INTRODUZIONE 
 8
imprimercele nella memoria, quella stessa memoria che conserva 
orribili ricordi di secoli di lotte, di guerre e di stermini, di sangue misto a 
odio. Sono immagini che costituiscono la nostra storia di Europei e ci piace 
pensare che a Strasburgo si lavori per cambiar pagina, per dare una svolta alla 
storia dell’Europa e del mondo. 
Le elezioni del 2004 si inseriranno in un contesto europeo e 
internazionale mai così delicato dalla caduta del Muro di Berlino: due 
filosofie si preparano inevitabilmente allo scontro. Da una parte abbiamo la 
ricetta proposta dagli Stati Uniti di G.W. Bush: trattati bilaterali, 
disconoscimento di qualunque autorità posta al di sopra dello Stato nazione – 
inteso come nessuna autorità al di sopra degli USA -, coalizioni "zoppe" per 
risolvere gli effetti di crisi che vengono invece da molto lontano.  
Dall'altra parte abbiamo il non facile tentativo di costruire un ordine 
superiore all'odierno sistema internazionale degli Stati: questo nuovo ordine 
dovrebbe essere in grado di garantire la pace, la sicurezza e l'equo sviluppo 
economico – sostenibile -, i tre pilastri attraverso i quali è possibile risolvere 
le cause delle crisi e non solo gli effetti. Esempi di questa filosofia sono i 
numerosi casi di integrazione regionale che guardano sempre più a 
quell'Europa capace, scegliendo la via dell'integrazione e non dei trattati di 
non aggressione o di mutuo soccorso, di risolvere i suoi plurisecolari conflitti. 
Così il 18 marzo 2004 l'Unione Africana ha inaugurato solennemente il suo 
"Parlamento panafricano" e altrettanto farà a breve il Mer.co.sur.: giovani, e 
pertanto fragili, tentativi di scegliere delle vie alternative alla cultura del 
sospetto e della rivalità con i confinanti. 
Sicuramente in questo processo le elezioni del 2004 costituiscono un 
punto importante se non addirittura essenziale. Sono sotto gli occhi di tutti le 
grandi manifestazioni per la pace nel mondo che caratterizzarono il febbraio 
del 2003, le prese di posizione del Parlamento europeo contro la guerra in 
INTRODUZIONE 
 9
Iraq; qualcuno parlò addirittura di “nascita del popolo europeo”
2
. A tanto 
motivato entusiasmo si contrapposero i deplorevoli atteggiamenti dei governi 
nazionali divisi tra il sostenere – secondo la vecchia regola, portatrice di 
oscuri presagi, di avere “un migliaio di morti da mettere sul tavolo della 
pace”- una guerra al di fuori di ogni diritto e chi si faceva portavoce di un 
pacifismo di facciata dentro al quale cercare di far rivivere i vecchi sogni 
della grand’eur. Tale contraddizione, unita alla distruzione da parte dei 
Governi del progetto di Costituzione elaborato dalla Convenzione, non potrà 
non avere effetti nel voto del prossimo giugno.  
Il popolo europeo sarà chiamato ad una grossa scelta di responsabilità, 
ma i partiti saranno pronti a raccogliere questa scelta? Saranno loro a decidere 
che tipo di campagna elettorale effettuare; se orientarla verso tematiche 
interne
3
 o verso quelle tematiche che riguardano l’Unione europea e il suo 
futuro sul continente e nel mondo.  
Sarà importante capire in che modo si posizionano le elezioni 
imminenti rispetto al cammino iniziato nel 1994 dopo l'entrata in vigore del 
trattato di Maastricht, sui cui principi si regge l'Unione europea di oggi.  
La nostra ricerca si occuperà soprattutto di questo, dell’analisi della 
campagna elettorale condotta dai partiti per le elezioni europee del 1994 e del 
1999 in Italia
4
 anche se, è bene premettere, le operazioni di voto si compirono 
in un clima interno ed internazionale molto particolare che non facilitò un 
confronto e un dibattito politico di carattere europeo. Nel 1994 le europee 
seguivano solo di tre mesi il voto nazionale che segnava la “storica” vittoria 
di una coalizione di governo di centrodestra nata solo nella fine del gennaio  
                                                 
