7
 La specificazione di cui sopra, dipende dal fatto che nessuno dei due termini 
presi singolarmente, è sufficientemente indicativo dell’insieme dei servizi finanziari 
nel mercato delle imprese.  
 Le stesse strutture organizzative delle banche, in gran parte dell’Europa, seguono 
modelli non uniformi in cui corporate e investment si combinano con pesi e modalità 
differenti. 
 I temi oggetto del lavoro potrebbero per lo natura essere analizzati in una duplice 
prospettiva. Da un lato, vi è quella del corporate finance, cioè dei soggetti 
utilizzatori dei servizi, che porta a modellizzare e applicare le varie operazioni nel 
quadro delle decisioni strategiche dell’impresa. Dall’altro, vi è quella della 
produzione e dell’offerta dei servizi finanziari, prospettiva che mette l’enfasi sulle 
attività di corporate e investment banking come area di business all’interno 
dell’economia degli intermediari. 
 Le operazioni e i servizi oggetto d’analisi sono sempre gli stessi (intendendo con 
ciò che i due lati non sono indipendenti), anche se è diverso condurre un’analisi dal 
lato del produttore piuttosto che del fruitore dei servizi; noi porteremo avanti la 
nostra analisi esclusivamente dal lato dell’offerta. 
 In Italia in particolar modo, si è in presenza di una trasformazione del modello 
della banca tradizionale di fronte all’evoluzione dai circuiti creditizi a quelli 
mobiliari, sia per il ritardo con cui il processo è iniziato sia per le peculiarità dal lato 
della domanda. 
 In Europa, negli ultimi anni, le grandi banche universali (caratterizzate per lo più 
dalle attività corporate non di mercato) hanno scelto di indirizzare i propri sforzi alla 
conquista di una posizione forte nella stessa area dell’investment banking. 
 Da ciò emerge che è in atto una trasformazione della struttura dell’offerta, dove i 
confini delle diverse attività si attenuano, e si disperde progressivamente il modello 
originario delle investment bank: sulla base di questo, risulta interessante mettere a 
confronto lo scenario che va maturando nei principali sistemi finanziari europei. 
 La rilevanza di quest’analisi sta nel fatto che l’Italia ha un sistema finanziario 
bank-based, così come molti paesi europei (ad esempio Francia e Germania), e la 
capacità di adattarsi ai cambiamenti in atto è di vitale importanza, non solo per il 
sistema finanziario stesso, ma per l’intera economia nazionale.  
 Nel secondo capitolo, affronteremo la discussione di come i numerosi fattori di 
cambiamento economico e istituzionale abbiano modificato, nel corso degli anni 
 8
Novanta, l’arena competitiva per gli intermediari finanziari, determinandone la 
ricerca e l’implementazione di strategie di diversificazione; l’innovazione finanziaria 
su tutti i fattori oggetto della discussione - nelle sue diverse manifestazioni di nascita 
di nuovi strumenti, di nuovi mercati e di nuovi intermediari - ha giocato (e gioca) un 
ruolo importante nell’indirizzare tale cambiamento. 
 Le aree di offerta dei “nuovi” servizi possono essere individuate partendo dalla 
considerazione di quelle che sono le tendenze di fondo che caratterizzano i 
cambiamenti nell’ambiente economico e istituzionale: 
 
