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CAPITOLO I 
 
 
 L’IMPRESA DAL PUNTO DI VISTA FINANZIARIO  
 
 
 
1.1 La gestione finanziaria e la gestione economica  
La  gestione  aziendale  rappresenta  un  “sistema  di  operazioni simultanee  e  
successive  che  dinamicamente  si  dispiega,  finché  l’azienda  ha  vita,  per  il 
raggiungimento  dei  fini  della  medesima”.
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Il complesso delle valutazioni strategiche operate dal soggetto economico concretizza 
l’indirizzo di base della condotta aziendale, andando a delineare come la realtà azienda 
viene interpretata dallo stesso nella ricerca di nuove opportunità d’azione. 
A determinare gli esiti della gestione concorrono pure  le  connesse  attività  dei diversi 
soggetti operanti nella struttura organizzativa, nonché le condizioni ambientali nelle 
quali l’impresa si trova inserita così come la disponibilità, qualitativa e quantitativa, di 
appropriati mezzi economici per la realizzazione dei pertinenti scopi.
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L’azienda che produce per il mercato si estrinseca in un insieme di scelte le quali, con 
l’obiettivo di assicurarle una duratura esistenza, devono necessariamente trovare 
vocazione in un criterio unico, valido tendenzialmente per tutte le imprese.  
Il criterio in parola è stato  identificato  da  prevalente  e consolidata dottrina nel 
principio dell’economicità, denominato pure in termini di equilibrio economico-
finanziario dell’impresa.
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In tale prospettiva, l’economicità rappresenta il criterio generale che deve caratterizzare 
la generale attività di gestione aziendale, volta a guidarne le scelte strategiche ed 
operative, rappresentando l’elemento sulla base del quale valutarsi la convenienza 
economica a conservare in vita l’impresa stessa. 
                                                
1
 ONIDA P., Economia d'azienda, Utet, Torino, Ristampa 2004, p. 251. 
2
 CAVENAGO D., Scelte aziendali ed economicità, Giuffrè, Milano, 1990, p. 39. 
3
 FERRERO G., Istituzioni di economia d’azienda, Giuffré, Milano, 1968, P. 196.
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In termini generali, può sostenersi che l’economicità d’impresa si valuta in 
considerazione delle condizioni che deve soddisfare al fine di avere durevole esistenza. 
Ne consegue che l’aspetto economico della gestione risulta “fondamentale e sempre 
rilevante nei giudizi di convenienza, e non può essere mai dimenticato in concreto 
anche se gli altri aspetti debbono pur essere tenuti presenti e, in date condizioni e in 
date scelte, possono talora acquistare peso persino prevalente, introducendo 
ineliminabili vincoli alle scelte concrete.  Per  questo,  si afferma a ragione che le 
imprese, di regola, debbono essere costituite e condotte secondo il criterio 
dell’economicità”.
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Si parla comunemente di gestione monetaria, gestione finanziaria e gestione economica 
dell’azienda. 
In verità, non trattasi di tre diverse gestioni ma di tre aspetti inseparabili - e soltanto per 
astrazione distinguibili – del dinamico sistema di operazioni simultanee e successive, 
conformanti la unitaria gestione dell’azienda.
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Sicché, gli  aspetti  finanziari e  monetari della complessiva gestione  aziendale  
riguardano  la  provvista  di  capitale  a  qualsiasi  titolo  realizzata  - nelle forme del 
capitale proprio e di credito - le sue diversificazioni durevoli o di breve periodo, nonché 
il produttivo impiego delle disponibilità liquide temporaneamente eccedenti la misura 
voluta dalla dinamica monetaria dell’esercizio.
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L’aspetto monetario è inerente la gestione poiché gli scambi che per la stessa si attuano 
comportano entrate e uscite monetarie generalmente espresse nella corrente moneta di 
conto, ma talvolta in ulteriori monete numerarie. 
All’aspetto monetario della gestione è strettamente connesso quello finanziario. La 
gestione finanziaria si concretizza nel complesso dei processi e delle combinazioni 
finanziarie con cui le aziende si riforniscono dei mezzi monetari essenziali al 
                                                