2
 Eugenio Scalfari, La nascita del popolo europeo, in la Repubblica, 17 febbraio 2003. 
3
 Tale rischio investirà soprattutto quei Paesi in cui il clima politico interno è particolarmente rovente come 
l’Italia dove, per l’appunto, si parla delle elezioni europee come un referendum pro o contro il governo del 
centrodestra del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. 
4
 Sarebbe indubbiamente interessante compiere una ricerca sulle campagne elettorali a livello europeo ma, 
farlo, comprometterebbe la chiarezza espositiva e la profondità d'analisi. 
INTRODUZIONE 
 10
1994 e composta dalla Lega Nord, da Alleanza Nazionale, Forza Italia e 
il Centro Cristiano Democratico. Per la prima volta, la destra vera e propria 
saliva al governo dopo il terremoto politico del 1989 e del 1992-1993
5
. Le 
elezioni del 1999 si svolsero invece a pochi giorni dalla fine della guerra 
contro la Jugoslavia – cioè, quel che ne restava – di Milosevic, altra occasione 
in cui l’Europa si dimostrò ancora una volta impotente non solo nell’arena 
internazionale ma anche nelle “faccende di casa sua”. 
E ancora, il voto degli ultimi due appuntamenti elettorali europei 
avvenivano dopo due fondamentali tappe del processo di integrazione come il 
Trattato di Maastricht e l’avvio della terza fase dell’Unione Economica e 
Monetaria – UEM; tale fase avrebbe portato il 1 gennaio 2002 alla nascita 
della moneta unica, l’Euro -, eventi intorno ai quali si accesero le passioni 
popolari sia pro che contro con il risveglio di partiti populisti e ultra 
nazionalisti.  
La ricerca sarà costruita essenzialmente su tre punti: 1) una prima parte 
avente carattere introduttivo, costituita di tre elementi: inizialmente ci 
preoccuperemo di ripercorrere le principali tappe storiche che portarono alla 
prima elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo
6
, 
dando anche un breve giudizio delle tornate elettorali del 1979, 1984 e 1989. 
In seguito verrà esposta la legge elettorale del 1979 e le successive modifiche 
per capire e constestualizzare il voto alla luce del quadro normativo di 
riferimento. L’ultima, necessaria, premessa a questa prima parte sarà ancora 
di carattere storico in quanto per capire le elezioni europee del 1994 e del 
1999 è anche necessario ricordare le fasi del cambiamento dell’intero party 
system italiano alla luce della caduta del Muro di Berlino e delle indagini 
                                                 
