7
oggetto necessariamente pubblico
3
. Nell’esplicazione di questa attività 
la Pubblica Amministrazione non interviene come autorità, ma come 
parte, ponendosi sullo stesso piano del privato. 
Il procedimento di pubblico appalto è un esempio di attività 
amministrativa di diritto privato, in quanto, allo scopo di addivenire ad 
un contratto, che è sostanzialmente quello del Codice Civile, la 
Pubblica Amministrazione deve svolgere operazioni e fasi che 
escludano ogni arbitrio e che le garantiscano congrue condizioni 
contrattuali. Questa modalità di procedere è detta, quindi, attività 
amministrativa di Diritto Privato, in quanto la procedura dell’evidenza 
pubblica è composta da due procedimenti conseguenti: uno 
amministrativo, mentre l’altro è un procedimento negoziale privato di 
formazione del contratto
4
. È solo nel primo che si pone in evidenza il 
pubblico interesse che, in realtà, sottostà a tutta la procedura di 
pubblico appalto. 
In sostanza il procedimento di gara mira a trovare 
imprenditori la cui idoneità tecnica e morale, nonché la cui 
attrezzatura e potenzialità economico-finanziaria siano certe
5
. 
Tale scelta è fondata su meccanismi in linea di massima 
concorrenziali, determinati e fondati sull’evidenza pubblica, in modo 
tale che sia minimizzato ogni elemento discrezionale. Questo 
principio è fondamentale nella disciplina comunitaria; ciò è 
chiaramente riscontrabile nelle fonti comunitarie, come la direttiva 
93/37, quando, fra le premesse, richiede lo “sviluppo di una 
                                                           
3
 Sull’attività di Diritto Privato della Pubblica Amministrazione cfr. SANDULLI, Manuale di 
Diritto Amministrativo, Napoli, 1984, p. 509 e segg.; GIANNINI, Diritto Amministrativo, 
Milano, 1988, p. 435 e segg. 
4
 GIANNINI, Diritto Amministrativo, Milano, 1988, p. 677 e segg. 
5
 Sulla natura giuridica del procedimento di pubblico appalto: CIANFLONE, L’appalto di 
opere pubbliche, Milano, 1999, p. 133 e segg.; FONTANAZZA, La gara d’appalto dei lavori 
pubblici, Milano, 1999, p. 5 e segg. 
 8
concorrenza effettiva nel settore degli appalti”. Quello della 
concorrenzialità è ritenuto il principio più idoneo ad ottenere più 
favorevoli condizioni contrattuali e ad evitare il pericolo di 
comportamenti illeciti. 
A corollario di tale importante principio si pone la par 
condicio fra concorrenti, in quanto, senza di essa, il concorso pieno 
non può essere raggiunto. Del resto la concorrenzialità verrebbe 
annullata da una diversità di informazioni o di condizioni soggettive. 
Conseguenze della par condicio sono il principio della 
segretezza e tutte quelle disposizioni varate al fine di evitare ogni 
turbativa d’asta. Chiari esempi della presenza di tale principio si 
ritrovano nell’obbligo di presentare offerta in busta chiusa e nella 
disciplina dell’accesso alle informazioni, contenuta nell’art. 22 della l. 
109/94, ove si vieta la diffusione dell’elenco dei soggetti che hanno 
presentato offerte, nel caso di pubblici incanti, e di quelli che hanno 
fatto richiesta d’invito, in caso di licitazione privata, di appalto-
concorso o di gara informale. 
La par condicio è rispettata anche con l’adozione del 
principio di pubblicità della seduta di gara, finalizzato a garantire un 
controllo sulla correttezza delle operazioni. 
Un ulteriore corollario al principio di concorrenzialità è quello 
del favor. Con esso si sancisce il fatto che, pur rimanendo vero che 
ogni violazione delle prescrizioni in bando o nella lettera d’invito 
implica l’esclusione di un soggetto dalla gara, nel dubbio 
interpretativo prevale la tesi più favorevole all’ammissione. Del resto 
è interesse della Pubblica Amministrazione il raggiungimento della 
più ampia partecipazione possibile. Quindi solo all’inosservanza delle 
clausole “a pena d’esclusione” consegue l’effettiva esclusione di un 
soggetto dalla gara. 
