5
Introduzione
Questa tesi nasce con l’intento di studiare un fenomeno particolare e poco conosciuto
quale quello della produzione e del commercio delle acque minerali artificiali,
sviluppatosi in Italia nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento.
In tale prospettiva si è esaminato anzitutto il contesto storico nel quale venne ad
inserirsi questo nuovo settore dell’industria italiana, cercando di comprendere le ragioni
del suo sviluppo e del suo declino e di delinearne l’evoluzione nel corso dei decenni. La
ricerca è stata anche l’occasione per tentare di capire se e come siano cambiati i modi di
pensare e le abitudini della popolazione, nonché gli atteggiamenti collettivi, nei
confronti dell’industria chimica e delle scoperte scientifiche, nell’arco del lungo periodo
analizzato.
L’idea originaria della tesi è nata studiando le carte e i documenti del Museo Nazionale
di Acque Minerali “Carlo Brazzorotto”, dove, tra le migliaia di etichette conservate, ne
erano presenti anche alcune relative alle acque minerali “artificiali”, insieme a qualche
opuscolo sull’argomento. La curiosità suscitata dall’uso di questo termine ha portato a
chiedersi, innanzitutto, cosa si intendesse con “acque artificiali”, quali fossero i loro
metodi di fabbricazione e, soprattutto, per quali motivi, ad un certo punto, si fosse
sentita la necessità di produrle.
A partire da questi interrogativi, e considerata la grande importanza che l’acqua, risorsa
sempre più scarsa, riveste al giorno d’oggi, si sono mossi i primi passi sulla via delle
ricerche che, alla fine, avrebbero portato alla stesura di questa tesi.
Conviene precisare che le difficoltà incontrate in itinere sono state diverse.
In primo luogo, a livello bibliografico, pur limitandosi all’Italia, non è stata trovata
traccia di nessun volume dedicato nello specifico all’argomento. Pochi accenni sono
stati trovati solamente in qualche opera generica sulla storia dell’acqua e dei suoi usi.
6
Partendo, quindi, dagli opuscoli e dai trattati a disposizione, si è pensato di prendere in
considerazione il maggior numero possibile tra i vari testi dedicati alle acque minerali e
alle cure idroterapiche pubblicati in Italia tra Ottocento e primo Novecento, periodo
durante il quale è emerso che fiorirono numerosi studi scientifici e dibattiti intellettuali
sull’argomento. In quasi ognuno di questi si è trovato un cenno anche alle acque
artificiali, viste a volte come una grande innovazione dei tempi moderni, frutto del
progresso scientifico, altre come una mera imitazione delle sorgenti naturali, ossia una
frode ai danni dei consumatori, ma, in ogni caso, oggetto di discussione. In questo modo
si è raccolta una considerevole bibliografia sull’argomento, che ha permesso di studiare
i presupposti teorici alla base di tali produzioni.
Una seconda fase della ricerca è stata, poi, quella tra le carte dell’Archivio di Stato di
Roma, dove è stata passata in rassegna la documentazione contenuta nelle sette buste
del fondo sulle “Acque minerali artificiali” versato dalla Divisione VI della Direzione
generale dei Servizi dell’igiene pubblica, dipendente, allora, dal Ministero degli Interni.
Infine, un ultima parte della documentazione è stata reperita dalle Camere di
Commercio di Milano, Torino e Bologna, le tre città sulle quali è stata focalizzata
l’attenzione.
Una ulteriore difficoltà, poi, è emersa al momento della definizione dell’ambito
dell’indagine. Indubbiamente questa è una ricerca pluridisciplinare, che ha toccato
diverse tematiche di studio, ma che, proprio per questo, ha rischiato anche, più volte, di
disperdersi nella mera esposizione di dibattiti intellettuali o nell’elencazione di dati
relativi alle industrie. Volendo evitare tali divagazioni, ma cercando, allo stesso tempo,
di fare un lavoro completo e accurato, per quanto possibile, si è dovuto trovare un
criterio sul quale basare la stesura della ricerca.