5
 Come vedremo nel Primo capitolo, il terremoto politico sarà causato da: la caduta del Muro di Berlino, 
l’inchiesta giudiziaria sulla corruzione del sistema partitico italiano, passata alla storia come “Mani pulite”, 
l'offensiva della criminalità organizzata e, infine, dal referendum del 1993 che introdusse il maggioritario. 
6
 Presenteremo ad esempio, i Trattati CECA e CEE; la CEP, il progetto Dehousse e quello Spinelli del Club 
del Coccodrillo. 
INTRODUZIONE 
 11
compiute dal pool di Mani Pulite che smascherò – ma non riuscì a sradicare – 
una fitta rete di corruzione costituita dai principali partiti di governo come la 
Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano. Questi ultimi furono 
eventi che cambiarono radicalmente i nomi dei partiti, la loro dirigenza, il loro 
elettorato e i loro programmi; nel gergo comune, anche se i giuristi 
insorgeranno, si parlò di seconda repubblica tanto erano forti e profondi i 
cambiamenti che portarono alle elezioni del 1994. 
La seconda parte di questo lavoro, sarà costituita dalla ricerca vera e 
propria sulle campagne elettorali condotte dai partiti e dai loro leaders; l’arco 
temporale preso in esame sarà costituito dall’analisi di alcuni quotidiani nei 
mesi di aprile, maggio e giugno in modo da studiare sul campo la fase più 
acuta della campagna elettorale e i primi riflessi del dopo voto. I giornali 
attraverso i quali ricostruiremo la campagna elettorale, i temi trattati, le 
candidature e i programmi dei partiti nazionali ed europei saranno: la 
Repubblica e il Corriere della Sera in quanto sono i principali quotidiani a 
diffusione nazionale, la Stampa, Il Sole 24 ore e, infine, l'Unità, organo prima 
del PCI, poi del PDS e, dalle politiche del 1996, dei DS. 
La terza fase, sarà costituita dall'analisi del risultato delle elezioni 
europee con particolare riferimento all'Italia – i riflessi politici interni, chi 
vinse e chi invece uscì sconfitto dall'appuntamento elettorale e perché – e, 
trattandosi di elezioni europee, presenteremo ampiamente i riflessi del voto 
europeo sull'Assemblea di Strasburgo e sulle famiglie politiche europee che si 
trovano all'interno di essa. 
Ciò che ci preme sottolineare, e dispiace non averlo fatto prima, è il 
fondamentale approccio multidisciplinare che caratterizzerà questa ricerca, in 
quanto riteniamo utile che solo l’utilizzo complementare della storia nelle sue 
varie forme, della scienza politica, della statistica e degli altri approcci possa 
garantire un risultato completo e utile ad interpretare i fatti; l’abbracciare una 
INTRODUZIONE 
 12
sola di queste discipline a scapito delle altre fornirebbe una ricerca non 
obiettiva e carente da alcuni punti di vista. 
L'altra doverosa notazione introduttiva è costituita dallo spirito con cui 
è stata affrontata e impostata la ricerca: siamo convinti, secondo quanto 
affermato da Max Weber, che non esistano storici obiettivi o faziosi, ma 
storici onesti o disonesti. L'onestà sta nel dichiarare il proprio punto di vista,  
la propria visione del mondo che stanno alla base del lavoro svolto in modo 
che chi legge potrà sapere in base a quali discriminanti il materiale è stato 
selezionato. La disonestà sta invece nel presentare il lavoro fatto come 
obiettivo, come esente da qualunque presa di posizione ideologica o politica. 
In questo nostro lavoro, il dichiarare "da che parte si sta" non significa 
compiere una ricerca di carattere militante o partigiano, questo sia ben chiaro: 
la nostra spontanea simpatia per il processo di integrazione europea e per la 
storia del suo Parlamento, ci hanno portato in maniera naturale a selezionare il 
materiale rintracciato nei quotidiani privilegiando alcune tematiche piuttosto 
che altre – come le candidature o l'eccessiva qualificazione del voto europeo 
come elezioni nazionali di second'ordine -. 
L'obiettivo principale di questa ricerca, è il tentativo di verificare, 
attraverso lo studio della campagna elettorale e del risultato delle urne, 
un'ipotesi di partenza: e cioè che le forze politiche e gli organi di 
informazione, strumentalizzano le elezioni europee per fini di politica interna 
come la determinazione dei rapporti di forza tra le coalizioni di centrodestra e 
di centrosinistra e, all'interno di esse, fra le componenti più moderate e quelle 
più estreme. L'altro obiettivo che ci poniamo è quello di verificare se la 
progressiva disaffezione al voto da parte del popolo europeo dai tempi della 
prima elezione a suffragio universale diretto, anche in Paesi tradizionalmente 
filoeuropeisti come l'Italia, non sia spiegabile sia con la scarsa possibilità da 
INTRODUZIONE 
 13
parte dell'Europarlamento di incidere sulla vita comunitaria, sia sull'uso 
distorto del voto da parte delle forze politiche. 
Alle considerazioni che saranno svolte alla fine della ricerca spetterà il 
compito di verificare se le ipotesi di partenza erano più o meno corrette. 
Quello del 1994 e del 1999 sarà stato veramente un voto europeo? E, in caso 
di risposta negativa, quali prospettive si aprono in vista delle elezioni del 
2004? 
  
