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visione filosofica, in virt� della quale concepisce la storiografia 
filosofica come un sistema in svolgimento. Questa espressione deve 
essere intesa come lo scrigno in cui � racchiuso il DNA dello Spirito 
speculativo che, secondo il professore di Berlino, si riempie di vita e 
acquisisce graduale consapevolezza di s� nei molteplici momenti della 
storia. Stiamo parlando dell�attivit� pi� rappresentativa della dialettica, 
mediante la quale viene tutelato e giustificato il movimento del pensare: 
Hegel la chiama Aufheben, l�equivalente tedesco dell�espressione 
togliere conservando. In base a tale concetto, costruire la novit� 
lasciandola sedimentare sul terreno della tradizione significa da un lato 
superare il passato, e dall�altro mantenerlo vivo nei progressi ad esso 
successivi. Aderendo a questa linea di pensiero si deve intendere anche 
e soprattutto il ruolo della negazione nel pensiero hegeliano: negare 
qualcosa equivale a toglierla, cio� a produrre un atto di mediazione che, 
lungi dal separare realt� opposte e contraddittorie, innesca un moto 
immanente al qualcosa stesso che conserva il valore della negazione ma 
all�interno di un�unit� superiore, quella raggiunta dalla Ragione.  
Avendo chiaro tale presupposto teorico Hegel ripensa tutti i filosofi che, 
l�uno nelle mani dell�altro, hanno tramandato, conservato e maturato il 
pensare filosofico. Nei loro confronti il professore di Berlino si pone 
con un atteggiamento volto ad evidenziare una linea di continuit� che, 
  
       
3
 
         
         
 
proprio in virt� dell�Aufheben, mantiene in vita gli antichi pensieri 
integrandoli nell�ultima filosofia contemporanea, la Sua. Egli 
rinvigorisce il proprio pensiero attingendo nuove energie da un passato 
che rimane per lui assolutamente dinamico e attivo. 
L�esposizione della filosofia platonica costituisce uno dei momenti pi� 
evidenti in cui il fermento dell�antichit� filosofica si desta a nuova vita 
e splendore, illuminando col suo principio filosofico l�interesse e i 
pensieri hegeliani. 
Il nostro obiettivo � studiare il rapporto tra Hegel e Platone che nelle 
Vorlesungen �ber die Geschichte der Philosophie appare caratterizzato 
da una affascinante ma pericolosa tensione, a causa della quale il 
pensiero del filosofo greco spesso subisce delle forzature indebite che, 
sradicandolo dall�originario terreno riflessivo, lo trapiantano in un 
campo la cui dimensione pertiene  maggiormente alla filosofia 
hegeliana. Sar� dunque necessario tracciare il confine tra i due filosofi 
per liberare la loro relazione dalle angustie delle sole parole usate in 
queste lezioni dal filosofo tedesco.  
La costituzione interna delle Vorlesungen �ber Plato, come � presentata 
dal curatore Michelet nella prima edizione, presuppone un�analisi del 
pensiero platonico incentrata in particolare sul rapporto tra la forma 
espositiva, espressa dal dialogo, e il contenuto filosofico in esso trattato. 
  
       
4
 
         
         
 
� precisa convinzione di Hegel infatti ritenere che nelle opere di 
Platone sia possibile rintracciare una coesistenza di molteplici piani, per 
visitare i quali occorrer� dotarsi di appropriate modalit� di analisi. 
Quella scelta dal filosofo tedesco consiste nel considerare 
autenticamente filosofico solo quel contenuto non avviluppato nelle 
inadeguate reti della rappresentazione mitica: �nello studio dei dialoghi 
platonici occorre uno spirito disinteressato, indifferente. All�inizio di un 
dialogo si ha un magnifico esordio, belle scene; si trovano cose sublimi, 
che piacciono specialmente ai giovani. Ci si � appena lasciati possedere 
da questo elemento, che si giunge all�aspetto propriamente dialettico, 
speculativo. [�] inizio e fine sono edificanti, belli, la parte centrale ha 
a che fare con la dialettica. Ci si � appena lasciati rapire da quelle belle 
scene, che bisogna rinunciarvi e farsi pungere dalle spine e dai cardi 
della metafisica�
3
.  
Quest�ultima, la metafisica, costituisce il pi� intimo contenuto 
filosofico dei dialoghi platonici, ed � descritta da Hegel come spinosa e 
pungente. Infatti nonostante l�eminenza dell�argomentato trattato, la 
dialettica speculativa, egli intravede nella metafisica di Platone un 
impedimento ineludibile: l�oblio della soggettivit�. Il filosofo di 
Stoccarda  sottolinea questo limite del pensiero platonico, che poi � 
                                                 
