1.2(segue) inizio del dibattito riformistico. 
 
Il dibattito inizia nel 1956,con l’apparizione del primo numero della  
 
Rivista delle società, che si apre con due contributi, uno di Ascarelli e  
 
uno di Ferri che rappresentano il manifesto programmatico delle  
 
aspirazioni riformatrici della cultura giuridica italiana.  
 
Il contributo di Ferri appare come il primo tentativo di individuazione  
 
degli assi intorno a cui far ruotare un intervento legislativo che potesse  
 
adeguare la disciplina della spa ai mutamenti intervenuti nella loro  
 
struttura e nel loro funzionamento.
1
 
Da un lato c’è l’azionista che si disinteressa,negli organismi sociali di  
 
maggior peso, della gestione della società; dall’altro le classi  
 
lavoratrici inseriscono nell’organizzazione societaria i loro interessi e  
 
rivendicano il diritto di partecipare alla gestione dell’impresa nella  
 
quale prestano la loro attività.  
 
Ma queste due opposte tendenze investono un solo problema:quello  
 
del rapporto tra potere di gestione e responsabilità; tra i due termini di  
 
questo rapporto c’è una precisa corrispondenza: l’iniziativa è  
 
proporzionata alla responsabilità e questa a quella. Ma in realtà  
 
capitalisti e lavoratori nella pratica non possono interferire nella  
 
                                                 
1
 De Acutis: Le azioni di risparmio, Milano 1981. 
 
 
2
gestione e controllarla, poiché la gestione delle grandi società è  
 
dominio esclusivo dei tecnici. 
 
Il vero problema non è allora risolvere un conflitto tra capitale e  
 
lavoro, ma tutelare l’azionista. 
 
Secondo una prima tendenza la sproporzione tra potere e  
 
responsabilità dovrebbe essere colmata facendo assumere all’azionista  
 
imprenditore una responsabilità illimitata per le operazioni inerenti  
 
alla gestione sociale. 
 
Una seconda tendenza attribuirebbe,invece,al socio maggiori poteri e  
 
restringerebbe il campo della discrezionalità degli amministratori. Ma  
 
una terza tendenza porta a predisporre particolari organi di controllo  
 
pubblicistico della gestione sociale.
2
 
La tendenza migliore appare quella di rafforzare la posizione  
 
dell’azionista attribuendo maggiori poteri di controllo e riconoscendo  
 
nuovi diritti individuali che funzionino come limite al potere  
 
discrezionale degli amministratori. 
 
 
 
1.3(segue) il contributo di Ascarelli. 
 
Ma è Ascarelli che per primo afferma la necessità della riforma e tenta  
 
                                                 
2
 Ferri: Potere e responsabilità nell’evoluzione della società per azioni in Riv.soc. 1956. 
 
 
3
di tradurre in progetto le sue idee.   
 
Tre sono i problemi intorno a cui ruota la disciplina delle società per  
 
azioni: 
 
1)la tutela dei creditori sociali in relazione all’autonomia del  
 
patrimonio sociale. 
 
2)la tutela dei creditori del socio e la tutela del fisco,e in particolare il  
 
problema dell’uso indiretto della società per conseguire finalità  
 
diverse, a volte lecite a volte riconducibili ad un’alterazione dell’onere  
 
fiscale. 
 
3)il terzo problema è quello della disciplina interna della società ,che  
 
da un lato comporta la prevalenza della maggioranza, e dall’altro una  
 
serie di limiti a questi poteri. 
 