Considerato, quindi, anche il fatto che la mancanza alle spalle di una bibliografia di
riferimento rendeva impossibile soffermarsi su un ambito specifico di indagine, che in
7
tal modo sarebbe risultato incomprensibile e avulso dal contesto, si è scelto, piuttosto, di
delineare un quadro generale della vicenda e delle problematiche ad essa connesse, in
modo da farne emergere i molteplici aspetti, ma lasciando ad eventuali studi successivi
il compito di approfondire questo o quel tema particolare.
Ciò premesso, si riportano qui di seguito i punti principali attorno ai quali ruota questa
ricerca.
In primo luogo, va tenuto presente che l’idea della produzione delle acque minerali
artificiali ha avuto origine con lo sviluppo degli studi scientifici iniziato già a partire dal
Seicento e proseguito nei secoli successivi. Questo fervore intellettuale permise, infatti,
in ambito chimico, la scoperta della composizione di molti elementi e sostanze naturali,
facendo così emergere anche il desiderio e la volontà di imitarli, se non, addirittura, di
perfezionarli.
Tale tema venne a collegarsi a quello delle acque per l’esistenza di una lunghissima
tradizione storica in base alla quale, per secoli, se non per millenni, l’acqua era stata
vista come un rimedio efficace, una sorta di panacea utile per curare disturbi e malattie,
i più disparati, e alla portata di tutti.
Questa mentalità gode, in parte, ancora oggi di un notevole successo, sebbene limitato
all’ambito del termalismo. Non si può dimenticare, peraltro, come quest’ultimo
fenomeno si sia sviluppato parallelamente agli studi sulle acque minerali artificiali: basti
pensare che Sebastian Kneipp, il cui metodo terapeutico è ancora oggi diffuso e
praticato in molti centri termali, operò attorno alla metà dell’Ottocento, ispirandosi agli
stessi studiosi dai quali avevano preso le mosse quegli scienziati decisi a riprodurre
artificialmente le acque naturali.
In sostanza, con lo sviluppo della chimica si è cercato di dare una base scientificamente
fondata a quelle che fino a quel momento erano state semplici supposizioni o alchimie.
Poi, dal desiderio di imitare artificialmente un prodotto della natura all’elaborarlo
8
concretamente, nel momento in cui erano a disposizione gli strumenti per farlo, il passo
era breve.
Una volta teorizzata questa possibilità, infatti, iniziarono subito a sorgere piccole e
grandi manifatture dedite all’imitazione di questi prodotti naturali, che diedero il via alla
stagione della produzione su larga scala delle acque artificiali, culminata all’inizio del
Novecento. È, questo, un ulteriore ambito di indagine toccato nella ricerca, ossia come
l’industria delle acque minerali artificiali si sia inserita nel contesto, più generale, dello
sviluppo economico italiano, e in particolare di quello del settore chimico, a partire
dall’unificazione e fino alla prima metà del Novecento.
Un altro significativo tema da tenere in considerazione è quello della mentalità che
sostenne e incoraggiò la nascente industria delle acque minerali artificiali. Molti dei
fautori del loro uso erano, infatti, convinti non solo dell’efficacia terapeutica di queste
acque, ma anche dei grandi vantaggi che la loro diffusione avrebbe potuto portare ai più
bisognosi, ossia a coloro che, per motivi economici e/o territoriali, non potevano
accedere alle fonti termali e alle sorgenti naturali. È, quindi, ricorrente in molti testi
l’idea di poter estendere questi benefici ai meno abbienti, cercando di alleviare le loro
sofferenze e “democratizzando”, in tal modo, un bene che fino ad allora era stato di uso
esclusivo di pochi fortunati; questa fu, probabilmente, anche una delle motivazioni che
spinsero diversi industriali ad intraprendere questa strada.
Indubbiamente, tale fu il caso dei due personaggi messi a fuoco nell’ultimo capitolo,
Gazzoni e Bisleri, i quali non si occuparono direttamente di acque minerali artificiali,
ma, comunque, si dedicarono a settori affini, emergendo nel panorama industriale
italiano grazie alla forza delle loro idee e delle loro capacità imprenditoriali.
