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le scelte e le decisioni imprenditoriali in merito ai 
processi produttivi e all’organizzazione tengano conto 
di tutte le informazioni di mercato, delle risorse 
disponibili, delle nuove tecnologie, delle conoscenze e 
delle competenze soggettive e collettive per 
determinare esiti soddisfacenti, affrontando situazioni 
nuove con comportamenti decisionali non di routine.  
I principali stimoli al mutamento di routine 
decisionali-comportamentali sono costituiti dalla 
percezione di esiti insoddisfacenti in relazione ai 
mutamenti dell’ambiente esterno, in risposta a nuove e 
creative sfide competitive, per saggiare delle 
opportunità inesplorate. (D.Primicerio 1997) 
La nuova e creativa sfida competitiva, attualmente, 
viene lanciata dalle imprese sociali del Terzo Settore, 
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che attivano al loro interno innovazioni gestionali di 
tipo organizzativo, relazionale e di processi produttivi; 
innovazioni nei modelli economici, perché si basano 
sulla domanda dell’utenza e perché si prefiggono non il 
massimo profitto col minimo dei costi, ma il benessere 
sociale degli individui, istaurando relazioni fiduciarie, 
offrendo servizi di qualità, garantendo impegno 
costante e operando per il contenimento dei costi. Sta 
sempre più diffondendosi nella società civile la 
consapevolezza che metodi efficienti non equivalgono 
necessariamente a buone decisioni: una società può 
produrre oggetti di straordinaria qualità, in tempi 
frazionali e a minimi costi, ma questi oggetti possono 
anche non rappresentare la scelta migliore per gli 
obiettivi della società stessa (G.Lo Martire 1999). 
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Da ciò nasce il grande interesse negli Stati Uniti, in 
Europa e in Italia per il Terzo Settore. Esso promuove 
una cultura solidaristica che va a migliorare 
l’efficienza complessiva del sistema, producendo in 
modo innovativo servizi a favore della collettività e 
nuove aree occupazionali, nell’ottica di un welfare mix 
finalizzato all’efficacia, alla qualità e all’equità. 
Il Terzo Settore si affianca agli altri due: il Mercato e 
lo Stato. Nelle politiche economiche dei tre diversi 
settori esistono differenze sostanziali. 
Nel settore del mercato l’unità produttiva è un’impresa 
privata, che mediante il processo produttivo prevede di 
raggiungere determinati livelli di produzione da 
immettere sul mercato, per ricavarne con la vendita 
almeno l’equivalente delle spese sostenute, ma in 
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effetti l’obiettivo dell’impresa è di massimizzare il 
proprio profitto minimizzando i costi di produzione. 
La politica economica dello Stato riguarda gli 
interventi di redistribuzione del reddito, che dovrebbe 
tendere a ridurre le disuguaglianze nel garantire i 
servizi e la loro equanime qualità; di assistenza ai più 
poveri e alle imprese in difficoltà; di previdenza 
sociale; di politiche di sviluppo della ricchezza e di 
controllo delle attività economiche. 
Gli obiettivi fondamentali dello Stato a livello macro o 
nazionale sono: la piena occupazione della forza 
lavoro, o almeno il mantenimento del livello più alto 
possibile di occupazione; la stabilità del costo della 
vita; l’equilibrio nella bilancia dei pagamenti con 
l’estero. 
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Il Terzo Settore è una nuova forma di mercato, 
comprende tutte le organizzazioni private senza scopo 
di lucro, finalizzate all’erogazione di servizi alla 
persona e all’inserimento lavorativo. Fanno parte del 
Terzo Settore: soggetti di volontariato, associazioni, 
fondazioni, imprese e cooperative sociali che 
promuovono soluzioni alternative alla crisi dei modelli 
tradizionali di benessere sociale, mediante un impegno 
civile e solidale. Gli organismi che lavorano nel Terzo 
Settore si propongono di offrire maggiori e più 
qualificati servizi a costi minimi in risposta alla 
domanda sociale e di ampliare l’offerta occupazionale. 
Il Terzo Settore è una realtà associativa che intende 
rinnovare lo stato sociale. Lester M. Salamon (1996), 
direttore amministrativo della Johns HopKins 
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University di Baltimora, proprio per individuare le 
motivazioni e le origini di questa “rivoluzione 
associativa”(così definita da Salamon stesso), ha dato 
vita ad una ricerca internazionale che coinvolge 13 
Paesi per conoscere le dimensioni del fenomeno. Dai 
dati della ricerca risulta che le organizzazioni del 
Terzo Settore sono una forza economica dinamica, 
consistente ed importante in tutto il mondo. In 
Germania, Francia e Stati Uniti gli occupati del Terzo 
Settore risultano essere il doppio degli occupati in tutti 
gli altri settori dell’economia. In Italia il Terzo Settore 
è meno sviluppato che negli altri Paesi. La storia del 
non profit americano è cominciata 100 120 anni fa.  
La situazione è ben diversa in Italia, dove la struttura 
produttiva dominante è costituita dalla piccola e media 
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impresa. Negli Stati Uniti la produzione privata è 
gestita dalla grande impresa multinazionale; non 
esistono le cooperazioni e l’elemento centrale del non 
profit è la fondazione, in Italia, invece è 
l’associazione.  
La fondazione ha vita grazie ad un fondatore molto 
ricco che lascia parte del suo patrimonio per una 
specifica causa. La fondazione va dal vertice alla base. 
In Italia l’associazione è l’espressione della volontà di 
più cittadini di dar vita ad un’organizzazione 
fortemente carica di ideali per il bene della collettività. 
Negli Stati Uniti il Terzo Settore ha assorbito gran 
parte dei disoccupati ed ancora offre possibilità di 
occupazione. L’Italia, in piena crisi economica e 
sociale, sulla scia del miracolo americano cammina 
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sempre più speditamente verso un programma civile di 
cittadinanza attiva e di solidarietà sociale, 
rappresentato dall’impresa sociale. 
La promozione e il consolidamento del Terzo Settore sono gli 
assi portanti di una riforma che conduce verso un sistema misto 
fondato su strategie di solidarietà e di sussidiarietà, capace di 
stimolare un forte processo partecipativo e di mettere in campo 
nuove strategie. 
Il mondo del non profit è finalizzato prima di tutto alla 
massimizzazione del benessere sociale attraverso l’offerta di 
servizi e l’inserimento lavorativo. Esso ci mostra come è 
possibile conseguire obiettivi di efficienza e razionalità 
economica a partire da gruppi di persone che si associano perché 
motivate da valori solidaristici ad impegnarsi a servizio di varie 
forme di marginalità e di disagio sociale.  
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Nel mondo del non profit il comportamento è basato sulla 
fiducia, gli standard normativi sono condivisi e viene evitato 
l’opportunismo (Granovetter 1995). 
Le organizzazioni del Terzo Settore, proprio perché si basano 
sulla lealtà e sulla fiducia reciproca dei componenti, sul consenso 
sociale e sulle relazioni, riescono spesso a trovare soluzioni ad 
alcuni dei problemi maggiori che travagliano le imprese 
tradizionali e che si manifestano sotto forma di conflitti. 
Per le organizzazioni del Terzo Settore, molto di più che nelle 
aziende produttive, una guida carismatica rappresenta spesso una 
risorsa fondamentale, perché un leader riesce a entusiasmare 
collaboratori e sostenitori, a creare un clima di lavoro positivo, a 
decidere in maniera rapida e a contenere i conflitti interni, 
mantenendo l’obiettivo primo di supporto alla società. 
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Un altro elemento delle imprese sociali è la maggiore efficienza, 
in termini di contenimento dei costi di produzione, dovuta alla 
minore remunerazione che i soggetti sono disposti ad acquisire a 
fronte di un lavoro più gratificante e ad un modello organizzativo 
che si basa  sulla partecipazione di tutti i componenti alla azione 
imprenditoriale con possibilità di una crescita del giro d’affari e 
di uno sviluppo dell’organizzazione aziendale più rapidi e 
“spontanei”. 
L’innovazione quindi viene intesa nella sua realtà sociale, e 
quindi le sue problematiche di economia e gestione sono state 
intese nel loro riferimento a “nuovo” settore sociale. 
 
