento delle organizzazioni e delle istituzioni influenzano 
direttamente anche le variabili economiche. 
Per ovviare a tale criticità del sistema economico da qualche decennio è stata 
realizzata la “macchina” del welfare state, ma dove questo strumento non riesce 
più ad assolvere la sua funzione è bene prendere in considerazione la 
“rivalorizzazione della vita pubblica” coltivando le virtù civiche da un punto di 
vista economico. 
In tal senso, la RSI può essere vista come una norma sociale di 
comportamento che valorizzi la vita pubblica, attraverso la quale l’impresa si 
mette in gioco di fronte alla società civile e non solo di fronte al mercato
10
. 
A tal proposito il 4 Febbraio 2002, al World Economic Forum di New York, 
36 presidenti, amministratori delegati e alti dirigenti di multinazionali operanti nei 
settori dell’industria, del consumo e della finanza, hanno firmato un documento 
dal titolo rivelatore: The leadership challenge for CEO and boards. I firmatari si 
                                                 
10
 Elkington J., Fennell Sh., Can business leaders satisfy the triple bottom line?, Financial Time 
Management, Londra, 1998. 
 7
impegnano a porre al centro della loro attività di uomini d’affari non più la 
crescita del profitto, ma l’attenzione al sociale e alla minimizzazione di ogni 
impatto negativo sulla popolazione e sull’ambiente. Il documento si chiude con 
l’affermazione che: “I leader di ogni paese, settore e livello devono lavorare 
insieme per lo sviluppo sostenibile e assicurare che i benefici della 
globalizzazione si distribuiscano equamente”. Tali dichiarazioni, firmate da 
responsabili di imprese come Coca Cola, McDonald’s, Edf, Siemens, Renault, 
Deutsche Bank, Ubs, ecc., rappresentano qualcosa di eccezionale e devono far 
riflettere sul fatto che ormai alle organizzazioni del XXI secolo non si richiede più 
soltanto di essere vincenti negli affari ma anche di essere accettate dalla società 
civile, nazionale o transazionale a seconda dei casi
11
. 
La RSI è chiamata in causa anche da un peculiare aspetto della struttura 
organizzativa interna delle odierne imprese. 
Il problema è dato dal fatto che il management è sempre più in difficoltà nel 
controllare l’operato dei propri collaboratori e dipendenti a causa dei crescenti 
fenomeni di asimmetria informativa e di incompletezza contrattuale. 
Per evitare comportamenti opportunistici del tipo free-riding (scroccone) e 
shirking (imboscato) il meccanismo degli incentivi non è più sufficiente perché il 
dipendente ha preso coscienza della relazione di potere che questi nascondono. 
L’unica alternativa valida agli incentivi è data dalla persuasione e dal sostegno 
provenienti dall’approvazione sociale. 
La teoria principale-agente che si fonda sugli incentivi monetari trasforma il 
contratto di lavoro da “scambio sociale” in una forma di “scambio di mercato”, 
secondo la quale sia lo sforzo sia la lealtà nei confronti dell’impresa da parte del 
lavoratore devono essere contrattate e remunerate ogni volta
12
. 
La RSI, in questo caso, è il più efficace dei modi attraverso i quali l’impresa 
può utilizzare in proprio favore il meccanismo della persuasione nei confronti di 
tutti coloro che operano in essa. L’impresa con l’adozione della RSI si crea una 
reputazione di equità che incoraggia la cittadinanza d’impresa negli agenti che 
agiscono al suo interno. 
                                                 
11
 Zamagni S. (2001), La responsabilità…op. cit. 
12
 Deckop J., Mendel R., Circa C., Getting more than you pay for: organizational citizenship and 
pay-performance plans, Academy of Management Journal, 42, 1999. 
 8
Questi di conseguenza percepiranno il loro contratto di lavoro come equo, 
basato sui principi dello scambio sociale. Il lavoratore che si sente trattato 
equamente dall’impresa tenderà a comportarsi in maniera reciproca fino ad 
interiorizzare tale comportamento come tratto distintivo della propria identità. 