¾ l’innovazione tecnologica, che, attraverso le applicazioni dell’automazione, 
dell’informatica e della telematica all’attività bancaria, interessa in modo 
pervasivo l’offerta di servizi bancari; 
¾ l’integrazione a livello internazionale dei mercati, che apre nuove opportunità 
ed espone altresì a nuovi rischi gli operatori; 
¾ la despecializzazione degli intermediari conseguente alla rimozione di 
artificiali segmentazioni istituzionali degli ambiti di operatività, che allarga in 
linea di principio  la scheda di offerta degli operatori bancari e mette  in 
diretto confronto competitivo un numero più elevato di operatori; 
¾ la globalizzazione dei mercati che congiuntamente a una maggior 
concorrenzialità comporta un aumento dei rischi tipici dell’attività finanziaria 
e anche della generale attività di impresa, in quanto l’instabilità ambientale 
risulta essere correlata a più numerosi e diversificati contesti; 
¾ la securitisation dell’economia, con una crescente preferenza per 
l’investimento in valori mobiliari e una più elevata propensione degli 
operatori bancari a intervenire nell’offerta  di servizi di supporto al 
finanziamento mobiliare; 
¾ il riassetto proprietario e organizzativo degli operatori economici alla ricerca 
di dimensioni e di strutture operative più consone a quelle di mercati 
internazionalmente integrati; 
¾ la finanziarizzazione dell’economia, e delle strutture di gruppo  in particolare 
che orienta sovente la gestione finanziaria verso modelli unitari e integrati 
con l’adozione di soluzioni che possono disintermediare le banche. 
 
 9
 Fondamentale è la questione di come le banche italiane ed europee, si stanno 
attrezzando per far fronte alla pressione competitiva derivante dagli operatori esteri, 
e se stiano trovando o meno nuovi ed apprezzati modi per incontrare la domanda dei 
loro clienti attraverso il disegno di nuove strategie e/o strutture organizzative. A tal 
proposito nel terzo capitolo, si osservano le strutture organizzative delle maggiori 
banche europee, consci del fatto che la struttura e la strategia di gestione vincenti 
necessitano di un’implementazione tale che ne risulti una certa sinergia, 
coerentemente con quanto viene affermato dalla dottrina dominante, secondo la quale 
è necessario che “la struttura segue la strategia”. 
 Il disegno strategico e organizzativo sono elementi complementari del business 
system, e qualunque grande istituzione economica, necessita di creare e mantenere 
una certa consistenza (coerenza) tra questi due elementi allo scopo di creare valore; 
questo è dire che strategia e organizzazione debbano auto-implementarsi, rinforzando 
i rispettivi effetti positivi e mitigando quelli negativi. 
 Le maggiori banche europee risultano d’accordo che la divisionalizzazione è il 
giusto approccio per favorire il corporate banking meglio che in passato, ma sono in 
disaccordo sulla specifica forma da adottare, e ne risulta una grande varietà di 
strategie, di fatto non indagabili nel merito. 
 Le necessità di meglio orientarsi al cliente e di distinguere le attività retail 
banking da quelle corporate banking erano già chiare ai direttori bancari negli anni 
Ottanta, ma è solo a partire dalla metà degli anni Novanta che diventa evidente, da 
una parte che nell’industria bancaria la reale orientazione al cliente possa essere 
raggiunta esclusivamente tramite cambiamenti nei profili organizzativi macro e 
micro, hard e soft, e dall’altra che il corporate banking non dovrebbe essere 
“confinato” nei confronti di un piccolo numero di large corporations ma, di contro, 
esteso ai clienti di media dimensione. 
 Un’osservazione che emerge con forza durante il terzo capitolo, è legata al fatto 
che il comportamento degli intermediari in tema di scelta del modello organizzativo 
non consente di individuare un modello predominante, essendo le diverse scelte 
correlate alle diversi situazioni contingenti che dipendono, a loro volta, da un 
insieme di variabili esogene ed endogene all’intermediario finanziario. Inoltre, si 
verifica come i modelli “puri” individuati nella teoria sono difficilmente rinvenibili 
nella realtà, lasciando il posto a soluzioni ibride venutesi a creare, nel tentativo di 
recepire al meglio i fattori di cambiamento che hanno coinvolto i sistemi finanziari di 
 10
tutto il mondo, e di gestire con maggiore efficacia aree di business sempre più 
complesse e sofisticate.  
 Infine, avendo rilevato che non esista un modello ottimale attraverso cui 
implementare le diverse strategie di diversificazione – e che quindi tale compito è 
affidato all’esperienza e alle competenze del top management chiamato a scegliere 
strategie e strutture di volta in volta più idonee alle circostanze – si andrà a valutare, 
nel quarto e ultimo capitolo, l’impatto che le diverse scelte di diversificazione hanno 
avuto su alcuni indicatori di performance. 
 Dopo aver mostrato i vari trend e le statistiche lungo il periodo considerato 
(1998-2004) sia per l’intero campione di grandi banche europee selezionate che per i 
principali paesi europei, il cuore dell’analisi sarà quello di suddividere il nostro 
campione di banche europee secondo il grado di diversificazione - che sarà tanto 
maggiore quanto maggiore risulterà la componente dei ricavi da servizi sul margine 
di intermediazione - che ci permetterà di cogliere al meglio la correlazione tra le 
performance bancarie e le strategie di diversificazione; si valuterà infatti, se e come, 
le banche che hanno attuato strategie di diversificazione più marcate, abbiano 
ottenuto o meno la maggiore redditività ricercata: si determinerà quindi, se l’aumento 
dei ricavi da servizi, degli ultimi anni, abbia portato effettivamente ad una maggiore 
redditività e stabilità bancaria, così come annunciato dalla letteratura bancaria sul 
tema.  
 11
 
