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per avere diritto alle prestazioni, che l’infortunio fosse derivato da 
colpa del datore di lavoro. La disciplina fu ulteriormente ampliata dal 
decreto luogotenenziale del 23 agosto 1917, n. 1450, che estese la 
tutela anche ai lavoratori dell’agricoltura e, definitivamente, con il 
R.D. 13 maggio 1929, n. 428, che introdusse l’assicurazione contro le 
malattie professionali. 
Il R.D. 23 marzo 1933, n. 264 affidò poi la tutela degli infortuni sul 
lavoro in esclusiva ad un Ente pubblico: l’Inail.  
Solo nel 1935, però, si ebbe la unificazione delle disposizioni 
concernenti le due forme assicurative, contro gli infortuni sul lavoro e 
contro le malattie professionali. Tale unicità del sistema assicurativo si 
è mantenuta nel Testo Unico del 1965.  
Il Testo Unico sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le 
malattie professionali, approvato con DPR. 30 giugno 1965 n. 1124, 
ha costituito e costituisce tuttora una delle principali fonti legislative 
in materia di tutela contro i rischi del lavoro. Esso costituisce una 
codificazione vera e propria nel settore infortunistico, nella quale sono 
state riunite norme primarie e norme regolamentari. Il medesimo 
Testo ha, inoltre, realizzato un ampliamento del campo di 
applicazione della tutela, sia dal punto di vista soggettivo che da 
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quello oggettivo, un miglioramento delle prestazioni in rendita ed un 
potenziamento delle attività di rieducazione e riqualificazione 
professionale degli invalidi al lavoro. Per quanto riguarda il suo 
contenuto, esso nel Titolo I disciplina l’assicurazione obbligatoria nel 
settore industriale (attività protette, oggetto dell’assicurazione, 
persone assicurate e via dicendo); nel Titolo II disciplina 
l’assicurazione obbligatoria nel settore agricolo; nel Titolo III i c.d. 
regimi speciali ed infine nel Titolo IV contiene speciali disposizioni 
per particolari categorie di soggetti. 
Tale Testo Unico, tuttavia, pur costituendo una tappa fondamentale 
nel processo di ammodernamento della tutela infortunistica, non ha 
naturalmente esaurito né bloccato l’evoluzione legislativa in materia, 
la quale, invece è proseguita a ritmo intenso fino all’emanazione del 
più recente D.Lgs. 38/2000, che ha determinato una svolta nella 
materia.  
Il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 rappresenta, infatti, l’ultimo 
importante provvedimento di riforma della speciale assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 
Le novità, invero, spaziano un po’ dovunque. 
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Anzitutto vi è un’estensione dei soggetti obbligati all’assicurazione 
con un coinvolgimento di tre categorie, in particolare: i 
parasubordinati, i dipendenti appartenenti all’area dirigenziale e gli 
sportivi professionisti. In secondo luogo, il danno biologico rientra 
finalmente nell’oggetto assicurativo, per cui le prestazioni erogate 
dall’Inail a seguito di infortunio saranno determinate in misura 
indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato.  
Più certezza anche per l’infortunio in itinere, la cui disciplina viene 
peculiarmente enucleata dall’art. 12 del D.Lgs. 38/2000. Sul fronte 
delle prestazioni, inoltre, la nuova normativa introduce la 
rivalutazione annuale della retribuzione di riferimento per la 
liquidazione delle rendite corrisposte dall’Inail. 
Conviene, quindi, conseguentemente alle osservazioni anzi fatte, 
approfondire la disciplina legislativa dell’infortunio sul lavoro, 
basandosi sulle disposizioni del T.U. , ancora in vigore in quanto non 
derogate dalla novella del 2000. 
Sotto un primo aspetto, occorre esaminare l’ambito di applicazione 
della disciplina dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, 
ponendo l’attenzione su quelle che possono essere definite come 
attività protette. Esse possono essere divise in due categorie: - attività 
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comportanti l’uso di macchine mosse non direttamente dalla persona 
che le adopera, apparecchi a pressione o apparecchi ed impianti 
elettrici e termici, anche per vendita, prova, presentazione pratica o 
esperimento, svolte individualmente o in opifici, laboratori, o ambienti 
organizzati per lavori, o per o servizi; - attività, dettagliatamente 
elencate dalla legge, intrinsecamente ed oggettivamente pericolose. 
