7
voluto attribuirle, si allontana da una  discussione che 
considera solo contrasti di tipo politico-geografici, affrontando 
lo studio  da un punto di vista sociolinguistico, che mi auguro 
risulti interessante. 
I mezzi di informazione hanno spesso condannato la difesa 
dell'identità basca ad un limitante discorso politico, trascurando 
che  dietro le azioni terroristiche di ETA che oggi sembrerebbe  
chiudere i conti con il passato nella speranza di una risoluzione 
e mediazione politica, c'è un popolo che si discosta da 
ideologie estremiste e che invece è alla ricerca 
dell’affermazione e del riconoscimento di  una propria identità. 
Il popolo basco, storicamente presente su tre territori divisi tra 
Spagna e Francia, si designa nella propria lingua, l’euskera, 
con le parole Euskal Herria che etimologicamente significano: 
“popolo della lingua basca” e che indicano sia il Paese Basco 
che il popolo basco.  
Ciò che i baschi temono è che in vista di un'omologazione 
culturale e linguistica, come diretta conseguenza della 
postmodernità, si arrivi ad  offuscare un' identità collettiva, 
ricca di storia e tradizione presumibilmente  millenaria  e che 
possa aumentare il rischio di scomparsa  del loro idioma che  
per anni è stato definito come lingua in via di estinzione, 
difendendola, invece, come “una lingua viva con capacità per 
adeguarsi alle necessità della società odierna” (Azurmendi 
1998). 
In considerazione di ciò questo studio vuole tentare di 
rispondere alla domanda ¿Quiénes son los vascos?, 
focalizzando l’attenzione sull’euskera ed i sui suoi parlanti 
nella consapevolezza che sia questa lingua a definire ed a 
rafforzare l’identità di questo popolo. E’ infatti in base al loro 
idioma che los vascos si identificano e si riconoscono come 
popolo. 
 8
Nel primo capitolo si introdurrà la questione basca analizzando 
il ruolo occupato dall’euskera all’interno del più ampio 
rapporto tra lingua e comunità. Si evidenzieranno, nel contesto 
del nuovo panorama linguistico, i significati sociali ed 
identitari che il popolo basco assegna alla sua lingua, per poi 
accennare alle ipotesi sulle origini millenarie dei baschi e del 
loro idioma.  
Si tenterà poi di definire la comunità basca  nel suo rapporto 
con i parlanti e con il territorio evidenziando un ritorno ad un 
rapporto tra lingua e comunità che riscopre la sua definizione 
all’interno di una idea di comunità linguistica che si rifà ai quei 
modelli di stato-nazione di stampo ottocentesco. E’ la nuova 
comunità linguistica che viene a coincidere con il vecchio 
modello di stato-nazione. 
Si valuterà poi lo status attuale della lingua basca evidenziando 
le scelte ed i progetti portati avanti dalla politica e dalla 
pianificazione linguistica nella Comunidad Autónoma Vasca 
(C.A.V.), considerando che nell’anno 1979 viene approvato el 
Estatuto Vasco de Autonomía con il quale si riconosce 
all’euskera lo status di lingua ufficiale. 
 
Nella seconda parte (cap. II) si centrerà l’attenzione sugli usi 
linguistici nella C.A.V., analizzando l’uso e la diffusione 
dell’euskera, il suo rapporto con la lingua nazionale, il 
castigliano e l’evoluzione della competenza linguistica dei 
parlanti baschi negli ultimi venti anni. Verrà inoltre evidenziata 
l’analisi della competenza linguistica, inizialmente a livello 
generazionale (attraverso l’analisi diastratica), successivamente 
a livello geografico (analisi diatopica) ed infine in ambito 
familiare (analisi diafasica). La presenza di numerosi grafici 
renderà più agevole la lettura dei dati presentati. 
 
