5 
INTRODUZIONE 
        
 
         In epoche passate, lo strumento simulatorio è stato uno dei 
più usati nel Diritto Privato. Nel corso degli anni si sono susseguiti 
numerosi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali sulla natura del 
fenomeno e sulle problematiche che la simulazione ha generato sul 
piano degli effetti e in ambito strettamente probatorio. 
         Il concetto di simulazione si lega indissolubilmente al più 
generale e astratto fenomeno dell’apparenza, per la medesima 
capacità di celare, assolutamente o relativamente, una realtà che per 
differenti ragioni, non vuole essere palesata. 
        A causa della insita natura ingannevole del fenomeno 
dell’apparenza, il nostro ordinamento si preoccupa di dettare una 
apposita disciplina volta a rafforzare la tutela, in special modo verso 
terzi e creditori lesi, contro l’intenzionalità del ricorso alla 
menzogna. 
        Cosa sia davvero la simulazione, il nostro codice civile non 
lo stabilisce, disciplinando la fattispecie solo dal punto di vista degli 
effetti, dei rapporti con i creditori e terzi, e con riguardo al carattere 
probatorio (artt. 1414-1417 c.c.).  
        Quel che è certo è che l’ordinamento non vieta alle parti 
private di celare un rapporto giuridico dietro una mera apparenza, 
anzi lo consente espressamente dettando dei precisi limiti a tutela 
dei terzi; in genere, le parti creano un’apparenza negoziale non 
 6 
corrispondente al reale con il proposito di eludere diritti o 
aspettative di terzi, non essendo però elemento necessario della 
simulazione l’intento fraudolento1. 
        Il contratto simulato non costituisce in sé un atto illecito e, 
dunque, non è fonte di responsabilità dei contraenti  nei confronti di 
terzi. Essi, pertanto, non hanno titolo al risarcimento dei danni nei 
confronti delle parti che hanno stipulato il contratto simulato, se 
non in presenza, nel concorso di tutti i relativi elementi costitutivi, 
di un atto  ex art. 2043 c.c. (fatto doloso o colposo, danno ingiusto), 
qualificato, in particolare, dall’intenzionale lesione di un diritto del 
terzo ovvero della lesione stessa come effetto  di mancanza di 
prudenza,  di perizia, di diligenza; elemento che non è normalmente 
implicito nel fatto stesso della simulazione2. 
        Non è compito facile recuperare la nozione giuridica della 
simulazione al di fuori delle teorizzazioni senza, tuttavia,  
dimenticarle, perché anche norme e fatti non sono percettibili al di 
fuori delle interpretazioni e, quindi, della storia del pensiero 
giuridico. 
        Volontà, dichiarazione, apparenza, sono stati per anni, e lo 
sono tutt’oggi, elementi di grande importanza per capire meglio la 
natura del fenomeno e non a caso su di essi numerosi autori di 
dottrina e giurisprudenza hanno incentrato le loro teorie, 
valorizzando questo o quell’altro elemento, risentendo spesso degli 
                                               
1
 C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. III, Il Contratto, Milano, 1984, p. 697. 
2
 Cass. 26 febbraio 1991  n. 2085,  in Codice leggi d’Italia., 6/2001. 
 7 
orientamenti del tempo e di un apriorismo, seppur inconsapevole, 
imposto dalla cultura, dai costumi, dalle idee e dagli interessi 
intorno ai quali si coagulava il consenso sociale. 
        Prima di qualificare con chiarezza la fattispecie simulatoria, 
si ritiene utile analizzare, nei suoi tratti essenziali, la variegata 
casistica, dottrinale e giurisprudenziale, che ha studiato da vicino il 
fenomeno. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 8 
CAPITOLO PRIMO 
 
SIMULAZIONE: NOZIONE, NATURA DEL 
FENOMENO E AMBITO APPLICATIVO 
 
 
Sommario: - 1. Teorie dottrinali e giurisprudenziali sulla 
simulazione. Premesse ideologiche – 2. Fattispecie della 
simulazione. Accordo simulatorio e controdichiarazione –  3. Figure 
limitrofe –  4. Simulazione assoluta e relativa –  5. Interposizione 
fittizia e interposizione reale   – 6. Requisiti formali e sostanziali 
del contratto dissimulato – 7. Simulazione e atti unilaterali –  8. 
Simulazione e atti non negoziali – 9. Invalidità del negozio 
simulato. 
 
