V 
 
INTRODUZIONE 
 
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di studiare una particolare modalità di 
remunerazione del top management delle imprese: i compensi basati su azioni e, in 
particolare, le stock option. 
Le stock option non sono altro che opzioni di acquisto su azioni della società, offerte 
in particolar modo ai dirigenti e vertici aziendali
1
 come modalità di retribuzione 
variabile a medio/lungo termine, esercitabili entro un predeterminato periodo di tempo e 
ad un prezzo (di esercizio) inizialmente prefissato. 
Focalizzando l’attenzione sui “soggetti” che operano nell’azienda, per indagare sulle 
relazioni che intercorrono tra questi, bisogna fornire un contesto teorico di riferimento, 
e tale intenzione viene perseguita nella parte iniziale del lavoro, dedicata alla “teoria 
dell’agenzia”. Tale quadro di riferimento concettuale, basato sul fenomeno della 
separazione tra la proprietà ed il controllo all’interno delle imprese, ritiene che non 
necessariamente gli agent operino nell’interesse del principal, e tale conflitto di 
interessi tra azionista (principal) e management (agent) può dar vita ad un problema di 
agenzia generatore di relativi costi di agenzia. La questione principale, quindi, è quella 
di orientare l’operato del management (amministratori non proprietari) verso la gestione 
d’impresa nell’interesse degli azionisti anzichØ nel personale; in tal senso è sorto 
l’interrogativo sulla reale efficacia dello strumento di remunerazione basato su azioni, 
di risolvere il problema di agenzia, fornendo al top management un interesse 
proprietario
2
. 
Sempre nel primo capitolo, sono state analizzate tre teorie che spiegano, con tesi 
diverse, la diffusione e l’utilizzo di tale strumento di remunerazione basato su azioni. In 
particolare, è stata analizzata la optimal contracting theory secondo cui i compensi 
basati su azioni possono essere considerati uno strumento in grado di risolvere il 
problema di agenzia, la rent-extraction theory che mette in evidenza i limiti della teoria 
della contrattazione “ottimale” e considera tali strumenti come conseguenza del 
problema di agenzia poichØ permettono agli amministratori di estrarre rendite a danno 
degli azionisti, e la perceived cost hypothesis che lega l’utilizzo di tale forma di 
                                                 
1
 T. ONESTI, M. ROMANO, Le politiche di remunerazione degli amministratori esecutivi e dei dirigenti 
con «responsabilità strategiche», in F. FORTUNA (a cura di), La corporate governance nell’esperienza 
nazionale e internazionale: Aspetti comparativi e profili evolutivi, Il Mulino, Bologna, 2010. 
2
 M.C. JENSEN, W.H. MECKLING, Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and 
Capital Structure, in Journal of Financial Economics, n. 3, ottobre 1976, pp. 305-360.
VI 
 
remunerazione al trattamento contabile e fiscale favorevole che ha caratterizzato i 
compensi basati su azioni rispetto alle altre forme di remunerazione. 
I compensi basati su azioni, sono strumenti complessi, che richiedono la 
progettazioni di piani articolati e su “misura”, in quanto piani di incentivazione che 
presentano caratteristiche non idonee potrebbero essere fonte di ulteriori problemi, tra 
cui l’adozione di comportamenti “miopi” volti esclusivamente all’incremento dei valori 
dei titoli e l’utilizzo del meccanismo del repricing al fine precipuo di migliorare le 
retribuzioni dei manager e non di allineamento del piano di incentivazione alle 
performance e agli obiettivi che l’impresa tende a conseguire. Per valutare un sistema 
incentivante, come si vedrà nel paragrafo due del primo capitolo, bisogna riflettere 
sull’equilibrio strutturale e sulla qualità del piano in rapporto agli obiettivi
3
. In aggiunta 
sono state analizzate le varie componenti che costituiscono la remunerazione 
manageriale e mostrati dati, presentati da studi condotti a livello nazionale e mondiale 
sui compensi degli Executive italiani e sull’evoluzione nel tempo delle Equity 
Compensation, con particolare riferimento all’andamento degli stock option plans in un 
mercato in declino. 
Infine, a conclusione del primo capitolo, ci si è concentrati sulle finalità dei piani di 
stock option e sulle motivazioni che spingono le società ad introdurli all’interno della 
propria struttura retributiva, ma anche sui limiti impliciti di questo strumento e sugli 
accorgimenti per superare tali incertezze con particolare riferimento alla relazione tra la 
parte variabile della remunerazione e i parametri di performance
4
.  
Nel secondo capitolo sono state preliminarmente descritte le diverse tipologie di 
piani, distinguendo secondo diversi criteri; la prima classificazione è stata fatta 
individuando i c.d. stock option plan (piani di partecipazione azionaria con diritto di 
opzione per i dipendenti) e i c.d. non option stock plan (piani che attribuiscono al 
prestatore di lavoro un premio costituito da azioni dell’impresa o da denaro in 
contanti)
5
.  
I primi, in particolare, possono essere strutturati secondo due diverse modalità, in 
quanto differenti sono le finalità che l’azienda vuole raggiungere adottando tali piani e 
                                                 
