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CAPITOLO I 
CAPITALE SOCIALE, VALORE NOMINALE E I SISTEMI 
DI ESPRESSIONE DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE 
 
SOMMARIO: 1. Il concetto di capitale sociale e le sue funzioni. - 2. Il ruolo del valore 
nominale. - 3.  I diversi metodi di enunciazione della quota di partecipazione 
rappresentata da ciascuna azione: le azioni di somma, le azioni di quota ed il 
modello delle Stückaktie. – 4. Le varie realtà delle azioni prive del valore 
nominale e la distinzione tra azioni senza valore nominale “proprie” ed 
“improprie”. 
 
1. Il concetto di capitale sociale e le sue funzioni. 
Prima di avvicinarsi alle questioni relative alle azioni senza 
valore nominale è opportuno preliminarmente analizzare i due 
fondamentali concetti di capitale sociale e valore nominale.   
Il termine “capitale” può assumere principalmente due 
significati: con il primo si fa riferimento a una cifra, espressa 
nella moneta avente corso legale nello stato in cui si trova la 
società, che viene iscritta in bilancio nella colonna del passivo 
(si parla a questo proposito di “capitale nominale” o “capitale 
sociale”); con il secondo ad una frazione ideale del patrimonio 
sociale che è invece iscritta in bilancio nella colonna dell’attivo 
(il c.d. “capitale reale” o “capitale effettivo”)
1
.  
In ogni caso è evidente che capitale sociale e patrimonio sociale, 
sebbene possano coincidere (soprattutto all’atto della 
costituzione della società), sono due concetti ben distinti.  
Il capitale sociale, infatti, rappresenta un’entità numerica che 
esprime in termini monetari il valore complessivo di tali 
conferimenti; il patrimonio sociale, invece, non è altro che 
l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo 
alla società e indica quindi un complesso di beni, siano essi 
                                                 
1
 cfr. G. B. PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, 
in Rivista delle società, 1991, fasc. 1, pag. 3.
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denaro o, come nel caso dei conferimenti in natura, altri beni 
mobili o immobili. 
Inoltre, il capitale sociale è un elemento essenziale dell’atto 
costitutivo ed è indicato in misura fissa (art. 2328 c.c.) e di 
conseguenza la sua variazione, in aumento o in diminuzione, è 
possibile solo attraverso una delibera assembleare che modifichi 
l’atto costitutivo e sempre mediante il rispetto di determinate 
procedure; il patrimonio sociale è al contrario destinato a variare  
secondo l’andamento della società. 
La principale funzione che viene attribuita al capitale sociale è, 
in primo luogo, una funzione di garanzia a favore dei terzi che 
entrano in contatto con la società; garanzia che funge da 
contrappeso alla responsabilità limitata dei soci nelle società di 
capitali. 
Sotto questo punto di vista, il ruolo del capitale sociale è quello 
di esprimere in termini monetari l’entità minima di questa 
garanzia rassicurando i terzi che fanno credito alla società che il 
patrimonio sociale raggiunge quanto meno un valore pari a due 
terzi del capitale, come risulta indicato negli atti e nella 
corrispondenza della società (art. 2250, comma 2  c.c.)
2
.  
Tuttavia, per i soci non esiste un obbligo di imputare tutti i 
conferimenti effettuati a capitale, nØ un divieto di fornire alla 
società capitale di credito, nØ tantomeno esiste un obbligo di 
deliberare la ripartizione degli utili di esercizio e delle riserve 
disponibili entro un certo lasso di tempo a pena dell’automatica 
imputazione a capitale delle quote disponibili del netto 
patrimoniale non tempestivamente distribuite. 
Il capitale sociale perciò informa i creditori soltanto sulla serietà 
e sulla misura dell’impegno dei soci nella società. Mediante le 
sue vicende (aumenti e riduzioni), infatti, e grazie alla pubblicità 
che a tali vicende occorre dare, esso fornisce una prima 
informazione sommaria (completata analiticamente dai bilanci) 
                                                 