 
1. Teorie dottrinali e giurisprudenziali sulla simulazione.    
Premesse ideologiche. 
 
 
        Per pervenire ad una finale definizione della nozione di 
simulazione, saranno considerate le principali definizioni del 
fenomeno simulatorio: quella del volontarismo, quella del 
dichiarativismo, la teoria precettivistica e le teorie causali. 
         La differente concezione del negozio giuridico, intesa 
soggettivamente come autonomo atto di volontà e oggettivamente 
 9 
come dichiarazione della stessa, ha indubbiamente influenzato la 
nozione di simulazione in Italia. 
         Il dibattito al centro del quale si colloca il fenomeno 
simulatorio, inizia con la Pandettistica tedesca di fine ottocento, 
quando si confrontarono le tesi di coloro che sostenevano 
l’essenzialità dell’elemento volontaristico all’interno del negozio 
giuridico, e di coloro che, invece, indicavano nella dichiarazione di 
volontà la fonte degli effetti giuridici programmati dalla legge. 
         Secondo la concezione volontaristica, la caratteristica 
peculiare della simulazione risiede nella consapevole divergenza di 
entrambi i contraenti tra volontà e dichiarazione.                                                            
         Le parti pongono in essere una dichiarazione che, in 
maniera assoluta o relativa, diverge dalla loro effettiva volontà con 
il fine precipuo di ingannare i terzi, sul presupposto che la volontà 
negoziale viene considerata fonte essenziale di autonomia 
contrattuale3. L’elemento volitivo, in quest’ottica, rappresenta 
l’unico elemento rilevante per lo scopo da essi perseguito.  
         Resosi presto conto della rigidità di un simile dogma, si è 
tentato di affievolirlo e temperarlo, ponendo a carico della parte che 
dichiara coscientemente per ingannare altri, una responsabilità 
pecuniaria qualora l’inganno vada a ledere un diritto altrui 
producendo un danno4. 
                                               
3
 L. CARIOTA  FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, 
Napoli, 1948, p. 508. 
4
 F. FERRARA, La simulazione assoluta, in Riv. dir. civ., 1908,  p. 460. 
 10 
         Tuttavia, la sempre più crescente affermazione 
dell’economia nel diritto, la prevalenza della circolazione dei beni, 
del commercio e del reddito sulla statica proprietà del ceto borghese 
aristocratico, fecero  emergere l’esigenza di certezza e lealtà negli 
scambi intersoggettivi, certezza che veniva minata dalla concezione 
volontaristica dell’autonomia negoziale. 
        Si favorì così l’emergere della tesi dichiarazionistica e 
dell’importanza che veniva assumendo, non più la divergenza tra la 
volontà interna delle parti e la dichiarazione delle stesse, ma il più 
oggettivo contrasto tra le due dichiarazioni, quella simulata e quella 
a cui realmente le parti riconducevano gli effetti giuridici, capace 
secondo i casi di neutralizzare,  compensare e invalidare 
successivamente la prima5. 
        Con il deperimento della tesi volontaristica si afferma che 
non può esistere ed essere percettibile alcuna volontà fuori di una 
dichiarazione o esternazione, sia pure per fatti concludenti, e che, 
tale divergenza, diviene insostenibile perché pretende di accreditare 
una discrasia tra realtà disomogenee, che non possono presentare 
alcuna differenza specifica per mancanza del genere comune; non è 
possibile alcun giudizio di identità o differenza fra volontà e 
dichiarazione bensì solo fra dichiarazione e dichiarazione, quella 
simulata e quella sulla realtà del rapporto e che di simulazione si 
può parlare soltanto quando una delle dichiarazioni  appaia in tutto 
                                               
5
 F. MESSINA, La simulazione assoluta, in Riv. dir. civ., vol. I, 1907,  p. 393. 
 11 
o in parte incompatibile con le altre che costituiscono quella 
fattispecie6.  
        Il progressivo ridimensionamento delle dottrine fondate 
sulla dichiarazione, circa il tema specifico della simulazione, ha 
favorito approcci attenti all’esame della causa.  
        Secondo tali concezioni non è condivisibile ritenere il 
contratto simulato un contratto apparente perché privo di accordo: 
l’accordo c’è ed è presente, e si instaura proprio sull’apparenza del 
contratto. Il contratto simulato sarebbe piuttosto un contratto 
apparente perché privo di causa.  
        Secondo un’impostazione “Le dichiarazioni combinate per 
l’unicità dell’intento, distruggono l’una la causa dell’altra, 
lasciando in vita solo la spoglia morta, e lasciando perciò sussistere 
una parvenza di negozio”7. 
        La causa sarebbe, dunque, mancante in quanto, l’intesa della 
parti sulla divergenza tra contratto stipulato e realtà del loro 
rapporto, distruggerebbe la causa del primo, lasciando sussistere 
una mera apparenza di contratto. 
       Anche questa dottrina in verità ha lasciato spazio a critiche. 
       In primo luogo perché, argomentando di un contrasto fra 
l’intento e la causa, tale teorie finirebbero per ripercorre in realtà un 
                                               