Un ultimo ambito toccato in questa ricerca è, quindi, quello biografico, soprattutto in
riferimento alla figura particolare di Gazzoni. Su di lui esistono diversi scritti e articoli
pubblicati a livello locale, mentre su Bisleri il materiale rinvenuto è stato più scarso.
9
D’altra parte, si è preferito concentrare l’attenzione sull’imprenditore bolognese, che
ebbe a che fare con un settore dell’industria più vicino al tema di questa ricerca. Si
segnala, a questo proposito, la preziosa collaborazione del nipote di Arturo Gazzoni,
Giuseppe Gazzoni Frascara, che ha messo a disposizione alcuni libri scritti dal nonno,
nonché un diario del direttore tecnico del suo stabilimento, il che ha permesso di avere
un’idea più chiara sulla mentalità, e sulle esperienze di questo imprenditore.
Un ultimo ambito d’indagine che sarebbe stato interessante da studiare è, infine, quello
dell’evoluzione della propaganda relativa alle acque minerali, ossia l’uso delle
immagini e degli slogan, non solo a livello pubblicitario, ma anche nelle etichette.
Anche questo tema rimane una prospettiva di ricerca aperta e auspicabile, ma qui viene
solo marginalmente trattato nella parte relativa ad Arturo Gazzoni, per non trascurare le
connessioni che la problematica della propaganda commerciale presenta con le singolari
doti di stratega della comunicazione pubblicitaria proprie del personaggio.
Tenendo, quindi, presenti i diversi rami di studio appena accennati, la tesi è stata
suddivisa in due parti: la prima riguarda il contesto storico generale e i presupposti
scientifici da cui presero le mosse le industrie di acque artificiali, mentre la seconda è
rivolta, nello specifico, allo studio di tali aziende.
Il primo capitolo costituisce una premessa introduttiva all’argomento, e analizza in
modo sommario gli aspetti scientifici, economici e sociali che fecero da sfondo allo
sviluppo di questa industria. Vengono, quindi, brevemente richiamati i passaggi
fondamentali dell’economia italiana otto - novecentesca, nonché gli sviluppi
dell’industria chimica e farmaceutica, sia europea che italiana, di quel periodo.
Nel secondo capitolo, poi, viene fatto un breve riepilogo sull’uso terapeutico delle
acque nel corso dei secoli, basato essenzialmente sulla bibliografia storica dell’epoca,
fino alla nascita della moderna idroterapia, avvenuta nel corso del Settecento.
10
Entrando più nello specifico, il terzo capitolo è, invece, dedicato alla spiegazione di
cosa si intenda con acque minerali artificiali e alla ricostruzione delle fasi che hanno
accompagnato la loro produzione, a partire dai primi studi teorici sull’argomento fino
all’avvio dell’industria del settore. Anche in questo caso è stata utilizzata soprattutto la
bibliografia contemporanea ai fatti.
Una quarta parte riguarda, quindi, il dibattito medico-scientifico tra chi era favorevole e
chi contrario alla produzione e all’uso delle acque minerali artificiali. In questo caso,
oltre alla bibliografia, è risultata utile la pubblicistica specialistica del settore, come, ad
esempio, gli Atti dei Congressi di idrologia, climatologia e terapia fisica che si tennero
tra la fine dell’Ottocento e, soprattutto, l’inizio del Novecento.
Infine, il quinto capitolo è dedicato alle leggi e alle norme che, col tempo, definirono e
regolamentarono sempre più minuziosamente tale tipo di produzione: le Gazzette
Ufficiali del Regno e le circolari ministeriali rinvenute tra le carte dell’Archivio
Centrale dello Stato di Roma, hanno costituito la fonte principale per tale
approfondimento.
Entrando nella seconda parte della tesi, il sesto capitolo è dedicato ad un’analisi
economico – statistica della situazione; anche in questo caso, però, ci si è limitati ad
accennare agli aspetti generali della questione, senza scendere nel dettaglio, anche se
l’argomento meriterebbe di essere approfondito in modo completo in altra sede.