CAPITOLO PRIMO 
 
"IL VOTO EUROPEO"  
STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 
 
 
 
 
 
"Non so se mi crederete. Passiamo metà della vita 
a deridere ciò in cui gli altri credono, e l'altra metà 
a credere in ciò che altri deridono!" 
Stefano Benni 
 
 
"La democrazia è una sfida, e funziona soltanto 
se è raccolta da cittadini responsabili ed esigenti" 
Luigi V. Majocchi, Francesco Rossolillo 
 
 
"La mia generazione ha visto 
Le strade, le piazze gremite 
Di gente appassionata 
Sicura di ridare un senso alla propria vita 
Ma ormai son tutte cose del secolo scorso 
La mia generazione ha perso!" 
Giorgio Gaber 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 15
1. Dalla dichiarazione Schuman al Club del Coccodrillo 
 
La storia del voto europeo, e del Parlamento europeo in generale, 
costituisce un efficace esempio "della contraddizione tra l'affermazione della 
democrazia nel quadro nazionale e la sua negazione nel quadro 
internazionale"
1
; questa sembra essere la conclusione che la storiografia 
federalista deduce dalla tribolata storia del voto europeo e dei poteri assegnati 
dai Trattati all'Assemblea di Strasburgo. Al fine del nostro lavoro, è 
interessante e utile descrivere come, dai primi esperimenti di integrazione 
europea, si arrivò nel 1979 alla prima elezione a suffragio universale e diretto 
del Parlamento europeo; sentiamo la necessità di capire perché dovettero 
passare ben ventidue anni per applicare quanto stabilito dall’art. 138 del 
Trattato che istituiva la Comunità Economica Europea – CEE – e, prima di 
affrontare l'oggetto vero e proprio di questa ricerca, capire perché 
l'entusiasmo e la partecipazione al voto stia scemando dopo ogni tornata 
elettorale, fatta eccezione per quegli Stati, come il Belgio, la Grecia e il 
Lussemburgo dove il voto è obbligatorio. 
Quattro sono gli angoli visuali dai quali è possibile osservare e 
ripercorrere il lungo cammino iniziato dalla dichiarazione di Schuman e 
conclusosi con il Vertice di Parigi del 1974, incontro nel quale fu decisa 
l'elezione a suffragio universale e diretto; solo osservando 
contemporaneamente questi quattro approcci e mettendoli in relazione fra loro 
è possibile avere una panoramica significativa e completa della storia del voto 
europeo. Tali punti di vista sono: quello dei Governi, del contesto 
internazionale in cui il processo di integrazione si sviluppava, il contenuto dei 
Trattati e quello portato da quelle forze sociali e politiche, come i federalisti, 
che da subito si batterono per l'introduzione del voto a suffragio universale e 
                                                          
