5
tende, invece, a configurarsi come un’attività di erogazioni di servizi 
remunerata attraverso commissioni. 
L’insieme di regole che in passato disciplinavano l’attività creditizia 
sono state in parte rimosse ed alla banca è richiesto, come a qualsiasi 
altra impresa che opera sul mercato, di creare valore economico e di 
remunerare il capitale che gli azionisti hanno dato in dotazione: anche 
se la funzione sociale della banca, preposta al mantenimento ed alla 
salvaguardia del pubblico risparmio, rappresenta ancora un valore 
primario, assume sempre più rilevanza la capacità di essere 
un’impresa efficiente e redditizia. 
Le tendenze evolutive delineate hanno inevitabilmente determinato un 
ampliamento dei rischi complessivi a carico dell’intermediario 
creditizio. 
Le potenziali perdite possono provenire non solo da quei rischi 
classici dell’attività di intermediazione creditizia, rischi di credito e 
rischi di mercato, ma anche da una nuova categoria di rischi che in 
questi anni si è ampiamente diffusa, i rischi operativi. 
La gestione delle banche è divenuta più complessa: la funzione di 
assunzione, trasformazione e gestione dei rischi ha raggiunto 
caratteristiche di maggiore sofisticazione; si sono sviluppati veri e 
 6
propri modelli interni, al fine di misurare il rischio in maniera più 
precisa e di allocare il capitale alle diverse unità di business tenendo 
conto delle diverse combinazioni di rischio-rendimento. 
L’esigenza delle banche, allora, è di riuscire ad individuare le unità 
risk taking , le tipologie di rischio che le influenzano e la redditività 
aggiustata per il rischio per ogni unità, in modo da espandere o ridurre 
l’attività a seconda del grado di rischiosità. 
Le tecniche di Risk Management che si vanno diffondendo si trovano 
in diversi stadi di sviluppo a seconda del tipo di rischio oggetto di 
valutazione. Le tecniche di misurazione sono ormai consolidate per i 
rischi di mercato, le tecniche sono ad un buon livello di affidabilità 
per i rischi di credito, e tecniche che sono ancora in via di sviluppo per 
i rischi operativi. 
L’importanza della gestione dei rischi bancari è stata recentemente 
sottolineata anche a livello di regolamentazione di Vigilanza con la 
modifica dell’Accordo di Basilea del 1988. 
I lavori di modifica hanno portato un vero e proprio cambiamento 
nell’atteggiamento delle Autorità preposte al controllo, che sino ad 
oggi si limitavano a dettare regole stringenti e a far rispettare dei 
requisiti patrimoniali rigorosi. 
 7
Oggi la loro attività non è solo quella descritta, ma si è estesa alla 
collaborazione e alla flessibilità soprattutto in materia di misurazione 
e gestione dei rischi, offrendo concretamente modelli di 
quantificazione e riduzione dei rischi. 
L’attenzione degli Organi di Vigilanza si è concentrata anche sulle 
strutture organizzative da predisporre che devono occuparsi della 
misurazione, monitoraggio e controllo dei rischi e sulla loro 
collocazione nell’organigramma delle banche, che possa rendere più 
agevole ed efficiente il processo gestionale. 
L’insieme delle considerazione svolte costituisce la base di partenza 
del lavoro di questa tesi che non pretende certamente di fornire una 
trattazione esaustiva delle tecniche e delle metodologie a disposizione 
per misurare il rischio, ma intende passare in rassegna alcuni temi 
rilevanti, soffermandosi in modo particolare sugli strumenti più 
innovativi a disposizione del management bancario. 
Il primo capitolo di tale lavoro si sofferma sulle principali 
configurazioni e classificazioni dei rischi che caratterizzano l’attività 
di intermediazione e la loro incidenza sulla redditività nelle varie unità 
di affari; 
 8
il secondo capitolo è dedicato all’analisi ed alla descrizione dei 
modelli di misurazione tradizionale dei rischi bancari; l’ultimo 
capitolo, invece, mira ad individuare le attuali tendenze 
metodologiche e i nuovi strumenti di misurazione dei rischi. 
 