La maggioranza assembleare non corrisponde più alla maggioranza  
 
del capitale sociale, e ciò per progressivo disinteresse e assenteismo  
 
degli azionisti.
3
 
L’esigenza di tutela del risparmio è strumentale allo scopo di  
 
disciplinare il potere interno della spa in una realtà caratterizzata dalla  
 
dissociazione tra controllo e proprietà della ricchezza e da un controllo  
 
di minoranza.
4
                                                 
3
 Ascarelli: I problemi delle società anonime per azioni in Riv.soc. 1956. 
4
 De Acutis: Op. cit. 
 
 
4
 La riforma della società è finalizzata alla lotta contro i monopoli e  
 
mira ad evitare la degenerazione di questo strumento giuridico in  
 
strumento di prepoteri che poi si rifletterebbero sullo stesso flusso del  
 
risparmio azionario.
5
 
 
 
1.4 Istituzione della commissione Santoro-Passarelli. 
 
Nel 1959 viene istituita presso il ministero dell’industria e commercio  
 
una commissione presieduta da Santoro-Passarelli, con il compito di  
 
indicare le linee della futura riforma. E’ nell’ambito di tale  
 
commissione che si attua il vero e proprio scontro che ha  
 
accompagnato l’evolversi del dibattito sulla riforma in Italia. 
 
Il terreno del confronto è quello delle tutela dell’azionista  
 
risparmiatore in una situazione caratterizzata dalla sua crescente  
 
alienazione dalla dialettica assembleare. 
 
Da un lato c’è chi ritiene che la soluzione starebbe in una serie di  
 
modifiche che rendano possibile un’effettiva partecipazione degli  
 
azionisti alla vita sociale.  
 
Dall’altro lato c’è invece chi,ritenendo tale fenomeno irreversibile  
 
invita il legislatore a emanare norme che si adattino a questa  
                                                 
5
 Ascarelli: Op. cit. 
 
 
5
 situazione, cercando di eliminare le conseguenze pregiudizievoli per  
 
gli interessi dei risparmiatori. 
 
Di qui la proposta di istituzionalizzare in due diverse categorie di titoli  
 
la diversità tra le posizioni degli azionisti imprenditori e degli azionisti  
 
risparmiatori. E’ quest’ultima l’esigenza destinata ad imporsi: la stessa  
 
commissione Santoro-Passarelli comincia a delineare i connotati di  
 
una nuova categoria di azioni, per ora denominate <<azioni senza  
 
voto>>.
6
 
 
 
1.5 Sviluppo del dibattito. 
 
A ridosso dei lavori della Commissione Santoro-Passarelli il dibattito  
 
continua a svilupparsi attraverso alcuni contributi di Ferri, Oppo e  
 
Auletta, tra gli altri. Ferri ribadisce il frazionamento del gruppo  
 
azionario: da un lato ci sono i c.d. azionisti imprenditori, che vogliono  
 
realizzare un guadagno attraverso l’esercizio dell’impresa e ciò che  
 
conta per loro sono i poteri sociali;dall’altro lato i c.d. piccoli azionisti  
 
o azionisti di risparmio che vogliono attuare un proficuo investimento  
 
dei loro risparmi e ciò che conta per loro sono i diritti patrimoniali. 
 
                                                 
6
 Bione: Le azioni di risparmio tra mito e realtà in Giur. Comm. 1975,I 
 
 
 
6
Questa duplicità di posizioni indubbiamente modifica le basi  
 
giuridiche della disciplina della spa e non è sfuggita ai compilatori del  
 
codice, che hanno previsto la categoria delle azioni a voto limitato.
7
 
Le prospettive di riforma devono cristallizzare tale  
 
diversità, distinguendo queste due categorie di azionisti e attribuendo  
 
solo ad una di esse i poteri di amministrazione. 
 
Ferri individua anche alcune caratteristiche di quella che dovrebbe  
 
essere la disciplina delle azioni di risparmio: nominatività dei titoli;  
 
rafforzamento dei diritti individuali degli azionisti risparmiatori ;una  
 
più rigida disciplina del diritto di opzione che è,in definitiva,il mezzo  
 
attraverso il quale si realizza l’utile dell’azionista risparmiatore. 
 
 
 
1.6. (segue) le prospettive di riforma di Giorgio Oppo. 
 
Da questo contributo di Ferri prende spunto Giorgio Oppo, che si  
 
preoccupa ,di fronte ad una proposta che rompe la corrispondenza tra  
 
titolarità e responsabilità da un lato e potere di determinazione e  
 
controllo dall’altro: questa innovazione sembra sovvertire la struttura  
 
giuridica delle spa.  
 