Si pensi ad imprese come la Coop, la Merloni, la Henkel Italia, la catena 
Naturasì, la Società Autostrade, l’Unipol, la Telecom che stanno utilizzando i vari 
strumenti della RSI sia per rivedere il modello organizzativo di tutte le funzioni 
della governance aziendale, sia per avviare un ripensamento radicale circa il modo 
di fare impresa. In particolare, circa le modalità di favorire i processi di creazione 
e di diffusione della conoscenza, sia tacita sia esplicita, all’interno 
dell’organizzazione. 
A tale ripensamento e, più in generale, all’affermazione di una nuova 
corporate culture, stanno dando un contributo importante soggetti della società 
civile quali Sodalitas (dell’Assolombarda), Anima (dell’Unione Industriali di 
Roma), Humanity (di Luiss e Confindustria), Osservatorio per la Finanza Etica, 
CELE (dell’Università Cattaneo di Castellana), AICCON (di Forlì) e Nomisma 
Non Profit
13
. 
                                                 
13
 Zamagni S., Della Responsabilità sociale d’Impresa, saggio sulla Responsabilità sociale 
d’impresa concesso a www.bilanciosociale.it 
 9
1.2. Economicità e Socialità dell’impresa 
 
Il fenomeno della globalizzazione ha accelerato, negli ultimi anni, l’interesse 
per i temi dell’economia legati all’etica e alla responsabilità sociale d’impresa, ma 
un’analisi della dottrina economico-aziendale italiana rileva che il concetto non è 
nuovo agli studiosi d’economia aziendale che sin dagli inizi si sono occupati di 
tale aspetto. 
Sin dagli anni ‘30 seguendo il filone che considera l’azienda come un 
sistema aperto, gli studiosi hanno ampliato il proprio campo d’indagine 
intensificando l’attenzione verso il comportamento dell’impresa all’interno della 
società iniziando così a considerare le conseguenze che le attività aziendali hanno 
sulla collettività sociale. 
Analizzando le diverse definizioni d’azienda emerge la relazione esistente 
tra azienda e società, da un lato le implicazioni concrete che l’ambiente sociale ha 
sull’attività e la gestione aziendale, dall’altro le conseguenze dirette e indirette che 
le scelte e le decisioni aziendali hanno sull’ambiente di cui è parte
14
. Questo 
implica che l’attività e la politica economica dell’azienda e le relative scelte sono 
subordinate a fini e condizioni di natura etica poiché l’attività aziendale ha degli 
effetti sociali
15
. 
Il riferimento ai bisogni umani, del resto, è implicito nel concetto d’azienda 
essendo due i motivi per cui all’impresa è da riconoscere una funzione sociale: 
- offre beni e servizi per il soddisfacimento dei bisogni umani; 
- è centro d’attrazione di lavoro e capitale.
 16
 
                                                 
14
 Già negli anni ‘40 il Ceccherelli aveva sottolineato la stretta correlazione tra le dinamiche 
dell’ambiente esterno e il funzionamento aziendale interno ed aveva indicato la necessità di 
considerare  accuratamente tali relazioni. Ceccherelli A. Economia Aziendale e amministrazione 
delle imprese, Barbera Editore, Firenze, 1948. Lo stesso Giannessi aveva dichiarato che 
“un’azienda avulsa dal mercato e dall’ambiente, non è concepibile ritrovando essa in questi due 
elementi le sue ragioni essenziali di vita.” Giannessi E. Appunti di economia aziendale, Libreria 
Scientifica Pellegrini, Pisa, 1970, p. 15. 
15
 “… l’economia aziendale studia l’ambiente sociale in cui l’azienda ha vita e non trascura gli 
effetti sociali dell’attività aziendale.” Onida, P. Economia d’azienda, Utet, Torino, 1970, p. 126. 
