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CAPITOLO I 
 
INTRODUZIONE ALLA DIRETTIVA 2004/39/CE RELATIVA AI MERCATI 
DEGLI STRUMENTI FINANZIARI 
 
SOMMARIO: 1. Origini della Direttiva; 2. Cenni generali sulla procedura 
Lamfalussy; 3. Il recepimento della Mifid in Italia; 4. I “principi quadro” alla 
guida della MIFID; 5. Cos’è il “Passaporto” in ambito finanziario? 
 
1. Origini della direttiva 
 
La direttiva 2004/39/CE (di seguito “MIFID”) relativa ai mercati degli strumenti 
finanziari è entrata in vigore nei paesi appartenenti all’Unione europea il 30 aprile 
2004
1
. Il termine originariamente fissato al 30 aprile 2006 per l’adozione della MIFID 
da parte degli Stati membri è stato successivamente prorogato a fronte della mancata 
emanazione delle misure di esecuzione. La direttiva 2006/31/CE del 5 aprile 2006
2
 ha 
fissato il nuovo termine di trasposizione al 31 gennaio 2007 e ha stabilito quale termine 
per l’applicazione iniziale delle disposizioni il 1° novembre 2007. 
In Italia, a seguito della Legge delega 262/2005 del Parlamento e della successiva 
proroga con la Legge 20/2007, il Consiglio dei Ministri ha varato lo scorso agosto il 
Decreto Legislativo che recepisce la Direttiva MIFID, modificando il Testo Unico della 
Finanza. 
Nel contempo, sul filo della scadenza del 1° novembre, sono state 
adottate le nuove norme regolamentari congiunte Banca 
 
1
 Per tale data, si fa riferimento all’art.72 che ne ha stabilito l’entrata in vigore 
il giorno di pubblicazione della Mifid sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione 
Europea ( G.U.C.E. L.145/40 del 30 aprile 2004). 
 
2
 Tale direttiva è stata pubblicata in G.U.C.E. L.114/60 del 5 aprile 2006. 
 2
d'Italia/Consob, che vincolato tutti gli operatori finanziari (banche, 
Società d'Intermediazione Mobiliare, fondi comuni, Società di 
Gestione del Risparmio, promotori finanziari) ad adeguare i contratti 
esistenti alla nuova normativa Ue entro il 30 giugno 2008 
La MIFID, invocata da più parti come la direttiva chiamata a trasformare 
profondamente il mercato degli strumenti finanziari in sostituzione della direttiva 
22/93/CEE del 10 maggio 1993 (di seguito “ISD”
3
) relativa ai servizi di investimento 
nel settore dei valori mobiliari, nasce da lontano. 
La MIFID rientra infatti nel Piano di azione per i servizi finanziari adottato dalla 
Commissione Europea nel maggio 1999. Successivamente, la comunicazione della 
Commissione Europea al Parlamento e al Consiglio del novembre 2000 aveva messo in 
luce la necessità di modernizzare la ISD, oramai non più in grado di rispondere alle 
richieste delle forze di mercato che spingevano verso una sempre più effettiva e ampia 
integrazione dei mercati finanziari. 
Fra gli obiettivi fondamentali da perseguire nella riforma della 
disciplina dei mercati finanziari, la comunicazione della 
Commissione Europea si concentrava in particolare sulla necessità di 
assicurare:  
1)  un regime effettivo di passaporto per le imprese d’investimento; 
2) l’effettiva concorrenza fra mercati e altre piattaforme di trading; 
3 ) l’effettiva armonizzazione delle regole di condotta; 
4)  la rimozione degli ostacoli al clearing & settlement su base transfrontaliera. 
Tali obiettivi, da perseguire con uno strumento legislativo che fosse al passo con i tempi 
di un mercato che si stava sempre più rapidamente evolvendo, sono stati ribaditi dalla 
Commissione Europea nella proposta finale di direttiva del 2002. 
                                                 