 
 
 
 9
CAPITOLO 1 
 
 
I RISCHI DELL’ATTIVITA’ CREDITIZIA 
 
 
Sommario: 1.1. - Il concetto di rischio: un modello di riferimento; 1.2. - L’analisi 
dei rischi in banca nel contesto attuale; 1.3. - Le differenti tipologie di rischio nelle 
banche; 1.3.1. - Il rischio di credito; 1.3.2. - Le componenti del rischio di credito; 
1.3.3. - Il ruolo del capitale in banca; 1.3.4. - Il rischio di mercato; 1.3.5. - 
Definizione e principali componenti del rischio di mercato; 1.3.6. - Il rischio 
operativo e l’attuale crescita dell’attenzione sul tema; 1.3.7. - Definizione del 
rischio operativo e delle sue cause alla luce di Basilea 2001. 
 
 
 
 
1.1. Il concetto di rischio: un modello di riferimento 
 
 
Ogni soggetto che svolge un’attività di tipo economico è esposto 
all’eventualità che i risultati finali realizzati siano diversi da quelli 
attesi. Il probabile verificarsi di tale fenomeno prende, propriamente, 
il nome di “rischio”. 
Il rischio esiste sempre nel momento in cui esiste incertezza su quale 
stato di natura, tra infiniti possibili, si manifesterà in un dato momento 
futuro. In definitiva, la concezione di “rischio” è normalmente 
riconducibile ad eventuali scostamenti dei risultati ottenuti rispetto ai 
valori attesi, causati dall’impatto di fattori aleatori sulle variabili in 
oggetto. Il manifestarsi, infatti, di un evento futuro nei suoi aspetti 
 10
qualitativi e quantitativi dipende dal concorso di un insieme di fattori 
di difficile individuazione e determinazione nel loro influire, nonché 
molteplici e mutevoli. Una parte importante del processo di previsione 
del rischio consiste nell’anticipazione dello scenario che interesserà la 
formazione dell’accadimento futuro; ma ciò non è sufficiente ad 
esaurire il problema, in quanto all’individuazione dei fattori in grado 
di influire sul risultato finale, non corrisponde la certezza che gli stessi 
opereranno, in quanto essi potranno operare, non operare o potranno 
risultare di peso diverso da quello previsto. La situazione esposta è 
propria di uno stato di incertezza. 
Infatti, le ipotesi di decisioni prese in condizioni di incertezza hanno 
come condizione costitutiva e imprescindibile la casualità con cui si 
manifestano i diversi stati di natura possibili. L’incertezza degli eventi 
è ineliminabile e la sua esistenza, essendo legata a quella degli 
accadimenti stessi e del loro succedersi nel tempo, costituisce la 
matrice di qualsiasi rischio. 
In definitiva, l’esistenza di un rischio è un problema strettamente 
connesso a quello dell’esistenza dell’incertezza. Tuttavia, anche se i 
concetti di rischio e incertezza sono collegati, essi non s’identificano. 
Peraltro, tale distinzione tra incertezza e rischio, appare più sfumata 
 11
nel momento in cui si considera che l’incertezza costituisce sempre il 
presupposto del rischio
1
. 
Ne consegue che è possibile considerare quali elementi costitutivi del 
rischio: 
 ξ  la possibilità che un fatto si verifichi; 
 ξ  l’evento dannoso. 
Riguardo la possibilità di verificazione di un rischio assume rilievo 
importante il significato attribuito alla nozione di “probabilità” che 
notoriamente può assumere diverse interpretazioni. Nel caso in cui i 
fenomeni in considerazione siano di tipo economico, bisogna passare 
all’utilizzo di un concetto di probabilità oggettiva (secondo il 
cosiddetto approccio frequentista), all’utilizzo di una probabilità di 
tipo soggettivo (approccio soggettivista). Infatti, l’operatore che dovrà 
compiere delle scelte, dovrà individuare delle distribuzioni di 
probabilità che, seppur in parte fondate su dati empirici, risentono di 
elementi di soggettività. Di conseguenza, pur in presenza di uno stesso 
accadimento, le distribuzioni di probabilità saranno differenti da 
operatore a operatore, poiché differenti saranno le informazioni a  
                                                 