 
 
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Capitolo I 
Che cos’è il Terzo Settore 
 
I.1  L’impresa sociale 
    Per la realizzazione dell’Europa unita in tutte le sue 
espressioni, dai mercati economici alla lotta 
all’emarginazione, si profila all’orizzonte il 
raggiungimento di un nuovo e particolare obiettivo: il 
riconoscimento, da parte dei Paesi dell’Unione, della 
“dimensione imprenditoriale” anche alle imprese 
sociali. 
Le imprese sociali, a differenza del volontariato o 
dell’associazionismo, realizzano le proprie finalità sociali 
attraverso attività imprenditoriali e commerciali. Sono imprese 
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con duplice vocazione: generare equità sociale, svolgendo servizi 
a favore delle persone più deboli per età o per condizioni di vita, 
offrendo contemporaneamente opportunità occupazionali. (vedi 
fig.1) 
L’interesse crescente per l’impresa sociale è motivato dal 
riconoscimento delle potenzialità economiche e sociali del Terzo 
Settore, ovvero di quegli organismi che non si riconducono 
all’impresa orientata al lucro, né agli enti pubblici. Tramontata 
l’epoca di un ruolo secondario e residuale per il Terzo Settore, 
oggi va nascendo una nuova linea di pensiero che ne evidenzia i 
vantaggi rispetto al settore privato e a quello pubblico. 
(Francesco M. De Sanctis Rettore dell’Istituto Universitario Suor 
Orsola Benincasa. Convegno di Studio: “Europa, Mezzogiorno, 
Impresa Sociale” Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa 
Napoli 25/06/1999)