popolazione francese – di vedere riconosciuti i propri diritti e di sentirsi inseriti nel
resto della società.
Sono soprattutto i giovani a vivere la discriminazione a scuola come
all’entrata nel mondo del lavoro. Essi rappresentano le seconde e terze generazioni
di immigrati provenienti soprattutto dal Maghreb e dall’Africa sub-sahariana che,
nascendo in Francia negli anni Ottanta e Novanta, hanno acquisito la cittadinanza e
vissuto il processo di ”naturalizzazione” uniformandosi ai principi del modello
“assimilazionista” francese.
Perciò, ho tentato di approfondire le ragioni che hanno spinto la gran parte
di questi giovani ad unirsi in un fronte comune per riversare la loro rabbia nelle
strade e, allo stesso tempo, ricostruire lo sfondo storico, sociale ed urbano in cui si
sono sviluppate le tensioni.
Ho voluto occuparmi di questo argomento perché ritengo che contenga delle
tematiche molto attuali non estranee all’Italia e perché, nel periodo in cui la Francia
era sconvolta da questi avvenimenti, li seguivo con interesse essendo da sempre
attratta dalla storia e dalla cultura francese.
Nella prima parte di questo elaborato ho ricostruito il percorso storico ed
urbano delle banlieues, ponendo maggior attenzione a quelle caratterizzate da grands
ensembles Hlm, che sono state lo scenario degli scontri del 2005. Mi sono soffermata,
quindi, ad analizzare più dettagliatamente la periferia parigina, in quanto implicata
negli eventi per prima ed in misura maggiore e la sua evoluzione storica ed urbana
può essere presa a modello per le altre.
Ho proseguito nell’analisi della composizione della popolazione residente,
costituita in maggioranza da immigrati e da francesi di origine immigrata e delle
difficoltà da loro incontrate nel processo di integrazione che, spesso, li isola e li
emargina dal resto della società francese entro i confini dei quartieri in cui abitano.
In ragione del fatto che gli organi d’informazione nazionali e internazionali si
sono spesso riferiti a questi quartieri definendoli dei “ghetti etnici”, ho confrontato i
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pareri di autorevoli sociologi ed esperti riguardo alla legittimità di usare o meno
questo termine.
Il secondo capitolo si apre con una ricostruzione delle premesse ai tragici
eventi dell’autunno del 2005: a partire dalle rivolte nelle banlieues lionesi dei primi
anni Ottanta e Novanta fino a quelle del 1998 a Tolosa e del 1999 estese in
numerose altre città della Francia.
Dopo aver ordinato cronologicamente i violenti avvenimenti del 2005, ho
approfondito gli atteggiamenti dei media e delle istituzioni nei confronti dei
problemi dei banlieuesards, evidenziando i loro complicati rapporti di diffidenza e
incomprensione reciproci. Inoltre, una sezione è dedicata agli interventi del governo,
sotto il profilo urbanistico (le politiques de la ville), per tentare di migliorare le
condizioni di vita degli abitanti attraverso dei piani di rinnovamento e sviluppo dei
quartieri sensibili.
Infine, il terzo capitolo contiene l’analisi dei protagonisti delle rivolte del
2005. Il mio intento è quello di determinare da dove proviene il loro disagio e la loro
rabbia, il loro sentirsi esclusi e discriminati dal resto della società. In particolare, è
approfondito il loro difficile rapporto con la polizia e quanto le loro differenze
culturali possono influire nella socializzazione familiare e nel gruppo dei pari,
nell’inserimento scolastico e lavorativo.
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PRIMO CAPITOLO
Le banlieues parigine
Con il termine “banlieue” si indica la zona periferica della cintura urbana
francese. Durante il Medio Evo la banlieue corrispondeva al territorio o luogo (lieu)
che si estendeva tra la città e la campagna, in cui il signore, l’abate o il comune
esercitavano il potere di amministrare il territorio e il diritto di bandire (ban),
interdire o giudicare chiunque non rispettasse le regole al suo interno.
1.1 L’evoluzione storica
Le banlieues parigine si costituiscono, così come si intendono oggigiorno, nel
XIX° secolo al tempo in cui in Francia si sviluppa la grande industrializzazione. Lo
spostamento dei lavoratori salariati dalle città alle periferie urbane, in cui il costo
della vita è meno caro, influenza l’esodo delle industrie manifatturiere. Quest’ultime
costituiranno attorno a Parigi una cintura industriale formata da fabbriche,
magazzini e abitazioni di operai.
Ben presto altri fattori di crescita si aggiungono a quella industriale, come il
boom demografico e la diffusione del trasporto ferroviario, tranviario e
metropolitano: in soli trent’anni, dal 1866 al 1896, la popolazione suburbana
parigina passa da 325.000 a 800.000 abitanti.
