4 
 
CAP 1. 
 
NATURA GIURIDICA DELLE ORGANIZZAZIONI NON 
LUCRATIVE DI ATTIVITA’ SOCIALE 
 
1. GLI ENTI NON PROFIT ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA 
CIVILISTICA 
 
A prima vista il tema delle Onlus potrebbe sembrare di difficile se non 
impossibile inquadramento da un punto di vista giuridico e normativo. Quando 
si parla di enti non profit – scrivono infatti due importanti autori come D’Amore 
e Ferri in un testo la cui ultima edizione risale al 2008 - è necessario precisare a 
cosa ci si riferisce, poiché nella legislazione italiana non esiste una definizione 
giuridica di tali organismi, né d’altra parte potrebbe essere diversamente, 
considerato che questo termine non viene mai usato dal nostro legislatore
1
. 
Da diversi anni a questa parte, tuttavia, la definizione è largamente 
impiegata nella nostra società, peraltro accanto ad espressioni, quali terzo 
                                         
1
 Cfr. R. D’Amore  - P. Ferri, Le Onlus. Inquadramento giuridico – disciplina 
fiscale – amministrazione e bilancio , Napoli, De Simone, 2008, p. 7.
5 
 
settore, società civile, privato sociale, economia sociale ecc
2
. 
Da ciò si desume anche che non solo dal punto di vista legislativo, ma 
anche da quello sociale non vi è completa chiarezza, e d’altra parte anche in 
questo caso non potrebbe essere diversamente, considerata la continua 
evoluzione di un fenomeno che non può essere inquadrato con criteri troppo 
rigidi
3
. 
Sarebbe tuttavia un errore ritenere che non sussistano criteri per 
inquadrare giuridicamente gli enti in questione. Sostengono sempre i due autori 
appena menzionati che, ad ogni modo, vi sono alcuni elementi che 
caratterizzano inequivocabilmente gli enti in argomento: il fine non lucrativo, 
cui si connette il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione eventualmente 
conseguiti, e la forte connotazione sociale delle attività da essi svolte. 
Ci troviamo così di fronte a due criteri che ritorneranno costantemente 
nella trattazione che svolgeremo nel presente elaborato: da un lato, come detto, 
le finalità non lucrative; dall’altro, come appena detto, la forte vocazione sociale 
degli enti in oggetto. Quando questi due criteri si presentino insieme, 
possediamo una solida base per potere ricondurre nella classe del non profit una 
qualsiasi organizzazione regolata dal nostro ordinamento civile. 
                                         
2
 Ibidem 
3
 Ibidem
6 
 
Ma se questi due sono i criteri fondamentali, gli studiosi hanno tentato di 
far luce su una serie di criteri ulteriori, che consentono una più precisa e 
minuziosa classificazione degli enti che potremmo definire non lucrativi. Degna 
di nota mi sembra a riguardo quel che dicono sempre D’Amore e Ferri, quando 
sostengono che gli enti non lucrativi, quali che ne siano le loro variabili 
tipologie, per potere esser considerati giuridicamente tali, devono sempre 
rispondere ai seguenti requisiti basilari: 
- costituzione formale, che consiste nella formalizzazione dell’esistenza 
dell’ente mediante uno statuto o altro documento che ne regolamenti la vita; 
- natura giuridica privata, con esclusione, dunque, di enti che facciano 
parte del settore pubblico; 
- autogoverno, intendendo con ciò che non vi siano interessi proprietari; 
- assenza di distribuzione di profitto; 
- eventuale presenza di lavoro volontario
4
. 
 
Per quanto concerne le fonti legislative, in vista di una classificazione di quegli 
enti che sono e di quelli che non sono Onlus, riveste particolare importanza il 
decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, avente per titolo Riordino della 
disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non 
                                         
4
 Ibidem
7 
 
lucrative di utilità sociale. È infatti tale decreto che stabilisce quali siano i 
soggetti che: 
- possono assumere la qualifica di ONLUS; 
- sono considerati automaticamente ONLUS; 
- possono acquisire la qualifica di ONLUS limitatamente ad alcune 
attività; 
- non possono in ogni caso assumere la qualifica di ONLUS
5
. 
Così, entriamo già nel campo di quelli che possiamo definire i requisiti giuridici 
soggettivi che un ente deve possedere per potere assumere la qualifica di Onlus.  
 
2. TIPOLOGIE DI ONLUS 
 
Il nostro ordinamento, alla luce del decreto legislativo appena 
menzionato, dichiara che fra le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, 
designate comunemente dall’acronimo Onlus, rientrano sostanzialmente le 
seguenti tipologie: 
- le fondazioni; 
- le associazioni; 
- i comitati; 
                                         
5
 Ivi, p. 17
8 
 
- le società cooperative; 
- gli altri enti di carattere privato
6
.  
Tale classificazione conferma in effetti che la Onlus non costituisce una 
figura specifica ed autonoma con propri connotati civilistici. Si sostiene perciò 
che il legislatore abbia lasciato notevole campo libero al cosiddetto “principio 
della neutralità” della forma giuridica adottata, anche se in maniera parziale 
(visto che sono esplicitamente previste alcune esclusioni soggettive), stabilendo 
invece i requisiti che dette organizzazioni debbono obbligatoriamente possedere 
per potersi qualificare tali
7
. 
Va inoltre evidenziato come non assuma alcuna rilevanza che i soggetti 
giuridici presi in considerazione siano persone giuridiche riconosciute o meno, 
lasciando quindi la decisione al libero arbitrio dei soggetti stessi
8
. In tal senso 
allora il suddetto decreto classifica anzitutto gli enti che possono (ossia che non 
debbono necessariamente o automaticamente) assumere la qualifica di Onlus.  
                                         