La parte più consistente di tale sezione è, invece, dedicata allo studio delle ditte
produttrici. A questo proposito, si è cercato di far emergere un quadro generale delle
condizioni in cui operavano le aziende e di delinearne sia le caratteristiche comuni che
gli aspetti peculiari di ognuna, tenendo conto anche del contesto geografico in cui erano
collocate. In particolare, ci si è soffermati sull’analisi dei metodi produttivi utilizzati, sul
comportamento delle ditte nei confronti delle problematiche legate all’igiene e alla
tutela dei consumatori, nonché sull’iter burocratico che dovevano seguire per ottenere
11
l’autorizzazione alla produzione. Si è scelto di limitare l’indagine alle aziende presenti
nelle tre grandi città del Nord Italia, Torino, Milano e Bologna, nelle quali erano
concentrate molte delle ditte esistenti in tutto il Paese. A questo scopo sono state
utilizzate sia le carte contenute nell’Archivio Centrale di Stato che i documenti reperiti
presso le Camere di Commercio.
Infine, nell’ultimo capitolo si sono delineate le figure dei due imprenditori a cui si è già
accennato, Arturo Gazzoni e Felice Bisleri, e, in particolare, quella di Gazzoni, che, con
l’“Idrolitina”, ha rappresentato quasi una sorta di continuazione e di reinterpretazione in
chiave moderna di quelle acque artificiali che ormai, negli anni ’50, erano giunte al loro
epilogo.
12
PARTE I
Cap. 1 – Alle origini di una novità produttiva
La produzione, il commercio e il consumo di acque minerali artificiali si sono diffusi e
sviluppati nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento, per poi gradualmente
scomparire nella seconda metà del XX secolo. In questi secoli si sono susseguiti
molteplici cambiamenti, che hanno riguardato diversi aspetti della società: dalla vita
politica a quella economica, dall’evoluzione degli studi scientifici alle trasformazioni
sociali.
In questo senso, l’industria delle acque artificiali, pur essendo un settore di nicchia, può
essere vista come una diversa chiave di lettura, un punto di vista particolare attraverso
cui studiare i mutamenti avvenuti nel corso di questi decenni. Essa, infatti, ha toccato, in
maniera trasversale, vari aspetti della storia del nostro Paese, tra i quali, in primo luogo,
quello medico-scientifico, perché le nuove scoperte della scienza, soprattutto quelle
chimiche, inaugurarono gli studi in questo ambito e ne permisero il loro
approfondimento.
In secondo luogo, a livello economico la nascita di queste industrie si inserì nel contesto
più generale dello sviluppo dei settori chimico e farmaceutico che, sull’onda del
progresso già in atto nel resto dell’Europa, conobbero un processo di modernizzazione
tra fine ‘800 e primo ‘900.
Inevitabilmente, poi dovette essere coinvolta anche la sfera legislativa, poiché,
soprattutto in seguito all’Unità d’Italia, si sentì l’esigenza di regolamentare queste
nuove produzioni che stavano prendendo sempre più piede, ai fini di tutelare la salute ed
il benessere della popolazione.
13
L’aspetto più complesso da tenere in considerazione, però, è probabilmente quello
sociale: tutti i fenomeni analizzati, infatti, furono sempre caratterizzati, da un lato, da
uno spirito quasi positivistico, di fiducia nel progresso e nelle capacità dell’uomo, e,
dall’altro, da un sentimento “democratico”, in senso lato, per la volontà che animava
molti, sia tra gli studiosi che tra gli industriali, di portare giovamenti e benefici a quella
vasta parte della società che fino a quel momento ne era stata esclusa.
Se quindi, da un lato, lo sviluppo degli studi scientifici può essere visto come una delle
conseguenze di lungo periodo della settecentesca rivoluzione industriale, e
dell’evoluzione in senso positivistico della mentalità scientifica, dall’altro, queste idee
di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e di diminuzione delle
distanze tra le classi sociali, si svilupparono e crebbero nel corso dell’Ottocento
sull’onda della rivoluzione francese e al seguito di altri movimenti analoghi.
