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INTRODUZIONE 
La situazione 
Lo sviluppo urbano senza una pianificazione adeguata ha portato in molti 
casi, soprattutto nel nostro territorio del Nord-Est d’Italia, situazioni di 
promiscuità tra siti produttivi e zone densamente abitate/urbanizzate. 
Fino ad alcuni anni fa tale vicinanza non creava  particolari problemi, anzi: 
l’insediamento produttivo, di piccole o medie dimensioni, offriva lavoro e quindi  
portava benessere. 
 Le distanze e la mancanza di possibilità di risorse (come mezzi di 
spostamento) indirizzavano le  famiglie ad insediarsi vicino al luogo di lavoro, e 
di conseguenza anche strutture come le scuole, i  negozi e i parchi pubblici 
venivano via via edificati attorno all’opificio. 
Oggi più razionali criteri di sviluppo dispongono la nascita e l’espansione  di  
zone artigianali o industriali  lontane dai centri abitati. 
Tuttavia si notano ancora molti casi di prossimità, anzi sviluppi di piani 
regolatori comunali che rendendo residenziali nuove porzioni di territorio, 
hanno creato a volte situazioni simili ad “accerchiamento” di abitazioni e 
strutture urbane a stabilimenti preesistenti, soprattutto in zone di periferia di 
grossi centri cittadini. 
Il tutto diviene fonte di lamentele e conseguenti continue richieste di 
intervento su questioni di disturbo procurate da emissioni di fumi, odori, rumori 
eccetera. 
La vicinanza è sempre meno sopportata, addirittura  avvertita come una 
minaccia: un rischio continuo. Il cittadino medio, oltre ad essere sempre meno 
disposto a sopportare gli inconvenienti derivanti dalla vicinanza delle  attività 
produttive, identifica in esse  l’origine  di tutti gli inquinamenti che minacciano 
sé stesso e l’ambiente, sentendosi vittima. 
Sempre più spesso i media danno risalto ad incidenti o comunque  alle 
conseguenze dannose delle attività industriali verso l’uomo o l’ambiente, 
fornendo un’informazione sovente sbilanciata,  creando a volte inutili 
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allarmismi oppure superficiali atteggiamenti di sottovalutazione dei problemi e 
dei loro effetti. 
In questo scenario l’incendio di una industria, pur non soggetta a direttiva 
Seveso, ha creato un forte impatto emotivo e situazioni di tensione e 
polemiche  che pur a distanza di mesi, non accennano a trovare conclusione. 
Schema e Scopo della tesi 
 
Il caso preso in considerazione non tratta di un evento tipicamente 
riconducibile ad un’attività industriale a rischio rilevante o a suoi incidenti tipici 
di percorso (sversamenti o fuoriuscite accidentali di sostanze inerenti il ciclo 
produttivo) che possano creare rischio o danno in ambiente, ma dell’incendio 
vero e proprio di tutta la struttura, classificato comunque come evento 
importante. 
Ne scaturisce una situazione decisamente molto allarmistica, in cui è 
richiesto innanzitutto un intervento al fine  di fornire dati per una veloce 
valutazione della situazione ed una stima del  rischio effettivo per la 
popolazione della zona, nonché dare disposizioni pratiche  sulla possibilità di  
risiedere o meno in loco,   se poter frequentare una scuola od un parco 
pubblico nelle vicinanze e quale sia l’effetto a corto o lungo termine. 
Le modalità di intervento dell’ARPAV nel caso considerato si possono così 
riassumere: 
-assunzione di  informazioni le più complete possibili sulle tipologie e 
quantità delle sostanze in gioco;  
-effettuazione di  campionamenti per valutare la presenza di  composti 
pericolosi in aria o individuarne gli indicatori; 
-valutazione del rischio e le diversificazioni delle esposizioni a seconda dei 
luoghi potenzialmente più delicati (asili, scuole) 
-programmazione monitoraggi a  medio termine e a distanza per controllare 
gli effetti della ricaduta nell’ambiente; 
-comunicazione di dati necessari alla valutazione del rischio vissuto dalla 
popolazione. 
Questo lavoro si propone, alla luce dei dati emersi (gentilmente forniti dall’ 
ARPAV, Dipartimento Provinciale di Treviso), di  valutare una stima dell’ 
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esposizione  dei tecnici intervenuti nel luogo dell’incendio, in base ai risultati  
delle analisi del monitoraggio dell’aria, ispirandosi  allo schema di valutazione 
di igiene industriale. 
Le considerazioni sulla fattibilità completa o parziale della cosa sono 
evidenziate nel capitolo conclusioni. 
Si è cercato inoltre di ricostruire la sequenza delle notizie e riportare le 
reazioni della popolazione, cercando di cogliere se le  motivazioni di una 
esagerata  reazione di sfiducia e percezione di pericolo siano attribuibili ad una 
inefficace comunicazione di dati  o ad altre cause. 
 