 9
Altro principio che si ritrova in questo procedimento è quello 
di correttezza e legalità, con la conseguenza che l’Amministrazione 
stabilirà criteri di valutazione oggettivi prima dell’apertura delle buste 
delle offerte. Per contro il concorrente dovrà possedere i requisiti di 
qualificazione fino alla conclusione della gara
6
. 
Vi è, infine, un principio piuttosto interessante anche ai fini 
della semplificazione del procedimento e che va sempre più 
rafforzandosi specie in giurisprudenza, che è quello dell’economia del 
procedimento. Significativa è la recente giurisprudenza: “In virtù del 
principio di conservazione degli atti, è legittimo l’operato della 
Pubblica Amministrazione la quale, accertata l’esistenza di vizi nella 
procedura, dispone l’annullamento e il rinnovo degli atti successivi a 
quello illegittimo, e non già dell’intera procedura”
7
. 
Se si esclude la trattativa privata, che è un metodo di scelta 
del contraente per il quale bisogna effettuare un analisi a sé stante, in 
quanto sistema eccezionale rispetto alla regola, si può affermare che 
tali principi permeano tutto il procedimento di pubblico appalto e 
condizionano l’operato della Pubblica amministrazione. 
Come ogni procedimento, anche quello di pubblico appalto 
non può prescindere da regole rigide e fasi collegate fra loro in 
successione logica e teleologica atte ad assicurare il rispetto dei 
principi cui si è accennato. Anzi, si può dire che un procedimento è 
una serie di regole, il cui rispetto condiziona la validità di ogni fase 
che lo compone. Il procedimento di pubblico appalto non è estraneo a 
questo tipo di ragionamento e, come ogni procedimento ad evidenza 
                                                           
6
 CRISAFULLI, TARANTINO, CARINGELLA (a cura di), La nuova legge quadro sui lavori 
pubblici, Milano, 1999, p. 255 e segg.; BELLAGAMBA, Autocertificazione e semplificazione 
della gara d’appalto, Milano, 1999, p. 23 e segg. 
7
 TAR Piemonte, sez. II, 3 febbraio 1999, n. 227, in Edilizia e Territorio, 1999, 21, p. 58 
 10
pubblica, è composto di fasi imprescindibili ai fini del buon 
andamento della procedura
8
. 
Da anni ormai si sente l’esigenza di semplificare i 
procedimenti pubblici in generale. Le esigenze di celerità di azione da 
parte della Pubblica Amministrazione e facilità di partecipazione da 
parte dei cittadini condizionano sempre di più i procedimenti, facendo 
della semplificazione un vero e proprio modello legislativo
9
. 
Per quanto riguarda il procedimento di pubblico appalto si 
nota che la semplificazione si scontra spesso con i fini stessi del 
procedimento. La Pubblica Amministrazione vuole trovare un 
contraente con cui stipulare un contratto di appalto alle migliori 
condizioni possibili. È chiaro quindi che un procedimento che ha tale 
scopo si scontra con una complessità di fatto che può limitare la 
semplificazione di diritto
10
. 
Analizzando le fasi del procedimento di pubblico appalto si 
nota come la semplificazione abbia operato in modo settoriale. Ciò sta 
a significare che la scelta operata dal legislatore, anche con l’ultima 
riforma, non è stata quella di semplificare il procedimento in quanto 
tale, ma di utilizzare norme che prendono in considerazione istituti 
che vanno a snellire lo svolgimento di determinate operazioni e fasi. 
L’esempio più eclatante di tale modus operandi è l’istituto 
dell’autocertificazione, che ha rivoluzionato i metodi di presentazione 
della documentazione sia prima sia durante la gara effettiva. In questo 
modo si semplifica l’adempimento di un obbligo, più che lo 
                                                           
8
 VIGNOCCHI, GHETTI, Corso di diritto pubblico, Milano, 1991, p. 700 e segg. 