1
 N.Di Cagno–S.Adamo, Amministrazione e controllo delle imprese di 
assicurazione, G.Giappichelli Editore, Torino, 2000, p. 4 e seg. 
 12
disposizione e la capacità di interpretazione delle stesse
2
. Una volta 
individuata questa distribuzione di probabilità “soggettiva” bisogna 
includere nel processo di decisione un ulteriore elemento di natura 
prettamente soggettiva: il grado specifico di avversione o propensione 
al rischio che dipende da fattori personali (capacità che ogni individuo 
ha di dare un giudizio soggettivo) e da fattori esterni influenti sotto il 
profilo psicologico
3
. 
L’atteggiamento decisionale di fronte al rischio può dunque essere di: 
 ξ  avversione, tipica degli investitori che preferiscono rendimenti 
attesi bassi, abbinati a rischi altrettanto bassi. Tale situazione è 
la più frequente: gli investitori saranno disposti ad accettare 
incrementi di rischio solo se combinati con incrementi più che 
proporzionali del rendimento atteso; 
 ξ  propensione. E’ il caso più raro, ed è la situazione opposta alla 
precedente: l’investitore è propenso a minimizzare le perdite e 
a massimizzare l’utilità attesa dei profitti; 
                                                 
2
 Per un discorso più approfondito e recente si rimanda a L.Guiso-D.Terlizzese, 
Economia dell’incertezza e dell’informazione,  Hoepli, Milano, 1993. 
3
 Possono essere considerati fattori esterni sotto il profilo psicologico l’andamento 
congiunturale, l’influenza dei mass media, il grado di sicurezza ed il tipo di lavoro 
e l’entità di capitale a disposizione. S.Ecchia, a cura di, Il rischio di credit, 
metodologie avanzate di previsione delle insolvenze, Giappichelli, Torino, 1996, p. 
17-18. 
 13
 ξ  neutralità, rappresenta l’astrazione teorica: l’investitore opererà 
le sue scelte in base alla pura speranza matematica dei profitti. 
In generale, è possibile concludere affermando che, ogni qualvolta un 
operatore deve assumere una decisione, egli non si baserà 
esclusivamente sui valori della speranza matematica, ma, in quanto 
influenzato dalla sua specifica psicologia del rischio, altererà le 
valutazioni o le indicazioni che ne emergono, interpretandole alla luce 
del contesto personale, ambientale, ossia alla luce della propria 
“funzione di utilità”. Le decisioni , quindi, effettuate in base alla 
speranza matematica, possono essere ritenute accettabili solo se si 
combinano i risultato dei modelli matematico-statistici utilizzati con 
l’intuizione e le scelte discrezionali e si accettino tutti i risultati 
probabili; 
Emerge da ciò l’importanza di specifici criteri e mezzi di valutazione 
dei rischi, nel nostro caso bancari, al fine del contenimento degli stessi 
e della scelta tra i nuovi strumenti finanziari che l’evoluzione del 
sistema bancario offre, ma che aumentano la rischiosità complessiva 
degli intermediari intaccandone la stabilità e l’equilibrio. 
All’importanza dei criteri e dei mezzi di valutazione segue, in maniera 
naturale, l’importanza di un sistema di Risk management. 
 14
1.2. L’analisi dei rischi in banca nel contesto attuale 
 
Negli ultimi anni la globalizzazione dei mercati ed uno sviluppo 
articolato dell’attività bancaria hanno aumentato l’intensità e la 
tipologia dei rischi che le banche devono fronteggiare per riuscire a 
mantenere sempre intatto l’equilibrio del proprio sistema. E’ indubbio 
che il rischio sistemico
4
 si è accresciuto per mezzo delle fitte 
interrelazioni che avvengono tra gli intermediari, ma anche per la 
velocità con cui gli impulsi finanziari vengono trasmessi al mercato 
del credito. La natura dei rischi che una banca deve gestire non è 
invece cambiata rispetto alla tradizionale distinzione riconducibile ai 
consueti tre “capitoli” dei rischi di credito, di mercato, operativi
5
. 
Anche se la teoria concorda con il fatto che non possono nascere 
nuove tipologie di rischio al di fuori delle tre sopra citate, è pur vero 
che le banche hanno ampliato la loro operatività non solo nel settore 
del credito, ma soprattutto nei mercati finanziari attraverso l’utilizzo 
                                                 