16
 Corticelli R. L’azienda: economia e socialità, Rivista Italiana di Ragioneria ed Economia 
Aziendale, gennaio-febbraio, 1995, pag. 30. 
 10
L’azienda svolge in ogni modo una funzione sociale
17
, per il fatto stesso di 
esistere, di essere composta di uomini e di porsi in relazione con l’esterno
18
. 
Possiamo quindi ritenere che esiste un legame stabile e durevole tra economicità
19
 
e socialità
20
 poiché “sono aspetti diversi dell’attività umana, presentano 
connessioni, a volte divergenze, ma è possibile e auspicabile una convergenza”
21
. 
Per l’azienda, l’economicità è condizione necessaria che le consente di 
esistere e agire
22
, ma oggi è sempre più evidente che un presupposto per il 
mantenimento dell’equilibrio nel tempo è la capacità di rispondere ai bisogni degli 
stakeholder, per far ciò è necessario comporre le forze interne ed esterne alla 
propria economia
23
. Quindi la generazione di profitto continua ad essere 
condizione necessaria, ma non sufficiente perché l’impresa possa dirsi legittimata 
agli occhi della società di cui fa parte ed in cui opera
24
. 
                                                 
17
 “Ogni combinazione oltre ad una funzione economica assolve anche una funzione sociale che 
deriva dall’essere presente nel più ampio sistema sociale e che va posta in corretto equilibrio con 
la precedente”. Terzani S. Introduzione al bilancio d’esercizio, Cedam, Padova, 1995, p. 243 e 
seg. 
18
. “Errerebbe chi credesse che l’autonomia dell’azienda voglia significare indipendenza sua 
dall’ambiente sociale nel quale è posta e ove si svolge la sua attività … L’azienda è un sistema che 
opera in un sistema più vasto senza la quale non è concepibile.” Cassandro P. E. Le aziende, 
Cacucci Editore, Bari, 1958, p. 38. 
19
 “… economicità è l’attitudine dell’azienda ad operare come strumento economico durevole.”. 
Ferrero G. Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1968, p. 198. 
20
 “Per socialità intendiamo la conformità al “bene comune”: il quale si badi non è solo “benessere 
comune”, sebbene il benessere comune (economico) comunque sia condizione fondamentale del 
bene comune…” Onida P. Economicità, socialità ed efficienza nell’amministrazione dell’impresa, 
Rivista Italiana di Ragioneria, Marzo-Aprile, 1961, p. 57. 
21
 Corticelli R. La crescita dell'azienda. Ordine ed equilibrio nell'unità produttiva Giuffrè, Milano, 
1998, p. 276. 
22
 “… economicità come criterio gestionale che, assicuri in un arco di tempo prevedibile e 
previsto, la redditività e pertanto esclude soltanto gestioni che comportino perdite costanti e 
sistematiche.” Anselmi L. Il sistema delle partecipazioni statali. Introduzione all’analisi delle 
condizioni d’equilibrio, SEU, Pisa, 1981, p. 81. 
23
 “Lo scopo del fenomeno aziendale è dato dal conseguimento di un determinato equilibrio 
economico promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla composizione di forze 
interne ed esterne” Giannessi E. Le aziende di produzione originaria, vol. I, Le aziende agricole, 
Cursi, Pisa,  1960, p. 73; Considerazioni critiche intorno al concetto d’azienda, in A.A.V.V. 
“Scritti in onore di Giordano Dell’Amore” vol. I, Giuffrè, Milano, 1969, p. 513 e seg. 
