7 
dell’istituendo parco nazionale. Lo stesso provvedimento legislativo 
affidava l’amministrazione del parco all’Ispettore forestale del 
distretto ed istituiva una Commissione con funzioni di emanare norme 
per la migliore conservazione e gestione del parco e di redigere il 
bilancio preventivo da approvarsi dal Ministro dell’Agricoltura. 
Tale commissione nominata con decreto reale, era composta di nove 
membri cooptati dal Ministro dell’Agricoltura, dal Ministro dei Lavori 
Pubblici, dal Ministro dell’Istruzione pubblica e dalla deputazione 
provinciale di Torino, oltre che da un rappresentante per ogni comune 
ricompreso nel perimetro del parco. 
Successivamente, sempre prima della Costituzione repubblicana, sono 
stati costituiti altri tre parchi nazionali: 
1. il Parco nazionale d’Abruzzo costituito con la legge 12 luglio 
1923, n. 1511; 
2. il Parco nazionale del Circeo costituito con la legge 25 gennaio 
1934, n.285; 
3. il Parco nazionale dello Stelvio costituito con la legge 24 Aprile 
1935, n.740. 
8 
Infine, il legislatore nazionale, proponendosi lo scopo della 
conservazione delle caratteristiche ambientali e della ricreazione dei 
cittadini, con la legge 2 aprile 1968, n.503, ha costituito il Parco 
nazionale della Calabria; tale parco, assieme agli altri quattro parchi 
nazionali, forma il nucleo dei cd. Parchi storici. 
I parchi storici sono stati, quindi, costituiti ognuno con un’apposita 
legge che individuava le finalita’ dell’ente e regolamentava 
analiticamente l’organizzazione e la struttura del parco. Inoltre, 
poiche’ i territori dei parchi italiani sono fortemente urbanizzati, 
essendo rilevante nel loro perimetro la presenza di insediamenti 
dell’uomo, la legge istitutiva individuava per ogni parco le attivita’ di 
trasformazione edilizia e urbanistica ammesse e divideva il territorio 
del parco  in zone omogenee (zone di riserva naturale integrale, zone 
di ripopolamento, produzione e allevamento di selvaggina, zone di 
bosco-parco, zone non boscate)
1
.La gestione amministrativa del parco 
veniva affidata all’ Azienda di Stato per le foreste demaniali, 
coadiuvata da un apposito Comitato. 
                                                           
1
 Cfr. Articolo 2 della legge 2 aprile 1968, n. 503, istitutiva del parco nazionale della Calabria. 
9 
La costituzione delle regioni e il trasferimento alle stesse delle 
competenze in materia di pianificazione territoriale e di protezione 
della natura (artt. 80 e 85 del D.P.R. n. 616/77) possono essere 
considerati, in un esame retrospettivo, due eventi scatenanti che 
segnano l’inizio di una lunga stagione di dibattiti e di accese dispute in 
materia di parchi che sono proseguite fino all’emanazione della legge 
quadro 394/1991 e che comunque anche a tutt’oggi lasciano ancora 
aperte delle problematiche che verranno approfonditamente analizzate  
piu’ avanti. La norma di riferimento in questa fase e’ il D.P.R. 
616/1977,tale norma infatti, nell’ambito del decentramento della 
materia della tutela ambientale, aveva trasferito alle regioni anche la 
competenza per i parchi nazionali e le riserve naturali appartenenti 
allo stato dando vita ad una normativa regionale ben lontana dal 
rappresentare una legislazione organica per la pianificazione 
ambientale dei parchi. 
Finalmente solo nel 1991, anche sotto la spinta dei movimenti 
ambientalisti organizzati a livello internazionale e nazionale nonche’ 
delle nuove sensibilità dell’accresciuta cultura della tutela 
dell’ambiente, la materia della pianificazione dei parchi naturali e 
10 
della loro regolamentazione viene disciplinata con la legge quadro 
6/12/1991, n. 394. L’approvazione della legge quadro e’ stata definita 
un evento storico. Infatti dagli incerti passi dei primi decenni del 
secolo, quando la conservazione della natura era intesa unicamente 
come tutela delle bellezze del paesaggio, si e’ pervenuti finalmente a 
una normativa organica e unitaria cui e’ sottesa una visione piu’ 
globale comprensiva anche della protezione dei valori ecologici e 
scientifici. 