Tali attività, protette indipendentemente dall’uso di macchine, 
apparecchi ed impianti, sono, a titolo esemplificativo, quelle edili, 
stradali, di scavo, di trasporto e così via. 
Per quanto attiene, invece, ai soggetti obbligati all’assicurazione, essi 
sono i datori di lavoro che, nell’esercizio delle attività indicate, 
occupano persone soggette alla tutela obbligatoria. Datore di lavoro 
può pertanto essere una persona fisica o una persona giuridica, un ente 
pubblico o privato, compresi lo Stato e gli enti locali. La legge 
individua poi altre categorie di soggetti che debbono essere 
considerati datori di lavoro e come tali tenuti all’obbligo assicurativo. 
Ben più articolata è invece la disciplina dei soggetti assicurati, poiché 
la nozione di persona assicurata contro i rischi del lavoro non 
comprende tutti i lavoratori in generale, ma solo coloro nei cui 
confronti ricorrono particolari condizioni di carattere soggettivo ed 
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oggettivo previste dalla legge. In via generale, sono assicurati coloro 
che, in modo permanente o avventizio, prestano alle dipendenze e 
sotto la direzione altrui opera manuale retribuita, qualunque sia la 
forma di retribuzione. Sono poi indicate specificatamente e 
tassativamente altre speciali categorie soggette alla medesima tutela 
quali: gli apprendisti, i lavoratori a domicilio, i componenti di 
equipaggi o di navi galleggianti, i commessi viaggiatori e i piazzisti 
ecc. A tale elencazione sono di recente stata aggiunte tre nuove 
categorie di lavoratori, introdotte dal D.Lgs.38/2000, vale a dire i 
parasubordinati, i dirigenti e gli sportivi professionisti. 
Il rapporto assicurativo non si instaura però solo tra due soggetti, la 
persona assicurata e la persona che assicura. Esso consta di un terzo 
soggetto, la cui presenza è imprescindibile per la regolare costituzione 
di un rapporto assicurativo: l’assicuratore, vale a dire l’Inail, tenuto a 
fornire le prestazioni a fronte del diritto all’incasso dei premi. L’Inail 
è un ente pubblico, erogatore di servizi, sottoposto alla vigilanza del 
Ministero del Lavoro e di quello del Tesoro. Esso ha sede legale in 
Roma e sedi operative nelle città capoluogo di provincia ed in altri 
centri urbani con rilevanti insediamenti industriali, coordinate da 
direzioni regionali. 
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Ma veniamo ora alla nozione giuridica di infortunio sul lavoro.  
Ai sensi dell’art. 2 DPR 1124/1965, l’infortunio sul lavoro è l’evento 
avvenuto per causa violenta e in occasione di lavoro, da cui derivi: 
- la morte del lavoratore;  
- l’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale; 
- l’inabilità temporanea assoluta che determini l’astensione dal 
lavoro per più di tre giorni. 
La <<causa violenta>> rappresenta il primo requisito della nozione 
giuridica dell’infortunio sul lavoro. Essa può definirsi come l’evento 
lesivo che arrechi un danno all’organismo del lavoratore, mediante 
un’azione determinata e concentrata nel tempo. Caratteri essenziali 
della causa violenta sono, pertanto, l’esteriorità e la rapidità del suo 
manifestarsi. Quest’ultimo aspetto differenzia l’infortunio dalla 
malattia professionale. 
Il secondo elemento costitutivo della figura giuridica dell’infortunio 
indennizzabile è l’<<occasione di lavoro>>. Ogni evento può dirsi 
avvenuto in occasione di lavoro ogni qualvolta il lavoro abbia 
determinato il rischio, anche al di fuori dell’orario di lavoro. E’ 
necessario che sussista un nesso eziologico, quanto meno mediato e 
indiretto, tra attività lavorativa e sinistro, mentre non è sufficiente la 
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sola circostanza che l’infortunio avvenga durante e nel luogo di 
lavoro. Per occasione di lavoro devono intendersi tutte le condizioni, 
comprese quelle ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e 
nella quale è immanente il rischio di danno per il lavoratore – danno 
che può provenire dallo stesso apparato produttivo oppure dipendere 
da fatti e situazioni proprie del lavoratore – e ogni altra condizione 
ricollegabile in modo diretto o indiretto allo svolgimento dell’attività 
lavorativa. 
