LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 2
che avesse offerto il dono più utile all’umanità: la vittoria fu di Atene 
che offrì l’ulivo
3
. 
In realtà, fu grazie ai Romani che si diede inizio alla 
coltivazione in ogni territorio conquistato di questi frutti polivalenti, 
ordinando, in molti casi, alle popolazioni un tributo sotto forma di olio 
di oliva. Gli stessi Romani costruirono i primi strumenti per la 
spremitura delle olive e perfezionarono sempre più le tecniche di 
conservazione ed utilizzo dell’olio: ne è testimonianza il libro di 
cucina di Apicio (I secolo a.C.) che contiene diverse ricette 
gastronomiche a base di olio di oliva
4
.  
Quanto alle tradizioni legate a questa pianta, possiamo 
affermare con certezza che, sia l’ulivo che i suoi frutti, sono da sempre 
presenti nella storia degli uomini, nei loro riti sacri, nella vita 
quotidiana. L’olio, infatti, venne utilizzato non solo per arricchire gli 
alimenti, ma anche nei massaggi e nella cosmetica; nei poemi omerici, 
l’olio era usato esclusivamente per la pulizia e l’igiene.  
Particolarmente interessante è la classificazione romana 
dell’olio di oliva in cinque qualità
5
: 
- oleum ex albis ulivis, ovvero proveniente dalla spremitura delle 
olive verdi; 
- oleum viride, proveniente da olive raccolte ad uno stadio più 
avanzato di maturazione; 
- oleum maturum, proveniente esclusivamente da olive mature; 
- oleum caducum, ottenuto dalla spremitura di olive cadute a 
terra; 
- oleum cibarium, proveniente da olive quasi passite e destinato 
all’alimentazione degli schiavi. 
                                                          
3
 Si veda http://www.osteriadelviandante.com/racconti/racconti_olio.htm. 
4
 Si veda http://www.bibliolab.it/I%20Romani%20a%20tavola/apicio_e_le_sue_rice 
tte.htm. 
5
Alcune notizie sono disponibili sul sito web http://www. 
Comune.roma.it/municipio/18/spigolature/gli%20ROMANU%20E%20L%E2&80%
99OLIO%20DI%20OLIVA.htm. Oppure http://www.olio-
oliva.it/Info/Storia/Storia.html. Informazioni interessanti sono presenti sul sito 
internet www.vittoriodigiulio.interfree.it/coltiv.htm. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 3
E’ facile riscontrare in questa antica classificazione romana, 
quella esistente oggi, la cui disciplina normativa fa riferimento ad un 
preciso Regolamento
6
. 
Andando avanti negli anni, nel tardo Medioevo
7
, sia per i laici 
che per gli ecclesiastici l’olio era alimento di scorta: veniva sempre 
menzionato nelle liste delle dispense dei conventi e dei castelli. 
Durante la molitura delle olive, i parroci passavano di casa in casa a 
ricevere la “decima”, vecchia usanza secondo la quale piccole quantità 
di prodotti gli venivano destinate. Quanto ai laici, ad esempio, nel 
1400 presso la corte dei Medici di Firenze, durante i banchetti 
scorrevano fiumi di olio e vino di ogni qualità e provenienza. 
L’olivo simboleggia da sempre valori come la pace, la 
fecondità, la forza, la purificazione. Gli esempi si sprecano: basti 
pensare ai romani che intrecciavano ramoscelli di olivo per premiare i 
cittadini più meritevoli; agli ateniesi vincitori, ai quali venivano offerti 
una corona di olivo ed un’ampolla d’olio, o semplicemente ai cristiani 
per i quali è un segno di pace e d’augurio
8
. L’olio di oliva è sempre 
stato elemento caratterizzante per l’umanità; si pensi alla sua remota 
comparsa nel Vecchio Testamento, allorché Noè, fece uscire 
dall’Arca, investita dal diluvio universale, una colomba che fece da lì 
a poco ritorno, proprio con un ramoscello di ulivo, conferma della fine 
del cataclisma. 
Ancora oggi, tracce profonde di questa devozione all’ulivo 
sono ben visibili nelle aree rurali del territorio italiano, dove il giorno 
di S.Croce, 3 maggio, gli agricoltori piantano la “Palma” in cima a 
rudimentali croci di canna, a protezione delle colture.  
                                                          
