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Infine ho voluto mettere l’accento sulla nuova tendenza legata allo “sport
per tutti”, mettendolo a confronto con lo sport professionistico e
analizzando le varie realtà europee, in relazione con quella italiana che ha
ancora molta strada da percorrere. Come esempio importante di questa
realtà, ho riportato il caso particolare della U.I.S.P. che, da ente di
promozione sportiva, si è trasformata in associazione di sport per tutti,
assumendo compito di sensibilizzare la popolazione all’attività fisica andando
controcorrente con la tendenza degli ultimi anni che vede lo sport solo in
un’ottica professionistica collegata al denaro e al risultato e poco orientata
alla semplice attività ludica finalizzata all’inclusione. Quest’ultima parte del
lavoro, la considero la più importante e la più interessante anche perché
porta degli esempi concreti a dimostrazione della rilevanza sociale allo sport.
Oltretutto, mi sono anche avvalso dell’intervista ad un testimone privilegiato
in questo campo e cioè il sociologo, nonché presidente nazionale UISP, Prof.
Nicola Porro. Degna d’attenzione è appunto quest’intervista, che riassume e
conferma quanto detto nei precedenti capitoli con particolari esempi e
riflessioni di una delle più autorevoli personalità nel campo sportivo italiano
che, sia come studioso dello sport, sia come presidente della più grande
associazione attiva in Italia in questo ambito, ha un ruolo importante in
campo decisionale per il futuro dello sport in Italia.
1
Capitolo I
LA CULTURA DELLO SPORT
E’ sempre difficile parlare e soprattutto scrivere di cultura, si rischia di andare
sul banale e trattare l’argomento in modo astratto e superficiale.
In particolar modo, se si prende in considerazione lo sport come fenomeno
culturale, rischieremmo veramente di far diventare la nostra trattazione un
discorso più adatto ad un bar o ad una piazza.
Per poterne parlare c’è bisogno di analizzare la cultura dello sport come
fenomeno scientifico, prendendo in considerazione gli scritti di numerosi
autori che trattano l’argomento, per fare ciò bisogna partire dalle definizioni
dei due termini presi in esame: la CULTURA e lo SPORT.
Servendoci del dizionario di sociologia possiamo definire sinteticamente
cultura: “Patrimonio intellettuale e materiale, in complesso durevole ma
soggetto a continue trasformazioni, costituito da: valori, norme, definizioni,
linguaggi, simboli, segni ma anche mezzi materiali per la produzione e
riproduzione sociale dell’uomo. Tutto ciò è trasmesso ed ereditato per la
maggior parte dalle generazioni passate e soltanto in piccola parte prodotto
e modificato dalle generazioni viventi”.
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1
L.Gallino, “Dizionario di Sociologia”, Tea - Utet, Milano, 1993, pag. 186-187.
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La cultura è in breve un insieme d’informazioni che sono trasmesse
socialmente all’uomo che le acquisisce come membro di una società.
Analizzando questa definizione, vediamo che anche lo sport può essere
considerato cultura perché incamera cognizioni, tradizioni, procedimenti
tecnici e tipi di comportamento che sono trasmessi e usati sistematicamente
nel tempo da un certo gruppo sociale o popolo, rappresentando un vero e
proprio fenomeno culturale.
La seconda definizione da esaminare, quella di sport, è di difficile
interpretazione perché è un concetto che varia secondo il luogo ma
soprattutto nel tempo.
Nel dizionario sopracitato, essendo sociologico, il termine Sport è rimandato
alla definizione di “Sociologia dello sport”, una materia recente che tratta
argomenti sociologici che affronteremo in modo più ampio e completo in
seguito nel prossimo capitolo.
Prendendo un normale dizionario di lingua italiana, troviamo la seguente
definizione: “Insieme d’esercizi fisici che si praticano, in gruppo o
individualmente, per mantenere in efficienza il corpo”. E’ anche inteso come:
“Gioco o esercizio praticato all’aria aperta, per diletto o per esibizione;
l’insieme delle competizioni atletiche e delle attività connesse”.
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Nel passato, veniva usato al suo posto l’antico termine “diporto” che aveva
più o meno lo steso significato legato allo svago e alle manifestazioni
sportive.
2
Zanichelli, “Vocabolario della lingua italiana”, Bologna, 2001.
3
Noi sappiamo che questa definizione è particolarmente riduttiva se si vuole
studiare l’argomento scientificamente, quindi, per trattare questo fenomeno
bisogna analizzarlo non come semplice nozione presa da un dizionario, ma
come vocabolo che si è evoluto nel tempo adattandosi alle modifiche della
società. Per far questo è opportuno partire dalla storia della parola.