CAPITOLO 1 
  
Corporate banking: aspetti e definizioni 
 
 1.1 Introduzione 
 
      Il presente capitolo, si propone innanzitutto di definire il concetto di corporate 
banking, da un lato richiamando i principali contributi in materia, che ci derivano 
dalla letteratura di riferimento, e dall’altro lato, cercando di far emergere una propria 
definizione, coerente con il lavoro che sarà di seguito sviluppato. Si cercherà, quindi, 
di far chiarezza sulle aree di intervento della banca nel corporate banking, 
evidenziandone prodotti, servizi e attività svolte; in secondo luogo, si esaminerà la 
gamma di competenze richieste agli intermediari finanziari che operano nell’area dei 
servizi finanziari alle imprese, sviluppando alcune considerazioni in merito al profilo 
di appropriabilità e internalizzazione di ciascuna di esse. 
      Questo tentativo di “rifarsi” ad una definizione per così dire unica di corporate 
banking, risulta, per quanto non agevole, sia utile al fine di una migliore visione 
complessiva dell’oggetto di analisi che si andrà a svolgere, sia necessaria ad uno 
sviluppo lineare dell’indagine stessa. 
       Non si vuole avere la presunzione, quindi, di dare in questo lavoro una risposta 
definitiva, quanto piuttosto proporre una chiave di lettura che, a prescindere dal 
percorso di sviluppo osservato per molte grandi banche e investment bank 
internazionali e nazionali – la cui operatività è stata in misura significativa 
influenzata dall’evoluzione del contesto economico e normativo proprio di ciascuna 
di esse – faccia riferimento soprattutto alla coerenza tra il tipo di prodotto-servizio 
offerto, il tipo di bisogno soddisfatto e le caratteristiche della struttura operativa 
dell’intermediario.  
 12
 