3
 E. PAVARANI, Stock option e qualità dei piani di incentivazione, in M. REGALLI (a cura di), Stock 
option e incentivazione del management, Il Sole 24 Ore, Milano, 2003. 
4
 T. ONESTI, M. ROMANO, Le politiche di remunerazione degli amministratori esecutivi e dei dirigenti 
con «responsabilità strategiche, op.cit. 
5
 G. AIROLDI, A. ZATTONI, Piani di stock option. Progettare la retribuzione del top management, 
Egea, Milano, 2001. 
S. CORBELLA, Piani di stock grant e stock option destinati al personale, FrancoAngeli, Milano, 2005.
VII 
 
vengono distinti in due categorie: non-compensatory (piani che non hanno un carattere 
remunerativo in senso stretto, ma hanno lo scopo di sviluppare il senso di appartenenza 
all’impresa di tutti i prestatori di lavoro) e compensatory (piani che costituiscono forme 
di remunerazione aggiuntiva per i dirigenti)
6
. 
Altre classificazioni possono essere fatte in base alle condizioni di esercizio delle 
opzioni, distinguendo i fixed stock option plan (piani di stock option a condizioni fisse) 
dai variable stock option plan (piani a condizioni variabili) e in base al tipo di 
parametro di performance che condiziona l’esercizio stesso delle opzioni, che porta a 
distinguere i Market Performance Plan (la possibilità di esercitare l’opzione è 
esclusivamente subordinata alla performance azionaria) dagli Enterprice Performance 
Plan (il diritto ad esercitare l’opzione è subordinato al soddisfacimento di alcuni 
requisiti di performance “interna” d’azienda - di redditività, di crescita, di valore creato, 
ecc. -, a prescindere dall’andamento della quotazione del titolo)
7
. 
Per completare il quadro dei compensi basati su azioni, il lavoro ha successivamente 
analizzato i tratti essenziali degli Non Option Stock Plan che, come detto, si 
caratterizzano per il fatto di attribuire al prestatore di lavoro un premio costituito da 
azioni dell’impresa o da denaro in contanti; entrando nello specifico, si dirà degli Stock 
appreciation rights (S.A.R.), delle Restricted Stock e delle Phantom stock. 
Successivamente sono sta illustrati gli elementi di base dei piani di stock option, 
nonchØ le principali variabili da considerare nella progettazione di tali piani. Nel 
prosieguo del secondo capitolo, si è passati alla valutazione e alla rappresentazione 
contabile delle stock option e, in particolar modo, delle componenti del valore delle 
stock option (valore intrinseco e temporale), della stima di tali valori, con un richiamo ai 
principali modelli di option pricing. 
La capacità dei compensi basati su azioni di fornire una potenziale soluzione al 
problema di agenzia costituisce solo una delle motivazioni alla base della loro 
diffusione. I trattamenti di natura contabile e fiscale particolarmente favorevoli a tale 
forma di remunerazione hanno rappresentato, secondo diversi studi, la vera motivazione 
alla base del loro utilizzo. Per tale ragione, nella parte finale del secondo capitolo, è 
stato dedicato ampio spazio all’evoluzione della disciplina contabile e fiscale. La 
                                                 