Tale legge introduce, per la prima volta, con l’art. 12, lo strumento del 
piano del parco, mediante il quale va perseguita la tutela dei valori 
naturali e ambientali attraverso un insieme di misure appropriate, che 
riguardano l’organizzazione generale del territorio e le sue 
articolazioni in zone con diversa destinazione d’uso. Titolare delle 
azioni di tutela, valorizzazione e gestione del medesimo parco, ed in 
particolare dei suoi valori naturali e dei suoi valori ambientali e' l’Ente 
parco. 
Il principio generale adottato dal legislatore del 1991 e’ quello, gia’ 
utilizzato nella legge “Galasso” del 1985,di cooperazione tra 
istituzioni centrali e istituzioni locali nella regolamentazione e 
11 
gestione delle aree naturali protette. Infatti l’art. 1, comma 5, della L. 
394/1991 prevede espressamente che “nella tutela e nella gestione 
delle aree naturali protette, lo Stato, le Regioni e gli enti locali attuano 
forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’art. 81 del D.P.R. 24 
luglio 1977, n.616, e dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, 
n.142”. 
Infine, in questi ultimi anni, ulteriori disposti legislativi improntati alla 
generale tendenza al decentramento delle funzioni amministrative 
propiziata dalle cd. leggi “Bassanini” sono intervenuti su alcuni istituti 
contemplati dalla legge quadro sui parchi, abrogando gli organismi di 
gestione a composizione mista Stato-Regioni, allo scopo di garantire 
una piu’ incisiva autonomia dei poteri locali nella amministrazione 
delle aree naturali protette. 
Infatti, da un lato il D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 ha soppresso, 
all’art. 7, comma 1, il Comitato per le aree naturali protette e il  
Gruppo di lavoro per la Carta della Natura, previsti dall’art. 3 della 
L. 394/1991, attribuendo le relative funzioni deliberative alla 
Conferenza permanente Stato-Regioni, istituita con l’art. 2 dello stesso 
decreto al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle 
12 
province autonome a tutti i processi decisionali di interesse regionale, 
interregionale ed infraregionale, attraverso gli strumenti delle intese e 
degli accordi; dall’altro il D.Lgs. 31 marzo 1998, n.112, all’art. 75, 
lettera d), ha previsto il riordino della Consulta tecnica per le aree 
naturali protette
2
 di cui all’art. 3, commi 7 e 8, della legge quadro sui 
parchi e, inoltre, all’art. 76, ha soppresso il Programma triennale per 
le aree naturali protette
3
.Il successivo art. 77, inoltre, riordinando le 
competenze in materia di aree naturali protette, ha assegnato 
all’autorità centrale, sentita la Conferenza unificata tra Stato e 
Regioni, le funzioni di individuazione, istituzione e di disciplina 
generale, nonche’ di adozione delle misure di salvaguardia, inerenti ai 
parchi ed alle riserve statali, sia terrestri che marine; cosi’ 
conferendosi in via residuale  ed alquanto generica alle regioni ed alle 
autonomie locali tutte le altre funzioni non assegnate allo Stato. 
Da ultimo la legge 9 dicembre 1998, n. 426(cd. Ronchi ter), ha 
perfezionato ed integrato il modello collaborativo tra Stato, regioni e 
                                                           
2
 La Consulta tecnica e’ un organismo eminentemente tecnico composto da nove esperti di alta 
specializzazione scientifica nominati per un quinquennio dal Ministro dell’Ambiente. La funzione 
della Consulta e’ quella di fornire agli organi politici di governo dell’ambiente pareri specialistici 
sia di propria iniziativa che su interrogazione del Ministro dell’Ambiente. 
3
 Il Programma triennale per le aree protette, adottato dal Comitato per le aree naturali protette, era 
lo strumento di pianificazione delle linee di gestione e di sviluppo delle aree naturali protette. 
13 
province autonome. Infatti, una volta soppresso il Programma 
triennale, l’art. 2, comma 22(che ha introdotto l’art. 1bis della legge 
quadro), autorizza il Ministro dell’Ambiente a promuovere accordi di 
programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con 
particolare riferimento ad attivita’ agro-silvo-pastorali tradizionali, 
dell’agriturismo e del turismo ambientale di concerto con altri 
ministeri nonche’ con le regioni e con gli altri soggetti pubblici e 
privati. Inoltre il Ministro procede alla individuazione delle risorse 
finanziarie nazionali e comunitarie destinate all’attuazione dei suddetti 
accordi di programma, dopo aver sentito la Conferenza permanente 
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome, nonche’ i 
rappresentanti degli enti parco e delle associazioni ambientalistiche 
maggiormente rappresentative.             
