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1.1.1 Come i figli affrontano la separazione: conseguenze negative ma
normali
9
A volte ci si chiede se sia meglio che i figli vivano con entrambi i genitori in
conflitto tra loro oppure con uno solo di essi ma in un contesto più sereno. La
situazione peggiore, senza dubbio, è rappresentata da una separazione che
non mette fine al clima di ostilità.
Di tale animosità i figli costituiscono il contenitore, una sorta di cassa di
risonanza, in cui la sofferenza è affrontata in maniera differente in base alla
loro età, alle risorse su cui possono ancora fare affidamento, alla loro storia
personale e al loro quadro relazionale; infatti, per i bambini è difficile vivere
nella propria famiglia e fingere di non vedere e non sentire.
La decisione presa dai due coniugi di separarsi deve portare questi a
fermarsi a riflettere e capire come tale decisione possa avere dei riscontri
sugli schemi di riferimento dei figli, i quali sono inermi e non pronti a tale
cambiamento.
9
Tale espressione è stata ripresa dalle riflessioni della dottoressa Elisa Bonfede nel
documento “La PAS: elementi di criticità”, 2012, Associazione italiana Psicologia giuridica
(www.aipgitalia.org), la quale cerca di individuare le reazioni messe in atto dai figli in seguito
alla separazione dei genitori, secondo cui si distinguono delle conseguenze negative ma del
tutto normali, quali rabbia o sensi di colpa e che solo in condizioni estreme, di conflitto tra gli
ex-coniugi, sfociano nell’inconsueto e nel rischio.
13
Mentre gli anni ’80 si sono caratterizzati per la costante attenzione verso i
cosiddetti “figli contesi” e “figli invischiati” considerati bambini devianti che
subiscono gli effetti negativi e nocivi della separazione, la nuova prospettiva
scientifica tende a valutare l’esistenza di possibili risorse e gli effetti positivi
prodotti da tal evento, sia in un’ottica individuale intesa come opportunità di
crescita personale che secondo un’ottica relazionale quale costruzione di un
nuovo legame.
Con la separazione i genitori possono creare due situazioni contrastanti,
porre fine alle tensioni e trarre beneficio dal loro ruolo in un clima di serenità
comune, poiché sono in grado di creare un confine e tenere fuori i sentimenti
verso l’ex coniuge, oppure possono mantenere vivo il conflitto e non essere
in grado di preoccuparsi dei bisogni dei figli e dei riscontri negativi sul suo
sviluppo psico-emotivo.
In genere i figli che hanno vissuto separazioni altamente conflittuali hanno
una maggiore probabilità di sviluppare difficoltà psicologiche, sociologiche e
scolastiche. Una tra le più normali reazioni è la tristezza, alla quale può
seguire la rabbia e nella peggiore delle ipotesi l’odio. Il tipo di reazione che i
figli manifestano dipende molto dall’età.
I bambini tra i tre e i sei anni mostrano sintomi di regressione come ritornare
a fare pipì nel letto, succhiarsi il pollice, avere turbe del sonno, in questa
fascia d’età il bambino stabilisce un legame particolare con un oggetto come
14
un orsacchiotto o si rifugia nel mondo delle fiabe e far finta che nulla sia
successo.
Separazione e divorzio sono particolarmente difficili nella fase tra gli otto-
nove anni, poiché si verifica un calo dell’autostima e della stima verso il
genitore così che il bambino diventa più vulnerabile.
Negli adolescenti le reazioni sono sempre differenti, dal momento che posso
adattarsi alla nuova situazione più facilmente, comprendendo ciò che è
accaduto o sentirsi tradito, adottando comportamenti immaturi ed egoistici
10
.
I figli, soprattutto se bambini, sentendosi trascurati a causa della distanza di
uno dei due genitori con cui era maggiormente attaccato
11
, attivano delle
strategie per recuperare l’equilibrio e ritornare alla normalità. Tra le più
comuni sembrano esserci quella di voler risolvere i problemi dei genitori
creando situazioni per riavvicinarli e ristabilire un contatto emotivo, a volte,
10
Bonfede E., Pas: elementi di criticità, Associazione italiana Psicologia giuridica
www.aipgitalia.org
11
Con riferimento alla teoria dell’attaccamento (Bowlby), in cui fiducia, intimità dei rapporti,
comunicazione e vicinanza fisica e psicologica sono gli elementi chiave. Un individuo con un
attaccamento sicuro verso i genitori sarà maggiormente in grado di utilizzare le
caratteristiche positive delle sue relazioni primarie per esplorare l’ambiente sociale
circostante.