Ciò premesso, conviene dedicare un cenno ai fenomeni scientifici, economici e socio-
culturali indicati, in modo da inquadrare il contesto di questa ricerca.
Per quanto riguarda gli sviluppi della chimica e della farmacologia, già verso la metà
del Seicento si sviluppò un certo interesse per lo studio della composizione degli
elementi naturali, aria e acqua comprese. Inoltre, la scoperta della natura chimica dei
gas, avvenuta nel corso della seconda metà del XVII secolo, sollevò grande curiosità
scientifica e alcuni interessanti tentativi di studiarne i potenziali effetti applicativi.
Tra i vari studi sui gas e sulla composizione dell’aria si possono ricordare quelli di Van
Helmont
1
, Hales
2
, Black
3
, Priestley
4
e Lavoisier
5
, che aprirono la strada per successivi
approfondimenti.
1
Medico (1579-1644), autore di trattati sulla medicina, riconobbe l’anidride carbonica che chiamò gas
silvestre, notando come questo si formasse per reazione di acidi su pietre di origine calcarea. Le
informazioni su questo e sui seguenti studiosi sono tratte da FRANCESCO CARDONE, Acqua, aria,
terra e fuoco. Storia della chimica dagli albori a Lavoisier, Reggio Calabria, Laruffa editore, 1999.
2
Chimico inglese (1677-1761), effettuò diversi esperimenti per la produzione di gas attraverso reazioni
chimiche, ma il suo merito principale è quello di aver gettato le basi della chimica pneumatica che,
riconoscendo all’aria alcune proprietà, tra le quali quella di fissarsi nei corpi, contribuì a concretizzarla
come un agente chimico soggetto a trasformazioni e nel contempo capace di operare trasformazioni.
14
L’individuazione dei gas ispirò, in particolare, ulteriori ricerche soprattutto relative alle
loro eventuali applicazioni curative e alla possibilità di combinarli artificialmente con
alcune acque minerali, cosa che permise la scoperta di numerosi nuovi rimedi
terapeutici
6
.
L’uso di queste acque medicamentose si diffuse, così, anche nella nascente industria
farmaceutica, la quale, nel corso del Settecento, si avviava a diventare una disciplina
sempre più distaccata dalla precedente tradizione alchimistica ed empirica degli speziali
e fondata, invece, su rigorosi studi scientifici
7
.
Nell’Ottocento, poi, la rivoluzione industriale, che dall’Inghilterra si diffuse al resto
dell’Europa, portò con sé anche una nuova concezione degli studi scientifici, cosicché
lo scopo della chimica non fu più “limitato alla scoperta delle proprietà della materia,
ma diretto anche a mettere a punto nuovi prodotti e/o procedimenti che consentissero di
modificare le condizioni di vita dell’uomo e di migliorare i metodi di produzione”
8
.
Non sorprende, quindi, constatare come molte delle nuove industrie sorte nel corso del
secolo fossero inevitabilmente legate agli sviluppi della chimica, in un sistema in piena
evoluzione.
Allo stesso tempo, poi, il perfezionamento tecnico e pratico delle analisi chimiche,
sempre più precise nell’individuazione della composizione specifica delle sostanze
naturali, fece in modo che i chimici divenissero responsabili sia dell’introduzione negli
3
Chimico scozzese (1728-1793), denominò l’anidride carbonica col termine aria fissa, poiché, secondo
lui, questo tipo di aria era fissabile nelle sostanze o nei corpi solidi e nel contempo poteva distaccarsi da
essi.
4
Chimico e filosofo inglese (1733-1804), contribuì in maniera tangibile all’affermazione della chimica
pneumatica scoprendo l’ossigeno.
5
Chimico francese (1743-1794), approfondì gli studi di Priestley sull’ossigeno, al quale diede il nome
attuale.
6
MARCO BERETTA, “Chimica e manifatture”, in Storia della scienza. Volume VI: l’età dei lumi,
Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Marchesi grafiche editoriali s.p.a.,
Roma, 2003, p. 292.
