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INTRODUZIONE
“The business of business is business”
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Questa era fino a cinquanta anni fa l‟unica concezione possibile di responsabilità
dell‟impresa. L‟unico obbligo morale legittimo dei manager veniva identificato con la
creazione di profitto per gli azionisti dell‟azienda.
Ma può l‟impresa curarsi esclusivamente della creazione del profitto? O deve
inserire altri obiettivi, connessi con l‟impatto che l‟impresa ha sul contesto sociale e
ambientale? Se in passato l‟etica appariva inconciliabile con l‟attività imprenditoriale di
successo, da qualche tempo inizia ad essere considerata come parte ineliminabile della
stessa. È da queste considerazioni che il presente lavoro trae spunto, per esaminare una
tematica multidisciplinare al centro del dibattito internazionale: la Responsabilità
Sociale d‟Impresa, o Corporate Social Responsibility.
L‟analisi si divide in quattro capitoli. I primi tre capitoli sono caratterizzati da
un‟analisi teorica dell‟argomento, basata sulla letteratura esistente. In particolare, il
primo capitolo è dedicato alla definizione della RSI e del suo ambito di applicazione.
Dopo un excursus storico sull‟evoluzione del concetto e sui principali contributi teorici,
verrà esaminata la definizione fornita dalla Commissione Europea, che ha dato impulso
allo sviluppo della CSR in Europa, e verranno indagati i principali fattori che hanno
influenzato la sua diffusione. Dopodiché si adotterà il punto di vista delle imprese,
definendo come la RSI può manifestarsi, i costi e i benefici per l‟azienda, le iniziative
volte a incentivare l‟adozione della CSR e, infine, l‟atteggiamento delle imprese italiane
nei confronti della RSI. Il secondo capitolo indaga il rapporto tra responsabilità sociale
d‟impresa e strategia, definendo le varie tipologie di relazione possibili, le modalità per
inserire la RSI nella prassi aziendale e i vantaggi competitivi offerti dall‟integrazione
della RSI nella strategia. Il terzo capitolo andrà ad analizzare gli strumenti a
disposizione delle imprese per comunicare all‟interno e all‟esterno dell‟impresa il
proprio impegno sociale e ambientale.
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Friedman M. (1962). Capitalism and Freedom. Chicago: University of Chicago Press
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L‟ultimo capitolo è dedicato all‟analisi empirica, svolta grazie all‟osservazione e
al confronto di due insegne della Grande Distribuzione Organizzata, Auchan Italia e
Coop Adriatica. L‟intento è quello di descrivere le iniziative di RSI adottate e darne una
valutazione, per individuare gli aspetti positivi e negativi dei due differenti approcci alla
RSI.
Il paragrafo conclusivo si propone di individuare le prospettive future per lo
sviluppo della RSI nella società moderna.
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CAPITOLO 1
LA RESPONSABILITÁ SOCIALE D’IMPRESA
1.1 ORIGINE ED EVOLUZIONE STORICA DELLA RSI
La responsabilità sociale d‟impresa è un concetto di non facile definizione, in
quanto oggetto di rivisitazioni e ridefinizioni ad opera di diversi autori. È possibile
individuarne gli esordi in Europa, a metà dell‟Ottocento, con una connotazione
prettamente filantropica. Le imprese iniziano ad entrare nella vita sociale della
comunità, attraverso la costruzione di scuole, luoghi di culto, ospedali e l‟istituzione di
sussidi per la maternità, contribuendo a diffondere il benessere tra la popolazione
(Cavallo, 2008). Al di là di queste prime manifestazioni, si è soliti far risalire il concetto
di RSI a Bowen che, nel 1953 pubblica Social Responsibilities Of The Businessman e si
concentra sulle responsabilità che il management d‟azienda dovrebbe assumere nei
confronti della società. Secondo l‟autore, la responsabilità sociale «refers to the
obligations of businessman to pursue those policies, to make those decisions, or to
follow those lines of action which are desirable in terms of the objectives and values of
our society
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». Bowen riconosce che le azioni dei businessman e, quindi, dell‟impresa,
hanno un impatto sul contesto sociale e ambientale, pertanto si augura che la condotta
dei manager vada oltre i meri obblighi economici e legali, rispondendo ai bisogni della
società (Bowen, 1953).
Dovremo aspettare gli anni ‟60 con il diffondersi delle corporation, le società
per azioni, perché si inizi a parlare di Corporate Social Responsibility; in questo
periodo, il dibattito si concentra sulla delineazione dei contorni della RSI e sul binomio
volontarietà/obbligatorietà rispetto ai valori e alle iniziative della RSI. Emergono,
comunque, anche voci contrarie alla responsabilità sociale dell‟impresa: è il caso del
Nobel per l‟economia Milton Friedman, il quale afferma dalle pagine del «New York
Times Magazine» che l‟unica responsabilità legittima dell‟impresa è l‟impiego delle
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Si riferisce all‟obbligo dei businessman di perseguire quelle politiche, di prendere quelle decisioni, o di
seguire quelle linee d‟azione che sono desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori della nostra
società (traduzione mia).