 
 
                                      Localizzazione ditta
Ditta 
De 
Longhi
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Rischio industriale e incidente rilevante  (definizioni) 
 
Per definizione si parla di rischio industriale ogni qualvolta vi è la presenza 
di stabilimenti industriali che detengono e/o utilizzano sostanze pericolose in un 
tessuto territoriale urbanizzato.  
Il tipo di rischio si identifica  con la possibilità di rilascio di sostanze 
pericolose sia all’interno che all’esterno dello stabilimento in misura tale da 
produrre conseguenze dirette o indirette  sulla popolazione e sull’ambiente.  
In seguito al noto incidente che avvenne a Seveso nel 1976, la Comunità 
Europea ha emanato due specifiche Direttive: la 82/501/CEE 
i
(denominata 
appunto Direttiva Seveso) e la sua revisione, la 96/82/CE (intitolata Seveso II) 
ii
 che si applicano ai cosiddetti "Stabilimenti soggetti a Rischio di Incidente 
Rilevante". Tali Direttive sono state recepite in Italia rispettivamente con il DPR 
175/88 (abrogato) e con il D. Lgs. 334/99 
iii
, che sostituisce il precedente. 
Sono definiti a Rischio di Incidente Rilevante gli Stabilimenti che detengono 
talune sostanze pericolose , riportate nell'all. I al D. Lgs. 334/99 , ovvero quelli 
in cui tali sostanze potrebbero ingenerarsi per incidente.  
Le sostanze pericolose sono quei composti chimici che provocano effetti 
sull’organismo umano se inalati, ingeriti o assorbiti (sostanze tossiche) oppure 
quelli che possono liberare un gran quantitativo di energia termica 
(infiammabili) e barica (esplosivi). Le loro caratteristiche chimiche, chimico-
fisiche, e tossicologiche comportano classificazioni diverse nelle categorie di 
pericolo (D.Lgs.52/97 
iv
 e D.Lgs.285/98 e s.m.
v
 ) mentre le sostanze ed i  
preparati pericolosi che determinano gli incidenti rilevanti  sono indicati nel D. 
Lgs. 334/99 e sue modifiche ed integrazioni di attuazione della Direttiva 
96/82/CE 
vi
 relativa “ai pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate 
sostanze pericolose” . 
L’avvenimento che origina il rilascio di dette sostanze viene definita come 
incidente rilevante cioè un evento quale “un’emissione, un incendio o 
un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano 
durante l’attività di uno stabilimento industriale e che dia luogo ad un pericolo 
grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o 
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all’esterno dello stabilimento e in cui intervengano una o più sostanze 
pericolose”.  
La stima del rischio industriale è definita “ rapporto tra la probabilità di 
accadimento e la magnitudo delle conseguenze e degli effetti provocati 
dall’evento incidentale in termini di estensione territoriale e di esposti. “  
Gli effetti di un incidente rilevante impattano il territorio colpendo oggetti di 
varia natura. Nel caso  specifico si tratta di un incendio, che, pur non 
rientrando nella classificazione di incidente rilevante è un evento di proporzioni 
comunque importanti. 
   Sono stati considerati gli effetti  e le conseguenze di questo episodio. 
Nei confronti dell’Uomo si avranno due tipi di esposizione:  
nell’immediato (inalazione di fumi, di sostanze gassose prodotte) e nel 
tempo (inquinamento ambiente) 
Verso  l'AMBIENTE si avranno i seguenti effetti: rilascio in atmosfera (fumi, 
gas, particelle veicolate), dilavamento in acque di residui di  operazioni di 
spegnimento ed infine ricaduta anche a distanza (tempo e spazio) ed effetti su 
suoli e piante. 
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 Cap 1: CRONOLOGIA DEI FATTI (intervento ARPAV) 
 