6
 S. BOZZI, Stock Options. Aspetti economici fiscali e contabili, Università Bocconi, Milano, 2006. 
7
 V. MARRAFFA, L’azionariato dei dipendenti come forma di incentivazione: ascesa e declino delle 
stock option? La nascita, lo sviluppo e la situazione attuale dal punto di vista economico, societario, 
contabile, fiscale e previdenziale, in I Quaderni della Scuola di Alta Formazione, n. 22, 2009.
VIII 
 
trattazione si apre con i riferimenti legislativi contabili della realtà statunitense
8
, quali 
l’Opinion n. 25 del 1972 e lo Statement n. 123 (o SFAS n. 123) del 1995, e i diversi 
criteri suggeriti da questi per la valutazione delle opzioni, per poi giungere all’analisi 
della situazione italiana, caratterizzata dall’obbligatorietà di contabilizzazione dei costi 
delle opzioni nel Conto Economico, obbligo apportato dall’adozione del principio 
contabile internazionale “IFRS 2 - Share Based Payment”
9
.  
Con riferimento alla normativa fiscale, si è analizzata l’evoluzione nel tempo operata 
dal legislatore, spiegando l’iniziale introduzione del regime di tassazione agevolato, i 
seguenti interventi, conseguenti a comportamenti elusivi, volti a limitare sempre piø la 
possibilità di usufruire del regime fiscale di favore, nonchØ i conclusivi interventi 
legislativi volti alla completa abolizione del regime agevolato stesso
10
. 
Infine il terzo ed ultimo capitolo, si è posto l’obiettivo di illustrare la realtà italiana, 
attraverso uno studio empirico avente ad oggetto le caratteristiche dei sistemi di 
remunerazione adottati dalle società bancarie quotate in borsa, con riferimento al 
periodo 2007 - 2011. L’analisi si è focalizzata sulla retribuzione del top management
11
, 
andando ad analizzare la parte fissa e, se esistente, la parte variabile dei compensi 
erogati e verificando – per quanto concerne la quota variabile - le caratteristiche
12
 
nonchØ le modalità di accesso a tale quota dei beneficiari. Dopo aver analizzato i dati 
raccolti, si è illustrato l’andamento delle retribuzioni manageriali sia dal punto di vista 
delle variazioni percentuali della consistenza delle diverse componenti remunerative e 
sia da quello delle variazioni delle modalità di erogazione, il tutto considerando l’attuale 
situazione di che il mercato economico-finanziario sta attraversando. 
 
                                                 
8
 A. MELIS, S. CARTA, The impact of expensing stock option in Blockholder-dominated firms. Evidence 
from Italy, in The Corporate Ownership and Control, vol. 6, n. 1, 2008. 
9
 M. CASÒ, Share based payments: la descrizione del problema, gli sviluppi attesi ed alcuni commenti 
all’approccio proposto, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 54, 2003, pp. 423-431. 
10
 S. TRETTEL, Regime fiscale delle «stock option» e recenti novità, in Guida alla Contabilità & 
Bilancio, n. 16, 2008. 
11
 Il top management analizzato comprende le figure del presidente del Consiglio di Amministrazione, 
dell’amministratore delegato, dei membri del Consiglio di Amministrazione, del direttore generale e dei 
dirigenti con responsabilità strategiche. 
12
 In particolare, con riferimento alla quota variabile si è analizzato se questa viene erogata mediante 
l’attribuzione in denaro, di percentuali di partecipazione agli utili, di piani di stock option, ecc.
2 
 