6
 Regolamento (CEE) n.136/66 del Consiglio del 22 settembre 1966, relativo 
all’attuazione di un’organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi., in 
G.U.C.E. del 30 settembre 1966, L. 172., Allegato I.  
7
 In molte regioni del sud Italia sono tuttora conservati frantoi medioevali. Manduria 
(TA), ad esempio, ne conserva uno in ottimo stato, dove è ancora possibile visionare 
parte degli strumenti che venivano utilizzati, come i torchi e la macina. 
8
 La gradevole poesia di Giovanni Pascoli dal titolo “La canzone dell’ulivo” recita: 
“...il clivo che ripido sale, biancheggia di sassi e di ghiaie; lo assordano l'ebbre 
cicale col grido solivo. Qui radichi e cresca! Non vuole, per crescere, ch'aria, che 
sole, che tempo, l'ulivo! ...”  
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 4
Non sono lontani i tempi in cui la palma veniva messa nella 
bara accanto al defunto per propiziarne il perdono da parte 
dell’Eterno, e quelli in cui era presagio di sventura abbattere un olivo 
in produzione, rievocazione religiosa del Cristo che prega nell’“Orto 
degli ulivi”. Possiamo, altresì, indicare l’olio, al pari dell’albero dal 
quale si produce, come padre di superstizioni e leggende. Si pensi, ad 
esempio, alla sfortuna che porterebbe rovesciare dell’olio sul 
pavimento o, meglio, ai mille usi miracolosi che gli si attribuivano. Un 
po’ di ovatta bagnata con olio riscaldato nel lumino era utile contro il 
mal d’orecchie; quello non riscaldato era usato per ammorbidire le 
mani dopo una pesante giornata di lavoro nei campi. 
Arrivando ad epoche più recenti, occorre ricordare l’iniziativa 
del cingolano Francesco Saverio Castiglioni, poi diventato Papa col 
nome di Pio VIII (1829-1830)
9
, che consentì l’impianto di oliveti, 
offrendo un aiuto in denaro
10
. 
 Anche nel terzo millennio l’olio di oliva sembra costituire un 
prodotto carico di misticismo e soprattutto componente fondamentale 
della ormai famosa dieta mediterranea, una moda di cui molti esperti 
attestano gli aspetti benevoli per la salute. L’enorme varietà di aromi 
che l’olio di oliva può avere lo rende, inoltre, un alimento utilizzabile 
in qualunque tipo di cucina. 
                                                          
9
 Pio VIII laureatosi in teologia nel 1785 e consacrato sacerdote nello stesso anno, 
vescovo di Montalto delle Marche dal 1800, nel 1808 fu confinato (a Mantova, 
Pavia, Milano) per non aver voluto prestare giuramento di fedeltà a Napoleone. 
Cardinale e vescovo di Cesena nel 1816, penitenziere maggiore e vescovo di 
Frascati nel 1821, venne eletto papa, succedendo a Leone XII, il 31 marzo 1829 
dopo un conclave che vide prevalere i cardinali “moderati o politici” su quelli 
“zelanti”. Il breve pontificato di Pio VIII fu caratterizzato dal ristabilimento della 
gerarchia ecclesiastica nei Paesi Bassi (1829), dal conflitto con la Prussia per la 
questione dei matrimoni misti in Renania e dal riconoscimento della monarchia di 
Luigi Filippo (andato al potere in Francia dopo la rivoluzione del luglio 1830). Pio 
VIII condannò inoltre l'indifferenza in materia religiosa e i movimenti settari di 
orientamento liberale. In CORSARO, Storia dei papi., 1982. 
10
 Si veda http://www.oliotrasimeno.com/13A.htm. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 5
2. Dati sulla produzione di olio di oliva nella Comunità e nel mondo. 
 