3
 La ISD fu pubblicata in G.U.C.E. n.141 dell’11 giugno 1993. 
 3
                                                
Con riferimento al principio del passaporto europeo per le imprese di investimento, a 
suo tempo già stabilito dalla ISD, si rilevava che esso era stato notevolmente affievolito 
dal fatto che in diversi casi era consentito l’intervento dello Stato membro ospitante
4
. 
I progressi intervenuti nel settore tecnologico avevano poi consentito l’ingresso di nuovi 
soggetti nel trading degli strumenti finanziari e ciò aveva posto in dubbio 
l’appropriatezza e l’efficacia della regola della concentrazione (prevista all’art. 14, par. 
3, della ISD), pervenendosi alla conclusione che l’effettiva tutela degli investitori si 
potesse meglio realizzare attraverso l’imposizione della regola della best execution (che 
obbliga le imprese di investimento a eseguire gli ordini alle condizioni migliori) 
piuttosto che attraverso l’obbligo di concentrazione. 
Sotto questo profilo, la MIFID riconosce ai mercati regolamentati e 
ai sistemi multilaterali di negoziazione pari dignità; entrambi 
esplicano la stessa funzione di negoziazione organizzata. 
La Commissione Europea aveva inoltre riconosciuto che la facoltà lasciata agli Stati 
membri di chiedere che le transazioni fossero eseguite su un mercato regolamentato (ai 
sensi dell’art. 14, par. 3, della ISD) aveva finito per creare una situazione estremamente 
variegata all’interno dell’Unione europea: alcuni Stati membri, fra cui l’Italia, avevano 
infatti optato per tale soluzione, mentre altri avevano lasciato alle imprese di 
investimento la responsabilità di determinare se la singola transazione soddisfacesse o 
meno la regola della best execution. Tali disparità avevano contribuito a frammentare la 
liquidità e a costituire ostacoli alle transazioni cross border. 
Anche le regole di condotta avevano mostrato la necessità di una profonda e completa 
rivisitazione di questa materia, sia perché le stesse si erano rivelate eccessivamente 
vaghe sia perché lo spazio di discrezionalità lasciato agli Stati membri era risultato nel 
corso del tempo troppo ampio. 
Infine, nel settore del clearing & settlement erano emerse lacune, dovute soprattutto al 
fatto che l’accesso indiretto ai sistemi di compensazione e di regolamento aveva dato 
luogo a un incremento dei costi e interferenze nell’effettiva esecuzione delle operazioni. 
 
4
Si consideri, a mero titolo esemplificativo, l’art. 17, par.4, della ISD, che 
consentiva alla Stato membro ospitante di sottoporre alla propria vigilanza la 
succursale di un’impresa di investimento e di imporre ad essa regole di 
comportamento per motivi di interesse generale. 
 4
2. Cenni generali sulla procedura Lamfalussy 
 
La MIFID costituisce una delle prime applicazioni della procedura Lamfalussy: tale 
procedura è stata ideata per agevolare e snellire le modalità di adozione della normativa 
comunitaria nel settore dei servizi e dei mercati finanziari, facilitandone l’adeguamento 
ai rapidi sviluppi delle prassi commerciali in questo ambito. 
Tale approccio normativo fa parte delle misure previste dal citato piano di azione per i 
servizi finanziari allo scopo di rafforzare l'integrazione dei mercati finanziari e di 
innalzare il livello di armonizzazione della regolamentazione comunitaria in materia. 
Per rispondere a queste esigenze, il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito, nel 
luglio 2000, un “comitato dei saggi” (cd. Comitato Lamfalussy in onore del suo 
presidente, Alexandre Lamfalussy), i cui lavori si sono conclusi nel febbraio 2001 con 
la pubblicazione di una relazione sulla regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari 
europei. 
Nella relazione, il Comitato Lamfalussy ha proposto l’introduzione di nuove tecniche 
legislative e regolamentari basate su un approccio a quattro livelli e l’istituzione di due 
comitati incaricati di assistere la Commissione Europea nella formulazione delle 
proposte relative all’adozione degli atti normativi comunitari. 
I livelli in cui si articola l’approccio proposto dal Comitato Lamfalussy intendono 
accrescere l’efficienza e la trasparenza del processo di regolamentazione comunitaria 
nel settore dei valori mobiliari. Essi sono i seguenti: 
- il livello 1: si prevede l’adozione da parte del Consiglio e del Parlamento Europeo, 
secondo la procedura di co-decisione e su proposta della Commissione Europea, di 
direttive o di regolamenti contenenti principi quadro che riflettano le direttrici essenziali 
dell’intervento normativo; 
- il livello 2: si prevede l’adozione da parte della Commissione Europea di misure 
tecniche di esecuzione dei principi quadro enunciati al livello 1, secondo la procedura di 
comitato; 
- il livello 3: si prevede il rafforzamento della cooperazione fra le Autorità di vigilanza 
dei mercati finanziari operanti negli Stati membri per assicurare un’omogenea ed 
 5
                                                