24
 “È unanimamente riconosciuto che l'impresa svolge funzioni economiche e sociali. Dove 
finiscano le prime e comincino le seconde non è possibile stabilirlo perché non esiste un confine 
che le delimiti. Un tempo si pensava che coincidessero e che fossero legate al risultato economico: 
quanto più elevato era il reddito tanto più si riteneva che l'impresa fosse riuscita ad assolverle 
entrambe. Con il miglioramento delle condizioni generali di vita è emerso che le due funzioni non 
coincidevano affatto, e che il risultato economico poteva essere realizzato anche a discapito di 
interessi di singoli e di gruppi, e talora anche a discapito dell'intera società.” Vermiglio F. Il 
cantiere aperto del bilancio sociale, in Trimestrale di Cultura Cooperativa Europea n. 12/2000 
 11
L’azienda può essere assimilata ad una cellula dell’organismo economico-
sociale,
25
 in quanto tale è un sistema aperto e dinamico
26  
perciò attiva un continuo 
interscambio con l’ambiente in cui è immersa
27
 e deve considerare attentamente la 
natura, l’intensità, la durata e la direzione delle forze che l’ambiente esterno 
esercita nei suoi confronti per comprendere adeguatamente la correlazione e le 
interdipendenze tra essa e l’ambiente sociale
28
. Già nelle opere di Zappa l’azienda 
viene vista come una realtà operante in continua trasformazione in relazione alle 
dinamiche dell’ambiente di riferimento che l’autore considera come una delle 
determinanti delle caratteristiche dell’azienda stessa
29
. L’attività dell’impresa è, di 
fatto, influenzata dal sistema economico-sociale di cui fa parte
30
, tale relazione è, 
quindi, in ogni caso presente indipendentemente dal fatto che il top management e 
il soggetto economico ne abbiano coscienza e ne tengano conto nell’attività di 
decision-making
31
. Saraceno nel dopoguerra da un contributo all'economia 
aziendale italiana enfatizzando l'attenzione sulla responsabilità sociale 
dell'impresa, pone il problema della misurazione dell'impatto sociale dell'attività 
economica, avviando così una riflessione che anticipa, sotto alcuni aspetti le 
                                                 
25
 “… l’azienda può essere vista come un’unità elementare dell’ordine economico generale, dotata 
di vita propria e riflessa.”. Giannessi E. (1969), Considerazioni critiche…, op. cit. p. 46. Anche 
Ceccherelli A. (1948), Economia Aziendale…, op. cit. p. 51 e seg. 
26
 Bertini U. Il sistema d’azienda,Giappichelli, Torino, 1990, p. 28-33. 
27
 “Il rapporto impresa ambiente si sviluppa nelle due direzioni dall’ambiente verso l’impresa e 
dall’impresa verso l’ambiente. L’ambiente influisce sulla vita dell’impresa come fonte di vincoli, 
opportunità e minacce al suo operare, nell’ambiente l’impresa effettua le sue scelte e, grazie ad 
esse, entra in contatto con certi clienti, fornitori, finanziatori, prestatori di lavoro ecc. e trova 
quindi nell’ambiente un suo specifico inserimento, ossia si ritaglia il suo ambiente particolare” 
Coda V. L’orientamento strategico dell’impresa, Utet, Torino, 1988, p. 11-12. 
28
 “la necessità di uno studio nuovo, di carattere generale, sulla natura e sulle caratteristiche delle 
varie correlazioni ed interdipendenze fra gli organismi aziendali e sui vincoli reciproci fra le 
aziende in genere ed il complesso sociale” Riparbelli A. Correlazione ed interdipendenze fra 
organismi aziendali, Cursi, Pisa, 1962, p. 12. 
29
 “il nostro istituto economico è una realtà operante: diviene giorno per giorno, si costruisce 
continuamente … si trasforma e apertamente si manifesta come dettano le circostanze mutevoli 
alle quali l’azienda deve adattarsi … l’azienda è tanto diversa … quanto sono mutevoli gli 
ambienti nei quali diviene.” Zappa G. Le produzioni nell’economia dell’impresa, Giuffrè, Milano, 
1957, p. 38-39. 