1.1 Arrivo e prima valutazione 
 
Il ruolo di ARPAV in Emergenza -Incendio de Longhi 18/04/2007:  
 
 (dalla  relazione ARPAV del 25/05/2007 
vii
) 
 “In relazione al ruolo di ARPAV, si ritiene opportuno segnalare, pur non 
ricorrendone gli estremi, quanto stabilito dal DPCM 25 febbraio 2005 “Linee 
guida per la predisposizione del Piano d’emergenza esterna”, di cui all’articolo 
20, comma 4, del decreto legislativo 17 agosto1999 n. 334. 
 Nell’Ambito delle emergenze, L’Agenzia Regionale per la Protezione e 
Prevenzione Ambientale (Arpav) rappresenta l’Ente preposto all’acquisizione, 
elaborazione, diffusione di dati ed informazioni, nonchè di previsioni sullo stato 
delle componenti ambientali: acque, aria e suoli soggetti ad agenti 
contaminanti causati da un evento incidentale, all’Autorità Preposta. 
L’attività dell’agenzia si esplica contestualmente all’evento per la fase acuta 
e nelle fasi successive, con operazioni di monitoraggio” . 
 
Fase Primaria: immediata valutazione dei composti rilasciati in un 
incendio in attesa di venire a conoscenza dei tipi e delle quantità delle sostanze 
presenti in azienda ed interessate alla combustione. Si vanno a ricercare in aria 
ambiente quei parametri che possano permettere la valutazione di  pericolosità 
della situazione. 
Ad una prima valutazione, si è verificato  che la ditta non rientra in direttive 
Seveso, e che la classificazione dell’azienda e tipologia di produzione 
(costruzione di piccoli elettrodomestici, assemblaggio, imballaggio), non 
determinano condizioni di particolare pericolosità, vista la stima delle  sostanze 
coinvolte . 
Dalle prime sommarie informazioni, fornite dal personale di azienda, non 
risultava essere stato presente in quantità significative materiale a base di PVC 
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o altri composti clorurati ed erano invece stoccati nel magazzino, o come parti 
o come prodotti finiti, le seguenti tipologie di materie plastiche: 
-ABS, (acrilonitrile-butadiene-stirene) 
-policarbonati, 
-politene, 
-polistirene, 
        -vario materiale da imballaggio. 
Si ipotizza quindi che l’eventuale formazione di PCDD ( Poli Cloro Dibenzo 
Diossine) e PCDF( Poli Cloro Dibenzo Furani), anche per la sola presenza di 
cavi elettrici, possa essere confrontabile con incendi dello stesso tipo e 
dimensione; e stimata in quantità tali da non provocare effetti acuti immediati 
ma da richiedere il monitoraggio successivo. 
Vista la distruzione totale dello stabilimento, si deve inoltre considerare 
come sostanze  interessate dall’incendio i  materiali  stessi delle costruzioni: 
essendo inoltre  uno stabilimento ingranditosi negli anni, le parti strutturali si 
presentavano anche notevolmente diversificate per forma e materiali usati. 
Si è venuto inoltre a conoscenza  che  una parte della copertura del 
capannone, per fortuna in piccola percentuale, risultava costituita in materiale 
di cemento amianto (eternit). 
L’azienda ha provveduto successivamente  ad inviare una nota relativa alla 
stima delle tipologie di materie plastiche, a conferma delle prime dichiarazioni 
Dalla nota citata si evince essere presenti in azienda all’atto dell’incendio: 
Polipropilene 20% 
ABS 38% 
Nylon 22% 
POM 3% 
SAM 1% 
Polistirolo (imballi) 4% 
Policarbonato 4% 
PVC (cavi alimentazione e cablaggi elettrici) 4% 
Polietilene 1% 
PTFE 0,3% 
Silicone (Tubi) 0,1%