6
 Ibidem. Cfr. sulla classificazione tipologica delle Onlus anche la monografia 
di G. Visintini,  Gli enti non profit tra codice civile e legislazione speciale , Napoli, 
Esi, 2003, p. 65 ss. 
7
 Cfr. R. D’Amore  - P. Ferri, Le Onlus. Inquadramento giuridico – disciplina 
fiscale – amministrazione e bilancio, cit., p. 7. 
8
 Ibidem
9 
 
 
3. I REQUISITI DELLE ONLUS: 
 
3.1 REQUISITI SOGGETTIVI  
 
Alla luce della impostazione del decreto legislativo citato di sopra, è 
possibile effettuare una ricognizione generale del panorama giuridico delle 
ONLUS. Oltre gli enti che possono assumere la qualifica di Onlus, ve ne sono 
altri i quali secondo il nostro ordinamento debbono essere considerati 
automaticamente ONLUS. Essi sono precisamente: 
- le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle 
Regioni e dalle province autonome, di cui all’art. 6 della legge 11 agosto 1991, 
n. 266 (legge-quadro sul volontariato); 
- le organizzazioni non governative, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 
49 (nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di 
sviluppo); 
- le cooperative sociali di cui alle legge 8 novembre 1991, n. 381 
(disciplina delle cooperative sociali); 
- i consorzi di cooperative sociali, la cui base sociale risulti composta per 
il 100% da cooperative sociali. 
In base alla volontà del legislatore, questi enti conservano la propria
10 
 
disciplina specifica, non sono soggetti ai vincoli statuari previsti dalla norma e 
possono liberamente scegliere, di volta in volta, la normativa di maggior favore 
tra quella propria speciale e quella ONLUS
9
. 
Fra gli enti che possono assumere la qualifica di Onlus limitatamente ad 
alcune attività, abbiamo gli enti ecclesiastici afferenti alle confessioni religiose 
con cui lo Stato abbia stipulato delle intese o comunque degli accordi
10
. E si 
tratta di un tema particolarmente interessante per me che scrivo questa tesi, 
essendo io un religioso. Anche le associazioni di promozione sociale 
riconosciute dal ministero degli interni per le loro finalità assistenziali, rientrano 
in questa categoria.  
Vi sono poi naturalmente enti che a nessun titolo e nemmeno 
limitatamente possono esser qualificati e riconosciuti come delle Onlus  
I soggetti (affermano D’Amore e Ferri) che non possono comunque 
assumere la qualifica di ONLUS sono: 
- gli enti pubblici; 
- le società commerciali diverse dalle società cooperative; 
- gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990 n. 218 (c.d. 
                                         
9
 Ivi, p. 19 
10
 Cfr. la trattazione recente di M. C. Folliero,  Enti religiosi e non profit, 
Torino, Giappichelli, 2010
11 
 
Fondazioni Bancarie); 
- i partiti e i movimenti politici; 
- le organizzazioni sindacali; 
- le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria
11
. 
E la ragione mi pare ben chiara. Si tratta infatti di enti che o sono 
direttamente rivolti a finalità lucrative, o che non abbiano un diretto e dichiarato 
scopo di tipo sociale o assistenziale, o che comunque si propongono scopi che 
non collimano con le finalità non lucrative e socio-assistenziali che spettano alle 
Onlus.  
 
3.2 REQUISITI OGGETTIVI 
 
Fin qui abbiamo esaminato i requisiti soggettivi delle Onlus; oltre questi 
abbiamo però anche i requisiti che diremo oggettivi, ossia le organizzazioni in 
questione (anche per godere delle speciali agevolazioni tributarie che la legge 
prevede) debbono rientrare di necessità in una delle classi di attività che 
seguono. Secondo il testo del decreto in esame, esse sono: 
 
                                         
11
 R. D’Amore  - P. Ferri, Le Onlus. Inquadramento giuridico – disciplina 
fiscale – amministrazione e bilancio, cit., p. 20
12 
 
1. assistenza sociale e socio-sanitaria; 
2. assistenza sanitaria; 
3. beneficenza; 
4. istruzione; 
5. formazione; 
6. sport dilettantistico; 
7. tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e 
storico; 
8. tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; 
9. promozione della cultura e dell’arte; 
10. tutela dei diritti civili; 
11. ricerca scientifica di particolare interesse sociale
12
. 
 
Da una attenta lettura del decreto, si desume che le uniche attività che le 
ONLUS possono svolgere in via principale si suddividono in due categorie. 
Nella prima categoria, definita a solidarietà presunta, rientrano quelle attività 
per le quali si considera intrinseco, per presunzione assoluta di legge, 
l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale. 
Nella seconda categoria, definita a solidarietà condizionata, rientrano 
                                         
12
 Ivi, p. 25