 9
La terza ed ultima parte (cap. III) affronterà il tema dalla 
sociolinguistica dei parlanti  attraverso un’indagine 
sperimentale di studio pragmatico del code-switching. Si 
procederà ad un lavoro di investigazione centrato sull’analisi 
del fenomeno dell’alternanza di codice nella comunità basca 
mediante la somministrazione di un questionario agli studenti 
dell’Universidad del País Vasco di Vitoria. Questa indagine 
avrà come obiettivo l’analisi  del fenomeno della 
commutazione nella sua relazione con le scelte e le preferenze 
linguistiche dei soggetti in contesti di tipo informale/formale. 
Si indagherà la manifestazione dell’alternanza di codice in un 
contesto conversazionale, sia in determinate “circostanze 
pragmatiche”, sia  in un quadro più ampio che metta in 
evidenza aspetti quali la consapevolezza dell’utilizzo della 
commutazione, la possibile relazione esistente tra il suddetto 
fenomeno e la competenza linguistica ed infine l’assegnazione 
di significati di carattere identitario e sociale nella pratica del 
code-switching. 
 
 10
CAPITOLO I:  LINGUA E COMUNITA’ 
NEI PAESI BASCHI 
 
 
1. TRA GLOBALIZZAZIONE E LOCALISMO: IL CASO 
DEI  PAESI BASCHI 
 
 
La prospettiva che una lingua franca possa servire al mondo 
intero è emersa con forza soltanto nel Novecento, in particolare 
dagli anni '50, come conseguenza del processo di 
globalizzazione che viene inteso come “quel dominio 
economico-culturale su scala mondiale, che sembra sempre più 
inarrestabile e, naturalmente, non può prescindere dalle sue 
implicazioni linguistiche” (Arcangeli 2005:9). La conseguenza 
della mondializzazione dei mercati che avrebbe prodotto ormai 
anche “l'omogeneizzazione dei bisogni” (Levitt)
1
 non può non 
includere considerazioni di carattere linguistico perché richiede 
l'omologazione di saperi e conoscenze decifrabili e 
decodificabili da parte del  nuovo soggetto globalizzato. Infatti, 
in quella che è stata definita la nuova era dell'economia 
materiale la knowledge  diviene la principale forza produttiva e 
“la posta in gioco è il diritto all'accesso universale ed illimitato 
al sapere ed alla cultura” (Gorz 2003). Nella produzione di sé  
si riflette la nuova immagine del lavoro immateriale che 
richiama l'esigenza ad una uniformità linguistica. Questo ha 
portato alla ribalta una idea certamente non nuova, quella 
“della monetabilizzazione dell'oggetto linguistico” (Arcangeli 
2005:II) secondo la quale le lingue non sarebbero poi così 
                                                 
1
 Ivi, 9-10. 
 11
differenti dalle merci e renderebbero visibile la necessità,  
nell'attuale  panorama degli scambi internazionali, di servirsi di 
un’unica lingua. Appare evidente che con l'aumento delle 
organizzazioni sovranazionali si fa più pressante l'esigenza 
della comprensibilità reciproca che favorisce la 
standardizzazione nel dominio esplicito di un linguaggio unico. 
L' avvento di una lingua globale che si integra perfettamente 
nella nuova ottica mondialista e globalizzatrice, ha alterato gli 
equilibri linguistici in modo nuovo, generando un intero 
complesso di nuovi atteggiamenti nei confronti del linguaggio 
e delle lingue.  
La lingua inglese oggi sta divenendo lo strumento sovrano 
della comunicazione e dell'espressione mondialista. La sua 
diffusione si giustifica attraverso un modello ottimale di 
comunicazione planetaria oscurando le implicazioni di 
carattere ideologico che minacciano seriamente il concetto di 
diversità linguistica e non solo. 
L’incapacità moderna di sostenere e rispettare la diversità si 
traduce in un duplice attacco alla ricchezza e alla fecondità 
delle identità culturali che accompagnata dalla diffusione 
crescente della lingua globale manifesta la tendenza alla 
pianificazione e alla neutralizzazione del linguaggio e della 
cultura. In generale il postmodernismo che si basa su un 
progetto di cittadinanza universale risulta fondato sulla 
edificazione di reti omogenee e relazioni comunicative che 
tenderebbero  ad annullare le diversità, tanto che Khaled Fouad 
Allam (2002) sostiene che “l'era globale ha operato un 
mutamento sociologico su scala planetaria...(anche) attraverso 
la comunicazione, non solo nel senso di trasferimento dati, ma 
anche come negoziazione d'identità e di differenze”
2
. E poiché 
le lingue subiscono sul piano internazionale il condizionamento 
                                                 
