Introduzione
prevedendo a seconda di queste, la possibilità di una deroga al principio del fair
value, attraverso una riclassificazione in categorie che vengono valutate ad un
criterio diverso, ossia a quella del costo. Il regolamento in questione, segna un’
ulteriore svolta all’interno dell’impianto contabile europeo, ossia circa la volontà
dell’allineamento dei principi contabili europei con i principi contabili
statunitensi, in modo tale da eliminare incertezze interpretative, arbitraggi
normativi e di rendere omogenea la concorrenza, evitando l’ingiusto vantaggio di
imprese che utilizzano principi contabili diversi. Ciò renderebbe chiari i conti
delle imprese, le quali, verrebbero esonerate della “questione crisi”.
Concretamente, tale allineamento tra i due impianti di norme contabili, è avvenuto
attraverso l’importazione del concetto di flessibilità dagli SFAS Americani, ossia
di quella possibilità di poter riclassificare le attività in portafogli differenti da
quelli originari, solo in presenza di rare circostanze e, derogando, in questo modo,
alla valutazione attraverso l’utilizzo del fair value.
Una restrizione nostrana al principio del fair value è presente nel decreto legge
anti-crisi
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, che tenendo in considerazione la condizione di turbolenza dei mercati,
sancisce la possibilità di valutare al costo tutte le attività dell’attivo circolante,
solo per quei soggetti che non applicano i principi contabili internazionali. Alla
luce di quanto detto però, giova ricordare che il ruolo del fair value, ha una
valenza diversa all’interno dei principi contabili nazionali, in quanto viene
utilizzato per la misurazione delle perdite e per la stima del valore recuperabile di
attività o passività finanziarie.
Con l’utilizzo dei principi contabili internazionali bisogna fare i conti anche con
un altro problema, accentuato per via della situazione instabile dei mercati, ossia
la prociclicità. Questa peculiarità ha segnato in maniera prevalente i bilanci degli
intermediari finanziari, colpendo gli strumenti finanziari e portando di
conseguenza ad una spirale del tipo “prezzi decrescenti – perdite di bilancio –
vendite sul mercato – ulteriore spinta verso il basso dei prezzi”, la quale
costituisce un pericolo non solo alla stabilità degli intermediari finanziari, bensì
alla loro capacità di offrire credito alle imprese bisognose, poiché l’effetto spirale
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Legge n°2 del 28 Gennaio 2009
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Introduzione
sopraenunciato, porta inevitabilmente ad una diminuzione dei patrimoni bancari e
dei coefficienti di vigilanza.
Non solo l’argomento fair value costituisce un’ area critica nei documenti di
bilancio 2008, bensì anche l’esecuzione dell’impairment test, ossia quel test che
permette di rilevare una perdita di valore nel caso in cui il valore contabile di un’
attività sia maggiore del suo valore recuperabile.
In questo caso, le minacce più consistenti sono rappresentate dal fatto che i prezzi
non riescono più ad indicare valori ragionevoli e che le previsioni effettuate
mediante la pianificazione analitica, non rappresentano più una certezza per i
prevedibili scenari futuri.
A rimedio di quanto detto, due importanti studiosi
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hanno vagliato l’ipotesi di
costituire un impairment test di tipo straordinario, che a sua volta si distingue da
quello ordinario, poiché le perdite di valore che ne scaturiscono sono di natura
esogena, ovvero scaturite per via della crisi, ed interessano tutte le aree di
business; quindi non di natura endogena, ed interessano determinate aree di
business, come avviene per l’imapirment di tipo ordinario.
L’idea di fondo consiste nel trasformare l’impairment, in un processo di
investigazione della capacità competitiva dell’impresa e di verifica, circa l’idonea
capacità delle strategie aziendali ad essere relativamente congrue con la realtà.
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Tuttavia, anche nell’esecuzione si questo test, il fair value gioca un ruolo
determinante, poichè la sua determinazione è la base per la previsione dei flussi di
cassa che si debbono tenere in considerazione per la stima del valore d’uso.
Lo scopo di tale lavoro è di tipo descrittivo circa le aree più colpite dalla crisi
mondiale nella redazione del Bilancio 2008, ed inoltre si prefigge di fornire una
visione d’insieme dello scenario macroeconomico, e di come esso abbia
reso,concretamente inattendibili, i dati di bilancio.
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Massimo Bini e Luigi Guatri
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Bini – Guatri, L’impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali
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CAPITOLO I
Impatto de l lo scenario macroeconomico all’interno de i
bilanci
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Capitolo I
1.0 Introduzione al capitolo
All’interno di questo capitolo, si analizza in che modo la sfavorevole situazione
economica mondiale possa propagarsi all’interno dei bilanci 2008.