efficace trasposizione e applicazione a livello nazionale degli atti normativi adottati al 
primo e al secondo livello; 
- il livello 4: si prevede la vigilanza da parte della Commissione Europea, che a tale 
scopo si avvale della collaborazione degli Stati membri, delle loro Autorità di vigilanza 
nazionali sui mercati finanziari, nonché delle segnalazioni degli interessati, sulla 
corretta applicazione da parte degli Stati membri della disciplina comunitaria adottata 
secondo la procedura Lamfalussy e l’avvio, ove necessario, delle procedure di 
infrazione del diritto comunitario
5
. 
La relazione e l’approccio regolamentare del Comitato Lamfalussy sono stati approvati 
dal Consiglio Europeo in occasione del vertice di Stoccolma del 23 marzo 2001 e dal 
Parlamento Europeo nella risoluzione sull’attuazione della legislazione sui servizi 
finanziari del 5 febbraio 2002. Successivamente, la Commissione Europea ha 
provveduto all’istituzione dei comitati suggeriti dal Comitato Lamfalussy: il Comitato 
europeo dei valori mobiliari (European Securities Committee: ESC) e il Comitato delle 
Autorità europee di vigilanza dei mercati finanziari (European Securities Regulators 
Committee: CESR). 
L’ESC è composto da rappresentanti degli Stati membri, tipicamente provenienti dalle 
Autorità e dagli enti nazionali competenti in materia economica e finanziaria ed è 
presieduto da un rappresentante della Commissione Europea. Quest’ultima è assistita 
dall’ESC nell’adozione finale delle misure attuative di secondo livello; in particolare, 
l’ESC agisce come comitato di regolamentazione, secondo la citata decisione n. 
1999/648/CE del Consiglio sulla procedura di comitato, ed esprime il proprio parere 
sulle proposte relative alle misure di esecuzione. A questo compito si aggiunge una più 
generale funzione consultiva che l’ESC svolge nel campo della regolamentazione dei 
servizi e dei mercati finanziari. 
Il CESR è invece un comitato di natura prettamente tecnica ed è composto dai 
rappresentanti delle Autorità di vigilanza competenti nel settore dei mercati finanziari 
degli Stati membri. Il CESR, sulla base di apposito mandato conferito dalla 
Commissione Europea, svolge una consulenza tecnica per la preparazione delle misure 
esecutive di secondo livello. I lavori sono svolti da un gruppo interno di esperti e 
 
