4
turistico, diversi studiosi, quali Dematteis
2
, Micelli
3
, Mossetto
4
, mettono in 
luce la necessità di strutturare una rete di rapporti che permetta il 
coordinamento delle attività a diversi livelli; è la rete una struttura molto 
funzionale anche all’organizzazione della realtà museale odierna che sta 
vedendo mutare la sua missione da “contenitore culturale” a punto di 
riferimento della comunità di una stessa città o di una zona più vasta. 
L’ICT (Information and Communication Technology) rappresenta una 
risorsa indispensabile per la realizzazione di questo tipo di progetto
5
. Di 
seguito viene analizzato il caso particolare inglese che, alle soglie del 
Nuovo Millennio ha “preso coscienza” della necessità di possedere degli 
strumenti di gestione di un turismo che, per le particolari condizioni 
storiche e culturali, si è sviluppato spontaneamente fino a raggiungere 
notevole importanza per l’economia del Paese. Il Tomorrow’s Tourism: A 
Growth Industry for the New Millennium rappresenta il documento che per 
la prima volta si impegna a descrivere, valorizzare, tutelare ed organizzare 
ogni settore del turismo inglese, cercando di trarre una stima delle proprie 
potenzialità nell’ambito di una politica sostenibile. 
Nella seconda parte dell’elaborato l’attenzione si focalizza sulla realtà 
museale di Londra, in particolare viene descritta la nascita, il decollo e la 
struttura organizzativa della Tate Gallery, uno dei musei europei più 
visitati. L’analisi delle varie tipologie di finanziamento messe in pratica, 
dell’attenzione particolare riservata alla promozione e ad una forte 
pianificazione strategica di marketing metterà in luce lo sforzo di 
quest’organizzazione di sapersi rinnovare seguendo le tendenze tracciate 
dai grandi musei americani, pur continuando a testimoniare il suo forte 
                                            
2
 Cfr. Dematteis G., Sistemi locali e reti globali: il problema del radicamento territoriale, 
Archivio di studi urbani e regionali, n.53. 
3
 Cfr. Rullani E. & Micelli S., Città e cultura nell’economia delle reti, il Mulino, Bologna, 
2001. 
4
 Cfr. Mossetto G., The Economy of the Cities of Art: a Tale of two Cities, nota di 
lavoro 91.10, Venezia, 1992. 
5
 Cfr. Buhalis D., A new era in IT for Tourism, in “Turistica – Trimestrale di Economia, 
Management, Marketing, Anno X n.3 – Luglio / Settembre 2001, Mercury S.r.l. 
 5
impegno per quanto riguarda la conservazione, la tutela e la 
valorizzazione del patrimonio artistico inglese. 
La terza parte si concentra sull’ultimo nato dei quattro musei che 
compongono la Tate Gallery: la Tate Modern, galleria d’arte 
contemporanea internazionale situata nel Bankside, presso la riva sud del 
Tamigi e ospitata da quella che in passato è stata la centrale idroelettrica 
che dava energia alla zona industriale londinese, ideata dal celebre 
architetto Sir Gilbert Scott. Partendo dall’analisi delle motivazioni che 
hanno portato i membri della Tate a optare per questa localizzazione sono 
illustrate le conseguenze che tale scelta ha inevitabilmente comportato: la 
Millennium Commission, organo governativo convocato eccezionalmente 
per programmare gli eventi per le Millennium Celebrations, ha ritenuto che 
una collezione d’arte contemporanea inserita in un edificio d’epoca 
industriale riadattato al nuovo scopo, rappresentasse un simbolo adeguato 
del millennio alle porte, aperto al futuro ,ma consapevole dell’eredità del 
passato. Di seguito è poi illustrata la pianificazione dell’”evento Tate 
Modern” e il parallelo programma di rinnovamento dell’intera istituzione a 
partire dal lancio di una nuova identità di marchio e di un nuovo sito web. 
Viene poi illustrata la particolare cura che la Tate Modern pone verso il 
proprio pubblico ed i suoi bisogni: dall’accoglienza, all’istruzione del 
personale, allo spazio, tutto è pensato e progettato intorno al visitatore 
ideale; questo stesso è materia di studio attraverso questionari semestrali 
indirizzati all’individuazione del proprio target di pubblico. L’analisi del 
conto economico della Tate Modern, interpretato secondo le direttive dello 
studio di Fuortes
6
, metterà in luce il suo carattere tipicamente 
anglosassone di museo “privato” ma ancora fortemente sovvenzionato dal 
Parlamento ma, al tempo stesso, la sua voglia di spingersi sempre più 
verso un orientamento al profitto. 
Nell’ultima parte verrà preso in considerazione il discorso culturale sullo 
heritage, in particolare con riferimento al recupero del patrimonio 
industriale del passato in relazione con la rigenerazione del quartiere di 
                                            