E’ noto come l’olivicoltura abbia raggiunto la sua massima 
espansione durante il periodo del grande Impero romano quando una 
buona parte delle coste dei paesi mediterranei vennero coltivate ad 
olivi e sulle quali è tuttora localizzato il 98% del totale degli oliveti 
del mondo
11
. Attualmente esistono sul mercato diverse categorie di 
olio di oliva
12
:  
                                                          
11
 Numerose fonti web citano il periodo dell’Impero romano come quello di 
maggiore espansione delle piantagioni di olivo, si veda ad esempio 
http://www.oropallo.it/cesare/storia.html. 
12
 Allegato del Regolamento (CEE) n.136/66, sostituito dal Regolamento (CEE) n. 
1915/87 (relativo all’obbligatorietà delle denominazioni contenute nell’allegato per 
la commercializzazione di questi prodotti negli stati membri nonché negli scambi 
intracomunitari), sostituito dal Regolamento (CEE) n. 356/92 (che contiene 
nell’allegato la distinzione fra tipologie riportata in basso), modificato dall’art. 1 del 
Regolamento (CE) n. 1638/98 (relativo alla fissazione di un prezzo indicativo alla 
produzione per l’olio di oliva “vergine” corrente con un contenuto di acido oleico 
pari a 3,3 g per 100 g di prodotto) e, da ultimo, così sostituito dall’allegato del 
Regolamento (CE) n. 1513/01, a decorrere dal 1° novembre 2003, ad eccezione del 
punto 4 che si applica a decorrere dal 1° novembre 2001. Il testo dell’allegato, 
applicabile fino al 31 ottobre 2003, recita: “Allegato. Denominazioni e definizioni 
degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva di cui all’articolo 35”: 1) Oli di oliva 
vergini: oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri 
processi fisici, in condizioni, in particolare termiche, che non causano alterazioni 
dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla 
decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti 
mediante solvente o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di 
altra natura. Detti oli di oliva sono oggetto della classificazione e delle 
denominazioni seguenti: a) olio extra vergine di oliva: olio di oliva vergine la cui 
acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 1 g per 100 g e avente le altre 
caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; b) olio di oliva 
vergine (il termine “fino” può essere usato nella fase della produzione e del 
commercio all'ingrosso): olio di oliva vergine la cui acidità libera espressa in acido 
oleico è al massimo di 2 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a 
quelle previste per questa categoria; c) olio di oliva vergine corrente: olio di oliva 
vergine la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 3,3 g per 100 g 
e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; d) 
olio di oliva vergine lampante: olio di oliva vergine la cui acidità libera espressa in 
acido oleico è superiore a 3,3 g per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi 
a quelle previste per questa categoria. 2) Olio di oliva raffinato: olio di oliva 
ottenuto dalla raffinazione di oli di oliva vergini, la cui acidità libera espressa in 
acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g e avente le altre caratteristiche 
conformi a quelle previste per questa categoria. 3) Olio di oliva: olio di oliva 
ottenuto da un taglio di olio di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi 
dall’olio lampante, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 1,5 
g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa 
categoria.  4) Olio di sansa di oliva greggio: olio ottenuto mediante trattamento al 
solvente di sansa di oliva, esclusi gli oli ottenuti con processi di riesterificazione e 
qualsiasi miscela con oli di altra natura e avente le altre caratteristiche conformi a 
quelle previste per questa categoria. 5) Olio di sansa di oliva raffinato: olio ottenuto 
dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, la cui acidità libera espressa in 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 6
a) gli oli “vergini”, frutto di una procedura diretta e meccanica delle 
olive in condizioni che non causano alcuna alterazione dell’olio e 
distinti in:  
- “vergini” la cui acidità in termini di acido oleico è al massimo 
di 2 g per 100 g di prodotto e aventi caratteristiche conformi a 
quelle previste per questa categoria; 
- “extra vergini” con acidità massima di 0,8 g per 100 g di 
prodotto ed aventi sempre tutte le caratteristiche previste per 
questa categoria; 
- gli oli di oliva “lampanti” con un contenuto di acido oleico 
superiore a 2 g per 100 g di prodotto e rispondenti alle 
caratteristiche previste per la categoria; 
b) oli di oliva “raffinati”, ottenuti dalla raffinazione dell’olio di oliva 
“vergine” con acido oleico non superiore a 0,3 g per 100 di prodotto; 
c) olio di oliva ottenuto dalla miscelazione di oli “raffinati” con olio 
di oliva “vergine” diverso dal “lampante” con tenore di acidità non 
superiore ad 1 g ogni 100 g di prodotto; 
d) olio di “sansa di oliva greggio” ottenuto dalla sansa di oliva 
mediante un trattamento con solventi oppure olio corrispondente al 
“lampante” ad eccezione delle miscele con oli di altra natura; 
e) l’olio di “sansa di oliva raffinato”, ottenuto dalla raffinazione 
dell’olio di “sansa di oliva greggio”, con acidità non superiore ai 3 g 
per 100 g di prodotto e che risponda sempre alle caratteristiche 
espressamente previste per questa categoria; 
                                                                                                                                                                                                
