2 
Tuttavia questa realtà si è dovuta scontrare con la crescita dello 
Stato contemporaneo, che nel suo sviluppo ha sempre cercato di 
ribadire la propria indipendenza da qualsiasi ingerenza esterna 
che potesse turbare la propria sfera di sovranità, si è così passati 
dai primi tentativi di istituire un matrimonio disciplinato da leggi 
civili, avvenuto per la prima volta in Olanda e poi in Inghilterra, 
ad una più netta posizione anticlericale assunta nella legislazione 
rivoluzionaria francese, del 1971, la quale sanciva la natura 
“meramente contrattuale” di tale istituto religioso di fronte alla 
legge e imponeva “il matrimonio civile come unico modello di 
matrimonio riconosciuto dallo stato per tutti i suoi cittadini, 
indipendentemente dalla loro confessione religiosa”3. 
Per quel che riguarda la situazione dell‟Italia bisogna distinguere 
il periodo pre-unitario da quello post-unitario. Infatti per quanto 
concerne la situazione degli stati pre-unitari, confessionisti, non 
vi erano dubbi sulla esclusività riservata alle istituzioni 
ecclesiastiche nella disciplina del vincolo matrimoniale4, mentre 
nell‟Italia post-unitaria il matrimonio fu disciplinato alla stregua 
di un fenomeno civile come risulta da codice civile varato nel 
                                                 
3P. MONETA, op. cit., p.6. Vedi anche M. CANONICO, L’efficacia civile delle sentenze 
ecclesiastiche di nullità matrimoniale, Napoli,1996, pp. 13-15 
4F. FINOCCHIARO, Sentenze ecclesiastiche e giurisdizione dello Stato sul matrimonio 
“concordatario” nell’accordo 18 febbraio 1984 fra l’Italia e la Santa Sede, in Dir.Proc. 
Civ.,1984,  pp. 404-405. 
 3 
1865. Tale normativa, evidentemente influenzata da correnti di 
pensiero liberalistiche, considerava il matrimonio religioso alle 
stregua di una res facti, escludendo che questo potesse produrre 
una qualsiasi modificazione a livello giuridico, l‟unico forma di 
celebrazione capace di produrre effetti giuridici era solo quella 
civile disciplinato dal codice5. 
Veniva così ad istituirsi un sistema per così dire a “doppio 
binario”6 che prevedeva la celebrazione di un matrimonio in sede 
civile per quanto riguarda la produzione di quegli effetti giuridici 
tipici di tale atto e la celebrazione di un matrimonio religioso 
scollegato da quello civile7 aderente ai fini spirituali dei 
contraenti.  
 
2.Questa situazione dura fino alla stipula degli accordi 
intercorsi tra Italia e Santa Sede l‟11 febbraio del 1929 e 
composti da un Trattato, da 4 allegati annessi e dal Concordato. 
Ai fini della nostra trattazione il dato normativo essenziale è 
rappresentato dall‟art. 34 del Conc., con il quale si riconoscono 
effetti civili al “sacramento del matrimonio, disciplinato dal 
diritto canonico” e dal 4° comma dello stesso articolo il quale 
                                                 
5
 M. CANONICO, op. cit., p.15 
6
 M. TEDESCHI,Manuale di diritto ecclesiastico, Torino, 2004, p. 278 
7
 P. MONETA, Matrimonio religioso…, cit.,  p. 7 
 4 
sancisce che “le cause concernenti la nullità del matrimonio e la 
dispensa del matrimonio rato e non consumato sono riservate 
alla competenza dei Tribunali e dei dicasteri ecclesiastici”. Con 
tale norma sostanzialmente si apre la strada ad un nuovo 
istituto, il  matrimonio “concordatario”, caratterizzato da una 
“diarchia fra Stato e Chiesa”8, che quasi sembrerebbe un ritorno 
al confessionismo degli stati preunitari, i quali avevano aderito 
pienamente alla disciplina del matrimonio religioso, ai fini della 
rilevanza civile, mentre, come è stato sottolineato dalla dottrina, 
in realtà la normativa concordataria sarebbe in parte 
condizionata da calcoli politici relativi alle divisione di poteri e 
competenze fra Stato e Chiesa9.  
Al di là di queste impressioni, si deve riconoscere che la 
normativa concordataria è in piena sintonia con il passaggio 
dello Stato italiano da ordinamento laico a confessionale10 
(mutamento tra l‟altro reso esplicito dall‟art. 1 del Trattato).  
Tuttavia il sistema matrimoniale delineato dal Concordato 
prevedeva, comunque, la possibilità di contrarre matrimonio 
civile e non ha escluso un intervento dello Stato nella 
                                                 