7
BERETTA, “Chimica e manifatture”, in Storia della scienza. Volume VI: l’età dei lumi, cit., p. 292.
8
GERARD EMPTOZ, “Chimica e industria all’inizio del secolo”, in Storia della scienza. Volume VII:
l’Ottocento, cit., p. 550.
15
usi medici, igienici e dietetici di nuove sostanze, che del controllo della loro produzione
e della loro qualità, anche a livello farmacologico
9
.
Inoltre, nel corso del XIX secolo proseguì il processo di differenziazione tra i settori
chimico e farmaceutico, prima considerati come due facce della medesima scienza;
d'altronde, la ricerca scientifica richiedeva un grado sempre più elevato di
professionalità da parte dei chimici e rendeva necessaria la distinzione tra i moderni
laboratori industriali e le vecchie officine o scuole di farmacia.
Spostando, poi, lo sguardo sulle condizioni economiche dell’Italia del secondo
Ottocento, ci si trova di fronte ad un Paese che, dopo essere stato diviso per secoli, con
situazioni politiche ed economiche anche molto differenti fra loro, iniziava a muovere i
primi, faticosi, passi nel tentativo di uscire dall’arretratezza in cui si trovava, per tentare
di entrare nel novero delle grandi potenze europee. Al momento dell’unificazione,
infatti, la nostra economia era ancora fondamentalmente agricola, mentre
l’industrializzazione era gracile, limitata a pochi, determinati settori e geograficamente
localizzata in un’area ristretta del settentrione.
Allo stesso tempo, però, si iniziavano ad avvertire le influenze dello sviluppo
tecnologico e industriale che erano avvenute oltralpe e, nella parte culturalmente ed
economicamente più attiva della popolazione, si rifletteva sull’avvenire del progresso.
“Ciò che in ogni caso emergeva […] era tanto la convinzione che si stava vivendo in un
periodo di progresso e di maggiore civiltà, quanto che la scienza e la tecnica
costituivano fattori primari e poderosi del cambiamento innovativo”
10
.
9
ROBERT G. W. ANDERSON, “La chimica in mostra”, in Storia della scienza. Volume VII:
l’Ottocento, Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani s.p.a., Marchesi grafiche
editoriali s.p.a., Roma, 2003, p. 535 e segg.
10
CARLO G. LACAITA, Cultura politecnica e modernizzazione, in CARLO G. LACAITA (a cura di)
Scienza tecnica e modernizzazione in Italia fra Otto e Novecento, Milano, Franco Angeli, 2000, p. 17.
16
Negli ultimi vent’anni dell’Ottocento l’industria italiana conobbe prima un significativo
sviluppo, per quasi tutti gli anni ’80, seguito, però, da una forte depressione che terminò
solo alla fine del secolo
11
.
La storia dello sviluppo chimico nel nostro Paese seguì, più o meno, questo stesso
andamento: da una fase di arretratezza nella prima metà del secolo, si passò a un
periodo di miglioramento a partire dagli anni ’50 e ’60. Bisogna, comunque, tenere
presente che, nonostante questi sviluppi, ancora negli anni successivi all’Unità,
l’industria chimica nazionale si riduceva a ben poca cosa: erano presenti solo modeste
industrie farmaceutiche, più somiglianti ad “erbari” che alle moderne fabbriche svizzere
o tedesche, e le tecniche impiegate erano ancora di basso livello.
Uno dei motivi principali del nostro ritardo nel settore, rispetto agli altri Stati europei,
era dovuto al fatto che la chimica applicata era pressoché assente e che mancavano
elaborazioni tali da poter avere un immediato risvolto industriale. D’altra parte “questo
atteggiamento degli scienziati […] non trovò in Italia, come invece accadde all’estero,
un ambiente sociale, economico e culturale capace di metterlo in discussione, di
contestarlo e modificarlo, e pertanto poté mantenersi e crescere. L’ideologia della
scienza pura era in Italia perfettamente adeguata ad una situazione produttiva arretrata
che della scienza non aveva bisogno e di un’organizzazione della ricerca che metteva gli
studi applicativi all’ultimo posto”
12
.