acido oleico non può eccedere 0,5 g per 100 g e avente le altre caratteristiche 
conformi a quelle previste per questa categoria. 6) Olio di sansa di oliva: olio 
ottenuto da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergini diversi 
dall’olio lampante, la cui acidità libera espressa in acido oleico non può eccedere 1,5 
g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa 
categoria. 
La distinzione delle diverse tipologie di olio ha sempre suscitato grandi polemiche. 
Una delle più autorevoli è la critica avanzata al documento Fischler del 1997 che 
individuava tanti nuovi parametri per identificare con maggiore esattezza le diverse 
categorie. Il professore Montedoro ordinario di agraria presso l’Università di 
Perugia era convinto del fatto che nessuno dei 28 parametri del documento Fischler, 
consentiva di valutare le qualità nutrizionali e la provenienza geografica dell’olio di 
oliva.    
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 7
f) l’olio di “sansa di oliva” ottenuto dal taglio di olio di “sansa 
raffinato” con “olio di oliva vergine” diverso dall’olio di oliva 
“lampante”, con un tenore di acidità libera non superiore ad 1 g per 
100 g di prodotto. 
           Attualmente si possono distinguere “tre tipi principali di 
coltivazione: gli oliveti tradizionali, spesso costituiti da alberi di 
vecchia data; le piantagioni tradizionali, gestite in maniera più 
moderna e caratterizzate da un uso più ampio dei fattori di 
produzione; le piantagioni intensive, di solito recenti, in cui si fa 
maggior ricorso alla meccanizzazione e alle moderne tecnologie, fra 
cui l’irrigazione”
13
. 
Il mercato della produzione dell’olio, chiamato ai tempi di 
Omero “oro liquido”
14
 in virtù della grande importanza che gli è stata 
sempre attribuita, è decisamente altalenante
15
. Sono, infatti, tanti i 
fattori che influiscono sull’annata di raccolta: fattori prettamente 
climatici, come la siccità oppure l’alternanza biologica in base alla 
quale ad annate di raccolta abbondante, ne seguono generalmente 
alcune di produzione più debole.  
Misurato sul decennio degli anni ‘90, il coefficiente di 
variazione della produzione, legato ai fattori citati, è del 18,5% a 
livello mondiale, mentre è sensibilmente più elevato se si misura con 
riferimento ai singoli paesi: dal 25% della Grecia, al’65% della 
Turchia. 
Per evitare che variazioni eccessive della produzione abbiano 
effetti negativi sul mercato globale, si mettono in pratica specifici 
flussi di esportazione non meccanici, bensì espressamente voluti, con 
                                                          