All’inizio del XX° secolo, le banlieues parigine sono essenzialmente di tre tipi:
- il primo a carattere prevalentemente rurale che si estende a sud
della capitale;
- il secondo costituito dai comuni operai situati lungo la fascia da
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nord-ovest a nord-est;
- il terzo, situato ad ovest, che comprende le periferie residenziali
e di villeggiatura, meta delle classi urbane benestanti.
L’immagine negativa legata alle banlieues si consolida a partire dalla Belle
Époque. Fino al 1930 circa, questa zona verrà considerata parte della «ceinture noire de
la misère» (Stébé 2007, 19) in quanto abitata da una popolazione più povera ed
emarginata, il cui senso di esclusione si accentua dal 1919 in seguito alla costruzione
di fortificazioni che la separeranno, anche geograficamente, dall’area urbana di
Parigi.
È a partire dalla metà degli anni Venti che si assiste alla crescita della
popolazione operaia, non solo francese ma anche straniera, grazie all’affermazione
dell’importante ruolo industriale che viene ad assumere la periferia parigina nel
corso della Prima Guerra Mondiale.
Nel 1935-36, le elezioni sono vinte dalla coalizione dei partiti del Fronte
popolare di sinistra. Essi daranno un forte contributo al miglioramento
dell’immagine delle banlieues rouges
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, rivendicando i diritti della classe operaia e
attuando delle misure sociali in suo favore: ad esempio, la bonifica e il risanamento
del territorio, sussidi ai giovani e alla scuola, rigore nella gestione politica e
finanziaria delle risorse pubbliche. Inoltre, promuovono incontri, attività e
manifestazioni che possano dar voce agli operai, volendo creare una comunità
«relativamente omogenea, che elaborasse una cultura propria» (Dubet e Lapeyronnie
1992, 51).
Le istituzioni e gli organi di riferimento per la classe operaia, che si sono
costituiti in quest’epoca, entrano pian piano in crisi verso la fine degli anni Settanta,
per effetto della modernizzazione che cambia la composizione sociale degli abitanti
delle banlieues.
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Dal punto di vista sociologico, il concetto di “banlieue rouge” può essere così riassunto: «il modo
d’organizzazione sociale che risulta dall’incontro, attorno ad un sistema politico municipale, di una comunità
popolare e di una coscienza di classe operaia» (Dubet e Lapeyronnie 1992, 49)
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1.2 L’evoluzione urbana
La ricostruzione dell’evoluzione urbana che ha interessato la cintura
periferica parigina è significativa per capire come le politiche di edilizia pubblica
affrontate negli ultimi cinquant’anni siano uno dei fattori che concorrono a definire
il contesto in cui sono scoppiati i tragici fatti dell’autunno 2005.
Negli anni che seguono la Seconda Guerra Mondiale, la periferia della
capitale francese si ricopre di bidonville: alloggi precari e insalubri di cui lo Stato
francese si occupa a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Interviene attraverso
finanziamenti pubblici alle imprese edili e assoldando i migliori architetti e urbanisti
dell’epoca nella realizzazione, all’interno delle Zones à urbaniser en priorité (ZUP), dei
grands ensembles (decreto del 31 dicembre 1958): «operazioni urbanistiche di minimo
500 alloggi da realizzare entro una scadenza stabilita» (Stébé 2007, 31) ovvero,
secondo Lacoste, «un’unità abitativa relativamente autonoma formata da edifici
collettivi, costruiti in un lasso di tempo abbastanza breve, in accordo ad un piano
globale che comprende più di circa 1000 alloggi» (ibid. 2007, 41).
In seguito a questo nuovo programma di ammodernamento urbano, la
periferia parigina subisce un profondo stravolgimento giungendo in pochi anni alla
costituzione di 195 ZUP che rappresentano ben 2,2 milioni di alloggi di tipo Hlm,
Habitations à loyer modéré (abitazioni ad affitto regolamentato).
Nonostante questo enorme progetto di edilizia pubblica porti con sé
profonde speranze di rinnovamento della situazione degradata in cui versano i
sobborghi parigini, in pochi anni si assiste al suo precoce fallimento, dovuto:
1- a cause strutturali «il montaggio in serie delle pareti prefabbricate saldate
tra loro fa sì che si senta da una parte all’altra il rumore del trapano o del televisore.
Il piano intero vibra. L’isolamento termico e sonoro è insufficiente. Se ne
comprende il seguito: scarichi ostruiti, spazi condivisi impraticabili, crepe nelle
facciate, finestre che non si aprono più» (Rey 1996, 42-43);
2- a cause concettuali «[i grands ensembles] si volevano interclassisti − che
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