Marchetti A., Di Terlizzi E., a cura di Petrocchi S., Fiducia e coping nelle relazioni
interpersonali, Roma, Carocci, 2008 (pag.32-33)
15
modificando i messaggi dell’uno o dell’altro; un’altra strategia è di attrarre
l’attenzione su di sé con lo scopo di voler distrarre i genitori dai loro conflitti e
riunirli sulla base della comune preoccupazione o, al contrario, impegnarsi a
scuola, nello sport, in modo che i suoi successi possano essere motivo di
unione
12
.
È normale anche che il bambino, inizialmente, scelga di stare dalla parte di
quel genitore considerato la vittima. Sono proprio le strategie che il bambino
mette in atto che fanno riflettere su quanto essi sentano il peso di questa
instabilità, si sentano responsabili e cercano di fare qualcosa per risolvere la
situazione. La famiglia è la loro fonte di protezione e desiderano che i genitori
stiano insieme; dunque rabbia, frustrazione, aggressività e senso di colpa
sono conseguenze negative ma normali che separazione e divorzio hanno
sui figli i quali solo successivamente possono farsene una ragione, affrontare
il cambiamento e adattarsi a vivere una vita diversa da quella precedente,
per questo hanno bisogno di essere rassicurati e riempire quel vuoto affettivo
grazie alla collaborazione dei genitori che hanno il dovere di garantire una
continuità dei rapporti
13
.
12
Ferraris A. O. Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori. Milano, Rizzoli,
2005, (p.18-19)
13
Bonfede E., Pas: elementi di criticità, Associazione italiana Psicologia giuridica
www.aipgitalia.org
16
1.1.2 Figli come premio e oggetto di contesa
“ Sembra sia diffusa, nelle separazioni con figli, la tendenza, soprattutto del
genitore affidatario, a “fare perno” sul figlio per far valere il proprio desiderio
di rivalsa sull’altro genitore (...) Accade sempre più frequentemente che il
desiderio di rivalsa dei genitori si trasformi in una guerra aperta per la
conquista dell’amore della prole, per poter essere “il preferito” e quindi,
spesso inconsciamente, appagare il desiderio di esercitare un ruolo di forza
nei confronti dell’altro”
14
. Inizia così il terzo rapporto nazionale Eurispes-
Telefono Azzurro del 2002, che presenta la situazione esistente nell’ambito
di famiglie coinvolte nella separazione. Il fenomeno in realtà è ben più
complesso.
Nelle interazioni quotidiane è indispensabile stabilire delle alleanze familiari
tra i tre membri – figlio, madre, padre - per garantire l’organizzazione di
attività delle relazioni come l’alimentazione o l’accudimento. Tuttavia sono
state individuate delle alleanze collusive che, per quanto normali possano
essere considerate nella prima fase della separazione, sono giudicate
disfunzionali. Questo tipo di alleanza è caratterizzata da una coalizione tra
14
Tratto dal terzo rapporto nazionale Eurispes-Telefono Azzurro sulla Condizione
dell'Infanzia e dell'Adolescenza. Scheda 36: Il disagio da separazione”. Separazione e
divorzio in Italia: un conflitto infinito, 2002.
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uno dei due genitori e il figlio che diventa l’intermediario di questa
competizione.
Considerare il figlio come un premio oltre ché un oggetto di contesa è una
rappresentazione molto comune in quelle situazioni caratterizzate da un’alta
animosità tra i coniugi, i quali attivano tecniche denigratorie verso l’altro
partner in modo da apparire la vittima che ha bisogno di sostegno e l’unico in
grado di offrirglielo è il figlio sfruttando la sua ingenuità e fiducia. In tal modo
il bambino assume le vesti di un mediatore e allo stesso tempo giudice che
decide di schierarsi dalla parte di uno
15
. Il rifiuto verso l’altro genitore può
nascere da un’erronea valutazione di particolari episodi che portano il figlio a
sentirsi ingannato e usato come oggetto, oppure essere causato da un
effetto mobbing
16
da parte del genitore.
15
Ferraris A. O., Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori, Milano, Rizzoli,
2005 (pag.48)
16
Konrad Lorenz (zoologo ed etologo austriaco,1903-1989) per primo utilizzò il termine
“mobbing” per indicare i comportamenti aggressivi di un gruppo di animali nei confronti di un
singolo. Il mobbing è stato originariamente definito come strategia difensiva predatoria di
animali che conducono una vita collettiva.
Nel 1984 lo psicologo tedesco Heinz Leymann definì il mobbing quale condizione di
persecuzione psicologica nell'ambiente di lavoro da parte dei superiori e dei colleghi. Scopo
del "mobbing" in ambiente lavorativo è devitalizzare il “mobbizzato”, emarginarlo. Leymann
ha definito nel LIPT (Leymann Inventory of Psycological Terrorism) un elenco di