1.2 Definizione di corporate banking 
 
      Definire i prodotti e i servizi offerti dagli intermediari finanziari nell’area del 
corporate banking è compito arduo e in merito al quale non si registra una chiara 
convergenza di opinioni da parte della più autorevole e accreditata letteratura di 
riferimento. 
      A rendere, peraltro, ancora più problematico il processo di identificazione dei 
“confini” da assegnare all’attività di corporate banking, è l’evidente constatazione 
dell’elevato livello di “personalizzazione” che caratterizza la maggior parte delle 
operazioni riconducibili a tale area di attività, come apparirà più chiaro nel seguito. 
      Infatti vi è chi come Capizzi
1
, ha scelto di “fondere” l’espressione di corporate 
banking – comunemente utilizzata per far riferimento al mercato dei servizi 
finanziari esplicitamente rivolti alla clientela imprese – con quello dell’investment 
banking, che richiama invece lo specifico campo di attività delle grandi investment 
bank di stampo anglosassone, per lo più incentrato sulla cosiddetta securities 
industry e, dunque, chiaramente riconducibile al funzionamento del mercato 
mobiliare; questa scelta nasce dalla convinzione dell’autore che nessuno dei due 
termini, singolarmente presi, sia sufficientemente indicativo dell’insieme dei servizi 
finanziari messi a disposizione delle imprese dalle banche, investment bank e altre 
tipologie di intermediari finanziari. 
      Lo stesso autore precisa come sia per lui da considerare il C&IB
2
 come uno 
specifico segmento di attività, nell’ambito del più generale comparto dei servizi 
finanziari per le imprese, in cui l’elemento peculiare rispetto all’attività più 
tradizionale è rappresentato dal differente peso assunto dalla componente di tipo 
creditizio. Con ciò non si vuole escludere che i prodotti e i servizi di seguito 
analizzati possano comunque prevedere un’attività di lending da parte 
dell’intermediario, ma si vuole mettere in luce il fatto che la concessione di credito 
non rappresenta il fine ultimo che giustifica lo sforzo sostenuto dalla banca in termini 
di ideazione, progettazione e implementazione di operazioni finanziarie complesse, 
quali, tipicamente, quelle oggetto d’analisi. Il credito, semmai, rappresenta uno degli 
                                                 
1
  Sul punto si faccia riferimento a V. Capizzi (2003), “Operazioni di corporate e investment banking”, in Costo del capitale e 
operazioni di investment banking, Milano, Egea. 
2
  D’ora in poi ci si riferirà al termine “corporate e investment banking” con l’acronimo C&IB. 
 13
elementi che, in vario modo, possono rientrare nell’ambito dell’architettura 
complessiva disegnata dall’intermediario che offre un determinato servizio di C&IB, 
servizio che non necessariamente sarà erogato direttamente da quest’ultimo. 
      In altri termini, il C&IB rappresenta un’attività attraverso cui la banca si 
propone di mettere a punto soluzioni sofisticate e integrate che consentano di 
soddisfare esigenze finanziarie “complesse” della clientela impresa. La complessità 
delle esigenze finanziarie è un concetto che può essere declinato in una molteplicità 
di modi e può essere riferito, per esempio, all’entità e alla durata del finanziamento, 
ai covenants e alle modalità tecnico-contrattuali di ottenimento dello stesso, al 
numero e alla tipologia degli intermediari coinvolti, all’impatto dell’operazione 
sull’assetto societario e sui piani di crescita futuri dell’impresa coinvolta. A partire 
da ciò, senza voler comunque approfondire argomenti relativi ai successivi capitoli, 
ben si comprende quanto sia importante, per un intermediario desideroso di operare 
credibilmente nel settore di attività in questione, dotarsi di una struttura adeguata, 
caratterizzata dalla presenza di competenze tecniche e relazionali di elevato profilo e, 
soprattutto, da un notevole dinamismo unitamente a una continua capacità di 
innovazione. 
      Volendo a questo punto cercare di arrivare ad una definizione più circostanziata 
dell’attività di C&IB – così come intesa dall’autore – è possibile identificare sei aree 
d’affari (come si vede in Fig. 1.1), le quali, a loro volta, presentano una serie di 
prodotti-servizi specifici per caratteristiche tecnico-contrattuali adottate, per natura 
dei rischi assunti dall’intermediario, per competenze e professionalità impiegate, per 
forma di remunerazioni originate e per tipologie di bisogni finanziari della clientela 
corporate soddisfatti. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 14
 
Figura 1.1. Le aree d’affari del corporate e investment banking 
 
      
Fonte: V. Capizzi (2003), “Operazioni di corporate e investment banking”, in Costo del capitale e operazioni di 
investment banking. 
 