6
 Cfr. Fuortes C., La finanza del museo tra Stato e mercato: casi di studio 
internazionali, in “Economia della Cultura”, anno VIII, 1998, n. 2. 
 6
Bankside in seguito alla decisione della Tate di utilizzare l’edificio della 
centrale elettrica. Attraverso il punto di vista critico di esperti come 
Hewison ed Hebert saranno sottolineati i rischi che possono essere 
generati da un recupero senza criterio del passato e dalla sua 
mercificazione, giungendo però alla conclusione che attraverso una 
pratica “ragionata” si possano ottenere risultati positivi sia dal punto di 
vista ambientale, che culturale, che per ciò che riguarda la soddisfazione 
del pubblico, sempre più spesso restio a conoscere il passato attraverso la 
didattica ufficiale. 
 7
 
1 Turismo urbano e turismo d’arte: la nuova 
alternativa 
1.1 L’impatto economico del turismo 
Dalla seconda metà del ventesimo secolo abbiamo assistito 
all’emergere del turismo come uno dei maggiori settori socioeconomici, in 
continua espansione, con un tasso di crescita annuo del 4-5 %. 
Lentamente, ma assiduamente, il viaggio di piacere si è imposto come 
uno degli ultimi beni cui un occidentale di reddito medio rinuncerebbe. 
La combinazione di turismo domestico ed internazionale è ormai 
considerata la più grande “industria del mondo”, in particolare alcune 
stime allargate della WTO
7
 calcolano che nel 1995 il turismo contribuì al 
10,9% del prodotto interno lordo mondiale, creando occupazione per circa 
212 milioni di persone. 
Numerosi sono gli effetti socio economici del turismo e potremmo 
classificarli nel modo seguente: 
• Effetti sui conti economici: il turismo è essenzialmente un bene 
d’esportazione che porta valuta estera, sebbene i tour operators 
stranieri e le campagne di promozione all’estero ne possano 
ridurre i benefici netti; 
• Effetti sullo sviluppo regionale: il turismo s’indirizza anche ad 
aree periferiche e quindi allarga l’attività economica anche oltre il 
“centro”; 
• Effetti sulla diversificazione dell’economia: data la natura 
trasversale del settore turistico che presenta interdipendenze 
con quasi tutti i settori economici, questo può aiutare a porre le 
basi per un robusto sviluppo economico; 
                                            
7
 Cfr.  World Tourism Organization, Guide for local authorities on developing 
sustainable tourism, WTO ed., Madrid, 1998 
 