9
 ARENA, La semplificazione della documentazione amministrativa, commento al dpr 20 
ottobre 1998, n. 403, in Giornale di diritto amministrativo, 1999, 4, p. 299 e segg. 
10
 CARINGELLA (a cura di), La nuova legge quadro sui lavori pubblici, Milano, 1999, p.3 e 
segg. 
 11
svolgimento di una fase. Se si ha snellimento del procedimento, esso è 
solo indiretto. 
In rari casi la riforma dei pubblici appalti si è preoccupata di 
semplificare il procedimento vero e proprio. Un esempio è la 
licitazione privata semplificata, introdotta ex art. 23, commi 1-bis e 1-
ter, legge 109/94, come novellato dalla legge 415/98, che dà la 
possibilità alla stazione appaltante di usufruire di una procedura snella 
nella realizzazione di opere minori. Non è assolutamente pacifico, 
però, che con tale metodo si sia raggiunta una vera e propria 
semplificazione. 
Gli indici normativi della semplificazione del procedimento di 
pubblico appalto sono ancora vari. Pure con questa analisi si può 
mettere in luce il modo con cui il legislatore ha operato. Infatti, per 
quanto riguarda lo svolgimento del procedimento, il quadro normativo 
è chiaro: fin dalla prima formulazione della legge 11 febbraio 1994, n. 
109 si è voluto realizzare una sorta di testo organico per gli appalti. In 
effetti, la svolta attuata con la 109/94 fu, dal punto di vista giuridico, 
storica in quanto da una serie numerosa di disposizioni normative si è 
passati ad un testo che contiene le norme fondamentali in questa 
materia.  
La l. 109/94 costituisce, insieme alle leggi 2 giugno 1995, n. 
216 e 18 novembre 1998, n. 415, che la hanno modificata, un 
completo riordino del settore. La legge-quadro fa largo uso della 
delegificazione, demandando a fonti regolamentari il compito di 
definire la disciplina più compiuta e dettagliata. 
Costituiscono in materia strumenti di notevole importanza 
anche le direttive della Comunità europea. Ai fini della libertà di 
stabilimento e di prestazione di servizi all’interno dei paesi membri 
sono state emanate diverse direttive concernenti la materia degli 
appalti pubblici. Tali norme sono state raccolte in direttive di 
 12
coordinamento fra cui la n. 93/37, riguardante i lavori e la n. 93/38, 
concernente i cosiddetti “settori esclusi” (acqua, energia, trasporti, 
telecomunicazione)
11
. Da ultimo è stata emanata la direttiva 97/52 del 
13 ottobre 1997, allo scopo di adeguare la normativa comunitaria 
all’Accordo sugli appalti pubblici, contenuto nel IV Allegato 
dell’Accordo di Marrakech del 15 aprile 1994, istitutivo del WTO
12
. 
La direttiva 97/52 è andata a modificare la 92/50 (servizi), la 93/36 
(forniture) e la 93/37 (lavori). Essa prevedeva il termine di un anno 
(art.4) entro il quale lo Stato avrebbe dovuto conformarsi. Non 
essendo ciò avvenuto ed essendo le disposizioni in parola 
sufficientemente precise e dettagliate, la direttiva 97/52 risulta 
direttamente applicabile in Italia, quindi la normativa nazionale andrà 
disapplicata se in palese contrasto con esse
13
. 
Le soglie di applicazione delle direttive comunitarie sono oggi 
espresse in Diritti Speciali di Prelievo (DSP). La soglia comunitaria di 
5 milioni di DSP corrisponde a 5.150.548 € e a 10.158.594.510 Lire
14
. 
Va detto, inoltre, che, in applicazione della normativa comunitaria, gli 
importi espressi in ECU devono intendersi espressi in Euro. 