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proprie risorse in attività capaci di aumentare il profitto nel rispetto delle regole
(Friedman, 1970). Le parole di Friedman esprimono il pensiero ancora prevalente in
quel periodo secondo cui l‟unico obiettivo dell‟impresa è l‟utile economico e gli unici
portatori di interesse riconosciuti a sono gli azionisti, gli shareholder.
La forte presa di posizione di Friedman non ha comunque fermato l‟interesse
crescente per i temi della RSI. Alla fine degli anni ‟70 A. B. Carroll ha dato un nuovo
impulso alla materia, proponendo un modello fondato su quattro categorie di
responsabilità sociale (Carroll, 1979):
economica, relativa alla produzione e vendita di beni e servizi richiesti dalla
società, in cambio di un profitto;
legale, relativa al rispetto delle regole e delle leggi imposte dalle istituzioni;
etica, relativa al soddisfacimento delle istanze di tipo valoriale, presentate dalla
società e al di là dei requisiti di legge;
discrezionale, relativa agli adempimenti ulteriori che vanno oltre le aspettative
della società (Hinna, 2005).
Tale approccio è stato denominato Corporate Social Performance ed è
interessante notare che l‟impostazione di Carroll rimanda in modo evidente ai tratti
distintivi che definiscono ancora oggi la RSI.
Gli anni ‟80 sono stati segnati da due importanti filoni di studio che hanno
contribuito notevolmente alla definizione di CSR. Innanzitutto la teoria degli
stakeholder di E. Freeman, che fa da spartiacque tra la vecchia concezione della società
civile e del ruolo che l‟impresa riveste in essa. Nell‟opera Strategic Management: A
Stakeholder Approach del 1984 Freeman inserisce la RSI nella gestione strategica
dell‟impresa e si schiera contro il tradizionale approccio della shareholder theory,
secondo cui il fine dell‟impresa è massimizzare il profitto e l‟unico interlocutore
legittimo è l‟azionista. Freeman, invece, afferma che l‟azienda deve farsi carico di tutte
le istanze avanzate dai soggetti coinvolti direttamente e indirettamente nelle attività
dell‟impresa. Il management deve rendere conto della propria condotta non più solo agli
azionisti, ma a tutti coloro che posso influenzare o essere influenzati dall‟impresa, che
Freeman definisce stakeholder. Numerosi sono gli autori che si sono interessati alla
stakeholder theory e dal loro apporto è possibile individuare tre temi fondamentali
(Minoja, 2008):
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definizione della stakeholder theory: la differenza sostanziale tra la concezione
tradizionale e il nuovo approccio è che l‟impresa deve prendere in
considerazione gli interessi di tutti i portatori di interesse, anche se questo
potrebbe comportare una diminuzione della redditività d‟impresa;
individuazione degli stakeholder: nonostante esistano macrogruppi di portatori
di interesse rilevanti per tutte le aziende (azionisti, clienti, fornitori, etc.), è
necessario definirli azienda per azienda, adottando un approccio contingente;
stakeholder management: occorre individuare le modalità più proficue per
rapportarsi agli interlocutori dell‟azienda, bilanciando i vari interessi.
Nel secondo filone di studi, il focus di ricerca si sposta dalla dimensione sociale
esterna dell‟impresa e dalla gestione manageriale interna, alla sfera etica, considerando
non tanto l‟impresa come soggetto collettivo, ma i comportamenti dei singoli individui
che la compongono. La più forte spinta in questa direzione è della scuola della Business
Ethics, sviluppatasi soprattutto negli Stati Uniti. Gli interrogativi a cui essa cerca di
rispondere sono sostanzialmente tre (Minoja, 2008):
ingerenza dell‟etica nel business: ci si chiede quali siano i confini per ritenere
etico il comportamento dell‟impresa. È sufficiente aderire alle normative vigenti
o è necessario andare oltre e rispondere alla richieste della società?
modalità di risoluzione dei dilemmi etici in azienda: coloro che operano in essa
potrebbero trovarsi di fronte a problemi di tipo etico, derivanti da conflitti di
interesse tra i diversi portatori di interesse. Un‟ottica di lungo periodo e un
radicamento dei valori etici dell‟impresa nelle persone operanti in azienda
permettono di risolvere tale questione;
modalità di diffusione all‟interno dell‟impresa della cultura e dei valori etici
dell‟impresa.