 8
• Effetti sul bilancio dello Stato: le attività economiche connesse al 
turismo contribuiscono, attraverso l’imposizione fiscale, alle 
entrate dello Stato; 
• Effetti sulle possibilità d’occupazione: il turismo è un’attività 
labour intensive e richiede molta manodopera non o semi 
qualificata, offrendo così grandi opportunità per le regioni meno 
favorite. 
Il turismo internazionale è una delle componenti trainanti il commercio 
internazionale; nel 2000 ci furono 699 milioni di arrivi turistici internazionali 
e ciò generò un totale di 476 miliardi di dollari in cambio straniero, senza 
contare la somma spesa per i biglietti aerei ed altri mezzi di trasporto 
internazionali
8
. 
La situazione non cambia per il turismo domestico. Sebbene sia difficile 
disporre di dati così specifici su base globale, si calcola che il turismo 
domestico sia addirittura di portata 10 volte maggiore di quello 
internazionale. 
Cifre del genere ci fanno ben immaginare l’impatto economico 
sull’economia dei Paesi occidentali che può aver avuto la crisi del settore 
turistico in seguito agli eventi terroristici di fine 2001. Una crisi non certo 
programmata, stando alle ottimistiche statistiche della WTO per il 2002, 
che investe la quasi totalità del panorama economico odierno, ma una 
crisi che se gestita, può contenere i suoi effetti nell’ambito di una fase 
congiunturale. Nel settore turistico ad esempio, una delle soluzioni 
potrebbe essere la valorizzazione di quei settori che meno risentono degli 
effetti della crisi, quali il turismo domestico ed il turismo internazionale a 
medio raggio. Una scelta comunque non azzardata: la fruizione di tali 
prodotti è ai primi posti nella classifica dei trends turistici degli ultimi 10 
anni. 
Infatti, dagli anni ’50 – periodo d’oro del turismo di massa, caratterizzato 
da standardizzazione, predominio dei produttori sui consumatori e dominio 
del mercato sui singoli produttori - abbiamo assistito ad un cambiamento 
strutturale delle preferenze del turista che ha portato alla rapida 
                                            
8
 Cfr. WTO, Tourism Highlights 2001, OMT-WTO-BTO Edition, Madrid, 2001. 
 9
espansione di forme di turismo più individuali e flessibili. È nato, per 
esempio, un crescente interesse per le grandi celebrazioni, i mega eventi, 
per un turismo di tipo culturale, per lo Heritage tourism e per il turismo 
rurale. Anche i parametri temporali sono cambiati: dall’unica vacanza 
lunga annuale si è passati a più periodi di vacanza di breve durata e 
distribuiti lungo tutto l’arco dell’anno. 
Queste nuove forme di turismo solitamente richiedono una produzione 
più flessibile e su scala minore ed un consumo più diffuso spazialmente 
rispetto al turismo di massa. Inoltre le destinazioni turistiche sono meno 
differenti da altre zone di svago: l’insieme comporta una diminuzione dei 
rischi sia da parte dell’operatore turistico – per ciò che concerne i costi - 
sia da parte del consumatore che si ritrova una vacanza “su misura”. 
Il turismo del ventunesimo secolo è caratterizzato da una varietà di 
prodotti e dalla coesistenza di diverse forme di produzione. Ci sono 
tendenze globalizzanti ma, come è stato notato, “non diminuiscono 
l’importanza del locale e del regionale”
9
, anzi importante è ora considerare 
come questi differenti livelli sono interrelati. 
La Gran Bretagna offre un perfetto esempio di come la valorizzazione 
commerciale di heritage e cultura possono fornire una buona base per lo 
sviluppo economico. 
1.1.1 L’importanza crescente del turismo urbano nello scenario 
generale 
L’aumento del tempo libero, la possibilità di distribuire le pause 
lavorative durante l’anno, la crescita dell’età media della popolazione, la 
possibilità di viaggiare più facilmente all’interno del proprio continente 
grazie al progressivo allentamento del confine fra gli stati – ultimo fra gli 
sviluppi e’ la recente adozione della moneta unica all’interno dell’Unione 
Europea - ed il progressivo collasso dell’industria balneare sono fra i fattori 
                                            