 
 Per evitare di essere ripetitivi e di appesantire troppo questo capitolo, le 
indicazioni relative ai vari prodotti e servizi offerti, alle caratteristiche principali del 
processo produttivo e al profilo delle competenze per la prestazione dei servizi stessi, 
saranno fornite in riferimento alla definizione con cui si deciderà di riferirsi durante 
lo sviluppo dell’analisi, credendo comunque che, pur nelle diverse rappresentazioni 
del concetto di corporate banking (o per chi lo preferisce di C&IB) a disposizione, vi 
sia il comune denominatore di intenderne la totalità dei servizi finanziari rivolti alle 
imprese, indipendentemente dal far ricadere certi servizi e/o prodotti all’interno di 
una classe di attività piuttosto che di una diversa un’area d’affari.       
     Lo stesso Forestieri
3
 nel corso dei suoi lavori esplicita la possibilità di riferirsi 
alternativamente, sia al termine di C&IB, sia a quello di corporate banking, 
“allegando”, allo “schema” di volta in volta configurato, una spiegazione di fondo 
                                                 
3
 Si veda al riguardo Corporate e investment banking, a cura di G. Forestieri, Egea, (2005), e “Lo sviluppo del Corporate 
Banking: mito o realtà”, di G. Forestieri, in Le strategie competitive nel Corporate Banking, a cura di M. Baravelli (1997). 
Corporate e investment banking 
Finanza 
mobiliare 
Corporate 
finance 
Merchant 
banking 
Finanza 
strutturata 
Asset 
management
Risk 
management 
 15
che ne legittimi la scelta. È così che all’interno del suo ultimo volume di cui è stato 
supervisore, si analizzano le principali aree di attività che caratterizzano gli 
intermediari finanziari nel C&IB. Il termine corporate banking è usato per fare 
riferimento al mercato dei servizi per le imprese, secondo un’accezione comune nelle 
banche europee e che comincia a consolidarsi anche nel nostro paese; mentre con il 
termine investment banking, si vuole richiamare lo specifico campo di attività delle 
grandi investment bank americane e incentrato, almeno in origine, nei servizi di 
advisory e underwriting. Il duplice riferimento, riflette l’idea che – così come per 
Capizzi – nessuno dei due termini, individualmente, è sufficientemente indicativo dei 
servizi finanziari nel mercato delle imprese. A supporto di ciò, le stesse strutture 
delle banche, non solo in Italia, seguono modelli non uniformi in cui corporate e 
investment si combinano con pesi e modalità differenti. 
Con riferimento ai servizi finanziari offerti, la scheda dei prodotti del C&IB, può 
essere articolata in rapporto a differenti raggruppamenti rilevanti. Nel suddetto 
volume viene utilizzata una definizione ampia dei servizi di C&IB, il cui tratto 
comune è rappresentato dall’essere offerti in funzione della ricerca di assetti ottimali 
nelle scelte finanziarie delle imprese clienti
4
. Le aree di affari che fanno parte 
dell’attività di C&IB sono le seguenti: 
 
 ξ  investment banking in senso stretto; 
 ξ  servizi di corporate finance; 
 ξ  finanza strutturata; 
 ξ  merchant banking (o private equity); 
 ξ  risk management. 
 
Non meno convincente era stata la definizione estensiva di corporate banking, 
adottata in suo contributo
5
 passato, una definizione cioè che comprende l’intera 
gamma dei servizi bancari rivolti alle imprese. Per molti aspetti, la definizione 
ricalca quella di C&IB, come sopra esposta; per altro verso, risulta più ampia per 
l’opportunità di fare riferimento anche ai servizi di credito tradizionale. 
                                                 