Principale argomento di analisi sono gli IAS, per via della loro particolare
valutazione delle attività finanziarie ed il documento emanato da ISVAP,
CONSOB e Banca d’Italia, riguardante le linee guida da seguire in modo tale da
eliminare comportamenti errati che in questo particolare scenario possano portare
ad una rappresentazione tutt’altro che veritiera e corretta della realtà aziendale.
1.1 Le cause de l le incertezze all’interno de i bilanci
L’anno 2008 è stato segnato dal consolidamento di una forte crisi economica e
finanziaria mondiale, scoppiata ufficiosamente nell’Agosto del 2007. Il propagarsi
sempre più incessante di questo evento, ha avuto effetti sulla volatilità delle
quotazioni di borsa e delle materie prime oltre che portare una vistosa
diminuzione delle capitalizzazioni dei titoli azionari.
Tutto ciò ha portato inevitabilmente ad una notevole difficoltà per le aziende nel
riuscire ad elaborare stime e previsioni fedeli, riguardo la tesoreria e le attività ed
inoltre a livello macroeconomico, indicatori quali il rischio di credito, il valore
degli investimenti e i dati sui consumi sono stati fortemente negativi
contemporaneamente in tutti i gli Stati tanto da spingere le attività governative,
locali e comunitarie ad applicare strumenti di ripresa a sostegno dell’economia per
evitare effetti ancor più negativi soprattutto sul mercato del lavoro.
Alla luce di questa panoramica, sembrerà ovvio che poiché la contabilità (nello
specifico la contabilità generale
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) rileva tutti quei fatti amministrativi che
intercorrono tra l’azienda (ambiente interno) e l’ambiente esterno, anche essa ne
risentirà in modo negativo. Il vero problema è quello di riuscire a rappresentare in
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Oltre la contabilità generale, vi è la contabilità analitica, la quale registra solo i fatti di gestione
interna. Essa viene utilizzata per la riclassificazione di costi e ricavi rilevati mediante la
contabilità generale, al fine di compiere previsioni di medio e lungo periodo.
Per maggiori informazioni in merito, si consulti “Analisi dei costi. Evoluzione degli scopi
conosciutivi”, di Bastia Paolo.
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Capitolo I
maniera chiara, completa e trasparente i veri rischi che hanno intaccato la gestione
odierna e quali saranno le incertezze future che potranno segnare in maniera più
che negativa la continuità aziendale e di conseguenza il corretto svolgimento dei
fatti di gestione.
Risulta altresì fondamentale, che i componenti degli organi d’amministrazione e
di controllo debbano puntare al massimo sulla trasparenza, rendendo chiaramente
noto agli stakeholders quali siano gli impatti della crisi sulla situazione
economico-finanziaria e patrimoniale dell’impresa e quali correttivi alle strategie
aziendali siano stati applicati per reagire opportunamente a questa particolare
situazione di mercato. Solo in questo modo si potrà raggiungere una riduzione
dell’incertezza tra gli operatori di mercato ed evitare tutte le conseguenze negative
ad esso connesse.
E’ utile inoltre sottolineare che una delle più gravi conseguenze della crisi,
proviene dal fatto che i listini di borsa e i moltiplicatori siano considerevolmente
caduti in ribasso; a conferma di questo, basta osservare il multiplo P/BV delle
società quotate , il quale risulta in ribasso al di sotto dell’unità ed addirittura
per il 2009 si teme che la stima di questo valore possa peggiorare.
Inoltre, ulteriori analisi dimostrano che il mercato italiano apprezzi le società
quotate quasi solamente in virtù della loro attitudine a generare reddito corrente e
non sulla base delle opportunità future di crescita e che il costo dell’equity ha
come premio per il rischio grandezze significativamente alte, basti pensare che si
è passati da un 3,9% storico ad un 8,6% verificatosi a fine 2008.
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Di fronte a
queste cifre, anche la dispersione dei Beta si è ridotta di molto, facendo apparire
sul mercato i Beta dei titoli “difensivi” cresciuti molto di più dei Beta dei titoli
“aggressivi”
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Il significato dell’impairment test in fasi di crisi – Luigi Guatri, Relazione letta presso Università
Bocconi di Milano.
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I titoli difensivi, di solito vengono identificati a titoli appartenenti a settori come quello
alimentare, bancario, farmaceutico, utilities, etc.
Per differenziare i titoli difensivi da quelli aggressivi, basta osservare il loro Beta, che rappresenta
la volatilità di un azione rispetto agli indici di borsa.
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