3
 G. W. F. Hegel, Platone cit., p. 185.  
  
       
5
 
         
         
 
insito in tutta la filosofia antica: i greci hanno saputo contemplare 
l�Oggetto, ma a scapito del Soggetto, che � stato totalmente escluso 
dalle loro meditazioni. Solo dopo il Cristianesimo e a seguito della 
svolta del 1600 il ruolo dell�Io avrebbe occupato, di diritto, una 
posizione centrale nella filosofia. 
Questa tesi vuole analizzare il modo in cui Hegel si pone nei confronti 
del pensatore greco, per capire fino a che punto Platone irradi con 
l�eterna freschezza del suo pensiero l�orizzonte filosofico cui appartiene 
il filosofo tedesco, e quanto invece quest�ultimo, anche grazie alla 
stessa filosofia platonica, abusi del Suo pensiero come paradigma per 
leggere e criticare Platone. Solo dopo aver isolato e chiarito i due 
aspetti di questa tensione si potr� ricercare, se c��, un contatto autentico 
tra la dialettica platonica e quella hegeliana, e vedere cos� se il flusso 
temporale di duemila anni abbia lasciato inalterata una eventuale 
istanza che da Platone conduca a Hegel. 
Tale proposito sembra difficilmente realizzabile; si possono infatti 
notare una sconfinata quantit� di argomenti che la critica ha messo in 
campo al fine di chiarire come le ottiche dei due filosofi fossero non 
compatibili; ci si riferisce al ruolo della contraddizione nel Parmenide, 
esasperato e assolutizzato da Hegel, al suo fraintendimento dell�esito 
del Sofista, all�evidente imbarazzo in cui egli si trova nel attribuire una 
  
       
6
 
         
         
 
certa collocazione filosofica al mito. Eppure, nonostante questi validi 
impedimenti adombrino la relazione tra i due filosofi,  ci sembra altres� 
che in entrambi si possa isolare un proposito che, preso per s�, sia 
rimasto invariato; esso esplicita la profonda necessit� di presentare 
l�Idea come qualcosa di non semplicemente astratto e immobile ma, 
anzi, di dinamico e concreto. L�affermazione che i pensieri nella loro 
purezza non possono comunque essere svincolati dal movimento vitale, 
che regola l�organicit� del mondo, ci sembra la vera eredit� platonica 
che attecchisce in Hegel, in modo autentico e non corrotto e 
condizionato. 
Il fatto poi che gli esiti di questa istanza non siano gli stessi � dovuto 
all�abissale divario tra le epoche in cui i due vissero. Platone concepisce 
il movimento delle Idee nella modalit� di una comunanza reciproca, una 
sorta di cooperazione tra generi sommi in cui vige il profondo rispetto 
del principio di non contraddizione. Hegel invece vi scorge piuttosto 
una compenetrazione che produce l�unit� degli opposti, in cui il 
principio di non contraddizione � stato oltrepassato in nome di una 
legge superiore, quella della Ragione. Ma l�ammissione che la 
razionalit�, nella sua pi� estrema estensione, mostri in tutta chiarezza di 
essere un fatto umano pieno di vita, lascia comprendere come sia in 
Hegel sia in Platone il fascino della scienza filosofica risieda 
  
       
7
 
         
         
 
nell�espressione della costante scoperta e sorpresa suscitata dal 
movimento del pensare; in Platone questa resta un�aspirazione aperta ed 
espressa nel modo pi� coerente ed appropriato dal διαλ έγεσθαι , mentre 
in Hegel essa � �chiusa� nei recinti di un Assoluto che tuttavia � privo di 
confini, avendo inverato in s� ogni opposizione, ed essendo divenuto 
cos� Spirito.  
Quest�ultima considerazione si sposa perfettamente con le riflessioni di 
Chiereghin sul tema dell�unit� degli opposti, in cui il critico aveva 
individuato il preciso confine tra Hegel e Platone: �cos� l�unit� degli 
opposti, mentre nel testo platonico significa la contraddizione in cui si 
dissolve il tentativo di dire, ipotizzando, l�intero, per Hegel � il segno 
della raggiunta assolutezza, il punto in cui l�intero assolutizzato si pone 
come risultato. Altrettanto, se in Platone l�impossibilit� di uscire dalle 
idee significa la perennit� della dialettica come criticit� non 
assolutizzabile del sapere filosofico, per Hegel l�intrascendibilit� della 
dialettica � il segno della sua assolutezza�
4
. 
 
                                                 
4
 F. Chiereghin, Hegel e la Metafisica classica, Padova, CEDAM, 1966 p. 102. 
 
  
       
8
 
         
         
 
 