Il lavoratore, pertanto, non ha diritto all’indennizzo nelle ipotesi di 
rischio elettivo, cioè quando il rischio è originato da una spontanea e 
libera scelta del lavoratore stesso che si comporta in modo tale da 
interrompere qualsiasi connessione con l’occasione di lavoro e da 
privare l’evento di ogni aspetto di professionalità. 
L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro comprende poi anche 
l’infortunio in itinere e ciò in seguito alla modifica introdotta dal 
D.Lgs. 38/2000. 
Ai sensi dell’art. 12 del predetto decreto si intende per infortunio in 
itinere quello occorso agli assicurati durante il normale percorso: 
- di andata e ritorno dal luogo di abitazione aquello di lavoro; 
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- che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di 
lavoro; 
- di andata e ritorno dl luogo di lavoro a quello di consumazione 
abituale dei pasti, qualora non sia presente un servizio di mensa 
aziendale. 
Le interruzioni o le deviazioni non sono tutelate quando sono del tutto 
indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessarie, mentre si 
considerano necessarie quando sono dovute a cause di forza maggiore, 
ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi 
penalmente rilevanti. 
L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto 
privato, purché necessario in quanto manchino mezzi pubblici o 
quando vi siano, non consentano la puntuale presenza sul luogo di 
lavoro o siano eccessivamente disagevoli o gravosi in relazione alle 
esigenze di vita familiare del lavoratore. Nell’ipotesi di uso di mezzo 
privato, sono esclusi gli infortuni direttamente causati dall’abuso di 
alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di sostanze 
stupefacenti e allucinogeni. Non è invece coperto di assicurazione il 
conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida. 
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L’infortunio è indennizzabile qualora abbia provocato la morte o una 
lesione personale. 
Dall’infortunio possono, infatti, derivare al lavoratore: 
- l’impedimento assoluto e di fatto a svolgere il proprio lavoro dal 
momento dell’infortunio e sino alla guarigione clinica della 
lesione: tale condizione è definita dalla legge inabilità temporanea 
assoluta al lavoro; 
- la perdita completa o parziale dell’attitudine al lavoro, in modo 
permanente: tale condizione è definita dalla legge inabilità 
permanente assoluta o parziale al lavoro. 
Si ha inabilità al lavoro di carattere temporaneo quando le 
conseguenze dell’infortunio sono sanabili nel tempo e il soggetto può 
recuperare completamente le sue attitudini al lavoro. In questo caso 
però il diritto alle prestazioni sorge quando si tratti di un’inabilità 
assoluta che impedisca totalmente e di fatto all’infortunato di 
attendere al lavoro.  
Si ha invece inabilità al lavoro di carattere permanente quando le 
conseguenze dell’infortunio sono destinate a durare per tutta la vita. A 
differenza di quanto avviene per l’inabilità temporanea, la inabilità al 
lavoro permanente deve essere generica e cioè riferita a qualsiasi 
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lavoro proficuo. L’inabilità permanente può essere a sua volta assoluta 
quando tolga completamente le attitudini al lavoro, o parziale. 
Più complessa, anche dopo la soluzione data dal legislatore, è la 
questione della rilevanza, ai fini della tutela previdenziale contro gli 
infortuni e le malattie professionali, del danno biologico, e, cioè, del 
danno alla persona del lavoratore. Il danno biologico, infatti, a partire 
dal 2000 entra finalmente nell’oggetto assicurativo della tutela 
obbligatoria Inail. Esso è definito come la lesione all’integrità psico-
fisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale. L’art. 
13 D.Lgs. 38/2000 porta a compimento una sorta di reductio ad unum 
volta a superare tutte le difficoltà che la scienza medica prima e la 
giurisprudenza poi hanno finora riscontrato nell’ardua opera di 
scorporare dal danno biologico (di esclusiva pertinenza del lavoratore) 
il danno alla capacità di lavoro generica (di spettanza Inail). La nuova 
disposizione, infatti, pone a carico esclusivo dell’Istituto previdenziale 
l’obbligo dell’integrale risarcimento del danno biologico che deriva al 
lavoratore a seguito dell’infortunio così che quest’ultimo dovrà 
eventualmente agire nei confronti dell’Inail per tale causa petendi e 
non più, come prima, instaurando un giudizio nei confronti del 
responsabile civile. 
