Il secondo capitolo invece spiega cos’ è il momento presente e il suo 
corrispondere ad una vera e propria presa di coscienza, consapevolezza di un 
qualcosa che è accaduto in un determinato momento, che viene riportato così 
come è stato realmente vissuto, mentre il terzo capitolo, sempre mediante un 
opportuno riferimento alle teorie di Stern, spiega cos’è un’ intervista 
microanalitica, mettendone in risalto le principali caratteristiche, in che modo 
essa deve essere somministrata e la sua utilità ai fini di un’ indagine, come 
quella condotta in questo caso su 10 donne in attesa.  
Infine il quarto capitolo mediante la registrazione, attraverso la tecnica        
dell’ intervista microanalitica, dei comportamenti rispettivamente adottati a 
colazione dalle 10 donne intervistate, mira a verificare mediante delle 
considerazioni al riguardo, se c’ è stato un effettivo riscontro dei temi propri 
della costellazione materna e una rilevazione di momenti presenti o episodi di 
coscienza, nel corso di queste interviste. 
Il presente lavoro dunque cerca di illustrare le teorie elaborate da Stern circa la 
costellazione materna e il momento presente, tra loro strettamente 
interconnesse, al fine di verificare un’ ipotesi di partenza, quale l’ ipotesi di 
Stern, secondo la quale nei primi mesi di gravidanza il livello di 
immaginazione delle donne in attesa circa il bambino che aspettano, sarebbe 
maggiore, in sostanza più evidente, rispetto agli ultimi mesi in cui invece le 
donne, nonché future madri, essendo sempre più prossime al parto, 
cominciano finalmente ad andare oltre l’ immaginazione e a percepire il tutto 
come qualcosa di reale, che sta effettivamente accadendo in quel momento. 
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CAPITOLO 1 
 
 
 