Alcuni tentativi di ridare vigore alla scienza italiana vennero fatti attraverso i congressi,
la stampa periodica, le mostre e le esposizioni, che favorirono lo “spirito di
associazione”
13
, crearono forme e strutture operative nuove e si sforzarono di rapportare
i problemi locali a quelli nazionali.
11
ROSARIO ROMEO, Breve storia della grande industria in Italia 1861-1961, Milano, Mondadori,
1988, p. 35-49.
12
ROBERTO MAIOCCHI, Il ruolo delle scienze nello sviluppo industriale italiano, in GIANNI
MICHELI (a cura di), Storia d’Italia. Annali, vol. 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal
Rinascimento ad oggi, Giulio Einaudi editore, 1980, p. 880-881.
13
LACAITA, Cultura politecnica e modernizzazione, cit., p. 26.
17
Gli ultimi due decenni dell’Ottocento videro, in effetti, un certo rafforzamento degli
elementi modernizzanti, un progressivo avanzamento dell’industria e la diffusione di
innovazioni tecnologiche importanti: “la chimica cominciava a disporre di conoscenze e
capacità tecniche tali da diventare una delle componenti essenziali di uno sviluppo
economico e sociale moderno, cioè adeguato al livello delle forze produttive”
14
. Inoltre,
secondo Cerruti, “l’impatto più evidente delle nuove capacità della chimica italiana di
aiutare lo sviluppo civile del nostro paese si ebbe nel settore igienico – sanitario”
15
.
I produttori, a loro volta, mostrarono di riconoscere i molti vantaggi che le attività
industriali potevano ricavare da una più estesa presenza di conoscenze tecniche
adeguate allo sviluppo tecnologico del periodo.
Con l’inizio del nuovo secolo si assistette ad una significativa crescita economica, che
però non avvenne in maniera costante, ma, piuttosto, “con un procedere irregolare,
quasi ansimante”
16
. In ogni caso, tale avanzamento andava di pari passo con una
maggiore iniziativa della società civile e un notevole ampliamento della base sociale
dello Stato: “l’introduzione del suffragio universale e le conquiste sociali del periodo
giolittiano sembrarono coronare il cammino percorso dal paese dopo l’unificazione
politica e confermare quel rapporto tra modernizzazione e democratizzazione che molti
uomini del Risorgimento avevano auspicato e perseguito”
17
.
Questi anni, sebbene non riuscirono a dare all’Italia un sistema industriale consistente e
completo, necessario ad assicurarle una certa autonomia economica, d’altra parte
segnarono un’evoluzione notevole dell’ambiente sociale, grazie al nuovo spirito
industriale che venne manifestandosi.
14
LUIGI CERRUTI, Chimica e chimici in Italia: 1820-1970, in CARLO MACCAGNI, PAOLO
FREGUGLIA (a cura di), La storia delle scienze, in CERIOTTI GUIDO (a cura di), Storia sociale e
culturale d’Italia, Busto Arsizio, Bramante Editrice, 1989, p. 424.
15
CERRUTI, Chimica e chimici in Italia, cit., p. 425.
16
RODOLFO MORANDI, Storia della grande industria in Italia, Torino, Einaudi, 1966, p. 174.
17
LACAITA, Cultura politecnica e modernizzazione, cit., p. 36.
18
Alla vigilia della Grande Guerra, quindi, “le basi del nostro sistema si sono alquanto
allargate […], molteplici attività secondarie o complementari hanno avuto uno sviluppo
che è un indizio di una vitalità assai maggiore della nostra economia, di una maggiore
maturità del nostro sistema industriale”
18
. D’altra parte, però, l’industria chimica e
farmaceutica erano ancora scarsamente sviluppate, sebbene l’inizio del Novecento fu
costellato di iniziative industriali e di eventi che ebbero forte impatto nel panorama
economico del paese, e che ruotarono, almeno inizialmente, attorno agli epicentri del
Piemonte e della Lombardia
19
.