30
 “tra le comunità e l’azienda si instaura pertanto una fitta rete di relazioni che assumono, per il 
sistema d’azienda, il significato ora di possibilità ora di limiti. L’azienda appare in ogni caso 
fortemente condizionata dalla comunità e non è pensabile che questo vincolo possa allentarsi: anzi 
la tendenza in atto è favorevole ad un sistema sociale in cui gli interessi delle singole aziende 
risultano sempre più strettamente legati a quelli della comunità, con i quali dovrebbe finire di 
integrarsi.” Bertini U. Il sistema d’azienda, Giappichelli, Torino, 1977, p. 79. 
31
 “… la responsabilità sociale d’impresa è connaturata alla sua stessa vita.” Caparra G. Le 
responsabilità sociali delle imprese di produzione, in A.A.V.V., “Istituzioni di economia 
d’azienda, Scritti in onore di Carlo Masini”, Tomo Primo, Egea Milano, 1993, p. 510. 
 12
tematiche di RSI, del bilancio sociale, del ruolo degli stakeholder nell'orientare le 
scelte strategiche aziendali
32
. 
Quindi gli studi economico-aziendali hanno posto in evidenza l’esigenza di 
considerare e interiorizzare, in modo sempre più rilevante, le nuove istanze che 
provengono dall’ambiente esterno fino al punto da valutarle attentamente in sede 
di definizione delle strategie, nei processi decisionali e nella predisposizione della 
stessa struttura organizzativa soprattutto perché, nel corso del tempo, le 
interazioni tra l’azienda e gli interlocutori sociali hanno assunto una dimensione 
sempre più rilevante perciò una loro sottovalutazione potrebbe danneggiare 
l’impresa. Per raggiungere posizioni d’equilibrio economico durevole, e 
mantenere tale posizione, il soggetto economico non può eludere le richieste dei 
vari stakeholder focalizzandosi solo sul profitto
33
. Un simile atteggiamento è da 
definirsi miope perché opera in un’ottica di breve periodo, non è affatto 
perspicace,
34
 non proietta l’azienda verso il futuro, nel lungo periodo, l’azienda 
sarà danneggiata perché la vita aziendale è un “continuum senza soluzioni di 
continuità”
35
. Avere come unico obiettivo il profitto è una politica che non paga
36
, 
tale ottica fa si che siano trascurate le “variabili soft”
37
, oggi sempre più 
                                                 
32
 Saraceno P. Iniziativa privata e iniziativa pubblica nei pieni di sviluppo economico, Giuffrè, 
Milano 1959; L’economia dei paesi industrializzati,EtasKompass, Milano 1970; Il governo 
dell’azienda, Libreria Universitaria Editrice 1970. 
33
 “… basta osservare il comportamento del fenomeno aziendale per dedurre che questo non può 
avere né uno scopo transeunte come quello del conseguimento del lucro, né uno scopo 
indeterminato come quello del soddisfacimento dei bisogni, ma solo uno scopo durevole ed 
indefinito capace di imprimere all’attività … un carattere inconfondibile … dato dal 
conseguimento di un determinato equilibrio economico promanante dalla combinazione di 
particolari fattori e dalla composizione di forze interne ed esterne avente carattere durevole ed 
evolutivo”. Giannessi E. (1960), Le aziende…, op. cit. p. 72-73. 
34
 “… una certa miopia di orizzonti – la cosiddetta “visione di breve”, l’ottica monetaria di breve – 
impedisce di considerare opzioni o scenari alternativi … L’impresa che persegue obiettivi di 
arricchimento immediato, da ‘prendi e fuggi’, da ottica monetaria (di breve) che non rispetta né 
valorizza le risorse umane ed ambientali, non può essere considerata motore di progresso civile ed 
economico. L’imprenditore deve invece operare in base a progetti industriali di vasto respiro, 
rinunciando ad atteggiamenti di esasperato ‘brevismo’.” Caiola A. Evoluzione nell’impresa: 
organizzazione, economia, finanza in un mondo che cambia,Convegno 26 Marzo 2001, p. 4. 