Gli azionisti <<risparmiatori>> non avrebbero poteri di autotutela e di  
 
                                                 
7
 Ferri: La tutela dell’azionista in una prospettiva di riforma in Riv. soc. 1961. 
 
 
7
determinazione e neanche quel potere di controllo che compete  
 
all’associato in partecipazione. Praticamente essi non avrebbero  
 
<<diritti>>(sociali) neanche patrimoniali, perché non è diritto quello  
 
che non ha potere di autotutela.
8
 
Poiché gli azionisti risparmiatori si sono ridotti in pratica ad azionisti  
 
senza potere, non resta che prendere atto di questa realtà e  
 
legalizzarla; tuttavia non sembra che il legislatore debba  
 
necessariamente consacrarla sopprimendo lo strumento di tutela  
 
dell’azionista, senza neanche prevedere il ricorso ad altri mezzi  
 
di tutela. 
 
Ci sono alcune perplessità anche sotto il profilo della legittimità  
 
costituzionale: se si istituisse una distinzione degli azionisti in  
 
risparmiatori e imprenditori per assegnare le azioni dell’uno o  
 
dell’altro tipo, allora risulterebbe violato il principio di uguaglianza.  
 
Bisognerebbe adottare un criterio proporzionale di conversione. 
 
Un’ultima osservazione riguarda le possibili ripercussioni sul mercato  
 
azionario: le azioni di risparmio risulterebbero deprezzate; si avrebbe  
 
una riduzione della circolazione delle azioni di pieno diritto e ci  
 
sarebbe un minor incentivo all’acquisto per le categorie che non  
 
                                                 
8
 Oppo: Prospettive di riforma e tutela della società per azioni in Riv.soc. 1961. 
 
 
8
abbiano intento di risparmio.
9
 
 
 
1.7 (segue) Giuseppe Auletta e la tutela dei soci esclusi dal 
comando. 
 
Interessante è anche la relazione di Giuseppe Auletta, tenuta il 10  
 
Dicembre 1960 all’XI Convegno nazionale di studio dell’Unione dei  
 
Giuristi Cattolici. 
 
Esigenza principale all’interno delle società è difendere i soci esclusi  
 
dal comando. 
 
Se la disciplina dei rapporti tra i gruppi di comando e soci esclusi dal  
 
comando stesso, venisse affidata all’autonomia contrattuale,quella  
 
adottata sarebbe favorevole ai gruppi di comando.
10
  
 
A ben riflettere se l’assenteismo degli azionisti esclusi dal comando è  
 
legato alla loro stessa volontà ,allora il problema è inesistente,perché è  
 
inutile cercare di difendere chi non vuole essere difeso o cercare di  
 
incrementare i poteri degli azionisti che poi di quei poteri non si  
 
servirebbero. Non è possibile interessare gli azionisti alla vita della  
 
società e consentire loro di seguire la vita sociale,senza partecipare  
 
alle assemblee della società stessa. 
 
                                                 
9
 Oppo: Op. cit. 
10
 Auletta: L’ordinamento della società per azioni in Riv. soc. 1961. 
 
 
9
Ma non può esserci un vero interesse a partecipare ad assemblee nelle  
 
quali si presentano bilanci con  dati così ridotti da non permettere  
 
giudizi o valutazioni.  
 
L’assenteismo degli azionisti viene favorito da una determinata  
 
disciplina del rapporto sociale e da un determinato modo di esercizio  
 
del potere da parte dei gruppi di comando, quindi una modifica di tale  
 
disciplina potrebbe portare ad una diminuzione dell’assenteismo. 
 