1.1 BREVE STORIA DEL TERMINE SPORT
Le attività che oggi chiamiamo sport, sono da sempre esistite nella maggior
parte delle società e hanno assunto aspetti diversi a seconda delle epoche,
dei luoghi e delle classi sociali che le hanno praticate.
Il termine sport fu introdotto nella seconda metà del XIX secolo in Inghilterra
con il significato prevalentemente di caccia e corse equestri. Deriva dal
francese normanno “desport”, parola d’origine medioevale che stava a
significare svago, divertimento.
3
Successivamente, nel XX secolo, di pari
passo con lo sviluppo di competizioni a livello internazionale, la parola
inglese sport fu adottata dalla maggior parte delle lingue del mondo e acquisì
un valore onnicomprensivo di tutte quelle attività formalizzate che tuttora
chiamiamo con quest’accezione.
3
G. Magnane, “Sociologia dello sport”, Editrice La Scuola, Brescia, 1972, pag. 97-104 (titolo
originale “Sociologie du sport”, Gallimard, Paris 1964).
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1.2 LA NASCITA DELLO SPORT
A questo punto la domanda che ci viene naturale porci è: quando è nato lo
sport?
Se intendiamo lo sport nella sua essenza ludica, possiamo affermare che il
gioco risale a molto prima del genere umano, dato che, come noi tutti
possiamo osservare gli animali giocano. Quello che c’interessa, è sapere
quali sono state le prime specialità ad essere praticate dall’uomo.
E’ abbastanza logico pensare che sin dall’età preistorica l’essere umano si
dedicasse agli esercizi fisici, praticati come preparazione alla caccia, per
svago oppure semplicemente per dimostrare le proprie capacità fisiche.
E’ quasi certo, che verso l’anno 2700 a.C., i cinesi fossero dediti ad attività
sportive come il kong-fu o il tiro con l’arco, che nel 2500 a.C. gli egizi
praticavano la lotta e la scherma con il bastone; ma la molteplicità delle gare,
la divisione degli atleti in classi d’età, la frequenza e la regolarità delle
manifestazioni sportive fanno della Grecia la vera “culla dello sport”.
Da un punto di vista storico, le antiche olimpiadi greche organizzate per la
prima volta nel 776 a.C., dovrebbero segnare la nascita delle prime discipline
sportive organizzate. I giochi olimpici furono oltre ad essere manifestazioni
sportive, anche feste religiose in omaggio alle divinità. Si svolgevano in
Grecia, e precisamente ad Olimpia, città dalla quale presero il nome, si
disputavano ogni 4 anni, e in quel periodo, vista l’importanza dell’evento tutti
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si fermavano ed erano addirittura proclamate delle tregue se erano in atto
delle guerre.
Ai greci non interessava la quantificazione del tempo o la misura della
lunghezza di un salto o di un lancio, ma la superiorità dell’atleta che
primeggiava nella gara che andava dalla corsa a piedi su corta, lunga o
media distanza,
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alla lotta o al lancio del disco. Il vincitore era portato in
trionfo e osannato dal pubblico che in lui vedeva la predestinazione degli dei,
cosa che era di buon auspicio per la nazione o la città di cui era
rappresentante; infatti, al ritorno in patria era trattato da vero eroe. Le città
che si gloriavano delle vittorie atletiche dei loro cittadini, ricompensavano
materialmente i vincitori con una sorta di remunerazione vitalizia ed altri
benefici simbolici di grande importanza: venivano onorati nelle leggende,
ergevano in loro onore delle statue ed erano citati dai poeti nelle loro poesie.
La peculiarità di queste prime manifestazioni sportive, stava nel fatto che i
vincitori delle singole manifestazioni, in assenza di tempi e misure, non
potevano essere confrontati, ma la loro forza era misurata con il numero e
l’importanza delle competizioni vinte.
Il desiderio di risultati sportivi eccezionali per il prestigio delle singole
comunità, portò ad un più attento reclutamento e ad un addestramento più
meticoloso e razionale. Nacquero le categorie degli scopritori di talenti, degli
allenatori, dei teorici delle prestazioni sportive e degli organizzatori.
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La corsa a piedi, si divideva in 3 specialità: a)la corsa sulla lunga distanza, che consisteva nel fare la
spola per 24 volte la distanza di 1 stadio (corrispondente a circa 180 metri e andava da 1 colonna
all’altra del campo di gara per un totale di 4320m); b)la corsa di velocità, sulla lunghezza di 1 stadio;
c)la corsa considerata di media distanza lunga 2 stadi ovvero circa 360m.