4
 ONIDA P., Economia d'azienda, op. cit., p. 56. 
5
 ONIDA P., Economia d’azienda, op. cit. p. 250 
6
 ONIDA P., Economia d’azienda, op. cit., p. 252.
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finanziamento della gestione o collocano i mezzi monetari eccedenti rispetto alle 
necessità presunte della gestione.
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La gestione finanziaria, soprattutto con riferimento a periodi brevi, permette di adattare 
l’andamento delle entrate e delle uscite monetarie, il flusso e le disponibilità monetarie, 
al continuo variare delle condizioni economiche d’azienda. Non costituisce solo motivo 
di costi e di ricavi, ma contribuisce fortemente a definire i volumi e gli andamenti nel 
tempo delle entrate e delle uscite monetarie.
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La dinamica monetaria e quella finanziaria della gestione sono intrinsecamente 
connesse, in quanto il fabbisogno di capitale proprio o di credito per l’azienda, varia in 
relazione pure della maniera in cui si avvicendano, nel tempo, le entrate e le uscite 
monetarie rispettivamente inerenti  ricavi o costi d’esercizio.
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L’aspetto sostanziale della gestione è certamente quello economico in considerazione 
del fatto che lo stesso descrive le vicende del capitale e del reddito, le quali 
rappresentano la sostanza economica di quasi tutte le aziende.
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L’aspetto economico della gestione aziendale deve inizialmente essere oggetto di 
osservazione nella prospettiva dei costi e ricavi, variamente correlati e unitariamente 
configurati nello spazio e nel tempo. 
L’azienda, difatti, sostiene dei costi per procurarsi sul mercato gli input produttivi di cui 
abbisogna per la realizzazione dei propri processi produttivi, contemporaneamente 
pervenendo ai ricavi per mezzo dell’allocazione presso il pubblico dei beni e dei servizi 
prodotti.  
La gestione d’impresa trova pertanto sostentamento ed iterazione dall’ottenimento dei 
ricavi. Proprio nell’alternato avvicendarsi di quest’ultimi con i concernenti costi risulta 
opportuno specificare le condizioni affinché l’istituto economico possa perdurare nel 
tempo. 
                                                
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 AZZINI L., Le situazioni finanziarie investigate nella dinamica economia delle aziende, Giuffrè, 
Milano, 1962, p. 11 
8
 ZAPPA, Produzioni, II, Giuffrè, Milano, 1962, p. 766. 
9
 ONIDA, Economia d'azienda, op. cit., p. 253. 
10
 AZZINI, Le situazioni finanziarie investigate nella dinamica economia delle aziende, op. cit., p. 8
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I ricavi prodotti dalla gestione dovranno dare ristoro a tutti i coloro i quali hanno 
apportato i fattori adoperati nel ciclo produttivo -  tanto quelli la cui remunerazione è 
statuita contrattualmente che quelli la cui remunerazione è solo eventuale e residuale -  
in proporzione al rischio sopportato.  
L’equilibrio  economico  o  autosufficienza  economica  risulta  dunque  dalla 
propensione della  gestione  aziendale  ad  originare  un  flusso  di  ricavi  che,  alle  
condizioni  reclamate  dal mercato,  risulta adeguato  a  coprire  i  fattori  di  produzione  
in  posizione  contrattuale  e  a remunerare in maniera congrua quelli in posizione 
residuale, rappresentando, nel contempo, tanto la condizione di fondo dell’economicità  
che uno  dei  vincoli  che  l’impresa  deve necessariamente soddisfare per riuscire 
sopravvivere nel tempo.
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Generalmente, il giudizio di equilibrio economico si concretizza nella venuta ad 
esistenza di due presupposti, affini e coordinati. 
Il primo consiste nella capacità dell’azienda di conservare l’integrità del capitale a 
ragione della continuità dell’attività imprenditoriale, esso trova soddisfazione nella 
misura in cui il reddito originato dalla gestione risulta sufficiente ad assicurare la piena 
reintegrazione dei fattori utilizzati nei processi produttivi, nonché a remunerare 
adeguatamente il capitale apportato dai soci o dall’imprenditore individuale. Si parla, in 
tal senso, di condizione oggettiva dell’equilibrio economico, rilevata dalla sussistenza di 
una adeguata eccedenza dei ricavi sui costi d’esercizio. 
Il secondo requisito di natura soggettiva riguarda l’attitudine dell’impresa a raggiungere 
gli obiettivi di performance predeterminati dall’organo direttivo, avendo particolare 
cura dei flussi di ricchezza periodicamente generati dalla gestione operativa affinché 
risultino adeguati nel reggere efficacemente il processo di sviluppo aziendale.  
Pertanto, dall’apprezzamento di entrambi i profili, oggettivo e soggettivo, risulta  
possibile delineare  un  giudizio  di  equilibrio  economico il quale “implica  la 
considerazione  delle  prospettive  di  evoluzione  dell’impresa  (e  non  solo,  quindi,  di 
raggiungimento  di  meccaniche  condizioni  di  minimo  equilibrio  tra  ricavi  e  costi)  
                                                