4
 Questa scelta viene giustificata alla luce del fatto che anche i pochi studi che si occupano di investment banking in Italia – si 
tratta nello specifico di “Il settore dell’investment banking in Italia”, a cura di G. Nardozzi e A. Verna, IRS, (1996) e “Indagine 
conoscitiva sui servizi di finanza aziendale”, supplemento n. 1 al Bollettino n. 39/1997, anno VII, dell’Autorità Garante della 
Concorrenza e del Mercato e Banca d’Italia – sono concordi nel ricomprendere in quest’area i servizi discussi nel corso 
dell’intero volume.  
5
 Il contributo fa riferimento ad un capitolo sviluppato all’interno del volume di M. Baravelli (1997); vedi nota n. 3. 
 16
In altre parole il corporate banking è visto come insieme di attività ordinabili in 
due aree tecnicamente e storicamente distinte: da un lato vi è quella che si potrebbe 
definire come “attività di finanziamento”, quindi corrispondente ad una visione 
tradizionale di banca tesa a coglierne soprattutto gli aspetti innovativi sul piano 
tecnico ed evolutivi sul piano delle relazioni di clientela; dall’altro lato vi è quella 
che corrisponde al concetto comune di investment banking e si concentra sulla parte 
di questa attività costituita dai servizi rivolti alle imprese. 
La qualificazione che dovrebbe sorreggere questa visione è che si tratti di servizi 
offerti in un rapporto banca-impresa caratterizzato da: innovazione, ampiezza della 
gamma di offerta, alto valore aggiunto (informazione; consulenza), specificità 
rispetto ai fabbisogni. In quest’ottica anche il credito diventa componente a pieno 
titolo di una moderna impostazione di corporate banking, posto naturalmente che 
abbia quelle connotazioni evolutive che lo distinguono dalla vecchia visione di 
rapporto di fornitura impersonale e indifferenziato. 
  Sulla base del suddetto concetto, si adotta nel volume in questione la seguente 
classificazione riguardante le principali classi di attività finanziarie: 
 
 ξ  credito; 
 ξ  capitale di rischio; 
 ξ  intermediazione mobiliare; 
 ξ  finanza internazionale; 
 ξ  gestione e controllo dei rischi; 
 ξ  finanza straordinaria. 
 
 Espresse le diverse definizioni enunciate da Forestieri, va detto che si tende a 
riferirsi all’autore – anche per cronologia – in riferimento alla prima definizione, 
ovvero quella di C&IB. 
      Anche Caselli
6
 è stato solito rifarsi a diverse definizioni nel corso dei suoi lavori, 
ma sembra che sia più consono riferirsi allo stesso come “portavoce” della 
definizione di corporate banking che ricomprenda la totalità dei servizi erogati alle 
                                                 
6
 Si veda al riguardo S. Caselli (2005), “La struttura del mercato italiano dei servizi di corporate e investment banking”, in 
Corporate e investment banking, a cura di G. Forestieri, Egea, e S. Caselli (2005) “Corporate Banking Strategies: Products, 
Markets and Channel”, in Strategy and organization of  Corporate Banking, a cura di G. De Laurentis. 
 17
imprese, con la precisazione che fra questi, con il termine investment banking si 
intendono i servizi più innovativi erogati specificatamente dalle investment bank. 
 L’autore, sulla base di tale definizione, fa una classificazione abbastanza 
dettagliata e segmentata, dato lo scopo del suo lavoro, per poter meglio comprendere 
se il corporate banking rappresenti ad oggi una semplice evoluzione dell’area del 
lending verso la divisionalizzazione delle strutture, o piuttosto una radicale ri-
definizione del sistema di offerta nell’ottica di processi orientati alla creazione di 
valore e che contemplino la copertura di diverse aree prodotti. Vediamo qui di 
seguito la classificazione di tali aree d’affari: 
 
 ξ  sistema dei pagamenti e gestione della liquidità; 
 ξ  credito; 
 ξ  financial risk management; 
 ξ  business risk management services; 
 ξ  asset management; 
 ξ  corporate finance; 
 ξ  market place services; 
 ξ  internationalization services. 
 