1
 Luigi Vittorio Majocchi, Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di un'elezione, 
Napoli, Guida editori, 1979, p. 11. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 16
diretto. Ci sembra opportuno scegliere i Trattati come punto fermo di 
riferimento, all'interno del quale far vivere le altre tre variabili e metterle in 
relazione fra loro. 
Il 9 maggio 1950, la dichiarazione del ministro degli Esteri francese 
Robert Schuman
2
, guidato dall'ispirazione di Jean Monnet, pose le basi per 
l'avvio del processo di integrazione europea con la firma del Trattato che 
istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio – CECA -; è 
importante notare che, già allora, si stabilì che l'Assemblea – nome originario 
del futuro Parlamento europeo -, composta di rappresentanti dei popoli degli 
Stati riuniti nella Comunità, "elaborerà dei progetti intesi a permettere 
l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in 
tutti gli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme 
costituzionali"
3
. 
Non sappiamo né possiamo azzardare un'ipotesi su quale fosse la reale 
intenzione dei sei Paesi fondatori
4
 quando inserirono nel Trattato CECA l'art. 
21.3; certo è che l'apertura verso il voto a suffragio universale diretto, aveva 
una portata e delle potenzialità enormi: la norma poteva essere usata come 
"cavallo di Troia" per passare dal metodo intergovernativo dove erano i 
governi nazionali a comandare e ad aver l'ultima parola, ad un approccio 
sovranazionale, con istituzioni democraticamente elette. 
I primi a capire la contraddizione che il metodo funzionalistico creava 
tra il concetto di democrazia a livello nazionale e, quello negato, a livello 
internazionale, furono i federalisti europei e, in particolare, italiani; sotto la 
guida di Altiero Spinelli, l'Unione Europea dei Federalisti – UEF - promosse 
una petizione europea per chiedere che fossero subito rese operative le 
                                                          
2
 "L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni 
concrete che creino innanzi tutto una solidarietà di fatto…il governo francese propone di mettere insieme la 
produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di 
un'organizzazione aperta alla partecipazione degli altri paesi d'Europa", Edmondo Paolini, Appunti per una 
biografia, Bologna, Il Mulino, 1996,  p. 68. 
3
 Cfr., Trattato Ceca, art 21.3. 
4
 Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 17
elezioni a suffragio universale diretto per eleggere l'Assemblea che, una volta 
eletta, si sarebbe trasformata in costituente con il compito, quindi, di redigere 
la Costituzione dell'Europa unita. Perché fu tanto importante questa 
petizione? Perché vi aderirono, oltre a molti esponenti del mondo culturale e 
intellettuale europeo, il primo Ministro italiano, Alcide De Gasperi, e il 
ministro degli Esteri italiano, Carlo Sforza. L'Italia sembrava dunque 
schierarsi a favore di un approccio federale al processo di integrazione 
europea. 
Dal connubio fra De Gasperi e Spinelli, arrivò la proposta italiana 
all'interno dei lavori per la creazione della Comunità Europea di Difesa
5
 - 
CED -, del famoso art. 38 che prevedeva la Comunità Politica Europea – CEP 
-. Il senso dell'operazione era molto evidente: può esistere un esercito europeo 
senza un potere politico democratico in grado di dichiarare guerra e firmare la 
pace? L'art. 38 poneva le basi per risolvere questa contraddizione prevedendo 
l'elezione, a suffragio universale diretto, di un'assemblea ad hoc che si 
sarebbe trasformata in costituente. La federazione sarebbe stata ad un passo. Il 
progetto CEP prevedeva un Parlamento costituito da due Camere: la Camera 
dei Popoli, eletta a suffragio universale diretto, e un Senato eletto dai 
Parlamenti nazionali. 
Non è certo nostro compito capire perché il progetto della CED fu fatto  
                                                          
5
 La creazione di una Comunità di difesa si era resa necessaria soprattutto dopo lo scoppio, nel 1950, della 
guerra di Corea che aveva evidenziato, agli occhi degli Stati Uniti, la necessità di riarmare la Germania di 
Konrad Adenauer per fronteggiare un eventuale attacco da est da parte del blocco comunista. Il problema 
maggiore era che la Francia era nettamente contraria al riarmo della Germania per motivi abbastanza 
comprensibili. Il progetto CED permetteva, mediante la creazione di un esercito europeo, di riarmare sì la 
Germania ma indirettamente e con ampie garanzie per i francesi. Su quest'argomento vedi, Giuseppe 
Mammarella, Paolo Cacace, Storia e politica dell'Unione europea, Bari, Laterza, 1998, oppure, Bino Olivi, 
l'Europa difficile. Storia politica dell'integrazione europea 1948-2000, Bologna, Il Mulino, 2000. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 18
naufragare
6
, ciò nonostante è importante evidenziare come, per la prima 
volta, dei governi nazionali si fossero schierati a favore sia dell'elezione a 
suffragio universale diretto, sia del "terremoto democratico" che il voto così 
espresso, avrebbe inevitabilmente scatenato. 
Com'è noto, la giovane Comunità riuscì a riprendersi dalla dura 
sconfitta inflitta dal fallimento della CED, attraverso il rilancio di Messina
7
 