L’introduzione nel nostro ordinamento di questa divisa risulta, 
peraltro, confermata dall’art. 4, comma 1 dello schema di regolamento 
di attuazione della legge-quadro sui lavori pubblici
15
 
                                                           
11
 CIANFLONE, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 1999, p. 184 e segg. 
12
 World Trade Organization: Organizzazione Mondiale per il Commercio 
13
 Corte Costituzionale, 8 giugno 1984, n. 170, in Giurisprudenza costituzionale, 1984, I, 
1098; Corte Costituzionale, 11 luglio 1989, n. 389, in Foro italiano, 1991, I, 1076; in 
dottrina: LAURIA, Appalti pubblici e mercato unico europeo, Torino, 1991, p. 39 e segg.; DI 
ROSE, Le novità della Merloni-ter e loro compatibilità comunitaria: prime riflessioni di 
ordine sistematico, in Il Consiglio di Stato, 1998, II, p. 1701 
14
 FONTANAZZA, Premessa a La gara d’appalto dei lavori pubblici, Milano, 1999, p. XV e 
segg. 
15
 cfr. schema di regolamento ai sensi dell’art. 3, l. 109/94, reperibile sul sito Internet del 
Ministero dei Lavori Pubblici, all’indirizzo www.llpp.it  
 13
Assai diverso è il quadro normativo della semplificazione del 
procedimento. Qui ci troviamo di fronte ad una maggiore eterogeneità, 
comprensibile anche per il fatto che, come già rilevato, la 
semplificazione opera per istituti e non per procedimenti. In sostanza 
lo snellimento prende vita da strumenti legislativi che si applicano a 
più procedimenti amministrativi. 
Una prima suddivisione da operare è fra indici di 
semplificazione della gara d’appalto e quelli riguardanti l’istituto della 
autocertificazione, che si applicherà a tutta la documentazione a base 
di gara. 
Per quanto riguarda la semplificazione della gara d’appalto la 
norma più importante, fino all’entrata in vigore del dpr 20 ottobre 
1998, n. 403, era il dlgs 19 dicembre 1991, n. 406: qui la 
semplificazione originava un vero e proprio modello procedimentale 
ad applicabilità generale, sia per settore (lavori, forniture e servizi), sia 
per importo (sopra e sotto la soglia comunitaria). In particolare l’art.30 
del dlgs 406/91 è stato implicitamente abrogato dal dpr 403/98, data 
l’abolizione della figura della dichiarazione provvisoriamente 
sostitutiva di certificazione: oggi le dichiarazioni sostitutive non sono 
più provvisorie. 
Altra norma principale in materia di semplificazione degli 
appalti pubblici è contenuta nel dlgs 24 luglio 1992, n. 358. In tale 
decreto, all’art.11, comma 2, viene introdotta in maniera diretta la 
normativa chiave della semplificazione: la legge 4 gennaio 1968, n. 
15, sull’autocertificazione. È da notare, poi, il fatto che il già citato 
dpr 403/98 ha semplificato radicalmente anche l’onere documentale 
per il concorrente di uno Stato CE, parificandolo ai concorrenti 
italiani. 
Per quanto riguarda, invece, l’istituto dell’autocertificazione si 
può trovare la disciplina di base nella l.15/68. Tale legge ha subito una 
 14
prima sostanziale modifica con la legge 15 maggio 1997, n. 127, la 
cosiddetta Bassanini 2; un’ulteriore modifica si ha con la legge 16 
giugno 1998, n. 191, la cosiddetta Bassanini 3
16
. La modifica 
definitiva della disciplina dell’autocertificazione si ha, infine, con il 
dpr 20 ottobre 1998, n. 403
17
. 
Tale tesi si pone come scopo di delineare in maniera organica 
tali numerosi indici normativi. 
Verrà analizzata ogni fase ad evidenza pubblica del 
procedimento di pubblico appalto, con particolare riferimento ai lavori 
pubblici, ponendo attenzione alle modifiche apportate dalla legge 18 
novembre 1998, n. 415 (Merloni-ter). In particolare la tesi, dopo una 
breve analisi degli istituti della semplificazione del procedimento 
amministrativo, si soffermerà ad analizzare le fasi toccate dalla ultima 
normativa sulla semplificazione ponendole in rapporto anche con la 
normativa previgente. 