 
                                                                                                                                                               
Dalla entrata in vigore della legge quadro sui parchi ci sono stati due programmi triennali: uno per 
gli anni 1991-1993 e l’altro per gli anni 1994-1996.  
14 
Capitolo 2 
L’attuale disciplina normativa del sistema dei 
parchi 
1. Definizione e classificazione della aree naturali protette.  2. L’istituzione dei 
parchi nazionali.  3. L’Ente parco.  4. La Comunita’ del parco.  5. Il piano del 
parco.  6. segue: natura ed effetti del piano. Gerarchia e coordinamento tra i 
molteplici tipi e livelli di pianificazione (piani urbanistici e paesistici). 7. Il piano 
di sviluppo economico e sociale: finalita’, procedure, contenuti. Rapporti con 
altre forme di pianificazione e di sviluppo.  8. Il regolamento del parco.  9. Il 
nulla osta dell’Ente parco: tra esigenze di celerità amministrativa e primarietà 
dell’interesse protezionistico. 9.1 Natura e funzione del nulla osta.  9.2 Il 
procedimento di rilascio e la disciplina del silenzio-assenso. La disciplina della 
c.d. denuncia di inizio attività. 9.3 segue: la legittimazione allargata al ricorso 
giurisdizionale avverso il nulla osta come “correttivo” al silenzio-assenso. 9.4  
Rapporti con altri procedimenti autorizzatori e concessori: esigenze di 
semplificazione e di coordinamento.  9.5 La disciplina transitoria.  10. Le riserve 
naturali statali.  11. Le aree contigue alle aree naturali protette.  12. Le riserve 
marine. 
 
 
15 
1. Definizione e classificazione delle aree naturali protette. 
Le aree naturali da sottoporre ad un regime speciale di protezione, 
secondo la definizione dello stesso legislatore italiano, che comunque 
ha tenuto presenti le norme convenzionali internazionali e le direttive 
comunitarie in materia, possono essere costituite da ogni porzione di 
territorio che, in considerazione delle sue caratteristiche fisiche, 
geologiche, geo-morfologiche e biologiche, rappresenti un rilevante 
valore naturalistico e ambientale. 
E’ evidente che il concreto accertamento della corrispondenza della 
singola zona ai parametri legislativi non puo’ che avvenire attraverso 
un procedimento istruttorio che sfocerà in un provvedimento di 
attribuzione dello status di area protetta e alla sua inclusione 
nell’elenco ufficiale previsto dall’art. 3, comma 4, lettera c) della 
legge quadro. Tale elenco veniva predisposto e aggiornato a cura del 
Comitato per le aree naturali protette presieduto dal Ministro 
dell’Ambiente; attualmente, dopo la soppressione di tale organo per 
effetto del D.Lgs. 281/1997 e’ stato affidato alla Conferenza 
permanente Stato-Regioni prevista dall’art. 2 di quest’ultima legge, 
16 
secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 23, della legge Ronchi-ter, 
che sostituisce il comma 7 dell’art. 2 della L. 394/91. 
L’attribuzione dello status di area naturale protetta conferisce alla 
singola porzione di territorio uno specifico regime giuridico e di 
gestione inteso alla salvaguardia della sua integrità e soprattutto per 
garantire la conservazione di: 
- specie animali e specie vegetali; associazioni vegetali o forestali; 
- singolarità geologiche; 
- formazioni paleontologiche; 
- comunità biologiche e biotipi; 
- valori scenici e panoramici; 
- processi naturali ed equilibri idraulici, idrogeologici e geologici. 
Inoltre l’istituzione di un’area protetta permette di assicurare al 
territorio la applicazione di metodi di gestione o di restauro 
ambientale per raggiungere l’obiettivo della realizzazione di una 
completa integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante 
la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici, e 
architettonici e delle attivita’ agro-silvo-pastorali e tradizionali; oltre 
17 
che essere occasione di attivita' didattica, di ricerca scientifica e di 
sperimentazione di attivita’ produttive compatibili. 