13
 COMMISSIONE EUROPEA, Il settore dell’olio d’oliva nell’Unione europea., 
Fonte  web. http://europa.eu.int/comm/agriculture/publi/fact/oliveoil/2003_it.pdf. 
14
 TOPA, Olivo e Olio, tra storia e tradizioni., Macerata, 2001. 
15
 Sono davvero tanti i fattori che influiscono sulla decisione degli olivicoltori di 
intervenire o meno sul proprio oliveto. Ad esempio una prospettiva di aumento nella 
produzione può indurre l’agricoltore ad investire in un sistema di irrigazione, mentre 
un’attesa diminuzione del prodotto, potrebbe indurlo a ridurre i fertilizzanti utilizzati 
oppure a non raccogliere affatto le olive o addirittura, nei casi più gravi, di 
abbandonare la piantagione.   
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 8
un maggior deflusso di olio dai paesi con produzioni eccedentarie 
verso quelli con basse produzioni. 
Di contro, le fluttuazioni nella raccolta mondiale, generano 
effetti talvolta negativi sui prezzi dell’olio che aumentano 
sensibilmente. Per evitarli si ricorre, in genere, alla costituzione di 
stock di prodotto che viene immesso sul mercato, nei periodi di debole 
raccolta. Questa operazione non è esente da aspetti negativi, primo tra 
tutti, la perdita di qualità dell’olio rimasto stipato a lungo nei 
magazzini.  
Nonostante la produzione dell’olio di oliva si concentri nei 
paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, negli ultimi anni la 
coltura è andata diffondendosi in alcuni paesi costieri dell’America 
centromeridionale, come l’Argentina, con una produzione di oltre il 
70% sul totale degli stessi, ma che conta poco meno dello 0,5% sulla 
produzione mondiale.  
Produzione mondiale di olio di oliva ( x 1.000 tonnellate)
16
 
  
Europa* 
 
Turchia 
 
Siria 
 
Tunisia 
 
Marocco 
 
Altri 
 
Totale 
 
EU/tot 
 
 1995/96 
 
   1.518 
 
46 
 
84 
 
65 
 
40 
 
97 
 
1.849 
 
82,1% 
 
1996/97 
 
1.899 
 
203 
 
125 
 
291 
 
85 
 
107 
 
2.710 
 
70,1% 
 
1997/98 
 
2.294 
 
41 
 
70 
 
95 
 
74 
 
56 
 
2.630 
 
87,2% 
 
1998/99 
 
1.838 
 
171 
 
115 
 
222 
 
69 
 
130 
 
2.545 
 
72,2% 
 
1999/00 
 
1.873 
 
54 
 
81 
 
220 
 
44 
 
120 
 
2.392 
 
78,3% 
 
2000/01 
 
2.090 
 
176 
 
165 
 
135 
 
38 
 
121 
 
2.725 
 
76,7% 
 
2001/02 
 
2.650 
 
66 
 
92 
 
37 
 
64 
 
110 
 
3.019 
 
87,8% 
 
2002/03 
 
2.004 
 
142 
 
165 
 
73 
 
43 
 
125 
 
2.552 
 
78,5% 
*I dati sulla produzione europea, si riferiscono a tutti gli Stati membri e non 
esclusivamente ai produttori più importanti. 
                                                          