nel 1955 che portò, nel 1957, alla firma dei Trattati di Roma che istituirono la 
Comunità Economica Europea – CEE -, e la Comunità Europea dell'energia 
atomica – CEEA o EURATOM -; in entrambi i Trattati l'obiettivo delle 
elezioni a suffragio universale diretto era ribadito e confermato. Le norme 
contenute nell'art. 138.3 CEE
8
 e 108.3 CEEA
9
, avevano lo stesso portato 
normativo e ricalcavano la formula inaugurata nel 1950. 
Già dalla prima seduta della nuova assemblea sotto la presidenza di 
Schuman, l'Assemblea parlamentare europea si pose il problema di dare 
                                                          
6
 Nella storia dell'integrazione europea, il naufragio della CED è attribuito all'intreccio di tre fattori: 1) il 30 
agosto 1954, l'Assemblea Nazionale francese bocciò il progetto, preferendo discutere di altre questioni, ciò 
grazie alla strana alleanza costituita dalle forze contrarie all'esercito europeo, gollisti e comunisti; 2) la 
miopia del governo italiano guidato da Pella, succeduto a De Gasperi allontanato da Palazzo Chigi con la 
scusa delle polemiche sulla legge truffa: il nuovo governo preferì dedicarsi alla soluzione della questione di 
Trieste piuttosto che ratificare la CED inchiodando la Francia con le spalle al muro rendendola unica 
responsabile di un'eventuale mancata ratifica; 3) il contesto internazionale che aveva incentivato la 
costituzione di un esercito europeo mutò radicalmente nel marzo del 1953 con la morte a Mosca di Stalin: la 
principale minaccia all'occidente sembrava dunque venir meno. Sul fallimento della CED vedi, Giuseppe 
Mammarella, Paolo Cacace, Storia e politica dell'Unione europea, cit., oppure, Bino Olivi, l'Europa difficile. 
Storia politica dell'integrazione europea 1948-2000, cit. Più specificamente, vedi, Daniela Preda, Dalla 
Comunità europea di difesa alla Comunità politica europea: il ruolo di De Gasperi e Spinelli, sta in 
AA.VV., I movimenti per l’unità europea dal 1945 al 1954, Milano, Jaca Book, 1992 e Daniela Preda, Storia 
di una speranza: la battaglia per la CED e la federazione europea nelle carte della delegazione italiana 
(1950-1952), Milano, Jaca Book, 1990 e ancora, Daniela Preda, Sulla soglia dell’Unione: la vicenda della 
Comunità Politica Europea, 1952-1954, Milano, Jaca Book, 1994 
7
 Storicamente, il rilancio avvenne in seguito alla guerra tra Israele ed Egitto del 1956 promossa dal leader 
egiziano Nasser: Francia e Inghilterra intervennero nel conflitto a fianco di Israele sia per recuperare la loro 
proprietà del Canale di Suez, sia per ribadire il loro ruolo di potenze mondiali. L'URSS minacciò il ricorso 
alle armi atomiche contro Israele e allora gli Stati Uniti furono costretti a "fermare" l'azione anglofrancese. 
Per la Francia si trattò della fine di un sogno: non era più una potenza mondiale, poteva solo esercitare un 
ruolo di leadership europea. 
8
 "L'assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una 
procedura uniforme in tutti gli Stati membri, Il Consiglio, con deliberazione unanime, stabilirà le disposizioni 
di cui raccomanderà l'adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme 
costituzionali", cfr., Trattato Cee, art. 138.3. 
9
 "L'assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una 
procedura uniforme in tutti gli Stati membri, Il Consiglio, con deliberazione unanime, stabilirà le disposizioni 
di cui raccomanderà l'adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme 
costituzionali", cfr., Trattato Ceea, art. 108.3. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 19
immediata esecuzione all'art. 138.3 e 108.3; a tal fine fu istituito un gruppo di 
studio coordinato e presieduto da Dehousse con il compito di elaborare un 
progetto in materia. Tale progetto fu approvato il 17 maggio 1960 e trasmesso 
al Consiglio dei Ministri delle Comunità Europee il 20 giugno 1960.  Il 
progetto Dehousse era frutto di un compromesso e, pertanto era incompleto a 
causa del tentativo di conciliare il principio della sovranità popolare con 
l'uguaglianza degli Stati. Il numero dei seggi assegnato agli Stati non era 
assolutamente proporzionale al numero dei loro elettori e, in più, "l'elezione a 
suffragio universale diretto, per tutta la durata del periodo transitorio, era 
limitato dall'art. III solamente ai due terzi dell'Assemblea, realizzando così un 
ibrido che mortificava il principio democratico"
10
. 
Cinque governi su sei sostennero il progetto, anche se solo a parole; 
infatti, il Consiglio continuò ad evitare di esprimersi in materia tanto che 
l'Assemblea parlamentare, "cominciò a considerare seriamente l'ipotesi di 
presentare alla Corte di Giustizia un ricorso per inerzia (del Consiglio) "
11
. 
Come mai cinque governi e non sei? La Francia del neo presidente de Gaulle, 
si oppose al progetto e, tramite il Piano Fouchet, fece la sua controproposta 
anche se non riguardava direttamente il progetto Dehousse.  
La paura del celebre generale francese era che il Mercato comune 
europeo – MEC -, potesse diventare solo uno strumento utilizzato dal giovane 
presidente degli Stati Uniti, J.F. Kennedy, per creare una vasta zona di libero 
scambio atlantica con il coinvolgimento anche della Gran Bretagna
12
. La 
preoccupazione di de Gaulleera che questo processo mettesse a serio rischio il 
mondo agricolo e rurale francese, da sempre protetto dall'area politica 
conservatrice, in quanto suo principale serbatoio di voti. In quest'ottica il 
                                                          