Si puo’, quindi, sicuramente affermare che l’obiettivo costante cui 
tende tutta la disciplina delle aree naturali protette e’ quello di 
compenetrare ed equilibrare le esigenze di conservazione dei valori 
naturalistici espressi da un determinato territorio con le necessita’ di 
sfruttamento e di utilizzazione economica delle sue risorse naturali da 
parte della popolazione residente, attraverso la predisposizione di 
strumenti di controllo e di programmazione delle attivita’ suscettive di 
trasformazione e di depauperamento naturalistico ed ecologico. 
Orbene, l’art. 2 della legge 394/91 si propone l’ambizioso obiettivo di 
far chiarezza in una materia nella quale all’uso frequente dei termini 
(parco nazionale, parco regionale, riserva statale, riserva naturale 
regionale) non fa riscontro un loro chiaro e inequivoco significato. 
L’articolo tenta di distinguere i parchi dalle riserve e i parchi nazionali 
e le riserve statali dai parchi regionali e dalle riserve naturali regionali. 
Innanzitutto si comincia a operare una distinzione tra parchi nazionali 
e parchi naturali regionali e si precisa che “i parchi nazionali sono 
costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono 
18 
uno o piu’ ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi 
antropici, una o piu’ formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, 
biologiche, di rilievo internazionale o nazionale, per valori 
naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi, e ricreativi tali da 
richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per 
le generazioni presenti e future”, mentre per i parchi naturali regionali 
“sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali, ed eventualmente da 
tratti di mare prospicenti la costa, di valore naturalistico ed ambientale 
che costituiscono, nell’ambito di una o piu’ regioni limitrofe, un 
sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai 
valori paesaggistici e artistici e dalle tradizioni culturali delle 
popolazioni locali”. 
Tuttavia, a ben vedere, esistono dei criteri scriminanti tra le due 
categorie. Per l’identificazione dei parchi nazionali, determinante 
sembra il concetto di ecosistema intatto o parzialmente alterato, 
nonche’ dell’interesse internazionale o nazionale per le formazioni 
fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, interesse che e’ da 
determinare in base ai valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, 
educativi e ricreativi. Se si confrontano questi criteri con quelli 
19 
stabiliti per identificare i parchi naturali regionali, appare evidente che 
per questi ultimi non si fa cenno agli ecosistemi e si parla 
semplicemente di “sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali 
dei luoghi”, mentre tra i valori da prendere in considerazione non si 
ricorda quello scientifico e si sottolinea quello ambientale (posto 
accanto a quello naturale), del quale non e’ cenno a proposito dei 
parchi nazionali. 
Se cio’ e’ esatto, se ne dovrebbe dedurre che la scriminante di fondo 
per distinguere il parco nazionale da quello regionale e’ nel fatto che 
nel primo caso l’area da tutelare ha un valore intrinseco oltre che in 
relazione all’uomo, mentre nel secondo caso l’area ha valore 
soprattutto in relazione alla fruizione antropica. Infatti il valore del 
bene in se’ e’ manifestato dal concetto di ecosistema (che si inserisce 
in piu’ ampi ecosistemi) e dal valore scientifico e naturalistico, mentre 
il valore relazionale del bene e’ sottolineato dal valore ambientale. 
Cio’ non significa, ovviamente, che il parco nazionale non sia oggetto 
di fruizione; significa solo che si tratterà di particolari fruizioni, che 
vanno da quella scientifica a quella estetica, culturale, educativa e 
20 
ricreativa e che si svolgeranno nell’ambito di un rapporto diretto con 
la natura e rispettoso di questa. 
In sostanza sembra che si possa affermare che l’interesse 
internazionale o nazionale e’ determinato dalla presenza di uno o piu’ 
ecosistemi, ovvero dal valore naturalistico e scientifico dell’area, 
mentre l’interesse regionale e’ determinato dal valore soprattutto di 
fruizione dell’area. In una sola parola, come sopra si diceva, 
l’interesse internazionale o nazionale risiede nel valore intrinseco del 
bene, mentre l’interesse regionale o locale risiede nel suo valore 
antropico. 
In questa prospettiva, si riesce a spiegare anche la distinzione tra 
parchi nazionali e regionali da un lato e riserve statali e regionali 
dall’altro: in sostanza la distinzione tra parchi e riserve.