2
 Cfr. F. GALGANO-R. GENGHINI, Trattato di diritto commerciale e di diritto 
pubblico dell’economia, Cedam, Padova, 2004.
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sulla consistenza patrimoniale e sull’andamento gestionale della 
società
3
.  
In secondo luogo, esso svolge una importante funzione 
informativa della situazione patrimoniale della società 
nell’interesse dei soci stessi; i quali, qualora il patrimonio 
sociale scenda al di sotto del capitale sociale fissato (riduzione 
del capitale per perdite di cui all’art. 2446 c.c.), devono essere 
convocati dagli amministratori. 
In terzo luogo, il capitale sociale ha anche una funzione 
organizzativa poichØ costituisce la base di misurazione dei diritti 
dei soci (diritto di voto, diritto agli utili e alle perdite); esso, 
infatti, è diviso in una pluralità di quote, corrispondenti ciascuna 
ad una uguale frazione aritmetica del tutto. La partecipazione 
dei soci alla società è una partecipazione per quote di capitale ed 
è il numero delle quote sottoscritte od acquistate che dà la 
misura della partecipazione di ciascun socio alla società
4
. 
La partecipazione al capitale sociale, peraltro, rappresenta 
l’elemento distintivo delle azioni rispetto a tutti gli altri 
strumenti finanziari
5
.      
Ciononostante, in certi ordinamenti si è deciso di rinunciare a 
tale istituto considerato poco efficace e questo ancora oggi dà 
vita a grandi dispute in dottrina alle quali si darà il giusto spazio 
successivamente (v. infra). 
 
2. Il ruolo del valore nominale 
Per quanto concerne il valore nominale, esso è il risultato della 
divisione del capitale sociale per il numero delle azioni. 
                                                 
3
 Cfr. M. S. SPOLIDORO, Il capitale sociale, in Diritto delle società per azioni: 
problemi, esperienze, progetti, (a cura di) P. ABBADESSA e A. ROJO, GiuffrØ, 
Milano, 1993, pag. 66-67.  
4
 Cfr. F. GALGANO E R. GENGHINI, Trattato di diritto commerciale e di diritto 
pubblico dell’economia, cit. 
5
 Cfr. A. BRACCIODIETA, La nuova società per azioni, GiuffrØ, Milano, 2006, 
pag. 138.
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Il valore nominale di ciascuna azione corrisponde pertanto ad 
una frazione del capitale sociale, necessariamente uguale per 
tutte le azioni emesse dalla società, anche in tempi diversi, 
anche se di diverse categorie. 
Tale valore, infatti, così come il capitale sociale, è 
un’indicazione che ha un significato puramente storico, 
insensibile alle vicende economiche della società: rimane 
invariato nel tempo e può essere modificato solo attraverso una 
modifica dello statuto. 
L’uguaglianza del valore nominale delle azioni poi è un 
principio assoluto che non ammette deroghe (art. 2348, 1° 
comma c.c.). 
Nel rispetto di tale principio, il cambiamento del valore 
nominale è possibile e comporta una modifica dell’atto 
costitutivo
6
; questo perchØ nelle azioni con valore nominale 
l’atto costitutivo deve specificare non solo il capitale sociale 
sottoscritto ma anche il valore nominale di ciascuna azione ed il 
loro numero complessivo. 
Oltre all’atto costitutivo, il valore nominale deve essere indicato 
anche sui titoli azionari e questo impone una necessaria 
correlazione tra le operazioni sul capitale e le operazioni sulle 
                                                 