1.1 – Premessa 
 
Lo sviluppo tecnologico che ha coinvolto il nostro Paese negli ultimi anni ha portato 
ad una grossa semplificazione dei processi aziendali, non solo nella fase di produzione 
dei beni e servizi, ma anche a livello decisionale: sono stati creati degli appositi 
software di supporto alle decisioni, i cosiddetti Decision Support System (DSS)
1
, che da 
un lato risultato altamente efficaci nello svolgimento del loro compito fondamentale, ma 
che tuttavia non possiedono la discrezionalità e le capacità imprenditoriali proprie della 
componente umana. 
L’azienda essendo un sistema aperto con caratteristiche ben precise
2
, lega il proprio 
sviluppo alla sua capacità di adattamento ai cambiamenti dell’ambiente esterno 
piuttosto che alla potenza dei suoi macchinari. Un’azienda potrebbe essere considerata 
come un insieme di conoscenze volte a creare nuova conoscenza, ed è proprio questa 
conoscenza, insita nella componente personale, ad essere essenziale per assicurare la 
crescita aziendale; pertanto, le aziende cercano di motivare costantemente i propri 
dipendenti, ad ogni livello della struttura aziendale
3
. 
In un’azienda, la componente personale è costituita dall’insieme dei soggetti che 
partecipano a vario livello, all’attività posta in essere dall’azienda stessa.  
In ogni azienda è possibile distinguere tre differenti livelli
4
: 
o livello volitivo: insieme dei soggetti che, stabilendo le strategie da seguire, 
governano l’azienda. Generalmente, soprattutto nel nostro contesto nazionale, il livello 
volitivo è costituito dai proprietari dell’azienda stessa i quali esercitano il potere di 
comando, ma, in particolar modo nella public company, il potere decisionale può essere 
affidato a persone diverse dai proprietari: Top management, con responsabilità 
strategiche. 
                                                 
1
 D.J. POWER, Decision support systems: concepts and resources for manager, Greenwood Publishing 
Group, Westport, 2002. 
2
 P.E. CASSANDRO, Trattato di ragioneria. L’economia delle aziende e il suo controllo, Cacucci, Bari, 
1992;  
N. DI CAGNO, S. ADAMO e F. GIACCARI,  Lezioni di economia aziendale, Cacucci, Bari,  2003;  
U. BERTINI, Il sistema d’azienda: schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990. 
3
 M. BASSETTI, Un sistema integrato di gestione delle risorse umane. Integrated human resources 
management information system. Resoconto di un’esperienza., FrancoAngeli, Milano, 2000. 
4
 P. BOCCIA, Sociologia. Teoria, storia, metodi e campi di esperienza sociale, Liguori, Napoli, 2001; 
V. CIRO’ CANDIANO, L’azienda pubblica. Gestione, rivelazione, programmazione, controllo., 
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004.
3 
 
o livello amministrativo: insieme delle persone preposte all’attuazione delle linee 
strategiche, definite dal livello volitivo. Nelle grandi aziende tale compito è assunto dai 
managers, nelle piccole-medie aziende, molto spesso, sono i proprietari a svolgere tali 
funzioni, detenendo anche il potere di gestione. 
o livello esecutivo: è costituito da tutti quei soggetti che materialmente svolgono 
l’attività produttiva dell’impresa. 
 Le relazioni tra livello volitivo e livello amministrativo ovvero, tra imprenditore e 
management (senza responsabilità strategiche), rappresentano una delle differenziazioni 
tra i diversi modelli di governo aziendale. 
La dottrina distingue tre grossi modelli di governo aziendale
5
: 
o il modello padronale; 
o il modello public company; 
o il modello consociativo. 
Il modello padronale è tipico del nostro Paese e generalmente trova applicazione 
nelle realtà aziendali di piccola e media dimensione. La figura dell’imprenditore, o della 
sua famiglia, (dominant blockholder)
6
, assume carattere dominante nel governo 
aziendale
7
; l’assetto proprietario è molto concentrato e di conseguenza, si attribuiscono 
al management funzioni esecutive o, al piø, funzioni propositive o collaborative. 
Anche aziende di grandi dimensioni quotate in borsa possono essere caratterizzate da 
un modello di governo di tipo padronale; si tratta di un numero limitato di grandi 
aziende ben organizzate, caratterizzate da un management qualificato e da un’attenta e 
vigile imprenditorialità. 
Il modello della public company è di derivazione tipicamente anglosassone e prevede 
il frazionamento del capitale aziendale tra numerosi azionisti, nessuno dei quali 
predominante. La redditività nel breve periodo assume carattere essenziale in tali 
aziende, trovando riscontro nel valore delle azioni e nei dividendi. Il management di 
                                                 