35
 Ferrarsi Franceschi R. L’azienda: forme, aspetti, caratteri e criteri dominanti, in Cavalieri E. (a 
cura di), “Appunti di Economia Aziendale”, Kappa, Roma 1995. 
36
 “… una redditività dalle basi solide e durature non può prescindere da una forte competitività e 
da un elevato grado di consenso e coesione sociale attorno all’impresa e, di conseguenza, lo scopo 
di reddito deve a sua volta con le finalità competitive e sociali”. Coda V. (1988), L’orientamento 
strategico…, op. cit. p. 134. 
37
 Tra le variabili soft rientrano l’immagine, la reputazione, la qualità dei rapporti con gli 
stakeholder. 
 13
strategiche, sulle quali si basa il vantaggio competitivo. “Lo sviluppo dell’azienda 
è condizionato dalla capacità che il suo sistema umano ha di porsi in sintonia con 
le dinamiche del sovra-sistema ambientale a cui appartiene, alle cui istanze e a cui 
mutamenti deve dedicare costante attenzione”
38
. 
Un comportamento socialmente responsabile è la premessa per un successo 
commerciale durevole. Le imprese stanno prendendo coscienza di ciò, ad 
esempio, il ricorso a tecnologie più efficienti e innovative che migliorano 
l’impatto ambientale contribuiscono a ridurre i costi di produzione che l’azienda 
deve sostenere (es. impiego energie pulite, impianti a risparmio energetico); 
l’investimento nella formazione del personale fa sì che questo sia costantemente 
qualificato e competente, valorizza e motiva le persone con un impatto positivo 
sulla produttività complessiva
39
. Il comportamento responsabile è apprezzato dagli 
investitori che considerano tale azienda meno rischiosa, soprattutto in ottica di 
lungo periodo (es. ridotta notevolmente la possibilità di sanzioni, di contenziosi e 
risarcimenti …) perciò l’azienda socialmente responsabile ha una maggiore 
capacità di attrarre capitali e di vedersi applicare un tasso inferiore
40
. 
Il fatto che l’azienda intrattenga con le varie parti interessate un dialogo 
costruttivo e interattivo con i vari portatori d’interesse, accresce la capacità 
d’impresa di apprendere e d’innovarsi e di acquisire un vantaggio competitivo, 
difficilmente imitabile, nei confronti delle imprese concorrenti poiché il 
soddisfacimento delle attese sociali diviene un mezzo fondamentale per attrarre 
specifiche risorse, che possono avere un importante ruolo nell’attività 
dell’azienda. 
È importante che i manager siano in grado di conciliare la socialità con 
l’economicità, in pratica il management deve far sì che aziende si comportino in 
                                                 
38
 Chirieleison C. Le strategie sociali nel governo dell’azienda, Giuffrè, Milano, 2002, p. 9. 
39
 “… è indispensabile considerare l’influenza esercitati sui rendimenti lavorativi della qualità 
della vita all’interno dell’azienda; trascurare tale aspetto … è segnale indubitabile di carenza 
direzionale.” Manni F. Responsabilità sociale ed informazione esterna d’impresa. Problemi e 
prospettivedel bilancio sociale, Giappichelli, Torino, 1998, p. 42. Per gli effetti della formazione 
sul livello di soddisfazione e sul miglioramento delle performance. Giannini M. Le risorse umane 
come fattore strategico ed organizzativo, Giappichelli, Torino 1990. 
40
 “… la convinzione che l’impresa etica sia anche meglio gestita e neutralizzi possibili 
impedimenti alle performance finanziarie di lungo periodo.” Perrini F., Calcaterra M., Giorgieri A.  
Strumenti innovativi per la finanza etica: il rating, in Economia&Management n. 2 Marzo-Aprile 
2002, p. 106. 