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 ZANDA G., Il bilancio delle società. Lineamenti teorici e modelli di redazione, Giappichelli, Torino, 
2007, p. 14; ONIDA P., Economia d'azienda, op. cit., p. 58.
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nonché l’espressione  di  un  giudizio  complessivo  formulato,  essenzialmente,  dai  
componenti  del soggetto economico, tenuto conto delle aspettative degli interessi 
esterni aziendali”.
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La definizione di equilibrio economico necessita di talune precisazioni, in particolare, 
relativamente al fattore tempo.  
Il requisito dell’autosufficienza economica di un’azienda, infatti, può essere valutato in 
rapporto a diversi periodi temporali  (di norma, breve-medio e lungo periodo) 
considerato che il reddito - da intendersi quale estrinsecazione della remunerazione del 
capitale di rischio investito in una determinata attività imprenditoriale -  può essere 
apprezzato avendo come riferimento l’intero ciclo di vita aziendale (reddito  totale)  
ovvero  i  vari  esercizi  in  cui  viene regolarmente  suddivisa,  per comune  prassi  
amministrativa,  l’esistenza dell’istituto in menzione (c.d. reddito d’esercizio).  
Per vero, in un arco temporale di breve termine l’attività gestionale potrebbe risultare 
economicamente squilibrata non solo a cagione di momentanee congiunture sfavorevoli, 
ma anche a causa del tempo fisiologicamente necessario affinché date iniziative 
produttive o commerciali possano dare pieno frutto. 
Di converso, una disamina delle prospettive reddituali vagliata su periodi di tempo 
abbastanza lunghi potrebbe disvelare adeguate e durature condizioni di autosufficienza, 
tali da permettere all’azienda di affrontare l’alternanza di esercizi favorevoli e avversi.  
Quanto sostenuto risulta tanto più vero nel periodo di inizio e di primo sviluppo di 
un’impresa di nuova costituzione, laddove il volume dei ricavi ben difficilmente risulta 
sufficiente per coprire i costi d’esercizio e quelli di struttura, compresi gli oneri 
d’avviamento della produzione. 
Ne discende che il sostanziarsi di costanti perdite d’esercizio non dovrebbe per ciò solo 
implicare un giudizio tout court negativo sulla possibile permanenza in vita 
dell’azienda, nella misura in cui sussistano apprezzabili e concordanti possibilità di 
recupero.  
                                                
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 CATTANEO M., Economia delle aziende di produzione, Etas, Milano, 1969, p. 153.