9
 Cfr. Williams A., Shaw G., Tourism and economic development, ed. Wiley, 
Chichester, 1998 
 
 
 10
che hanno favorito lo sviluppo di un ormai corposo flusso turistico verso le 
capitali e le città d’arte del nostro continente. 
Il cambiamento dei ritmi di lavoro spesso porta la gente a preferire brevi 
periodi di riposo distribuiti durante l’anno - magari in corrispondenza delle 
vacanze scolastiche nel caso di gruppi familiari o a mezza stagione 
quando, il clima mite permette un soggiorno piacevole- riducendo la lunga 
pausa estiva, che resta per la maggior parte della popolazione improntata 
al turismo balneare, ad una settimana, 10 giorni. 
Il turismo urbano e’ più dinamico, i pernottamenti sono ridotti ad 1-2 
giorni nel caso del turismo domestico, fino ad un massimo di 5-6 per 
quello internazionale; ma il forte ricambio turistico e la possibilità di 
sfruttare un arco temporale anche quattro volte maggiore di quello 
riservato al turismo balneare rendono il turismo urbano una risorsa 
determinante per i tour operators e per le città-meta. Il turismo, infatti, può 
diventare un’attività socioeconomica molto importante per queste città. 
Alcune città servono come base d’appoggio per un turismo poi più 
ampio, indirizzato all’intera regione o ad aree come parchi naturali e siti 
archeologici; molte città invece possiedono loro stesse una grande 
attrattiva poiché dotate di musei, parchi, teatri, centri storici, stili 
architettonici interessanti, zone di intrattenimento e centri commerciali, ma 
soprattutto di un ambiente urbano dinamico ed in continuo fermento. Altri 
spazi urbani invece sono importanti centri commerciali, governativi o 
finanziari che attraggono gli uomini d’affari offrendo loro servizi per 
conferenze ed incontri con un sistema urbano tutt’altro che insignificante 
dal punto di vista culturale ed economico. 
Il turismo urbano può portare benefici significativi all’ occupazione ed, in 
generale, allo sviluppo del paese; esso può anche aiutare a sostenere 
servizi come musei, teatri, ristoranti già oggetto di fruizione da parte dei 
residenti, ma che non sarebbero economicamente giustificabili o 
sarebbero costretti a diminuire la loro dimensione senza il turismo. 
Sviluppare il turismo negli spazi urbani può presentare diverse 
problematiche quali: la pressante richiesta da parte di hotels e altri servizi 
ricettivi di poter espandersi ed occupare lo spazio del centro, l’aumento 
esponenziale del traffico e la congestione dei luoghi di primario interesse 
 11
quali musei, edifici storici, bellezze artistiche. Ecco perché è importante 
che la realizzazione di un piano di turismo urbano sia una componente 
della pianificazione urbana nel suo insieme, solo così il turismo ha la 
possibilità di compenetrarsi nel tessuto della città ed i possibili conflitti 
possono essere previsti, studiati e minimizzati. 
Questo auspicava Gregory Ashworth
10
 nel 1992 come soluzione alla 
crisi di allora del turismo urbano. Lo sforzo maggiore, secondo Ashworth, 
era prima di tutto rendersi conto della situazione di crisi poiché, 
un’industria così viva come quella del turismo nelle città, con una storia 
recente ed una crescita stabile, fatica a rendersi conto delle contraddizioni 
che questa crescita porta con sé. 
Ma la sensazione che quel tipo di turismo stesse danneggiando le 
risorse primarie su cui altre importanti attività si basavano era diffusa e 
non mancavano le denunce da parte degli ambientalisti, dei responsabili 
dei beni culturali, di antropologi e sociologi, di economisti. La causa 
sembrava essere identificata non nel turismo in sé, ma in una crisi della 
gestione delle risorse sulle quali poggiava il turismo cittadino, spesso una 
“non-gestione” che irrimediabilmente stava portando al danneggiamento 
del bene. 
La soluzione per Ashworth risiedeva appunto in un approccio che 
unisse risorse e sistemi di produzione, uno sviluppo sostenibile, ossia - 
secondo la definizione di Opschoor e Van Straaten - “un processo di 
cambiamento in cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli 
investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnico ed il cambiamento 
istituzionale sono tutti in armonia e rafforzano il potenziale presente e 
futuro nel soddisfare i bisogni dell’uomo”.  
                                            
10
 Cfr. Ashworth G., “Managing urban tourism:a resource management crisis in search 
of a resource management solution”, in Report  from the conference: Tourism and the city 
in the nineties, CISET, Venezia, 1992 
 