2
 Cfr. Giannini e Scaglione (2003). 
 12
delle “logiche di mercato” una delle tendenze più visibili si 
traduce nella paura dell’omogeneizzazione che “rischia di 
risucchiare le individualità etnolinguistiche più deboli” 
(Giannini e Scaglione 2003:20). 
Come reazione a questa tendenza nota Arcangeli “la forte 
spinta esercitata dalla civiltà globale in direzione di 
un'omologazione che vede trionfare l'inglese a livello mondiale 
è di fatto controbilanciata da tante più o meno forti spinte che 
muovono invece nella diversa direzione di una soggettività 
alimentata da forze centrifughe di varia natura”.  
Il nuovo imperialismo  infatti  porta con  sé  una moltitudine  di 
contraddizioni in grado di generare opposizione e resistenza il 
cui risultato vive nei conflitti alimentati da varie forze che si 
oppongono al fenomeno. Nella globalizzazione  si incontrano i 
paradossi e le antinomie tipiche della postmodernità nella 
contrapposizione tra omogeneizzazione/differenziazione, 
centralismo/decentramento, integrazione/frammentazione e 
universalismo/particolarismo. 
Il particolarismo locale o regionale è ciò che risulta minacciato 
dall'assalto della cultura globale che ridimensionerebbe i 
tradizionali valori d'appartenenza, mettendo così a rischio il 
mantenimento dell’identità che non  preclude solo riferimenti 
storico-ideologici, ma richiama in primo piano la 
rivendicazione alla componente  linguistica. Troppe volte si  
assiste  ad una incosciente o  passiva arrendevolezza di fronte 
al fenomeno della mondializzazione, in cui l'uguaglianza 
identitaria implicherebbe tanto l'annullamento delle coordinate 
geopolitiche esistenti, quanto conseguenze sociopsicologiche 
più allarmanti che non possono non chiamare in causa l'ambito 
 13
linguistico, quale massimo definitore del concetto stesso di 
essere umani
3
. 
Troppe sono infatti le prove del fortissimo valore ideologico 
delle diversità linguistiche come elemento di identificazione 
delle comunità così come tante sono le testimonianze di 
differenti realtà che non accettano le conseguenze di un’ 
omologazione dettata dalla postmodernità.                             
E’ proprio il processo di globalizzazione, fenomeno di 
uniformazione sociale e dei modelli economici del pianeta che 
ha trascinato con sé la rinascita di sentimenti di appartenenza 
regionale o locale, provocando  la nascita del   localismo.  
Per localismo può così intendersi sia il tentativo di isolarsi 
rispetto ai processi di globalizzazione sottolineando il fattore  
identitario sia la necessità di inserirsi nel processo di 
planetarizzazione a partire da una precisa identità, ma senza 
con ciò escludere la possibilità di essere “attraversati” dalla 
globalizzazione. In quest'ultimo caso si parla di “glocale”, il 
nuovo spazio sociale che sta formandosi tra locale e globale. 
Nel quadro attuale però ciò che più appare evidente è 
l’emergere dell’orgoglio di tante situazioni di tipo local che in 
controtendenza al nuovo imperialismo e  alla concezione di 
mondo globalizzato si oppongono al futuro inteso come  
globalizzante. In effetti all'interno del processo di 
localizzazione (Zygmut Barman 1980)
4
 che si contrappone a 
quello di globalizzazione, fanno certamente pensare le 
dinamiche degli ultimi cinquant'anni che hanno condotto alla 
presa di coscienza del bisogno d' indipendenza degli stati-
nazione, evidenziando l’importanza del compito svolto dalla 
lingua quale componente essenziale del paradigma identitario 
                                                 