8
 G. DALLA TORRE, Lezioni di Diritto ecclesiastico, Bologna, 1986, p. 145. 
9
 F. FINOCCHIARO, Sentenze e… cit., l’A. infatti riporta che durante le trattative le trattative 
intercorse fra lo Stato e la Santa Sede nel periodo che va dal 1926 al 1927, lo Stato non volle 
impegnarsi con la S. Sede a mantenere il principio dell’indissolubilità del matrimonio, a prendo 
così di fatto la strada all’introduzione del divorzio. 
10
 L. MUSSELLI - V. TOZZI, Manuale di Diritto ecclesiastico, Roma, 2000, p. 191 
 5 
celebrazione, predisposta dagli accordi, che si concretizzava, per 
lo più, nelle pubblicazioni civili, nella lettura degli articoli del 
Codice civile durante la funzione e nella competenza 
dell‟ufficiale di stato civile per quel che riguarda la trascrizione 
dell‟atto nei registri pubblici. Inoltre con gli accordi lo Stato si 
dichiarava privo di competenza accettando nelle materie di cui 
al 4° comma la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici11 creando 
la riserva di giurisdizione esclusiva ecclesiastica in materia 
matrimoniale.  
 
3. Il sistema concordatario, tuttavia inizia a dare segni di 
cedimento all‟indomani della caduta del Fascismo con l‟avvento 
dello Stato costituzionale. 
Nel nuovo assetto statuale, laico e non più confessionista, non 
ostante vi siano presidii di garanzia per la Chiesa posti dalle 
norme costituzionali come gli artt. 7, 19 e 29 Cost.12, si 
riscontrano le prime crepe in un pilastro che prima trovava la 
sua consistenza nell‟assolutismo del regime statale e che ora 
inizia a perdere densità grazie all‟emergere nella Carta 
                                                 
11
 M. CANONICO, op. cit., p.18., vedi anche P. MONETA, op. cit., p.8 
12
 Segnatamente dall’art. 7 Cost., il quale al primo comma stabilisce la sovranità e l’indipendenza 
dello Stato e della Chiesa, ciascuno nel proprio ordine e nel secondo “costituzionalizza” i Patti 
Lateranensi quale unica fonte idonea a disciplinare i rapporti fra le due Istituzioni, richiedendo, per 
la modifica di questi, al consenso di entrambi. 
 6 
costituzionale di diritti fondamentali posti a difesa dei 
cittadini13, in particolare gli artt. 24, 25 Cost., e di principi  
fondamentali su cui si fonda l‟ordinamento repubblicano come 
quello sancito dall‟art 102 Cost. e a buon conto dello stesso art. 7 
della Cost. 
Tutto ciò emerge con forza nel 1967, quando in Parlamento si 
inizia a discutere sulla possibilità di riformare gli Accordi del ‟29 
grazie alla mozione Ferri-Zaccagnini-La Malfa. Nel dibattito 
così introdotto alla Camera si segnalano già le posizioni 
antitetiche dell‟on. Gonella, secondo cui sarebbe a rischio la 
pace religiosa se si andassero a toccare gli articoli del 
Concordato che riguardano l‟istituto del matrimonio 
concordatario e di contro l‟on. Basso replica che la legge 
matrimoniale altro non è se non una “legge pasticcio”14.  
Tale dibattito viene comunque abbandonato all‟indomani del 
varo della legge sul divorzio, che apre un vulnus nella disciplina 
dei Patti Lateranensi, particolarmente sentito dalla Chiesa, 
tanto che la Santa Sede denuncia la violazione degli accordi, e 
su tale violazione è richiesto l‟intervento in più occasioni  della 
Corte Costituzionale. La situazione di stallo, venuta a crearsi, 
                                                 
13
 P. PELLEGRINO, La riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, Milano, 2001, p.42; L. 
MUSSELLI - V. TOZZI, Manuale…cit.,  pp. 191-192 
14
 P. PELLEGRINO, La riserva di giurisdizione …cit., p.3 
 7 
permane fino al 1976 anno in cui l‟allora Presidente del 
Consiglio, on. Giulio Andreotti forma una Commissione 
paritetica incaricata di discutere la modifica degli accordi 
formata dal sen. Gonella, dal prof. Jemolo e dal prof. Ago per lo 
Stato italiano e da mons. Casaroli, Padre Lener e mons. 
Silvestrini per la Santa Sede15.    
 