 
                                                           
16
 BELLAGAMBA, La semplificazione della gara d’appalto, fra autocertificazione integrale e 
opzione preferenziale per la procedura aperta, in I contratti dello Stato e degli enti 
pubblici, 1998, 1, p. 13 e segg. 
17
 Regolamento di attuazione degli articoli 1, 2 e 3 della legge 15 maggio 1997, n. 127, in 
materia di semplificazione delle certificazioni amministrative. 
 15
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 1 
Gli istituti della 
semplificazione 
 
 
 16
1.1 Generalità 
 
Ogni organizzazione, nell’esercizio della propria attività 
necessita di acquisire informazioni e dati; la pubblica amministrazione 
non è immune da tale ragionamento, anzi per essa l’acquisizione delle 
informazioni è di estrema importanza, in quanto necessaria alla 
valutazione dei requisiti che la legge richiede per l’emanazione di 
determinati provvedimenti. 
I dati e le informazioni necessarie possono costituire il 
contenuto di documenti pubblici certificabili in possesso dell’ente 
procedente, ovvero in possesso di un’amministrazione diversa, 
possono essere presenti in documenti privati in possesso 
dell’amministrazione procedente, o in possesso di un’amministrazione 
diversa da quella procedente, oppure, ancora, non in possesso di 
alcuna amministrazione, ma in possesso del cittadino. 
L’attività di acquisizione dell’informazione deve rispettare 
l’importante esigenza della certezza giuridica del dato fornito e quella, 
non meno sentita, della semplificazione dell’attività amministrativa. 
Per molto tempo la pubblica amministrazione ha richiesto, ai 
cittadini che presentavano un’istanza, la presentazione di certificati 
che comprovassero il possesso dei requisiti richiesti ai fini del 
procedimento. 
Tale modo di operare soddisfaceva sicuramente il requisito 
della certezza giuridica delle informazioni su cui, poi, 
l’amministrazione avrebbe fondato le sue decisioni, in quanto ogni 
certificato rilasciato da una pubblica amministrazione è un atto 
pubblico, quindi la sua veridicità fa fede fino a prova di falso. 
Pur rispettosa della certezza giuridica, una prassi di questo 
tipo espone l’amministrazione a rallentamenti che incidono 
profondamente sull’efficienza e l’efficacia del suo operato. D’altro 
 17
canto, espone il cittadino a notevoli difficoltà nell’intrattenimento di 
rapporti con la sfera pubblica, dovendo spesso recarsi presso una 
pubblica amministrazione per farsi rilasciare un certificato da 
consegnare, poi, ad un’altra amministrazione. Nel 1996 ogni italiano, 
mediamente, si è presentato agli sportelli della pubblica 
amministrazione dalle 30 alle 45 volte, con una conseguente perdita di 
15, 20 giornate lavorative, per altro verso la produzione di certificati è 
stata stimata in circa 100 milioni e il 70% ha avuto come destinatari 
altri enti della stessa pubblica amministrazione
18
. 
La semplificazione, come si può notare, è stata, più che 
un’esigenza, una vera e propria necessità e ha richiesto l’utilizzo di 
strumenti alternativi alla presentazione del certificato. 
 
1.1.1 L’evoluzione normativa 
La semplificazione in materia di presentazione di documenti 
alla pubblica amministrazione ha avuto inizio con la legge 4 gennaio 
1968, n. 15. Tale legge ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto 
della dichiarazione sostitutiva. 
Con questo strumento il cittadino si sostituisce alla pubblica 
amministrazione e dichiara egli stesso ciò che dovrebbe comparire in 
un certificato. 
Altri strumenti di semplificazione sono l’estrazione di dati da 
documenti esibiti dal cittadino, l’accertamento d’ufficio e l’autentica 
di copie. 