3
 Cfr. Hagège (2000). Definisce la lingua come  nient'altro che ciò che gli 
uomini hanno di più  umano. 
4
  Cfr. Arcangeli (2005:17). 
 14
“uno stato-una nazione-una lingua” (Dell'Aquila e Iannàccaro 
2004:27). Questa equazione  mantiene la sua  validità anche in 
contesti di tipo regionale che esaltano il ruolo della lingua 
come fattore di coesione sociale e componente essenziale 
dell’identità nell’ambito di una nazione da promuovere o 
difendere. Nel contesto moderno di forze centrifughe versus 
centripete, di concezioni global versus local, emerge la 
necessità di alcune piccole realtà di riconoscersi e di essere 
riconosciute dentro precisi confini geografico-politici 
all’interno delle quali sia legittimata la lingua come lingua  
nazionale. 
Il caso del popolo basco rappresenta un chiaro esempio di 
questa tendenza. 
I Paesi Baschi, infatti, farebbero parte di quell’insieme di 
diverse entità regionali e substatali che negli ultimi anni ha  
combattuto per l’acquisizione di una sempre maggior 
considerazione ed autonomia nei confronti delle 
amministrazioni centrali, riproponendo il modello dello stato 
nazionale che tende ad un monolinguismo regionale e 
all’allontanamento delle devianze interne sulle tracce del 
modello  ereditato dagli stati nazionali ottocenteschi
5
. Ma una 
definizione del genere attribuita alla  totalità  del popolo basco  
farebbe cadere nel tranello della generalizzazione e della 
banalizzazione di una situazione che risulta diversamente  
complessa. 
Infatti la visibilità concessa dai media agli attentati che portano 
la firma di ETA (“Patria basca e libertà”)
6
, ha fatto sì che il 
pubblico europeo ed internazionale conoscesse solo le 
                                                 
5
 Cfr. Dell’Aquila e Iannàccaro ( 2004:29-31). 
6
 ETA -Euskadi ta Askatasuna- (in castigliano "País Vasco y Libertad")  è 
una organizzazione terroristica creata all'inizio degli anni '60 per sostenere 
il separatismo basco. 
 15
conseguenze di un disagio politico esistente nella comunità 
basca, ma non i presupposti storico-ideologici ad esso collegati. 
Attualmente l’esigenza di uno stato-nazione indipendente ha 
provocato la generalizzazione di cause ed effetti che hanno 
prodotto il riconoscimento dell'identità basca in termini di un 
deficit di democrazia condannandola spesso e volentieri e ad 
un limitante "discorso politico”
7
(Azurmendi 1998). Se è  vero 
che l’odierno processo di globalizzazione ha evidenziato il 
riaccendersi dell'orgoglio di piccole minoranze proprio come   
nel caso dei Paesi Baschi è pur vero che la questione basca, 
come viene intesa oggi, si allontana però da una riduttiva 
discussione che considera solo contrasti di tipo politico-
geografici. Spesso si ignora che  dietro le esuberanti pretese di 
un movimento terroristico come quello portato avanti da ETA, 
c'è un popolo che si discosta da ideologie estremiste e che 
invece è alla ricerca dell’affermazione e del riconoscimento di  
una propria identità e non ha nulla a che vedere con idee 
xenofobe e discriminatorie.  
Questo non vuol dire che i presupposti teorico-ideologici di cui 
si avvale la frangia nazionalista basca non debbano essere 
riconosciuti come esistenti o privi di importanza, ma 
considerazioni riguardo alla struttura propria della politica 
interna, così come le sue conseguenze esulano dall’oggetto 
principale della presente analisi. Ciò che risulta più interessante 
e significativo è invece soffermarsi sull’analisi dell’identità di 
questo popolo che negli ultimi anni è stata più volte dibattuta, 
studiata, investigata  (Roslyn e Susperregi  2001:116)
8
. 
                                                 