5
 T. ONESTI, “Fattori ambientali” e comportamenti contabili. Analisi dei sistemi contabili di alcuni 
Paesi industriali, Giappichelli, Torino, 1995; 
T. ONESTI, N. ANGIOLA, M. ROMANO e M. TALIENTO, Alcune riflessioni critiche 
sull’armonizzazione dei modelli di governo societario, in Atti del XXV Convegno dell’Accademia italiana 
di economia aziendale, Giuffrè, Milano, 2003. 
6
 A. MELIS, S. CARTA e S. GAIA, I compensi basati su azioni. Principi, teorie ed evidenze empiriche, 
Giuffrè, Milano, 2010. 
7
 A. MELIS, S. CARTA, The impact of expensing stock option in Blockholder-dominated firms. Evidence 
from Italy, in The Corporate Ownership and Control, vol. 6, n. 1, 2008.
4 
 
queste aziende si concentra su obiettivi di breve periodo
8
, trascurando la redditività 
aziendale nel medio-lungo periodo, e risulta essere competente e qualificato, dotato 
anche di conoscenze imprenditoriali a causa dell’assenza di un assetto proprietario 
concentrato. 
Il capitale di rischio, in queste grandi corporation, viene assicurato da un mercato 
azionario molto attivo, che per capitalizzazione complessiva, risulta essere uno dei 
principali al mondo. 
Il modello consociativo, di derivazione tedesca (modello renano) e giapponese si 
colloca tra i due modelli precedentemente esaminati. Un ruolo cruciale è assunto dalle 
banche e da altre società partecipanti al capitale azionario, in particolare il capitale 
aziendale è detenuto prevalentemente da pochi azionisti di maggioranza che resiste al 
turnover azionario favorendo una maggiore stabilità dell’assetto proprietario.  
L’aumento della concorrenza e il miglioramento della competitività, “obbligano” ad 
un maggiore coinvolgimento dei dipendenti nell’impresa attraverso una pluralità 
d’istituti e di meccanismi che devono trovare la loro legittimazione nella specificità 
d’ogni singola impresa, poichØ appare difficile individuare un’unica soluzione 
estendibile alla generalità delle situazioni esistenti. Questo coinvolgimento, per lo piø 
diretto, dei lavoratori al capitale di rischio delle imprese, avviene sia attraverso 
fenomeni distributivi, in ogni modo insiti in processi di attribuzione di azioni che 
consentono di partecipare alla suddivisione del reddito prodotto dell’impresa, sia 
attraverso vere e proprie politiche partecipative, attuate mediante contratti di 
incentivazione
9
. 
Con questi piani si punta a rendere partecipe il dipendente della crescita apportata 
alla società e, attraverso incentivi positivi (premi: incremento salariale, bonus monetari, 
promozioni, ecc..) e/o incentivi negativi (punizioni: licenziamento riduzione della 
remunerazione, retrocessione di carriera, ecc..), lo si incoraggia a tenere determinati 
comportamenti. 
                                                 
8
 H.HINTERHUBER, A.L. HARING, Corporate governance e responsabilità sociale d’impresa nei 
paesi di lingua tedesca, in V. MAGGIONI, L. POTITO e R. VIGANO' (a cura di), Corporate 
governance: governo, controllo e struttura finanziaria, Il Mulino, Bologna, 2009. 
9
A. MELIS, S. CARTA e S. GAIA, I compensi basati su azioni. Principi, teorie ed evidenze empiriche, 
op.cit.