 12
1.1.2 L’importanza strategica del settore culturale per un turismo 
urbano sostenibile 
L’impatto delle attività turistiche sulle aree urbane è stato ed è tuttora 
oggetto di numerosi studi, spesso orientati alla soluzione della difficile 
convivenza fra popolazione autoctona e la massa incontrollata dei turisti. 
E’ comunque difficile trovare un punto di dialogo fra queste ricerche ed 
una gestione operativa: una volta riconosciuto che le misure prese per 
circoscrivere la domanda turistica sono spesso inutili o facilmente 
raggirabili, è cresciuto l’interesse verso una migliore gestione dell’offerta 
turistica, indirizzata all’incremento del valore aggiunto del turismo e 
contemporaneamente a minimizzare i suoi impatti negativi sulle altre 
funzioni economiche e sociali del paese. 
L’impatto socioeconomico del turismo in un’area è strettamente legato 
alle caratteristiche della domanda ed all’organizzazione dell’offerta. La 
domanda sul mercato turistico si caratterizza in base al paese di origine 
dei visitatori, le motivazioni ed il tipo di utilizzo dello spazio. Il numero di 
pernottamenti, la loro distribuzione e la divergenza fra l’estensione 
dell’area visitata e l’area effettiva in cui il turista spende il proprio denaro 
rappresentano buoni indicatori dell’impatto economico del turismo. 
La struttura del flusso turistico così caratterizzata determina quanto 
pesantemente la pressione della domanda turistica incide sul luogo. Dove 
questa divergenza è ampia, la pressione turistica diventa insostenibile; 
segnali tipici di questo scenario sono: l’aumento esorbitante dei prezzi 
delle camere in centro, un’alta percentuale di escursionisti presenti nei 
flussi turistici, l’inizio di un insanabile collasso urbano e finanziario, il 
prosciugamento delle risorse destinate al mantenimento dei monumenti 
ed, in ultimo, la crisi del settore turistico in sé, dovuta alla congestione ed 
al declino della qualità del prodotto. 
Ma come sono connesse queste situazioni con la performance del 
settore culturale della città? 
 13
G. Mossetto
11
 nel 1992 ha minato la giustificazione economica del 
turismo urbano con la sua tesi secondo cui “l’arte è un prodotto della 
crescita economica e non una risorsa su cui le città possano basare le loro 
economie”. Al contrario D. Thorsby
12
nel 1994 ha rilevato che il sistema 
economico e quello culturale possono essere descritti come parte di un 
unico modello evolutivo, ambedue determinanti della sua sostenibilità. Nei 
paesi a bassa richiesta turistica, le due industrie agiscono come entità 
separate ma interfacciabili: la cultura è il nutrimento della scarsa attività 
turistica e l’atto di consumo da parte della popolazione residente è spesso 
ciò che attrae i visitatori. In questo scenario la cultura è strettamente 
connessa all’organizzazione locale della società: il pericolo è che 
manchino risorse sufficienti a mantenere il ruolo della cultura vivo e fertile, 
poiché manca la “massa di turisti” che renda profittevoli le istituzioni 
culturali. 
D’altra parte, dove la pressione del turismo è alta ed i profitti sono 
enormi, può accadere l’opposto. In questi paesi non vi sono incentivi per 
un marketing selettivo: l’offerta è satura per la maggior parte dell’anno, 
indipendentemente dalla qualità del prodotto turistico. Il turismo è il 
soggetto dominante del consumo culturale, è parte integrante del 
processo di produzione di cultura ed il contenuto culturale è fortemente 
influenzato dai gusti dei visitatori e da una serie di fattori su cui le città 
hanno un controllo molto limitato. I servizi culturali offerti sono quelli che i 
turisti richiedono, né più né meno che una pura rappresentazione delle 
loro aspettative: non vi è alcun bisogno di organizzare un settore culturale. 
Nemmeno questo è comunque un processo infinito: esiste una soglia 
oltre la quale l’attrattiva di una località turistica, se non gestita, ristagna e 
declina. 
                                            