16
 Compreso l’olio di sansa di oliva. Fonte: Consiglio Olivicolo Internazionale; i dati 
relativi alla campagna 2002/03 sono provvisori. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 9
La Turchia, inserita nel mercato asiatico, copre invece la metà 
della produzione di questo continente e conta circa il 14% sulla 
produzione mondiale. Segue, infine, l’Africa in cui è concentrato oltre 
il 13% della produzione mondiale, localizzata essenzialmente in 
Tunisia che, da sola, detiene il 66% della produzione dell’area. 
Riguardo alla Comunità Europea si stima che abbia fornito, nel 
corso degli ultimi due decenni, i ¾ dell’olio di oliva consumato nel 
resto del mondo: una posizione decisamente dominante ed anche 
abbastanza recente.  
Infatti, alla costituzione, nel 1966, di un’organizzazione 
mondiale di commercio nel settore dell’olio di oliva
17
, la sola a 
beneficiarne era proprio l’Italia, attiva in un contesto comunitario che 
pesava solo per un terzo sulla produzione mondiale e che necessitava 
ancora di importazioni. 
Un primo cambiamento si ebbe con l’adesione alla Comunità 
Europea della Grecia
18
, la cui produzione al momento, era di poco 
superiore alle 300.000 tonnellate.  
L’Europa ha così iniziato a fornire la metà della produzione 
mondiale di olio di oliva, passando da una situazione di netta 
importazione ad un quasi equilibrio tra produzione e consumo interno. 
Il vero momento di svolta fu, però, l’ingresso nel 1986 
nell’Unione Europea di Spagna e Portogallo
19
, che consentì all’Europa 
di divenire per la prima volta, esportatrice netta.  
Dando uno sguardo agli ultimi decenni, la produzione 
mondiale è cresciuta sensibilmente negli anni 80, rispetto alle stime 
degli anni 60, arrivando a misurare un surplus di ben 1,8 milioni di 
tonnellate.  
Dopo un periodo di relativa calma, è negli anni ‘90 che si 
registra un nuovo aumento della produzione stimato in ben 2,5 milioni 
                                                          
17
 Regolamento (CEE),  n.136/66, op. cit. 
18
 Il 28 aprile 1979 firma, ad Atene, degli atti relativi all’adesione della Grecia alle 
Comunità. Il 28 giugno 1979 il Parlamento ellenico ratifica il trattato di adesione 
della Grecia alla Comunità europea.  
19
 L’accordo finale fu raggiunto nel 1985 con la firma il 12 giugno dell’atto finale di 
adesione della Spagna e del Portogallo, operativo a partire dal 1° gennaio 1986. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 10
di tonnellate ed un aumento medio nelle ultime tre campagne di 
commercializzazione di 2,7 milioni di tonnellate. 
Gli ultimi dati in nostro possesso, quelli relativi alla campagna 
2002/03, ci mostrano uno scenario piuttosto preoccupante per la 
Spagna che ha prodotto il 40% in meno rispetto alla precedente 
campagna. 
Risultati negativi, sono stati conseguiti anche dall’Italia in 
quanto il caldo record del 2000/01 ha inferto un duro colpo ad alcune 
nostre regioni come l’Umbria e la Toscana, facendo invece segnare un 
surplus per la produzione pugliese che aiuterà a colmare il deficit delle 
regioni centrali.  
In definitiva l’annata 2002/03, fa segnare a livello comunitario 
un 15% in meno nella produzione (l’unica eccezione sembra essere la 
Grecia con un +4,7% di olio di oliva prodotto)
20
. 
 