 14
modo da aiutare la società soddisfacendo le istanze dei vari stakeholder senza 
compromettere il risultato economico e la loro solidità finanziaria
41
. Può apparire 
contraddittoria la ricerca del “privilegio aziendale”, in termini di profitto
42
, e al 
tempo stesso del benessere comune ed essere etica, ma possiamo ritenere che il 
presupposto affinché l’azienda possa operare con successo creando valore nel 
tempo
43 
per i suoi azionisti è l’attenzione agli aspetti ambientali, etici e sociali
44
. 
Allo stesso tempo se i vertici aziendali si ponessero come unici e principali 
obiettivi solo quelli di natura sociale e filantropica, trascurando quelli di natura 
economica o considerandoli solo come secondari, non impegnandosi cioè per 
un’integrazione creativa
45
 tra i due aspetti, l’azienda rischierebbe di diventare 
improduttiva e quindi antisociale, poiché tale atteggiamento danneggerebbe la sua 
economicità, in quanto l’azienda non sarebbe più in grado di svolgere la sua 
attività e di conseguenza non sarebbe nella condizione di soddisfare in alcun 
modo i bisogni sociali che aveva assunto come sue finalità.
46
 Si dovrebbe tendere 
verso una maggiore cultura etica, a livelli di consapevolezza sempre più alti fino a 
che la condotta morale non diventi spontanea, costante, condivisa senza la 
                                                 
41
 “L’oggetto dell’azienda … è sempre di natura economica … e si ricollega al soddisfacimento 
diretto ed indiretto dei bisogni umani …” Ferrero G. Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, 
Milano, 1968, p. 14-15. “L’impresa non è strumento idoneo a perseguire i fini sociali se non nella 
misura in cui essi vengono a coniugarsi con l’economicità all’interno di iniziative imprenditoriali 
valide, in grado di confrontarsi validamente sulle arene competitive e di autosostenersi”. Coda V. 
(1988), L’orientamento strategico…, op. cit. p. 168. Lo stesso Giannessi non confonde mai le 
finalità dell’azienda con quelle del sistema economico-generale nella quale essa è inserita, l’autore 
afferma l’esigenza che vi sia una “netta separazione tra le finalità economico-private dell’azienda e 
quelle economico-generali della collettività” Giannessi E. (1970), Appunti di…, op. cit. p. 12. 
42
 “… l’azienda nella sua universalità, non mira al conseguimento del profitto, ma alla creazione, 
al mantenimento e, tutte le volte che è possibile, allo sviluppo di una fonte produttrice di ricchezza 
…”. Giannessi E. (1969), Considerazioni critiche…, op. cit. p. 501. “L’azienda essendo un 
fenomeno unitario deve avere un solo fine e questo è la produzione di ricchezza.” Giannessi E. 
Possibilità e limiti della programmazione, 1981, p. 4-5. 
43
 “L’azienda è un istituto economico destinato a perdurare”. Zappa G. (1957), Le produzioni…, 
op. cit. p. 37. 
44
 “…La concezione dell’impresa secondo cui l’economico e necessariamente nemico del sociale 
sottende ad un’idea d’economicità che s’identifica con la ricerca opportunistica di un profitto di 
corto respiro e, dall’altro, un’idea di socialità che prescinde totalmente dal significato sociale della 
funzione produttrice di ricchezza, propria dell’impresa”. Coda V. (1988), L’orientamento 
strategico…, op. cit. p. 170. 
45
 Sul concetto di creatività e le sue sfaccettature cfr. Bertini U. Scritti di politica aziendale, 
Giappichelli, Torino, 1995, p. 79. 
46
 “Una mala intesa socialità dell’impresa manifesta talvolta nella sfera privatistica con la 
connotazione di una gestione socialmente ispirata, molto sensibile e sollecita nei riguardi del 
benessere e delle esigenze dei lavoratori, ma priva di una forte tensione economica e quindi 
incapace di sensibilizzare tutti i livelli e le funzioni aziendali alla dimensione economica 
dell’operare d’impresa, è incapace raggiungere condizioni di equilibrio economico durevole”. 