La tutela dei soci risparmiatori dipende dalla costruzione di adeguati  
 
contrappesi al potere dei gruppi di controllo, cioè di limiti che  
 
facciano diventare effettivamente marginali i casi di abuso di potere; e  
 
tale tutela è anche nell’interesse dell’estensione dell’azione delle  
 
grandi società e dei gruppi di controllo.
11
 
Ma secondo un’altra valutazione,che raccoglie maggiori consensi in  
 
dottrina, l’assenteismo irreversibile dovrebbe condurre a differenziare  
 
giuridicamente le due categorie di azionisti:i risparmiatori da un lato e  
 
gli imprenditori dall’altro. 
 
Creazione di azioni senza diritto di voto e instaurazione di un   
 
efficiente controllo sulle società sono i due momenti essenziali della  
 
riforma: il controllo stesso sarebbe giustificato solo dalla sottrazione  
 
                                                 
11
 Auletta: Op. cit. 
 
 
10
di poteri ad una parte degli azionisti e dalla necessità di tutelare gli  
 
stessi, che non possono più farlo da soli. 
 
 
 
1.8 Il progetto De Gregorio 
 
Questi due elementi interdipendenti tra loro- azioni di risparmio e  
 
controllo pubblico - rimarranno i cardini di tutti i successivi progetti di  
 
riforma, fino alla l.216: li ritroviamo nelle conclusioni della  
 
maggioranza della Commissione Santoro-Passarelli e nel programma  
 
governativo del 1963 che quelle conclusioni recepisce.   
 
Ma è sicuramente il progetto finale De Gregorio che segna il  
 
coronamento dello sforzo maggiore e più complesso realizzato dopo  
 
l’entrata in vigore del Codice Civile del 1942,per modificare la  
 
disciplina societaria.
12
 
Le norme formulate modificano o si aggiungono alla disciplina  
 
codicistica, che non viene abrogata.  
 
Lo sforzo maggiore tende a moralizzare e risanare la società di  
 
capitali, dandogli un’impostazione più razionale e impedendo gli  
 
abusi, ma si cerca anche di vitalizzarla e ammodernarla, accordando  
 
una maggior tutela alle minoranze.
13
                                                 
12
 De Acutis: Le azioni di risparmio, Milano 1981. 
13
Ferrara: Sguardo generale alla riforma delle società di capitali in Riv. soc. 1966. 
 
 
11
 L’innovazione di maggior rilievo riguarda la disciplina delle società  
 
ammesse alla quotazione di borsa, che si ricollega alla esigenza di  
 
tutela del pubblico risparmio.  
 
Proprio per queste società è stata creata una nuova figura di  
 
azioni, privilegiate nella ripartizione degli utili e in ordine al rimborso  
 
del capitale, e prive del diritto di voto: le azioni di risparmio. 
 
Esse dovrebbero soddisfare in modo più radicale le stesse esigenze  
 
soddisfatte dalle azioni a voto limitato e soprattutto le esigenze di quei  
 
soci che investono i loro risparmi nella società senza interessarsi delle  
 
vicende della società stessa. 
 
Tuttavia esse di riflesso rafforzano il gruppo di comando che ha  
 
interesse a tenere solo il quantitativo di azioni ordinarie che gli  
 
assicurano il controllo della società, convertendo le altre in azioni di  
 
risparmio, conseguendo così i benefici fiscali relativi.
14
 
Ma c’è anche un altro aspetto della disciplina che richiede dei  
 
miglioramenti: il vantaggio economico rappresentato dal privilegio è  
 
un compenso all’esclusione rimane anche quando il privilegio in  
 
concreto non si attua.Una soluzione allora potrebbe essere nel  
 
consentire la conversione delle azioni di risparmio in azioni ordinarie  
                                                 
14
 Ferrara: Op. cit. 
 
 
12
 quando per due o tre esercizi le azioni di risparmio non ricevono un  
 
utile pari al privilegio. 
 
Si avvicina a questa  soluzione quella prospettata dal Cnel nel suo  
 
Parere sul progetto: invece che di conversione si parla di attribuzione  
 
del diritto di voto quando per tre esercizi successivi non sia attribuito  
 
agli azionisti di risparmio il dividendo privilegiato. In questo modo la  
 
tutela opererebbe preventivamente e sarebbe sicuramente più efficace. 
 