Un momento di forte crisi coincise, poi, con la prima guerra mondiale. In generale, in
tutta Europa il primo conflitto mondiale si lasciava alle spalle Paesi da ricostruire e una
società completamente nuova rispetto a quella ottocentesca, mentre la fiducia nel
progresso e nelle potenzialità della scienza e della tecnica vennero ridimensionate.
Anche l’Italia ne uscì duramente provata, con un industrie da riconvertire, una
vastissima disoccupazione e una produzione agraria fortemente ridotta. Non solo il
conflitto aveva messo a nudo le carenze del nostro sistema produttivo e la sua
dipendenza dall’estero, ma, soprattutto, aveva rotto l’equilibrio economico che era
perdurato fino ad allora, preparando il terreno per una serie di grandi cambiamenti
20
.
Nel primo dopoguerra, anche in campo tecnico e scientifico, presero quindi facilmente
piede due nuove idee. In primo luogo, si diffuse un certo nazionalismo: sebbene si fosse
ancora lontani dall’ideologia autarchica che sarebbe diventata propria del regime
fascista, si trattava piuttosto dell’esigenza di sviluppare sino in fondo le potenzialità di
cui il paese era dotato, svincolandosi così dalla dipendenza dall’estero, quanto meno nei
settori in cui era ragionevole farlo. Inoltre, venne valorizzandosi l’aspetto pratico della
scienza: la guerra, infatti, aveva dato una scossa all’ideale di scienza pura e
18
MORANDI, Storia della grande industria in Italia, cit., p. 176.
19
CERRUTI, Chimica e chimici in Italia, cit., p. 427. Si ricorda, a questo proposito, la fondazione della
Carlo Erba, avvenuta nel 1853.
20
Cfr: MORANDI, Storia della grande industria in Italia, cit., p. 260 e ROMEO, Breve storia della
grande industria in Italia, cit., p. 97-98.
19
disinteressata che fino ad allora aveva predominato, a favore di un sapere che avrebbe
dovuto assumere anche un nuovo valore economico e sociale, rinnovandosi
profondamente nelle sue strutture. La stagione dei nazionalismi, e in particolare del
fascismo per il caso italiano, poi, avrebbe promosso fortemente le produzioni
nazionalistiche, fino al lancio dell’autarchia, che avrebbe fatto sentire i suoi effetti,
seppur limitatamente, anche nel settore delle acque artificiali.
Con l’avvento della società di massa, inoltre, l’opinione pubblica iniziò ad acquistare un
peso sempre crescente e a condizionare in modo sempre più significativo le scelte
politiche ed economiche; in questo senso, anche le produzioni e i consumi erano
destinati ad orientarsi verso un mercato sempre più in espansione.
A partire dagli anni ’20 del Novecento, e in particolare con il regime fascista, si
assistette ad una ripresa dell’economia italiana, che si sarebbe arrestata solo con la crisi
degli anni ’30. Il settore chimico, in questo periodo, fu tra quelli che ebbero i maggiori
sviluppi
21
. Dal momento, poi, che anche nella scienza Mussolini vedeva un’occasione di
prestigio nazionale, oltre che uno strumento di intervento sulla realtà, si venne anche
rafforzando il nuovo atteggiamento, a cui si è accennato, nei confronti della scienza
applicata: grande importanza, infatti, veniva ora data al valore pratico dell’impresa
scientifica, alla necessità di “riavvicinare la scienza alla vita”
22
.
A partire dagli anni ‘40 del secolo, infine, la produzione delle acque minerali artificiali
iniziò ad essere disincentivata, per lasciare spazio al solo commercio delle acque
minerali, naturali o gasate, il cui consumo continua tuttora. Nel dopoguerra, invece,
quando ormai la stagione delle acque minerali artificiali era tramontata, conobbe un
grande successo l’Idrolitina di Gazzoni, che divenne molto popolare negli anni ’50 e ’60
e fu tra i protagonisti del boom economico di quel periodo.
21
ROMEO, Breve storia della grande industria in Italia, cit., p. 113.
22
MAIOCCHI, Il ruolo delle scienze nello sviluppo industriale italiano, cit., p. 935.