Produzione di olio di oliva nella comunità (x 1.000 tonnellate)
21
 
 
Campagna 
 
Spagna 
 
Italia 
 
Grecia 
 
Portogallo 
 
Francia 
 
TOTALE 
 
1996/97 
 
947,3 
 
370,0 
 
390,0 
 
44,8 
 
2,5 
 
1754,6 
 
1997/98 
 
1077,0 
 
620,0 
 
375,0 
 
42,0 
 
2,7 
 
2116,7 
 
1998/99 
 
791,9 
 
403,5 
 
473,0 
 
35,1 
 
3,4 
 
1706,9 
 
1999/00 
 
669,1 
 
735,0 
 
420,0 
 
50,2 
 
4,1 
 
1878,4 
 
Media 
 
871,3 
 
532,1 
 
414,5 
 
43,0 
 
3,2 
 
1864,2 
 
2000/01 
 
973,7 
 
509,0 
 
430,0 
 
24,6 
 
3,2 
 
1940,5 
 
2001/02 
 
1411,4 
 
656,7 
 
358,3 
 
33,7 
 
3,6 
 
2463,7 
 
2002/03* 
 
865,0 
 
590,0 
 
375,0 
 
29,0 
 
4,7 
 
1863,7 
 
Media 
 
1083,4 
 
585,2 
 
387,8 
 
29,1 
 
3,8 
 
2089,3 
                                                          
20
 BATTISTI, G., “Olio, i consumi mondiali sono aumentati del 2,3%”,  in rivista 
Agrisole, anno 8°, n.36, del 12-18 settembre 2003, 21. 
21
 Compreso l’olio di sansa di oliva. Fonte: Consiglio Olivicolo Internazionale; i dati 
relativi alla campagna 2002/03 sono provvisori. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 11
Occorre altresì ricordare che l’olio di oliva non rappresenta che 
il 3% del mercato mondiale degli oli commestibili; come esempio si 
pensi al fatto che la produzione di olio di soia e di palma è superiore 
alle 20 milioni di tonnellate annue. 
 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 12
2.1. La produzione italiana: specificità nella  filiera. 
 
Nel suo lavoro, “Politiche e interessi nella crisi 
dell’olivicoltura italiana”, Giordano Sivini traccia per il comparto 
oleario italiano, la distinzione fra filiera lunga e filiera corta. 
La filiera corta si distingue per i seguenti elementi 
caratterizzanti: 
- assenza di seconda trasformazione ovvero di raffinazione e/o   
miscelazione; 
- molitura che avviene in frantoi localizzati nei pressi delle 
piantagioni; 
- confezionamento, spesso fatto direttamente dagli olivicoltori; 
- vendita ravvicinata rispetto al produttore. 
Il sistema olivicolo toscano è quello che meglio rientra nella 
tipologia di filiera corta.  
E’ costituito da piccole aziende specializzate concentrate 
territorialmente e che si rivolgono ad una domanda finale disposta a 
pagare prezzi elevati, per un prodotto fortemente legato ai luoghi 
d’origine. 
 La domanda viene soddisfatta mediante vendita diretta di un 
prodotto generalmente ottenuto anticipandone il periodo di raccolta 
nonché frutto dell’impianto di nuovi oliveti.  
E’ chiaro che un prodotto di così alta qualità può essere 
ottenuto attraverso l’uso di macchine che agevolano la raccolta, l’uso 
limitato a poche eccezioni degli insetticidi, l’impiego di concimi in 
quantità moderata e l’utilizzazione a tal fine dei reflui della frangitura 
cosparsi sul terreno (ricchi di azoto, potassio e fosforo). 
Dobbiamo comunque rilevare alcuni aspetti negativi della 
filiera corta: la forte incidenza del autoconsumo che rendendo scarso il 
conferimento dell’olio ai frantoi, provoca la sotto utilizzazione degli 
impianti di confezionamento che a sua volta riduce l’offerta e non 
consente di mantenere una clientela nella grande distribuzione. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 13
La filiera lunga è sensibilmente diversa rispetto a quella corta 
per il fatto di rivolgersi alla grande distribuzione in maniera più diretta 
e con più grossi quantitativi di prodotto.  
Da ciò deriva che la filiera lunga è decisamente stabile in 
termini di introiti proprio perché basata sulla grande distribuzione, 
mentre più esposta ad eventuali crisi risulta la filiera corta.  
In quest’ultimo sistema, gli stessi olivicoltori partecipano da 
protagonisti alla fissazione dei prezzi, in quanto direttamente coinvolti 
nella vendita al consumatore finale.  
Resta comunque un sistema fortemente legato ai limiti 
produttivi di ciascun agricoltore e per questo stesso motivo 
difficilmente orientabile alla grande distribuzione. 
I sistemi olivicoli che non rientrano nella filiera corta e che più 
verosimilmente rispondono alle caratteristiche previste per quella 
lunga sono quelli di Puglia e Calabria.  
La Puglia si distingue per forme estreme di integrazione 
verticale ed orizzontale fra i produttori, le cooperative ed i consorzi.  
I frantoi, ad esempio, operano per lo più per conto di terzi e 
svolgono funzioni commerciali di acquisto di olive presso i produttori. 
La logica è essenzialmente quella del risparmio in modo da 
diminuire i costi dei vari passaggi della filiera; risparmi realizzati 
anche grazie all’accelerazione dei tempi di molitura nonché riduzione 
dei consumi e degli scarichi inquinanti. 
Riguardo alla qualità delle olive prodotte in Puglia, occorre 
tracciare una linea di demarcazione fra il Nord ed il Sud della regione. 
Nella provincia di Foggia e nel barese viene prodotto essenzialmente 
“extra vergine”, mentre nel tarantino e nel leccese si produce olio con 
più elevati livelli di acidità. 
Diversa è la situazione in Calabria, dove, nella Piana di Gioia 
Tauro, si produce un olio dagli elevatissimi livelli di acidità
22
 che non 
rispetta i requisiti di legge per stare sul mercato e che viene 
                                                          