4. Come sopra accennato la Corte Costituzionale è chiamata, 
dagli anni ‟70, ad una serie di interventi che riguardano 
l‟illegittimità dell‟art. 34 del Concordato del „29 con i principi 
costituzionali, come vedremo la Corte provvederà di volta in 
volta alla armonizzazione della disciplina concordataria con i 
dettami della Costituzione. 
Una delle prime pronunce della Corte è la sentenza 30 del 
197116. 
Tale sentenza riguarda un giudizio introdotto in via incidentale 
dal pretore di Torino con ordinanza del 22 febbraio 1969, con la 
quale denuncia l‟illegittimità costituzionale dell‟art. 34 commi 4, 
5, 6 Conc., in relazione all‟art.102 Cost. 
                                                 
15
 P. PELLEGRINO, op. cit., pp. 3-8. 
16
 Corte Cost. 1 marzo 1971 n. 30, in Foro it., 1971, I, col. 525  . e in Dir.fam.e pers, 1972 p.188 . 
 8 
Alla base di tale pronuncia vi è il processo penale pendente nei 
confronti di Ferdinando Gualtieri per la violazione degli 
obblighi di assistenza sanciti dall‟art 570 c.p.. 
Il pretore di Torino in fatto sostiene che la giurisdizione dei 
Tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale è una 
giurisdizione speciale nel nostro ordinamento e come tale è in 
contrasto con quanto si afferma nell‟art.102 Cost., inoltre le 
stesse norme concordatarie non legittimano la giurisdizione di 
tali tribunali, poiché sono vigenti nel nostro ordinamento in 
quanto non contrastino con le norme della Costituzione. 
A questa prima arringa replica il Presidente del Consiglio, 
rappresentato dall‟Avvocatura dello Stato, il quale ritiene 
infondata la questione poiché per giurisprudenza consolidata, 
non si considera la pendenza del giudizio di nullità 
matrimoniale dinanzi ai Tribunali ecclesiastici come esimente 
del reato di cui all‟art.570 c.p., e nel merito della censura 
proposta dal pretore di Torino, poi si sottolinea che il divieto 
riportato nell‟art. 102 Cost. riguarda gli organi della 
giurisdizione italiana e non anche gli organi giurisdizionali 
dell‟ordinamento canonico, che come tali sono al di fuori del 
nostro sistema giuridico, inoltre viene rilevato che l‟art. 34 è una 
 9 
norma del Concordato e in quanto tale coperta dall‟art. 7, 
comma 2, della nostra Costituzione e ciò implica una rinuncia 
dello stato a esercitare la propria giurisdizione in detta materia. 
La Consulta, in diritto, sostiene che, come sottolineato 
dall‟Avvocatura dello Stato, la pendenza di un giudizio di nullità 
matrimoniale dinanzi ai Tribunali ecclesiastici non è da 
considerarsi come esimente. In seguito ritiene che la questione, 
come prospettata, riguardi la celebrazione del matrimonio e 
delle norme concordatarie che lo disciplinano e come tale il suo 
esame non è precluso dall‟art. 7 della Cost. come  invece opina 
l‟Avvocatura. Nel ragionamento della Corte si evidenzia come 
l‟art. 7 non sancisca solo un generico principio pattizio, secondo 
cui pacta sunt servanda, ma “contiene un preciso riferimento al 
Concordato in vigore e in relazione a questi ha prodotto diritto”. 
“Tuttavia”, prosegue la Corte,  “giacché esso riconosce allo Stato 
e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e 
di sovranità, non può avere forza di negare i principi supremi 
dell'ordinamento costituzionale dello Stato”17. 
Si ritiene che  la questione sollevata dal pretore di Torino è da 
ritenersi infondata in quanto “non è esatto che la giurisdizione 
                                                 