11
 Cfr. Mossetto G., The economy of the cities of art: a tale of two cities, nota di lavoro, 
91.10-,  Dipartimento di Economia, Università di Venezia, 1992 
12
 Cfr.  Thorsby D., Linking culture and development models:towards a workable 
concept of culturally sustainable development, studio preparato per la Commissione 
Mondiale per la Cultura e lo Sviluppo, UNESCO, 1994 
 14
In entrambe le situazioni limite descritte il turismo ha bisogno di essere 
propriamente gestito ed un buon management del settore culturale è un 
punto cruciale poiché, nel caso delle città d’arte, la cultura è ciò che 
fondamentalmente attrae i turisti. 
L’interesse degli osservatori per il settore culturale non è occasionale: è 
nella produzione di cultura che le città d’arte di tutto il mondo devono 
sviluppare un vantaggio competitivo, è l’industria culturale che offre i più 
promettenti sviluppi per le economie urbane del nuovo millennio. Una volta 
riconosciuto questo, la sinergia tra turismo e cultura permette all’economia 
locale di prosperare senza un intervento significativo del settore pubblico, 
che può così limitare il suo ruolo a guidare la formazione di partnership 
con il settore privato. 
Alcune caratteristiche di quello che potremmo chiamare “modello 
sinergico” di gestione turistica, sono le seguenti: 
• Uno sforzo costante per massimizzare l’impatto del turismo su 
altri settori dell’economia urbana; 
• L’impegno a favorire la creazione di un settore di servizi per 
l’offerta turistica; 
• La presenza di un settore culturale produttivo e attivo attraverso 
il quale gestire le entrate; 
• L’ottimizzazione della qualità a discapito della massimizzazione 
della quantità, 
• Un approccio integrale e di lungo periodo. 
A lungo andare questa si rivela una strategia sostenibile poiché evita i 
rischi di una “monocultura” – quale ad esempio è il turismo 
monofunzionale- e al tempo stesso funge da base per la crescita di altre 
produzioni. Eppure lo stabilire sinergie con altri settori strategici 
dell’economia non è certo così automatico. L’essere provvisti di un 
importante heritage culturale e architettonico non è una condizione 
sufficiente per la crescita di un settore culturale innovativo e durevole né è 
necessaria, come dimostra il caso di molte città turistiche “leader”. 
Nell’organizzazione di questo modello i differenti attori del settore 
culturale dovrebbero essere fatti partecipi nella decisione riguardo al 
 15
processo di sviluppo urbano e la gestione del settore culturale dovrebbe 
essere unificata e omogeneizzata per assicurare la massima produttività 
del sistema, ottimizzando relazioni biunivoche con le altre funzioni urbane, 
turismo incluso. Ciò significa, ad esempio, che la commercializzazione del 
prodotto turistico e di quello culturale dovrebbero essere portati avanti 
dalla stessa struttura; che la strategia di marketing dovrebbe essere 
basata sulle opportunità culturali; che i rappresentanti dell’industria 
turistica lavorino e condividano il know-how dei rappresentanti delle 
istituzioni culturali. 
Le interrelazioni con il turismo non sono più semplici esternalità della 
produzione, ma fanno parte del processo di coordinamento; così facendo 
il significato di accessibilità cambia: si passa da accessibilità di contenuti 
ad accessibilità di fruizione, e l’importanza strategica del settore 
culturale risulta incrementata. 
Un esempio pratico è rappresentato dall’applicazione dell’Information 
and Communication Technologies (ICT) all’industria turistica come uno 
strumento per regolare i flussi ed allo stesso tempo permettere un 
aumento del valore aggiunto del prodotto culturale offerto. 
La situazione delle città d’arte è spesso un’organizzazione di tipo 
verticale a senso unico che unisce istituzioni del settore culturale e 
business turistico, il più grande utilizzatore di prodotti culturali; ma i 
rapporti orizzontali e di feedback tra le istituzioni culturali e fra loro ed i 
compratori finali (residenti e turisti) sono povere. Le istituzioni culturali 
sono spesso gestite dal settore pubblico, e dipendono dai fondi pubblici; i 
loro guadagni sono incamerati dalle autorità governative locali o centrali, 
mentre gli effetti indiretti e indotti sull’economia urbana sono ambigui. In 
un contesto del genere, non c’è speranza per l’esternalizzazione della 
produzione con effetti diffusi, è una struttura che non favorisce le 
innovazioni di prodotti e processi e non mira alla massimizzazione della 
qualità, non risultando quindi adatta ad affrontare le sfide della 
competizione internazionale che l’odierno “villaggio globale” ci presenta. 
È necessaria una strategia di riorganizzazione del settore culturale che 
garantisca il massimo impatto sull’economia locale, ma anche un’attenta 
analisi dei bisogni della domanda a partire da: 
 16
• Una messa a fuoco delle effettive opportunità della città; 
• Lo sviluppo dell’idea di prodotto integrale (che investa tutti i 
settori cittadini); 
• Il miglioramento dei rapporti orizzontali, stimolando la creazione 
di istituzioni dove le idee possano circolare, dando incentivi alla 
cooperazione, promuovendo la partecipazione dei turisti e 
provvedendo ad un supporto tecnico per la creazione di data-
base integrati; 
• La creazione di adeguate istituzioni che supportino questo 
sistema riorganizzato poiché le vecchie istituzioni governative 
non sono più adeguate a rappresentare gli interessi del sistema. 
 