      Fornita questa doverosa carrellata di definizioni e rispettive classificazioni di aree 
d’affari non ci rimane che fare una scelta a riguardo, a cui poterci poi rifare nel corso 
della trattazione, e sulla base della quale si forniranno le indicazioni relativamente ai 
vari prodotti e servizi offerti, alle caratteristiche principali del processo produttivo e 
al profilo delle competenze per la prestazione dei servizi stessi. 
      Se più immediata appare la scelta di “affidarsi” ad una definizione di corporate 
banking che includa l’intera gamma dei servizi erogabili alle imprese (considerando, 
quindi, come suo sottinsieme i servizi che si fanno ricadere nel settore del C&IB), ivi 
compresi quelli propri dell’area lending, meno facile risulta la classificazione in 
classi di attività data l’incertezza nel tracciare dei confini precisi tra talune aree.  
A ogni modo, quello che ne risulta è la classificazione in sette aree d’affari:  
 
1. Finanza ordinaria; 
2. Finanza mobiliare; 
 18
3. Corporate finance; 
4. Finanza strutturata; 
5. Merchant banking; 
6. Asset management; 
7. Risk management. 
 
      Prima di proseguire nella trattazione, vale la pena di ribadire ancora una volta 
come la definizione di corporate banking accolta in questa sede, non è detto debba 
necessariamente trovare una rispondenza negli assetti strategici e organizzativi 
caratterizzanti i principali operatori presenti nel mercato. Questi ultimi, infatti, sono 
il frutto di una serie di fattori sia endogeni (obiettivi strategici, storia e focalizzazione 
operativa del particolare istituto considerato, possesso di una reputazione forte su 
uno specifico segmento di attività, investimenti in competenze specifiche, network di 
relazioni sviluppato) sia esogeni (contesto normativo di riferimento, caratteristiche 
socioeconomiche dell’ambiente circostante, grado di sviluppo dei mercati mobiliari) 
ad un dato intermediario e dunque rappresentano la manifestazione delle specifiche 
scelte di specializzazione produttiva operate e, più in generale, della formula 
imprenditoriale dell’intermediario medesimo. 
 
1.3 Tassonomia delle aree di attività del corporate banking 
 
      La finanza ordinaria si identifica essenzialmente nell’area del credito, ma al suo 
interno sono ricompresi tutti quei servizi di pagamento e di gestione della tesoreria 
che configurano il payment system (vedi Fig. 1.2), e che sono ad oggi servizi basilari 
la cui offerta non può di certo essere carente, soprattutto da parte degli intermediari 
di maggiori dimensioni.  
      Nel caso italiano, si tratta della componente del rapporto banca-impresa di gran 
lunga più importante: per questa ragione, oltre che per quanto già citato
7
 circa le 
connotazioni evolutive/innovative, è importante considerare il credito nel quadro 
dello sviluppo di un modello di corporate banking. 
 
                                                 
7
 Si vuole fare riferimento alla definizione precedentemente esposta da G. Forestieri (1997), op. cit., in cui l’attività di 
finanziamento rientra a pieno titolo all’interno dei servizi di corporate e investment banking, soprattutto laddove ne coglie gli 
elementi evolutivi e innovativi. 
 19
Figura 1.2. Servizi/prodotti dell’area d’affari della finanza ordinaria 
 
 
 
Fonte: S. Caselli (2005), “Corporate Banking Strategies: Products, Markets and Channels”, in Strategy and Organization 
of Corporate Banking. 
 