Coda V. (1988), L’orientamento strategico…,  op. cit. p. 170. 
 15
necessità di valutare ogni volta se adottarla o meno
47
. Se di volta in volta si 
dovessero analizzare le varie situazioni e determinare le priorità per procedere 
verso l’obiettivo si farebbe un uso opportunistico dell’etica. La situazione attuale, 
in realtà, è ancora lontana da tale livello d’eticità poiché sarebbe necessario che 
l’azionista limitasse il proprio privilegio a vantaggio degli stakeholder e 
progressivamente dell’intera comunità, comunque, possiamo ritenere che la 
situazione sta via, via migliorando e si muovono i primi passi verso un 
comportamento più attento dei vari attori del mercato e del sistema sociale
48
. 
È possibile essere etici perseguendo, con tutti i mezzi disponibili, nel 
rispetto della legalità, lo sviluppo del proprio business e l’affermazione sui 
concorrenti poiché adottare un’imprenditorialità e una managerialità 
particolarmente sensibili alle istanze sociali non inficia la loro autenticità e la loro 
propensione alla produzione di reddito
49
. L’ethic management non collide con gli 
obiettivi di profit dell’azienda, in molti casi il percorso etico è una condizione 
senza la quale l’obiettivo
50 
non sarebbe raggiungibile
51
. Adottando il modello di 
management etico si migliora la cultura aziendale facendo sì che questa risulti più 
avveduta, più sensibile, più saggia, più umana e, di fatto, più orientata al risultato.  
                                                 
47
 “Il problema di combinare l’economico con il sociale nella realtà dell’impresa non si risolve 
riducendo le finalità sociali in condizioni vincolanti. Si risolve bensì integrando creativamente le 
esigenze sociali e i bisogni del mercato all’interno di visioni imprenditoriali vincenti, dotate di una 
loro intrinseca validità economica”. Coda V. (1988), L’orientamento strategico…, op. cit. p. 169. 
48 
Bonsignori B. Profitto e approfitto. Etica: insostenibile pesantezza? in Hamlet n. 31, Marzo 
2002, p. 34. 
49
 “Dalla concorrenza, dalla competizione, deriva un accrescimento della ricchezza, ma l’etica 
deve essere arte costitutiva dei comportamenti economici. Tutta l’economia moderna si regge su 
questo, altrimenti dalla competizione nasce l’involuzione”. Coda V. Strategie d’impresa e 
comunicazione: il legame mancante, da “La comunicazione nella strategia dell’impresa: dal 
mercato nazionale al mercato unico” convegno promosso dal CESA il 18 Ottobre 1989, Egea e 
Giuffrè Editori, Milano, 1990, p. 169. 
50
 “Il fine del soggetto economico deve trovare il suo presupposto nel risultato economico positivo 
che la gestione aziendale deve essere in grado di esprimere. Su di esso si fonda, infatti, il giudizio 
del soggetto economico quando tende a finalizzare la sua azione di governo”, p. 45; ed anche “ il 
fine dell’azienda …non può essere che l’equilibrio del sistema medesimo in tutti i suoi molteplici 
aspetti, ma ricondotto al comune denominatore economico”. Bertini U. (1990), Il sistema…, op. 
cit. p. 44. 
51
 “…l'impresa, in quanto strumento per operare in campo economico, ha lo scopo primario di 
creare ricchezza … Una impresa che non è in grado di produrre ricchezza, non ha ragione di 
esistere; se la distrugge, è dannosa. Perché la produzione di ricchezza è la premessa, la condizione 
per il raggiungimento di qualunque finalità. Non c'è fine, per quanto giusto buono e bello, che 
l'impresa possa perseguire se non riesce a coniugarlo con la creazione di nuova ricchezza.” 
Vermiglio F. (2000), Il cantiere…op. cit.