A questo proposito Van den Berg, Braun e Van der Meer
13
 hanno 
elaborato un modello che rappresenta in modo appropriato le necessità di 
un cambiamento di politica nella pianificazione strategica. Questi autori 
definiscono come “capacità organizzativa” l’abilità di coinvolgere tutti gli 
attori ed insieme sviluppare nuove idee ed una politica atta a rispondere ai 
cambiamenti fondamentali ed a creare le condizioni per uno sviluppo 
sostenibile. 
Secondo loro, le città di successo sono quelle che tengono conto delle 
relazioni tra gli attori dell’economia ed i loro differenti interessi, e sono in 
grado di organizzare l’interazione fra questi- e fra essi e le strutture 
amministrative formali- in un modo tale da sfruttare al massimo le 
potenzialità di sviluppo di una regione o di una città. Oltre allo sviluppo di 
questa rete di relazioni altre condizioni sono cruciali, quali una forte 
leadership, che possa coordinare il lavoro e garantire sia un facile start-up 
che la continuità del processo; lo sviluppo di una visione comune; il 
supporto politico e sociale per lo sviluppo della strategia ed infine le 
condizioni economiche e spaziali che permettano di poter affrontare le 
sfide delle nuove opportunità. 
                                            
13
 Cfr. Van den Berg L.., Braun E., Van der Meer J., Metropolitan organizing capacity: 
experiences with organising major projects in European cities, Ashgate, Aldershot, 1997 
 17
Un modello che possa rappresentare praticamente questa 
riorganizzazione è quello cosiddetto “a grappolo”. Per grappolo si intende 
la concentrazione delle attività economiche, collegate orizzontalmente e 
verticalmente, nello stesso processo produttivo; ciò è facilmente attuabile 
negli spazi urbani dove la vicinanza fisica rappresenta un superconduttore 
di idee e valori culturali. Un “grappolo culturale” potrebbe comprendere 
istituzioni culturali quali musei e teatri, aziende che provvedano alle 
infrastrutture tecnologiche necessarie alle esposizioni, sviluppatori di 
software, strutture di raccolta dati, tour operators ed agenzie di viaggio, 
compagnie addette ai servizi di ticketing ed alla promozione, istituzioni 
educative e scuole, uffici pubblici che si occupano di pianificazione 
culturale, le stesse istituzioni culturali.. 
Il modello a grappolo garantisce lo sviluppo di una forte 
specializzazione nell’organizzazione spaziale della città, allo stesso tempo 
aiuta a mantenere la base di produzione diversificata, poiché il know-how 
sviluppato in un settore può essere riprodotto come servizio di supporto 
per altri settori. 
 
1.2 ICT: nuovo strumento a servizio di città, cultura e 
turismo 
 
Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, le nuove esigenze di 
organizzazione economica e spaziale e le tendenze globalizzanti degli 
ultimi decenni hanno favorito uno sviluppo reticolare anziché lineare dei 
rapporti sia a livello di ciò che potremmo definire macrosistema – cioè fra 
stati, regioni e città – sia a livello inferiore – ad esempio in una stessa 
città, fra le varie istituzioni -. La rete è il modello di sviluppo di questi anni 
e le nuove tecnologie sono uno degli strumenti che rendono possibile e 
facilitano questa relazione.