10
 Cfr., Luigi Vittorio Majocchi, Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di 
un'elezione, cit., p. 81. 
11
 Antonio Quaglino, Elezioni a suffragio universale ed ampliamento dei poteri del Parlamento europeo, sta 
in, AA.VV., Voci per l'Europa, Torino, edizioni EDA, 1977, p. 31. 
12
 Che in nome della sua vocazione mondiale, e del rapporto speciale con l'alleato d'oltreoceano, aveva visto 
con ostilità sin dall'inizio il processo di integrazione europea al quale aveva opposto una zona di libero 
scambio, l'European Free Trade Association EFTA -. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 20
Piano Fouchet aveva solo carattere strumentale: posto il veto all'adesione alla 
Comunità della Gran Bretagna, ottenuta la protezione del mercato agricolo 
attraverso l'avvio della politica agricola comunitaria – PAC – e con il tragico 
assassinio a Dallas del Presidente Kennedy, de Gaulleimpiegò breve tempo a 
far cadere del tutto il Piano Fouchet
13
.  
Se gli anni Sessanta furono segnati dalla paralisi comunitaria, passata 
alla storia come "la crisi della sedia vuota"
14
, paralisi che si risolverà con le 
dimissioni di De Gaulle nel 1969, il decennio non fu però avaro di lotte per la 
realizzazione di vere elezioni europee. Ancora una volta a prendere in mano 
l'iniziativa furono i federalisti italiani che intrapresero due azioni che ebbero 
una certa eco.  
La prima azione si avviò al tramonto del decennio ed era costituita dal 
tentativo di fare ciò che i governi non volevano o non riuscivano a fare, le 
elezioni appunto: per questo, nella seconda metà degli anni cinquanta, diedero 
vita al Congresso del Popolo Europeo
15
; iniziativa interessante che però, 
nonostante un buon inizio, si concluse senza produrre risultati concreti. I 
federalisti organizzarono elezioni in otto città europee che videro l'elezione di 
240 delegati che formarono il Congresso del Popolo europeo: l'iniziativa, per 
quanto nobile, fallì per problemi organizzativi, economici e perché ottenne un 
certo rilievo presso l'opinione pubblica solo in Italia setterntrionale dove si  
                                                          