La legge fin dall’inizio è stata applicata parzialmente ed in 
modo spesso distorto, infatti furono presi in considerazione solo gli 
strumenti che rafforzavano la certezza giuridica, come nel caso 
dell’autentica delle sottoscrizioni, richiesta per ogni istanza da 
                                                           
18
 Inchiesta pubblicata in ANCI Rivista, 1996, 6. 
 18
presentare alla pubblica amministrazione, anche se non espressamente 
previsto da alcuna legge. 
L’aspetto innovativo della legge non fu considerato: le 
amministrazioni continuarono a richiedere i certificati e non 
informavano il cittadino sulla possibilità di autocertificare. I motivi 
per tale mancata applicazione sono numerosi, ma si possono 
sicuramente annoverare fra essi la mancanza di cultura del servizio, la 
frequente incomunicabilità delle amministrazioni, la loro attività 
particolarmente autoreferenziale ed, infine, un rapporto 
frequentemente autoritativo, più che collaborativo, nei confronti del 
cittadino. 
All’inizio degli anni ’90 si assiste ad una rinnovata attenzione 
nei confronti del rapporto fra cittadini ed amministrazione. In questi 
anni è iniziata un’intensa stagione di riforme, incentivata dall’esigenza 
di avere una pubblica amministrazione efficiente, in grado di erogare 
servizi simili, dal punto di vista qualitativo, a quelli del settore privato. 
Il primo richiamo a tali principi in sede legislativa è stato 
effettuato con la legge 7 agosto 1990, n. 241. La legge, nell’attuare i 
principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento della 
pubblica amministrazione, prescrive espressamente, all’art. 18, per le 
amministrazioni, l’adozione di tutte le misure idonee a garantire 
l’applicazione della legge 15/68 e amplia la possibilità di utilizzo degli 
strumenti dell’accertamento d’ufficio e delle dichiarazioni sostitutive 
dell’atto di notorietà. 
L’art. 18, comma 3, della l. 241/90 estende in maniera 
particolare le ipotesi di accertamento d’ufficio, ponendo l’obbligo di 
utilizzare questo istituto per tutti i fatti, stati e qualità personali che la 
stessa amministrazione o altra pubblica amministrazione è tenuta a 
certificare. 
 19
Un ulteriore passo avanti nell’applicazione della l. 15/68 si ha 
con l’emanazione del dpr 25 gennaio 1994, n. 130, “Regolamento 
recante norme attuative, della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con 
particolare riferimento all’art. 3 e ad altre disposizioni in materia di 
dichiarazioni sostitutive”. L’art. 3 della l. 15/68, oggi abrogato, 
insieme al dpr 130/94, dal dpr 403/98, prevedeva l’emanazione di 
regolamenti, da parte delle singole amministrazioni, concernenti 
l’individuazione degli stati, fatti o qualità personali per i quali fosse 
ammissibile la dichiarazione temporaneamente sostitutiva. La mancata 
emanazione di tali regolamenti aveva di fatto impedito l’uso delle 
dichiarazioni temporaneamente sostitutive. Lo scopo del dpr 130/94, 
oltre a rendere più semplice la presentazione delle dichiarazioni 
sostitutive, è stato quello di colmare questo vuoto normativo, 
diventando, così, il regolamento di riferimento per la presentazione 
delle dichiarazioni temporaneamente sostitutive. 
L’evoluzione in tema di semplificazione nella presentazione 
di documenti alla pubblica amministrazione si conclude con la legge 
15 maggio 1997, n. 127, che segna l’ultima fase di modifica alla l. 
15/68, e culmina con l’emanazione del regolamento di attuazione 
degli artt. 1, 2 e 3 della stessa, contenuto nel dpr 20 ottobre 1998, n. 
403. 
Le nuove norme facilitano in modo particolare il ricorso alle 
dichiarazioni sostitutive, con l’abolizione dell’autentica della 
sottoscrizione e la definitività della dichiarazione.