5
Le procedure di infrazione sono previste dall’art.226 del Trattato istitutivo 
della Comunità Europea. 
 6
prevedono anche una consultazione pubblica. La consulenza tecnica così predisposta 
viene trasmessa alla Commissione Europea nei termini da questa indicati nel mandato 
unitamente a un documento nel quale il CESR dà conto degli esiti della consultazione 
pubblica e delle motivazioni alla base delle valutazioni compiute. 
Oltre a questa funzione, il CESR ricopre un ruolo importante anche nell’ambito del 
terzo livello: allo scopo di garantire l’applicazione uniforme della normativa 
comunitaria negli Stati membri, il comitato formula standard che riflettono 
raccomandazioni o interpretazioni comuni della regolamentazione comunitaria. Tali 
standard, pur non avendo natura normativa, costituiscono regole che i membri del 
CESR si impegnano a recepire o a promuoverne nei rispettivi ordinamenti di 
appartenenza. 
Con l’emanazione della MIFID è stata dettata la regolamentazione generale dei mercati 
degli strumenti finanziari, inquadrabile nel livello 1 della procedura Lamfalussy.  
La MIFID, che secondo le indicazioni del Comitato Lamfalussy avrebbe dovuto 
contenere esclusivamente principi quadro, è in realtà molto dettagliata (si consideri, per 
esempio, che, mentre la ISD si componeva di 39 articoli, la MIFID ne contiene ben 
169). 
Le misure di esecuzione di secondo livello sono state dettate, rispettivamente, dalla 
Direttiva n. 2006/73/CE del 10 agosto 2006 (di seguito Direttiva II) e dal Regolamento 
n. 1287/2006 del 10 agosto 2006 (di seguito “Regolamento”). 
E’ interessante soffermarsi sulle motivazioni addotte, nelle premesse delle misure di 
secondo livello, nella scelta dello strumento da utilizzare per disciplinare le misure di 
esecuzione: in armonia con quanto suggerito dal comitato interistituzionale nella citata 
bozza della seconda relazione sullo stato di attuazione della procedura Lamfalussy, 
l’utilizzo della direttiva è stato motivato per consentire che le norme di esecuzione 
venissero adeguate alle specificità del mercato e dell’ordinamento giuridico di ciascuno 
Stato membro. 
L’uso del regolamento, invece, è stato motivato sulla base del fatto che tale strumento è 
direttamente applicabile negli stati membri, garantendo così un regime armonizzato per 
quelle disposizioni che promuovono l’integrazione dei mercati, quali ad esempio le 
previsioni relative alla comunicazione delle operazioni e alla trasparenza. 
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Si segnala un altro aspetto interessante, ossia che nonostante la 
nuova normativa europea in materia di mercati degli strumenti 
finanziari si proponga di incrementare il livello di armonizzazione 
fra gli Stati membri, tale obiettivo potrebbe subire un qualche 
ridimensionamento per il fatto che la Direttiva II consente agli Stati 
membri di mantenere o di imporre obblighi o requisiti aggiuntivi (cd. 
goldplating); ciò peraltro è consentito solo nei casi eccezionali in cui 
tali obblighi siano obiettivamente giustificati, proporzionati e 
abbiano preso in considerazione la necessità di far fronte a rischi 
specifici per la protezione degli investitori. 
L’imposizione di tali obblighi e requisiti aggiuntivi è poi sottoposta 
ad uno specifico regime procedurale disciplinato nella Direttiva II 
(art. 4), in armonia con quanto suggerito dal comitato 
interistituzionale. 
L’espressione del principio del goldplating assume una notevole importanza nel 
contesto della creazione di un efficiente mercato unico europeo poiché consente di 
arginare, in qualche misura, il fenomeno di arbitraggio normativo e di creare un level 
playing field a livello comunitario. Per tale ragione, sarebbe forse stato opportuno 
prevederlo anche negli altri atti normativi emanati secondo la procedura Lamfalussy, in 
attuazione del piano di azione per i servizi finanziari (Direttiva prospetto, market abuse, 
ecc.). 
Per quanto riguarda le misure di terzo livello, il CESR ha pubblicato di recente alcune 
raccomandazioni volte a uniformare l’applicazione della normativa di secondo livello 
negli Stati membri, con particolare riguardo agli aspetti relativi alla pubblicazione e al 
consolidamento delle informazioni. 
Per quanto concerne, infine, le misure di quarto livello, la Commissione Europea ha 
recentemente avviato una serie di consultazioni per verificare la corretta 
implementazione della MIFID con riguardo ad alcune previsioni, quali, a mero titolo 
esemplificativo, l’obbligo di best execution nel caso di negoziazione per conto proprio. 
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3. Il recepimento della Mifid in Italia 
 