Nel complesso la disciplina delle azioni di  risparmio è degna di essere  
 
accolta, in quanto finalizzata a una più sciolta funzionalità delle  
 
assemblee e ad una più spiccata propensione di un certo tipo di  
 
risparmiatori.
15
 
Non mancano prese di posizione diverse nei confronti di questo nuovo  
 
tipo di azioni: esse contribuiscono a contrarre l’autotutela  
 
dell’azionista.  
 
Il legislatore, in astratto, può assumere tre diverse posizioni, di fronte  
 
all’assenteismo degli azionisti risparmiatori: di rassegnata  
 
constatazione, di incoraggiamento e stimolo di una presenza attiva  
 
dell’azionista e di incoraggiamento all’assenteismo.  
 
Quest’ultima, certamente non è la soluzione migliore e comunque i  
                                                 
15
 Parere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro in Riv. soc. 1966. 
 
 
13
 redattori del progetto hanno voluto manifestare un’opinione opposta.  
 
Ma  l’aspetto meno accettabile del progetto è nell’incoraggiamento  
 
all’abbandono del voto e nella condanna irreversibile alla privazione  
 
del voto.   
 
Tutto ciò non è spiegabile come tutela dell’azionista di risparmio,ma  
 
si risolve in tutela e rafforzamento del gruppo di comando.
16
 
 
 
1.9  D.L. 95/1974 :vicende e retroscena. 
 
Il progetto De Gregorio non giunge alla discussione parlamentare:con  
 
il suo accantonamento viene definitivamente sconfitto il movimento  
 
riformatore. 
 
Il legislatore interrompe il suo sonno solo nel 1974 con il d.l.95 che  
 
rappresenta il passo decisivo per la svolta che conduce,in sede di  
 
conversione del decreto stesso, alla c.d. <<miniriforma>> del 1974. In  
 
realtà la l.216 non si limita a convertire le disposizioni del d.l.95,ma  
 
disciplina ex novo numerose materie per nulla considerate dal decreto. 
 
Il d.l.95 prevede la introduzione della cedolare secca,la possibilità  
 
concessa ai titolari di partecipazioni azionarie di richiedere,all’atto  
 
della riscossione degli utili, di assolvere alle imposte sul reddito  
                                                 
16
Oppo:  La tutela dell’azionista nel progetto di riforma in Riv. soc. 1966. 
 
 
14
 mediante ritenuta del 30% dell’utile riscosso.
17
 
Il decreto istituisce la Commissione nazionale per le società e la  
 
borsa, disciplina gli incroci azionari, le società e gli enti finanziari,le  
 
offerte al pubblico di sottoscrizione o acquisto dei titoli azionari, le  
 
partecipazioni azionarie di amministratori, sindaci e direttori generali.  
 
Nessuna parola sulle azioni di risparmio o su altri grossi temi,come la  
 
rappresentanza dei soci nelle assemblee sociali, o la assemblea di terza  
 
convocazione.
18
 
La proposta di introdurre le azioni di risparmio emerge dai lavori del  
 
comitato ristretto nominato dalla Commissione Finanze e Tesoro nella  
 
riunione del 14 Maggio 1974. Esse sono frutto delle pressioni dei  
 
gruppi di controllo che in questo modo si assicurano uno strumento  
 
per ottenere nuovo capitale di rischio, escluso dalla gestione  
 
dell’impresa sociale, e minore tassazione del reddito d’impresa. 
 
Negli anni successivi al 1974 il dibattito sulla riforma della spa lungi  
 
dal riprendere quota sembra arenarsi definitivamente, mostrando così  
 
di condividere le principali novità introdotte,in particolare le azioni di  
 
risparmio senza porsi mai nell’ottica di una revisione complessiva  
 
                                                 
17
 Belviso: Il significato delle azioni di risparmio in Giur. Comm. 1976,I. 
18
 Belviso: Op. cit. 
 
 
15