LA TEORIA DELLA COSTELLAZIONE MATERNA 
 
 
1.1  LO STATO DI GRAVIDANZA. 
Con la gravidanza la donna si viene a trovare in una singolare posizione, 
essendo nello stesso tempo figlia di sua madre e madre di suo figlio, e può in 
questo periodo rielaborare questi vissuti grazie alla duplice identificazione con 
la propria madre e con il feto. Un’ esperienza sufficientemente buona con la 
propria madre, consente alla donna, attraverso la temporanea regressione 
connessa alla gravidanza, di identificarsi con una madre onnipotente e fertile, 
in grado di dare vita e contemporaneamente di identificarsi con se stessa come 
bambina, realizzando in questo modo una maturazione e una crescita di sé. 
Dal momento che in questo periodo il corpo della donna si appresta a 
contenerne un altro, tutto ciò che poteva sussistere, ad esempio i fantasmi di 
sé, bambina cullata, protetta, racchiusa dalla propria madre, è destinato ad 
attenuarsi. L’ esperienza del formarsi e crescere di un corpo estraneo già da un 
punto di vista fisiologico è certamente critica in sé, in quanto introduce una 
variabile in un contesto psicofisiologico che aveva un suo equilibrio e una sua 
connotazione precisa. 
La gravidanza in quanto tale si connota come un periodo di crescita e relazioni 
che si verificano tra una donna in attesa, il nascituro e tutto il contesto 
relazionale (incluso il padre), che concorre alla formazione della genitorialità. 
Inoltre la gravidanza è suddivisibile in due diversi stadi, ai quali sono 
rispettivamente associati due importanti compiti adattativi. Il primo si riferisce 
all’ accettazione dell’ embrione prima e del feto successivamente, come parte 
integrante del sé, per cui si ha un’ esperienza psicologica di fusione col feto dai 
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primi mesi della gravidanza sino ai primi movimenti fetali, che in genere si 
cominciano a percepire dal quarto mese in poi, evento che s’ impone alla 
donna in attesa, mettendola di fronte all’ evidenza di un bambino dentro di sé, 
che però diviene sempre di più un essere autonomo. Da questo momento in 
poi la donna si confronta con il secondo compito adattativo, che è quello di 
riorganizzare le proprie relazioni oggettuali e prepararsi all’ evento della 
nascita-separazione del bambino dentro di lei. 
L’ inizio della gravidanza prende il nome di inattività vigile e si caratterizza come 
un periodo in cui la donna si occupa di raggiungere uno stato di benessere. 
Con il progredire della gravidanza la donna deve poi accettare il bambino 
dentro di sé. 
Il secondo stadio della gravidanza invece è quello relativo alla percezione ed 
individuazione del feto nella mente della madre e alla differenziazione del 
nascituro da sé. I cambiamenti che si verificano durante la gravidanza, 
comportano notevoli modificazioni del mondo rappresentazionale della 
donna attraverso un processo che implica contemporaneamente                    
l’ elaborazione di nuove rappresentazioni mentali relative al sé come madre e 
al nascituro, e una revisione delle rappresentazioni del sé formatesi durante     
l’ infanzia. La gravidanza, che è pertanto da considerarsi coma la storia di due 
corpi, un corpo contenente visibile ed un corpo invisibile in esso contenuto, è 
in grado di rimettere la donna a confronto con la propria capacità di percepirsi 
come un contenitore solido e in grado di accogliere il bambino al suo interno. 
È possibile notare a questo proposito l’ emergere di due diversi orientamenti 
materni: la madre facilitante e la madre regolatrice, due stili che di rado si delineano 
in modo puro, spesso si assiste piuttosto ad una presenza di entrambi gli 
orientamenti. La madre facilitante considera la maternità come un’ esperienza 
conclusiva della sua identità femminile, si sente arricchita dall’ esperienza che 
sta vivendo, si concede alla regressione che le consente di vivere quell’ unione 
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fusionale con il feto, per identificarsi con esso e rivivere la fantasia di unione 
con la madre dell’ infanzia. 
Con la percezione dei movimenti fetali, nella madre facilitante prendono corpo 
la differenziazione, e l’ identità della donna si differenzia dalla propria madre, 
e la comparsa di conflitti riguardanti la dipendenza, l’ invidia e la rabbia nei 
confronti della fertilità materna. L’ elaborazione di questi conflitti avvicina la 
donna ad un vissuto armonioso della gravidanza.  
Sul piano intrapsichico la madre facilitante può tendere ad idealizzare la 
maternità e il bambino, ricorrendo a difese di negazione della propria 
imperfezione e di quella del bambino, con una conseguente rinuncia ai bisogni 
e agli interessi personali non riguardanti la sfera materna, e attuando così una 
fuga dai propri sentimenti d’ invidia, rivalità e ostilità con l’ adozione di un 
sistema di illusioni condivise, allo scopo di negare la separazione e ricreare la 
fusione. 
La madre regolatrice invece considera la gravidanza come un passaggio obbligato 
per avere un bambino; prova fastidio per le trasformazioni corporee a cui è 
inevitabilmente esposta e resiste alla disorganizzazione psicologica, 
rinforzando le proprie difese psichiche e le proprie razionalizzazioni. Il suo 
desiderio nascosto è quello di non farsi influenzare dalla gravidanza e dal suo 
futuro bambino. Inconsciamente cerca di evitare la regressione e l’ esperienza 
mentale della fusione con il feto, che viene spesso percepito come un intruso 
che l’ assorbe. Pertanto i movimenti fetali sono da lei percepiti come una 
presenza estranea, le fantasie sul feto sono limitate e la madre attende solo che 
la gravidanza si concluda. Nella madre regolatrice la gravidanza sembrerebbe 
riattivare antichi conflitti legati all’ invidia per le tenerezze che le sono state 
negate e ora rivolte al bambino, come anche i sentimenti di avidità diretti 
verso la propria madre. 
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Il grado di maturazione della donna e le modalità di superamento delle tappe 
critiche dello sviluppo, assumono un ruolo molto importante nella definizione 
del desiderio di avere un figlio, dato che un figlio può essere il mezzo 
attraverso il quale verificare le proprie capacità generative (e poter quindi 
uguagliare la propria madre), caso in cui si parla di desiderio di gravidanza, 
oppure può rappresentare un tentativo di legare a sé il partner o di dare nuova 
vita ad un rapporto spento; può essere uno strumento per sconfiggere la 
solitudine o la vecchiaia, o per riparare ad un lutto o ad un aborto. Oltre a 
queste motivazioni ci sono spinte inconsce più generali: un figlio può essere 
considerato come fonte di gratificazione emotiva ed è spesso la sede in cui 
riporre speranze e potenzialità che i genitori non hanno avuto. 
Relativamente allo stato di gravidanza, alcuni studi (Ammaniti M., 1992), 
inerenti il rapporto tra fantasia e realtà in gravidanza, hanno dimostrato che 
molte donne in questo periodo della loro vita presentano sogni e fantasie 
specifiche, che testimoniano come la gravidanza sia per loro un momento di 
grande crisi e contemporaneamente di grande occasione trasformativa, 
dinamiche queste che si giocano tutte intorno al Sé gravidico (Albergamo M., 
Nunziante Cesaro A. 1992) .  
La gravidanza provoca inevitabilmente delle alterazioni, che mettono in rilievo 
la dinamica interno-esterno, dentro-fuori, implicando a loro volta un lavoro di 
progressiva integrazione e ridefinizione, finalizzato al tentativo di porre dei 
limiti, il che tuttavia non elude la necessità di accettare, per quanto sia 
possibile, l’ estrema difficoltà di tale compito. 
Le fantasie che eventualmente emergono durante il periodo della gravidanza, 
sono caratterizzate dalla presenza di sogni con riferimento ad elementi 
architettonici nei quali l’ interesse è talora sul versante interno: la casa, le 
stanze, le mura; talora sul versante esterno, per esempio sul giardino, l’ orto, 
un luogo in cui cresce qualcosa. Inoltre tali fantasie sono così penetranti, da 
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essere potenzialmente attivate non soltanto nella donna gravida, ma anche in 
coloro che le sono vicini.  
 