 
 La prima considerazione da farsi è che lo stato dell’arte in Italia si caratterizza – 
nonostante un adeguamento notevole da parte soprattutto delle banche di maggiori 
dimensioni – per uno strumentario troppo limitato e che spesso non prevede 
operazioni di finanziamento ”su misura” e finalizzate a specifici fabbisogni.  
       Da qui nasce una seconda osservazione, per cui le banche dovrebbero arricchire 
l’offerta, ma non tanto nel senso di moltiplicare le forme tecniche, quanto nella 
direzione di un’ampia flessibilità delle forme base e di combinazione fra queste. Se è 
vero che la normativa oggi in vigore dà la possibilità di “fare tutto in casa”, è 
altrettanto comprensibile che gli sviluppi nel senso della flessibilità abbiano come 
presupposti capacità di innovazione, strumenti informativi e valutativi e meccanismi 
organizzativi idonei. 
      La capacità di innovazione è l’essenza di una politica di offerta orientata a 
disegnare, per ogni rapporto, una soluzione ad hoc: si tratta di costruire schemi 
contrattuali che nelle clausole tecniche (durata, procedure di rimborso, sistemi di 
garanzie, etc…) rientrino nei parametri rischio/rendimento della politica dei prestiti 
della banca e, al tempo stesso, sia coerente con i criteri di ottimizzazione che guidano 
la finanza aziendale. 
Finanza ordinaria 
Payment System Lending 
 ξ   Trasferimento di fondi elettronici 
 (Riba, Rid, Mav); 
 ξ   Carte di credito e di debito societarie;
 ξ   CBI standard; 
 ξ   CBI avanzato; 
 ξ   Cash Management; 
 ξ   Overseas. 
 ξ Programmi di prestiti per i   
 dipendenti; 
 ξ   Prestiti a breve termine; 
 ξ   Prestiti a medio e lungo termine; 
 ξ   Prestiti sussidiati; 
 ξ   Prestiti personalizzati. 
 20
      Gli strumenti informativi e valutativi sono alla base della capacità di disegnare 
soluzioni ad hoc, ma sono anche il presupposto indispensabile delle analisi di 
finanziabilità e quantificazione del rischio. 
      Verosimilmente, se è fondata l’ipotesi che modelli ad alto indebitamento come 
quello tradizionale dell’impresa italiana non siano da tempo più sostenibili, allora si 
riconosce che la gestione del rapporto banca-impresa, nella visione moderna di 
corporate banking, deve far registrare un progressivo spostamento di peso verso i 
circuiti di mercato e del capitale di rischio in particolare. 
      Per quel che riguarda il payment system, questo riguarda quei servizi che 
possono essere offerti grazie all’implementazione tecnologica che si leghi 
all’evoluzione; con ciò s’intende la necessità di approcciarsi alla tecnologia in 
maniera pro-attiva cercando di anticipare le mosse degli altri intermediari (per trarne 
un vantaggio competitivo), o quanto meno cercando di non essere in perenne ritardo 
qualora ci si approcci alla tecnologia in maniera reattiva, o anche imitativa. 
      Questi servizi vanno dal trasferimento di fondi elettronici (Riba, Rid e Mav) 
all’offerta di carte di credito e di debito societarie; dall’offerta del CBI
8
 standard a 
quello avanzato, dal cash management all’overseas. 
 
      La finanza mobiliare rappresenta quell’area di affari nell’ambito della quale si 
possono ricondurre tutti i servizi offerti dagli intermediari finanziari a supporto delle 
imprese per il reperimento di risorse finanziarie attraverso l’emissione di valori 
mobiliari: in questa categoria vengono inclusi i servizi che, anche in prospettiva 
storica, si associano da sempre al termine investment banking. 
      Più in dettaglio, è possibile individuare due distinti segmenti di operatività, cui, 
nella maggior parte dei casi, fanno capo due distinte unità organizzative all’interno 
degli intermediari finanziari operanti nell’area in questione, vale a dire: 
 
¾ mercato primario (primary capital market), cui fanno capo l’origination, 
l’organizzazione, la sottoscrizione e il collocamento dei valori mobiliari di 
nuova emissione; 
                                                 
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 Si intende qui riferirsi al corporate banking interbancario, che offre ad un cliente di più banche la possibilità di scambiare, 
tramite colloquio telematico ed utilizzando regole operative e tecniche standard, con la “banca proponente” il servizio, i flussi 
elettronici che riguardano altri clienti e/o altre “banche passive”, e che consentono l’utilizzazione di diverse funzioni. Per 
maggiori approfondimenti si veda, Il nuovo Corporate Banking Interbancario – CBI – Internazionalizzazione e metascenario 
sui trend nel rapporto banca-impresa, a cura di ABI, (2003); L. Fratini Passi (2003), “I fattori di successo del Corporate 
Banking interbancario e i servizi per le imprese”, in Bancaria n. 6.