17
 Corte Cost. 1 marzo 1971 n. 30, in Foro it., 1971, I, col. 526 
 10 
dei tribunali ecclesiastici abbia una natura speciale nel senso 
indicato nella norma costituzionale che il pretore invoca. Tale 
norma vuole assicurare l'unità della giurisdizione dello Stato; e 
il rapporto fra organi della giurisdizione ordinaria e organi della 
giurisdizione speciale deve ricercarsi nel quadro 
dell'ordinamento giuridico interno, al quale i tribunali 
ecclesiastici sono del tutto estranei”18. 
Per tali motivi la Consulta ritiene infondata la questione di 
legittimità sollevata dal pretore di Torino. 
L‟aspetto più importante di tale sentenza è costituito dal vaglio 
di legittimità della Corte che nella sua disamina ha tenuto conto 
del contrasto fra norme concordatarie e i “principi supremi 
dell‟ordinamento costituzionale” e non con singole norme della 
Costituzione, questa è senz‟altro un‟innovazione importante nel 
ragionamento della Corte che si riscontrerà anche nelle 
pronunce successive.19 
 
                                                 
18
 Corte Cost. 1 marzo 1971 n. 30, in Foro it., 1971, I, col. 526 
19
 S. LARICCIA, Diritto ecclesiastico, Padova, 1986, p. 298 
 11 
5. La Consulta si pronuncia ancora nel dicembre del 1973 nel 
giudizio di legittimità costituzionale promosso con ordinanza 
del 7 maggio del 1971 dal tribunale di Rovigo20. 
In fatto il tribunale di Rovigo investito della controversia, 
riguardante la pretesa invalidità di un matrimonio 
concordatario per vizio del consenso dell‟attore, ha sollevato 
questione incidentale di legittimità costituzionale delle norme 
che escludono la giurisdizione del giudice italiano in detta 
materia21, andando così a ledere i principi costituzionali sanciti 
agli artt. 1, comma secondo, 3, comma primo, 11, 24 commi 
primo e secondo, 25 comma primo, 101 comma primo e 102 
commi primo e secondo della Costituzione. 
Le argomentazioni presentate dal giudice a quo si incentrano su 
una parziale e ingiustificata rinuncia di sovranità nel campo 
giurisdizionale, da parte dello Stato italiano, nella materia di cui 
all‟art. 34 del Concordato. 
In primo luogo il giudice a quo esclude che l‟istituto sia 
riconducibile al fenomeno del rinvio operato “all‟ordinamento 
straniero conferente al conflitto di leggi nello   spazio sia per i 
profili di estraneità che lo giustificano, sia perché la norma 
                                                 
20
 Corte Cost. 11 dicembre 1973 n. 175, in Foro it., 1974, I, col.12  
21
 Art. 1 legge 27 maggio 1929 n. 810, nella parte in cui da esecuzione all’art. 34, commi 4,5,6 
Conc. del 1929 
 12 
richiamata è tuttavia pur sempre applicata dagli organi 
giurisdizionali interni” e “neppure vi è piena analogia con 
l‟istituto della dichiarazione di efficacia in Italia delle sentenze 
emesse dai giudici stranieri” in quanto si precisa che queste 
ultime sono soggette a controlli molto più penetranti rispetto 
alle sentenze di nullità rese dai tribunali ecclesiastici. 
In secondo luogo si contesta che la giurisdizione esclusiva dei 
tribunali ecclesiastici, in detta materia, contrasti con il principio 
di sovranità dello Stato espresso dall‟art.1 comma secondo della 
Costituzione nonché con gli artt. 101 e 102 della stessa che 
riservano la funzione giurisdizionale alla Magistratura ordinaria 
vietando l‟istituzione di giudici speciali e sembra anche in 
contrasto con l‟art. 11 Cost. laddove viene giustificata una 
limitazione della sovranità solo al fine di assicurare la pace e la 
giustizia fra le nazioni, ma in tal senso, per il giudice a quo, è 
sufficiente l‟applicazione del diritto canonico per salvaguardare 
il principio dell‟art. 11 Cost. e dello stesso art. 7 Cost. (il quale 
giustifica il rinvio alla disciplina canonica ma non la limitazione 
alla giurisdizione dello Stato che è un principio supremo della 
Costituzione) .