13
 I federalisti erano favorevoli al progetto di De Gaulle e contrari a quello Dehousse in quanto il Piano 
Fouchet rafforzava sì l'approccio confederale, ma, tramite questo, rafforzava anche l'integrazione. Con la 
nascita di un potere europeo, le elezioni sarebbero venute da sé, questo il pensiero dei federalisti come lo si 
evince chiaramente dal pensiero di Mario Albertini: "l'elezione non si sarebbe svolta sinché un potere 
europeo di fatto non avesse costretto i detentori del potere nazionale a farla"
13
 Cfr., Luigi Vittorio Majocchi, 
Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di un'elezione, cit., p. 82. 
14
 In seguito alle proposte del Presidente della Commissione, Walter Hallstein, giudicate troppo 
integrazioniste, De Gaulle paralizzò la vita comunitaria facendo venir meno la partecipazione dei 
rappresentanti francesi a tutti gli appuntamenti comunitari: essendo necessaria l'unanimità, le Comunità si 
trovavano nell'impossibilità, di fatto, di agire. 
15
 Il Congresso del Popolo Europeo è frutto, secondo la storiografia prevalente, del disorientamento che colse 
i movimenti federalisti all’indomani della bruciante sconfitta subita dalla mancata ratifica CED. Sul 
Congresso del Popolo europeo, vedi, Edmondo Paolini, Appunti per una biografia, cit., oppure Daniele 
Pasquinucci, Europeismo e democrazia. Altiero Spinelli e la sinistra europea 1950-1986, Bologna, Il Mulino, 
2000, oppure Sergio Pistone, Il MFE e i Trattati di Roma, sta in, AA.VV., Il rilancio dell’Europa e i Trattati 
di Roma, Milano, Giuffrè, 1989. 
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO 
 21
ebbero quasi i nove decimi dei suffragi. 
La seconda iniziativa ebbe maggiore fortuna anche perché s'inserì in un 
nuovo contesto politico comunitario, avviato dal ritiro dalla politica di De 
Gaulle: ancora una volta, avvenimenti di politica interna francesi erano 
destinati a ripercuotersi in tutto il continente, come giustamente osservato da 
Bino Olivi quando afferma che "quel che succede in Francia e quel che fa la 
Francia ha sempre un'immediata ripercussione sulla vita della comunità"
16
. 
Il punto di partenza dei federalisti era che se il contesto comunitario 
non permetteva l'elezione diretta, si poteva iniziare a proporla all'Italia: se 
l'Italia avesse eletto i suoi membri a suffragio universale, il processo di 
integrazione si sarebbe rimesso in moto, questo perché, mentre in ambito 
europeo i politici nazionali si potevano trincerare dietro l'opposizione gollista 
a qualunque progresso, l'alibi veniva meno se ci riferiva alla sola Italia. 
L'iniziativa unilaterale avrebbe aperto un processo imprevedibile, ma 
costituiva un vero e proprio punto di rottura, una piccola rivoluzione 
democratica.  
                                                          
16
 Bino Olivi, L'Europa difficile. Storia politica dell'integrazione europea 1948-1998, cit., p. 111.