6
 Frequente è la riduzione del valore nominale correlata ad una riduzione di 
capitale per perdite poichØ altrimenti occorrerebbe annullare parte delle 
azioni previo accordo tra i soci o previo acquisto di esse sul mercato); altra 
situazione ricorrente è quella in cui, ferma rimanendo l’entità del capitale 
sociale, si cambia il valore nominale per adeguare il “taglio” ad una piø 
agevole valutazione sul mercato mediante operazioni di raggruppamento o 
frazionamento. 
Talvolta il raggruppamento e il frazionamento sono conseguenza del cambio 
delle azioni a cui dia luogo una fusione (cfr. F. CORSI, Le nuove società di 
capitali, GiuffrØ, Milano, 2003, pag. 121-122) in cui la società sia coinvolta e 
spesso in questi casi si creano problemi legati ai “resti” (ad esempio quando 
si procede al raggruppamento di due azioni in una, viene sacrificato il 
possessore di sette azioni a cui sono assegnate tre azioni e resta con una 
vecchia azione che è costretto a cedere a chi si trovi nella sua stessa 
situazione o a comprarne una da lui).
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azioni che rende necessario sostituire tutti i titoli azionari in 
circolazione; allo stesso modo occorrerà procedere in caso di 
cambiamento della moneta legale (ad esempio, nel caso del 
passaggio dalla lira all’euro).    
“Si definisce, quindi, valore nominale delle azioni la parte di 
capitale sociale da ciascuna rappresentata espressa in cifra 
monetaria”
7
. 
Il valore nominale rappresenta, infatti, “l’espressione monetaria 
del rapporto aritmetico tra il capitale nominale ed il numero 
delle azioni”
8
. 
La sua funzione è quella di manifestare in termini numerici ed 
assoluti, riferiti alla singola azione, la parte di capitale sociale 
rappresentata da ogni azione, fungendo anche da punto di 
riferimento per l’applicazione di vari istituti
9
. 
Il significato originario del valore nominale dell’azione era 
inteso come determinazione dell’ammontare dell’investimento 
corrispondente all’unità di partecipazione e coincideva 
essenzialmente con il prezzo di emissione delle azioni, come 
fissato nell’atto costitutivo
10
; inoltre, tale valore esprimeva la 
dimensione della quota ricchezza sociale attribuibile all’azione 
stessa, nella misura in cui l’ammontare delle risorse vincolate 
all’attività comune potesse considerarsi pari al capitale sociale:  
cosicchØ si poteva dire che il valore nominale si identificava con 
il singolo conferimento riferito a ciascuna azione e che il 
                                                 
7
 Cfr. G. F. CAMPOBASSO, La riforma delle società di capitali e delle 
cooperative, UTET, Torino, 2003, pag. 49. 
8
 Cfr. N. ABRIANI, Diritto delle società di capitali: manuale breve, GiuffrØ, 
Milano, 2003 pag. 55-57. 
9
 Ci basti pensare all’individuazione del limite per l’acquisto di azioni proprie 
(art. 2357, comma 3), per la quantificazione del soprapprezzo e della relativa 
riserva (art. 2431 c.c.), per il calcolo dei versamenti da effettuare 
contestualmente alla sottoscrizione delle azioni in sede di aumento del 
capitale sociale (art. 2439 c.c.) o ancora il limite quantitativo delle azioni a 
voto non pieno (art. 2351, comma 2). 
10
 Cfr. FIGA’-TALAMANCA, Il valore nominale delle azioni,cit., pag. 14.
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capitale sociale rappresentava l’ammontare complessivo dei 
conferimenti.    
Questo modello elementare, tuttavia, perdeva ben presto la sua 
immediata evidenza in primo luogo sul versante del regime 
dispositivo del patrimonio sociale. L’esigenza di accrescere nel 
tempo le risorse in dotazione alla società, infatti, rendeva 
necessario una serie di disposizioni finalizzate ad incrementare 
il capitale nominale, vincolando in tutto o in parte gli utili 
dell’attività sociale, e che non comportano di per sØ un 
corrispondente incremento del valore nominale delle azioni; in 
tal modo, lo stesso valore nominale può dunque rivelarsi 
inadeguato per difetto rispetto al valore patrimoniale della 
corrispondente quota
11
. 
Può accadere poi che le vicende dell’impresa sociale possano 
condurre a dissipare almeno in parte le risorse inizialmente 
conferite, rendendo così il capitale sociale in eccesso rispetto a 
ciò che resta dell’investimento collettivo. 
Anche la sopravvenuta possibilità di operare sul capitale sociale 
e sul valore nominale può considerarsi una conferma 
dell’avvenuta consapevolezza della natura convenzionale del 
valore nominale ormai non piø coincidente con il conferimento 
iniziale.         
Sul versante del conferimento poi l’identità tra valore nominale 
e valore dell’apporto era stata presto superata dalla previsione di 
emissioni azionarie a prezzi superiori al nominale; ed è proprio 
questa divergenza tra valore delle risorse investite e il capitale 
nominale che impone il superamento del valore nominale nella 
determinazione del prezzo di emissione delle nuove azioni. 
Nonostante ciò, il valore nominale rappresentava però la soglia 
minima del conferimento richiesto a fronte delle azioni in 
quanto sussisteva il c.d. divieto di emissione di nuove azioni 
sotto la pari. 
                                                 
11
 Cfr. FIGA’-TALAMANCA, Il valore nominale delle azioni,cit., pag. 19-20.