Il recepimento della MIFID in Italia è stato originariamente previsto dall’art. 9 bis della 
l. 18 aprile 2005, n. 6223 (cd. legge comunitaria 2004), che non aveva tuttavia indicato i 
necessari criteri di delega. 
Tale lacuna è stata colmata dalla l. 6 febbraio 2007, n. 1324 (cd. legge comunitaria 
2006), il cui art. 10 ha previsto il recepimento della MIFID in conformità a specifici 
criteri di delega, integrando l’art. 9 bis della legge comunitaria 2004. 
Il breve termine per l’emanazione degli atti normativi attuativi della delega è scaduto il 
31 gennaio 2007. Nel frattempo, è stato presentato un disegno di legge che ha previsto 
una nuova proroga dei termini previsti per il recepimento della MIFID. I lavori per il 
recepimento effettivo della MIFID sono stati in ogni modo avviati. La Direzione IV del 
Dipartimento del Tesoro ha pubblicato lo schema del decreto legislativo attuativo della 
delega scaduta, nel quale sono previste le modifiche al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 
richieste per il recepimento della MIFID.  
Lo schema del decreto legislativo, dopo una fase di consultazione pubblica è stato 
approvato dal Consiglio di ministri lo scorso 6 luglio 2007. L’approvazione del decreto 
definitivo è ora subordinata ai pareri delle commissioni parlamentari competenti
.
 
Dei tratti essenziali dell’iter seguito per l’adozione della MIFID e delle misure 
d’esecuzione secondo la procedura Lamfalussy si è già dato conto nelle pagine 
precedenti, cui corrisponde la relazione illustrativa dello schema di decreto. In essa si 
riconosce che la MIFID, e le relative misure d’esecuzione, sono espressione 
dell’approccio a quattro livelli previsto dal Comitato Lamfalussy volto a velocizzare il 
processo di recepimento della disciplina comunitaria a livello nazionale e a ridurre al 
minimo il rischio di frammentazione del quadro normativo europeo in materia di 
mercati finanziari.  
Da ciò, secondo la relazione illustrativa, consegue un’armonizzazione generale delle 
regole di condotta degli intermediari nello svolgimento dei servizi d’investimento che 
non lascia al legislatore e alle Autorità di vigilanza nazionali spazi per soluzioni diverse 
o più stringenti, fatti salvi i casi eccezionali in cui sia applicabile il principio del 
goldplating. Nella relazione illustrativa allo schema di decreto, il Ministero sottolinea, 
 9
infatti, il costo della regolamentazione per la concorrenzialità dell’industria italiana dei 
servizi finanziari nel mercato europeo e globale
.
 
Va peraltro osservato che nella versione originaria dello schema di decreto, sottoposta a 
consultazione pubblica, non era presente una disposizione che sancisse espressamente il 
principio del goldplating. 
 
4. I “principi quadro” alla guida della MIFID 
 
Credo che ormai sia di tutta evidenza, dopo le prime esperienze delle direttive in ambito 
finanziario (es. direttiva sugli abusi di mercato e direttiva sul prospetto), quanto la 
procedura Lamfalussy abbia innovato l’ambito della regolamentazione dei servizi 
finanziari. La forte spinta attrattiva ad una comune fonte legislativa comunitaria, non 
solo nei principi, ma anche, e soprattutto, nei dettagli ha determinato una riduzione 
degli spazi regolamentari nazionali, parzialmente compensata dalla compartecipazione 
delle Autorità nazionali al processo di predisposizione delle norme a livello 
comunitario. 
Pertanto, fatta questa doverosa premessa, passiamo ai principi quadro della riforma 
generale introdotta con la MIFID e in essa espressamente richiamati. Occorre 
richiamare: 
1) Primo fra tutti, il principio del mutuo riconoscimento: 
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A tale riguardo, la MIFID stabilisce il principio secondo cui l’autorizzazione a prestare i 
servizi di investimento è rilasciata dallo Stato membro di origine
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 di modo che, una 
volta ottenuta tale autorizzazione, l’impresa di investimento può prestare i servizi - in 
regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi - in tutta la Comunità Europea, 
senza dover richiedere un’autorizzazione separata all’Autorità competente dello Stato 
membro ospitante. Questo fattore è definito «passaporto europeo delle imprese 
d’investimento e delle banche», e lo strumento che si sta adoperando per raggiungere 
tale obiettivo è quello dell’innalzamento del grado d’armonizzazione, tanto nelle aree 
dell’organizzazione interna e dei conflitti d’interesse, quanto in quelle delle regole di 
condotta e dei rapporti con la clientela. 
Tale armonizzazione è stata - di fatto e di diritto - portata sino al grado massimo con la 
direttiva attuativa di secondo livello            (n. 2006/31/CE) nella quale all’art.4
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 è 
 