 
 
1.2 LE RAPPRESENTAZIONI MATERNE IN GRAVIDANZA. 
La madre possiede degli schemi, detti schemi di “essere con”, relativi al 
bambino, inteso come quel figlio che appartiene a lei in quanto madre e a suo 
marito in quanto padre, agli altri figli in quanto fratello e ai suoi genitori in 
quanto nipote. Tali schemi comprendono la previsione della madre di come 
sarà il suo bambino in futuro e sono fondati su esperienze di interazione. Il 
bambino rappresentato da parte della madre mediante questi schemi, ha una 
lunga storia prenatale, per cui man mano che il feto cresce e si sviluppa       
nell’ utero materno, questo bambino è soggetto ad un parallelo sviluppo nella 
mente della madre, anche se a dire il vero, questi due percorsi di sviluppo non 
risultano essere effettivamente paralleli, dal momento che gli schemi relativi al 
feto si sviluppano sotto l’ influenza di fattori psichici, sociali e biologici (Stern 
1995, pp. 28-29). Ad es. intorno al quarto mese di gestazione può capitare che 
si verifichi un aumento della ricchezza e specificità delle rappresentazioni 
materne del feto in quanto bambino, aumento questo che oggi può essere 
sollecitato da un’ ecografia, quando i genitori vedono l’ immagine del feto. 
Qualora tale aumento non si verificasse, ugualmente intorno al quarto mese di 
gestazione, ci sarà qualcosa del genere, perchè è il momento in cui le madri 
cominciano a sentire i movimenti del feto, motivo per il quale inevitabilmente 
la realtà dell’ esistenza del nascituro diventa sempre più palpabile e perentoria.  
È certo che le rappresentazioni materne relative al nascituro si arricchiscono 
tra il quarto e il settimo mese di gravidanza, momento in cui raggiungono il 
culmine, tant’ è vero che tra il settimo e il nono mese si verifica una sorta di 
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annullamento di queste stesse rappresentazioni, che dunque diminuiscono e si 
fanno meno chiare, meno specifiche, meno ricche. Ciò molto probabilmente 
accade perchè la madre in maniera istintiva protegge sé stessa e il nascituro da 
una possibile discordanza tra il bambino reale e un bambino rappresentato 
troppo in dettaglio, considerato il fatto che la nascita altro non è se non il 
luogo d’ incontro tra il bambino che la madre ora tiene tra le sue braccia e il 
bambino che è nella sua mente. Per questo motivo la madre deve fare in 
modo che la situazione reale non sia pregiudicata dal passato, in modo tale che 
lei e il suo bambino reale possano cominciare ad interagire con il minimo delle 
interferenze.  
È altrettanto noto che tra il settimo e nono mese di gravidanza, le madri 
cominciano a disfarsi delle proprie rappresentazioni più positive, in modo da 
poter prevenire le delusioni, mentre quelle negative, come la paura che il 
bambino nasca malformato o addirittura morto, continuano a crescere, 
restando o diventando in gran parte inconsce. Pertanto la madre adatta il suo 
mondo di rappresentazioni nel modo migliore per creare nella sua mente un 
costruttivo spazio di lavoro per le sue rappresentazioni future. Infatti il 
bambino rappresentato nasce molto prima del concepimento nella vita della 
madre, è riconducibile ai tempi dei giochi con le bambole e delle fantasie 
infantili e adolescenziali. 
È con la nascita del bambino, che la madre poi comincia a ricostruire le sue 
rappresentazioni di chi è e di chi diventerà il suo bambino stesso, ma lo fa 
secondo direttive generali fornite dal bambino reale e da lei stessa, che a sua 
volta si sta trasformando in una madre reale. 
 
 
 
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