22
 Solo il 5% dell’olio calabrese è extravergine, in SIVINI, Politiche e interessi nella 
crisi dell’olivicoltura italiana., Catanzaro, Rubbettino Editore, 2001, 113. 
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 14
commercializzato solo grazie alla presenza in loco di industrie di 
raffinazione che lo miscelano con oli di altra provenienza. 
L’olivicoltura calabrese si caratterizza in generale (lasciando 
fuori la parentesi della Piana di Gioia Tauro), per la scarsa presenza di 
strutture locali integrate con l’olivicoltura che costringe i produttori a 
inviare l’olio prodotto verso gli impianti del centro Italia, nonché per 
presenza di vecchie piante, generalmente localizzate su terreni 
scoscesi che non consentono la meccanizzazione.  
LINEE GENERALI SULLA PRODUZIONE E IL CONSUMO 
 15
2.2. La produzione italiana: le aziende olivicole, uno zoom su Marche 
e Puglia. 
 
La produzione italiana di olio di oliva si aggira mediamente 
intorno ai 5 milioni di quintali; come direbbe sorridente un anziano 
contadino pugliese: “davvero tanti bei tomoli”
23
.  
Se osserviamo i dati contenuti nella tabella precedente relativa 
alla produzione comunitaria di olio di oliva, si evince come la 
produzione italiana in media, non ha subito, negli ultimi anni, 
variazioni quantitative rilevanti rispetto agli anni ‘90. 
Il fatto che la resa calcolata su un ettaro presenti ampie 
oscillazioni è la conferma, invece, che gli oliveti italiani non sono stati 
interessati nel corso degli ultimi anni, se non in misura del tutto 
marginale, da un processo di rinnovamento tecnologico o dall’impiego 
di nuove forme di coltivazione, raccolta e potatura.  
 
Tale alternanza produttiva sembra localizzarsi con maggior 
certezza nelle aree meridionali del paese, decisamente più arretrate 
negli impianti utilizzati
24
. 
Aver preso come riferimento due realtà regionali quali Marche 
e Puglia, non è affatto casuale, ma facilita la comprensione delle 
divergenze produttive italiane.  
I dati che provengono dalle varie fonti, ci consentono di 
distinguere le regioni produttive italiane in due blocchi diversi, uno 
all’opposto dell’altro: le regioni che producono enormi quantitativi di 
olio che non raggiunge quei livelli di acidità richiesti dalla legge per 
essere considerato “extra vergine” e regioni che producono quantità 
minori, ma di notevole pregio in termini di raffinatezza di raffinatezza 
del prodotto. 
                                                          
23
 Il “tomolo” è una vecchia misura in auge nei primi anni del ‘60 e tuttora rimasta 
nel retaggio dialettale di buona parte della Puglia. Un “tomolo” valeva circa 35 kg di 
olive raccolte. 
24
 SIVINI, op. cit., 97ss. L’autore descrive in più parti del suo testo, i problemi legati 
alla presenza di colture ancora troppo legate alla tradizione e per cui poco intensive 
e di conseguenza poco produttive.