6
 A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto, in tratt. di 
diritto privato, Torino, 2002,  cap.XII.  
7
 S. PUGLIATTI, La simulazione nei negozii unilaterali, in Diritto civile, 
Milano, 1951, p. 545. 
 12 
approccio strutturale e volontaristico: l’intento contrastante, che 
priverebbe della causa il contratto simulato, non è che l’interna 
volontà di non attenersi, nel  rapporto interno, alla regola dichiarata; 
sicché la causa non manca affatto, ma solo risulta contraddetta dalla 
volontà limitatamente al rapporto fra le parti.   
       In secondo luogo, bisognerebbe respingere una debolezza di 
fondo comune anche alle teorie volontaristiche e dichiarative, 
fondate essenzialmente su un erroneo riferimento al fenomeno 
dell’apparenza; si è argomentata l’evidenza della incompatibilità 
strutturale tra due differenti piani di appartenenza: quello 
dell’essere, proprio dell’apparenza, e quello del dover essere, a cui 
appartiene il diritto. 
      Il potere giuridico, a differenza del potere materiale, è 
insuscettibile di verificazione o falsificazione. Sicché non potendo 
essere o non essere, può essere giustificato o essere ingiustificato, 
ma non può apparire e non essere8.  
        A queste concezioni si ricollega un’altra teoria, che pone 
come problema centrale del fenomeno simulatorio il contrasto non 
di due asserzioni di fatti bensì di due regole negoziali, due 
dichiarazioni prescrittive: l’una celata, l’altra ostensibile incapace di 
esprimere il rapporto complessivo.  
      Tale teoria, che prende il nome di precettivistica, considera il 
negozio come una fattispecie caratterizzata da un contenuto 
precettivo, che ancor prima di essere elevato a dignità di fattispecie, 
                                               
8
 A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto,  cit. 
 13 
ha un’immediata efficacia normatrice autonoma, che trova 
fondamento solo in se stessa.  
      In quest’ottica, il negozio simulato si presenta come una 
componente formale di una più complessa attività simulatoria, 
creata per ingannare i terzi, da interpretare caso per caso, in 
relazione al contenuto dell’accordo: vi è simulazione quando le 
parti di un negozio bilaterale d’intesa fra loro dettano un 
regolamento di interessi diverso da quello che intendono osservare 
nei loro rapporti, perseguendo attraverso il negozio, uno scopo 
dissimulato divergente dalla sua causa tipica.  
      Scopo divergente che può essere pur sempre di autonomia 
privata, in quanto caratterizzi un tipo di negozio differente da quello 
simulato e conduce a ravvisare al di sotto dello stesso la figura di un 
negozio diverso o può essere di tutt’altra natura, estraneo ai compiti 
dell’autonomia privata.  
     Nella prima ipotesi la simulazione si usa qualificare relativa, 
nella seconda, in cui l’intento pratico non è rivolto a nessun 
negozio, la simulazione si vuol qualificare come assoluta (per 
esempio si compie un’alienazione senza nessuna causa che possa 
giustificarla solo per sottrarre ai creditori la garanzia costituita dai 
beni del debitore)9. 
       Nel contratto simulato non manca, dunque, né la volontà né 
la causa, ma entrambe sono viziate dal fatto di essere solo una parte 
della complessiva volontà e della complessiva causa, parte 
                                               
9
 E. BETTI , Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994,  p. 395. 
 14 
contraddetta perché  incompatibile, se presa come regola autonoma 
ed esclusiva, con la regolamentazione completa del rapporto. 
      La contraddizione tra regole, che ben può esistere e 
coesistere, come di fatto accade sia nel sistema legale che, per 
ragioni intenzionali, nel sistema dei rapporti privati, dà adito al 
conflitto; tale conflitto non può esistere nel sistema giuridico, 
perché questo appunto si propone di dirimere i conflitti. 
       Quando da quelle regole contraddittorie nasce tra le parti, o 
tra parti e terzi, o tra i terzi un conflitto, nasce realmente il 
problema della simulazione10. 
       Alla luce delle tante teorie sulla natura negoziale e no del 
fenomeno, sull’importanza o meno che si dà alla volontà delle parti, 
basandosi ora sul piano logico semantico, ora su quello strutturale,  
sicuramente si può constatare un dato che assume una grande 
importanza per capire il fenomeno simulatorio: il dualismo o 
contrapposizione se si preferisce, tra il contratto simulato e la 
controdichiarazione. 
       Anche se il documento contro il patto simulato può mancare, 
non potrà mai non esserci un segno, seppur tacito ed inequivoco 
della simulazione del patto tra le parti. 
       Esso è il loro accordo simulatorio; che non potendo restare 
totalmente interiore si esterna in una qualche (contro) 
«dichiarazione». 
                                               
10
 A. GENTILI, Il contratto in generale. Gli effetti del contratto, cit.