4
 Il rischio sistemico può scaturire dal fallimento di un intermediario di elevate 
dimensioni, provocando delle onde d’urto che si trasmettono rapidamente agli 
intermediari controparti e da questi a tutto il sistema. 
5
 B.Bianchi, La valutazione del rischio nel’attività bancaria, Mondo Bancario, 
2000. 
 15
di strumenti “complessi” che offrono nuove opportunità di guadagno
6
. 
L’evoluzione e l’utilizzo di questi nuovi strumenti finanziari ha 
prodotto un aumento ulteriore della rischiosità a carico degli 
intermediari finanziari. Infatti, si pensi alle opportunità offerte dagli 
strumenti derivati (come future, options, swaps, ecc.) che, da un lato 
sono molto utili in quanto consentono agli operatori di immunizzarsi 
dai rischi, mentre dall’altro possono provocare dei veri e propri 
dissesti finanziari se non vengono utilizzati con la necessaria 
consapevolezza. Tali opportunità, naturalmente, vengono valutate 
sulla base di una disponibilità vastissima di combinazioni 
rischi/rendimento che una banca può considerare per perseguire i 
propri obiettivi, seguendo una linea di scelte strategiche coerenti con il 
grado di propensione al rischio. 
Per riuscire a gestire correttamente i rischi bisogna innanzitutto averne 
la conoscenza; essi possono essere distinti in: 
 ξ  rischi che possono essere eliminati dalla banca, o evitati; 
                                                 
6
 Le preferenze dei risparmiatori per forme di investimento più redditizie rispetto ai 
semplici depositi bancari hanno portato ad un assottigliamento del margine di 
intermediazione dell’intero sistema creditizio. Il combinarsi di tutti questi effetti ha 
così indotto le istituzioni creditizie a ricorrere ad una diversificazione delle attività 
in grado di generare reddito. 
 16
L’istituto di credito includerà quei rischi che non sono “tipici” 
dell’attività bancaria, ad esempio i rischi legali/normativi; 
 ξ  rischi che possono essere eliminati o minimizzati tramite il loro 
trasferimento. Il trasferimento può avvenire, ad esempio, per 
mezzo della diversificazione di portafoglio o utilizzando 
tecniche di copertura (hedging) con strumenti derivati, oppure 
tramite trasferimento a terze economie (outsourcing); 
 ξ  rischi che la banca vuole assumere e gestire. Si tratta 
evidentemente dei rischi associati alle attività da cui la banca 
trae profitto. I rischi in questione sono legati ai processi di 
erogazione del credito alla clientela, alle posizioni assunte sui 
mercati finanziari e alle inefficienze che si possono riscontrare 
nelle unità operative
7
. 
E’ compito della direzione aziendale decidere quali rischi devono 
essere gestiti e, quindi, monitorati attraverso procedure di gestione ad 
hoc, e quali eliminati o comunque trasferiti al di fuori dell’azienda. 
L’adozione di un sistema di Risk Management consente una maggiore 
consapevolezza dei rischi assunti e comporta una gestione e un 
                                                 
7
 S.Borsari-G.Niolo, La gestione e la misurazione dei rischi finanziari. 
Associazione italiana per la Pianificazione ed il controllo di gestione in Banca, 
nelle istituzioni finanziarie e nelle assicurazioni (APB). News n°1/1999. 
 17
monitoraggio con un elevato grado di sofisticazione riguardo la 
misura di tali rischi. 
Si ha tuttavia la sensazione che, anche nelle realtà aziendali dove vi è 
consapevolezza dell’importanza di questo tema e dove vi è un forte 
impegno per una gestione dei rischi, siano presenti lacune nel 
coordinamento tra le funzioni operative, di riscontro contabile, di 
misurazione del rischio
8
. Anche la normativa di vigilanza dispone che 
le banche introducano dei sistemi di controllo interno che possano 
garantire una corretta percezione dei rischi assunti e un loro efficace 
monitoraggio
9
. 
                                                 
8
 B.Biachi op. cit. p. 34. 
9
 Un documento di grande importanza (internal Audit in Banks and the 
Supervisor’s Relationshio with Auditors) pubblicato nell’agosto 2001 dal Comitato 
di Basilea per la Vigilanza Bancaria esorta le banche ad adottare dei sistemi di 
controllo interno che possano migliorare il grado di consapevolezza ai rischi a cui 
sono soggetti gli intermediari creditizi.