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Per quanto riguarda le questioni relative alle conseguenze 
economiche, ossia alle prestazioni spettanti al lavoratore o ai familiari, 
è preliminare chiarire che in caso di infortunio sul lavoro o di malattia 
professionale, il diritto alle prestazioni sorge indipendentemente 
dall’adempimento da parte del datore di lavoro dei vari obblighi 
imposti dalla legge e, in particolare, dall’avvenuto versamento dei 
contributi previdenziali. Infatti, in questa forma di tutela trova piena 
applicazione il principio dell’automaticità delle prestazioni. 
Le prestazioni sono tanto economiche quanto sanitarie. 
La legge di riforma sanitaria ha attribuito al S.S.N. la competenza ad 
erogare le prestazioni sanitarie ai lavoratori colpiti da infortunio sul 
lavoro o che abbiano contratto malattia professionale. Le prestazioni 
sanitarie consistono essenzialmente nell’erogazione delle cure 
mediche e chirurgiche necessarie per tutta la durata dell’inabilità 
temporanea ed anche dopo la guarigione clinica, in quanto occorrano a 
recuperare la capacità lavorativa. 
Le prestazioni economiche, invece, si distinguono in caso di inabilità 
temporanea assoluta o di inabilità permanente, parziale o assoluta. 
Nella prima ipotesi il soggetto protetto ha diritto ad un’indennità 
giornaliera con decorrenza dal quarto giorno successivo a quello in cui 
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si è verificato l’infortunio o si è manifestata la malattia professionale e 
per tutta la durata dell’inabilità stessa. L’indennità giornaliera è 
ragguagliata al 60% della retribuzione, ma ove la durata dell’inabilità 
si prolunghi oltre i novanta giorni, anche non continuativi, la misura di 
tale indennità è elevata al 75% della retribuzione. 
In caso di inabilità permanente il soggetto protetto ha diritto ad una 
rendita con decorrenza dal giorno successivo a quello della cessazione 
dell’inabilità temporanea assoluta. 
Se l’inabilità permanente è assoluta, la rendita è pari all’intera 
retribuzione già goduta, se l’inabilità permanente è parziale, la legge 
dispone che la rendita sia pari ad una percentuale variabile della 
retribuzione. A quest’ultimo proposito, tuttavia, bisogna ricordare che 
il legislatore del 2000, come innanzi detto, ottemperando ai ripetuti 
inviti formulati dai giudici costituzionali, ha preso in considerazione il 
danno biologico derivante da infortunio o da malattia professionale e 
ha dettato per esso una speciale disciplina, per cui la prestazione 
prevista nell’ambito del nuovo sistema di indennizzo sostituisce e non 
si aggiunge alla rendita per inabilità permanente. Il danno biologico dà 
luogo ad un indennizzo, erogato sotto forma di rendita, determinata in 
base ad una <<tabella delle menomazioni>>, comprensiva degli 
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aspetti dinamico-sociali, in base all’età, al momento della guarigione 
clinica e nella misura indicata nella <<tabella indennizzo danno 
biologico>>. Quando, però, la menomazione conseguente a danno 
biologico assume maggiore gravità, e cioè, applicando la <<tabella 
delle menomazioni>> risulta superiore al 16%, l’indennizzo è 
commisurato, in base alla <<tabella dei coefficienti>>, alla 
retribuzione percepita, al tipo di attività lavorativa svolta ed alla 
ricollocabilità del soggetto protetto. Ed è questo l’indennizzo che tiene 
luogo della rendita per inabilità permanente, anche perché è 
determinato con le modalità e i criteri previsti per quest’ultima. 
Le prestazioni economiche anzidette costituiscono sicuramente le più 
rilevanti erogate dall’Inail, ma non esauriscono le possibili prestazioni 
spettanti al lavoratore in ipotesi di infortunio. La legge prevede infatti, 
anzitutto, una rendita per i superstiti, in caso di morte del lavoratore ed 
inoltre tutta una serie di prestazioni accessorie, in caso di inabilità 
permanente. 
Un cenno a parte merita infine la responsabilità civile del datore di    
lavoro nel caso di infortunio del lavoratore. In proposito è sufficiente 
rilevare che la legge esonera espressamente i datori di lavoro dalla 
responsabilità derivante dallo stesso infortunio, a meno che una 
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sentenza penale stabilisca che l’infortunio sia avvenuto per fatto 
costituente reato perseguibile d’ufficio, commesso dallo stesso datore 
di lavoro o da un suo dipendente.