La questione editoriale 
Le pagine hegeliane su Platone sono postume. Esse confluiscono nelle 
�Lezioni sulla storia della filosofia�
5
 raccolte da Karl Ludwig Michelet, 
un allievo di Hegel, il quale compone, o meglio ricompone il testo delle 
�Vorlesungen� a partire da un intreccio di diverse fonti. Si tratta per lo 
pi� di quaderni di appunti che gli studenti presero durante le lezioni del 
filosofo tedesco. 
Hegel nei suoi corsi di lezioni universitarie presso Jena, poi Heidelberg 
e infine a Berlino, si � impegnato per nove volte a spiegare la storia 
della filosofia: a Jena: inverno 1805-6; a Heidelberg: inverno 1816-17, 
17-18; a Berlino: estate 1819, inverno 1820-21, 23-24, 25-26, 27-28, 
28-29. Non riusc� a terminare il decimo corso, appena cominciato il 10 
novembre 1831; mor� infatti quattro giorni dopo, vittima di un�epidemia 
di colera
6
. Tale panorama � arricchito dall�esistenza di un quaderno di 
appunti che, come scrive il Bozzetti nel suo articolo, �Hegel conservava 
fin dai tempi di Jena e che costituiva la base per i diversi seminari da lui 
                                                 
5
 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia [ Vorlesungen �ber die Geschichte der 
Philosophie, 1840 ], I-II vol., trad. di E. Codignola e G. Sanna, Perugia-Venezia, La Nuova 
Italia, 1967.  
6
 cfr. K. L. Michelet, Prefazione, in G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia [ 
Vorlesungen �ber die Geschichte der Philosophie, 1840 ], I-II vol., trad. di E. Codignola e 
G. Sanna, Perugia-Venezia, La Nuova Italia, p. VII. 
  
       
9
 
         
         
 
tenuti sull�argomento�
7
. Purtroppo il quaderno � andato perduto, o 
quasi. Michelet infatti ne rivendica il possesso proprio nelle prime righe 
della sua prefazione alla I ed. tedesca delle Vorlesungen nel 1833: �Il 
fascicolo di Iena [�] ci � pervenuto scritto di proprio pugno e quasi 
completamente ridotto a forma stilistica definitiva da Hegel�, il quale, 
�non osava ancora affidarsi alla sola improvvisazione orale�
8
. In 
aggiunta a tale fonte diretta Michelet aveva anche un piccolo schema di 
storia della filosofia risalente all�epoca di Heidelberg. 
Nonostante sia controversa la questione dell�attendibilit� dell�operato 
del Michelet e tenuto conto delle altre fonti e edizioni delle lezioni, che 
saranno qui di seguito trattate, � tuttavia il caso di fare un�anticipazione: 
il fascicolo di Jena di cui era in possesso Michelet � l�unica vera fonte 
diretta su queste Lezioni; � un manufatto dunque di vitale importanza. 
Esso documenta le numerose aggiunte di Hegel effettuate nei corsi 
successivi, ai margini, o sui fogli successivamente inseriti nel quaderno: 
�questi fogli sono d�inestimabile valore, giacch� documentano di 
proprio pugno dell�autore le copiosissime aggiunte recate da lui nelle 
lezioni dei corsi posteriori�
9
. 
                                                 
7
 M. Bozzetti, Platone insegnato da Hegel, [ Rivista di filosofia Neoscolastica, 1996], p. 
310. 
8
 K. L. Michelet, Prefazione, in Hegel, Lezioni sulla storia cit. p. VII. 
9
 ivi, p. VIII. 
  
       
10
 
         
         
 
In aggiunta a ci� Michelet precisa che la validit� di tale manufatto �� 
anche accresciuta dalla circostanza che il filosofo nelle sue lezioni 
berlinesi [�] si attenne sempre pi� a quello, ripetendone letteralmente 
molto pi� di quanto fosse stato solito fare nei corsi intermedi�
10
. 
Michelet ha dunque un possibile manuale di istruzioni per poter usare 
nel migliore dei modi gli appunti di studenti che frequentarono alcuni di 
quei nove corsi tenuti da Hegel, e precisamente: il suo quaderno 
personale del semestre invernale 1823-24, quello di J. F. Kampes 
dell�annata 1829-30 e il quaderno del �capitano Von Griesheim� 
dell�inverno 1825-26.  
Tenendo presente l�intreccio di tali fonti, dirette e indirette, si pu� con 
maggior cura analizzare le edizioni disponibili delle Vorlesungen �ber 
Plato, contenute in quelle di storia della filosofia. 
Ve ne sono tre, ben diverse tra loro. La prima, gia trattata in parte, a 
cura di Michelet del 1833; la seconda sempre ad opera di Michelet del 
1840 e infine l�ultima a cura di Jean-Louis-Vieillard-Baron
11
, pi� vicina 
a noi, risalente al 1976. 
                                                 
10
 ibidem 
11
 G. W. F. Hegel, Platone [ Vorlesungen �ber die Geschichte der Philosophie, 1833 ], trad. 
di Vincenzo Cicero, Milano, Rusconi, 1998; G. W. F. Hegel, Lezioni su Platone 1825-1826 
[ Lecons sur Platon 1825-1826, 1976 ], a cura di J. Vieillard-Baron, trad. di G. Orsi, 
Milano, Guerrini e Associati, 1995; G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia [ 
Vorlesungen �ber die Geschichte der Philosophie, 1840 ], I-II vol., trad. di E. Codignola e 
G. Sanna, Perugia-Venezia, La Nuova Italia, 1967.