6
 Secondo l’art. 4, punto 20, per Stato membro di origine si intende: 
a) In caso di imprese di investimento: 
- se l’impresa di investimento è una persona fisica, lo Stato membro in cui tale 
persone ha la propria amministrazione centrale; 
- se l’impresa d’investimento è persona giuridica, lo Stato membro in cui si 
trova la sua sede statutaria; 
- se, in base al diritto nazionale cui è soggetta, l’impresa d’investimento non ha 
sede statutaria, stato membro in cui è situata la sua amministrazione centrale. 
b) In caso di mercati regolamentati: 
lo Stato membro in cui è registrato il mercato regolamentato o, se in base al 
diritto nazionale di tale Stato membro  detto mercato non ha una sede statutaria, 
lo Stato membro in cui è situata la sua amministrazione centrale. 
 
7
 Art.4 direttiva 2006/31/CE: “Obblighi aggiuntivi che si applicano alle imprese 
di investimento” in taluni casi: 
1) Gli Stati membri possono mantenere o imporre obblighi aggiuntivi a quelli 
previsti nella presente direttiva solo nei casi eccezionali in cui tali obblighi 
siano obiettivamente giustificati e proporzionati, vista la necessità di far fronte 
a rischi specifici per la protezione degli investitori o l’integrità del mercato che 
non siano adeguatamente trattati dalla presente direttiva e purché una delle 
seguenti condizioni sia soddisfatta: 
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espressamente previsto il divieto di introdurre norme più rigide a livello nazionale, 
salvo che queste siano proporzionate e giustificate da casi eccezionali e superino il 
vaglio della Commissione europea. 
Occorrerà, quindi, abituarsi ad intermediari che prestano servizi in 
via transfrontaliera (ad esempio tramite internet), i quali saranno 
assoggettati alle regole del paese d’origine e saranno vigilate da 
dette Autorità.  
Senza dubbio quest’aspetto dovrà essere chiaro anche ai clienti italiani ed, 
equivalentemente, gli intermediari italiani potranno svolgere attività e servizi in altri 
paesi dell’Unione europea, applicando le regole italiane e restando vigilati dalla Consob 
e dalla Banca d’Italia 
Tuttavia, in parziale deroga a tale principio, la MIFID prevede l’opportunità di affidare 
all’Autorità competente dello Stato membro ospitante la responsabilità di controllare 
 
a) i rischi specifici cui gli obblighi sono volti a far fronte sono di particolare 
importanza data la struttura del mercato di tale Stato membro; 
b) gli obblighi sono volti a far fronte a rischi o problemi che emergano o 
diventino evidenti dopo la data di applicazione della presente direttiva e che 
non siano altrimenti regolamentati da altre misure comunitarie o nell’ambito di 
esse. 
2) Gli eventuali obblighi imposti in applicazione del paragrafo 1 non limitano o 
influenzano altrimenti i diritti delle imprese di investimento di cui agli articoli 
31 e 32 della direttiva 2004/39/CE. 
3) Gli Stati membri notificano alla Commissione: 
a) gli eventuali obblighi che intendono mantenere in applicazione del 
paragrafo 1 prima della data di attuazione della presente direttiva; e 
b) gli eventuali obblighi che intendono imporre in applicazione del paragrafo 
1 almeno un mese prima della data prevista per l’entrata in vigore di tali 
obblighi. In ogni caso, la notifica include la giustificazione di tali obblighi. 
La Commissione comunica agli Stati membri e pubblica sul suo sito Internet le 
notifiche che riceve in conformità del presente paragrafo. 
4) Entro il 31 dicembre 2009 la Commissione presenta una relazione al 
Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del presente articolo. 
(Estratto del 2.9.2006 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L. 241/35)