7
 Dall’originale: “asunto politico”. Cfr. Azurmendi (1998). Salvo diversa 
indicazione, tutte le citazioni testuali che compaiono in lingua italiana sono 
traduzione dell’autore dal castigliano. 
8
  In Dirven, Frank, Ilie (2004). 
 16
A questo punto sembra doveroso chiarire cosa s’intenda per 
popolo basco. In effetti  considerare il popolo basco  come una 
totalità di individui presenti su uno stesso territorio dalle 
delimitazioni politiche e geografiche unitarie è insoddisfacente 
o meglio è una concezione erronea. Il popolo basco  così inteso  
di per sé non esiste. Infatti i baschi attualmente sono presenti su 
tre territori differenti, divisione che è divenuta oggetto 
principale di rivendicazione da parte dell’ideologia nazionalista 
che ha molto spesso presentato la propria  lotta come quella di 
un popolo colonizzato e oppresso nel corso dei secoli. Popolo e 
patria basca soffrirebbero  di una storica divisione: quella che 
separa i paesi Baschi del Nord che si trovano in Francia detti 
anche "continentali" dai paesi baschi del Sud che si trovano in 
Spagna  chiamati anche "peninsulari", quest’ultimi a loro volta 
suddivisi tra due diverse Comunità Autonome: la Comunidad 
Autónoma Vasca (C.A.V.)
9
 e quella Foral de Navarra. 
Più precisamente nell'attuale configurazione dello Stato 
spagnolo, la Comunità Autonoma dei Paesi Baschi è costituita 
dalle tre province di Álava
10
 (Araba) con capoluogo Vitoria 
(Gasteiz), Guipúzcoa (Gipuzkoa) con capoluogo San Sebastián 
(Donostia) e Vizcaya (Bizkaia) con capoluogo Bilbao (Bilbo). 
In generale il nazionalismo basco considera parte integrante 
della patria basca (prima denominata Euskalerria, poi Euzkadi, 
indi Euskadi e da qualche anno di nuovo Euskal Herria
11
) sette 
                                                 
9
 C.A.V.(Comunidad Autónoma Vasca). La sua costituzione e la sua 
struttura  verranno affrontate più avanti. 
10
 Si è preferito utilizzare nella maggior parte dei casi  per i nomi propri e i 
toponimi l’ortografia castigliana, che è rimasta invariata nel tempo e la cui 
radice è più prossima all’italiano. 
11
 Il neologismo Euskadi ( "tierra de los vascos") fu un'invenzione di Sabino 
Arana che ritenne che il termine Euskal Herria (euskál érri-á; "tierra del 
euskara"), utilizzato fin dall'epoca visigota per definire i "vascohablantes", 
indipendentemente dal territorio al quale appartenevano. La particolarità del 
 17
territori definiti "storici" includendo oltre ai tre già segnalati, la  
regione di Navarra (Nafarroa) che nell'odierno ordinamento 
spagnolo costituisce la Comunidad Foral de Navarra e, in 
territorio francese, la Basse Navarre, la Labourd (Lapurdi) e la 
Soule (Zuberoa) che sono denominati “Iparralde” e che 
risultano inseriti nel Dipartimento dei Pirenei atlantici 
(Regione Aquitana) della Repubblica francese.  
Quindi per tentare di capire cosa s’intenda per popolo basco 
non è possibile affidarsi a categorie che si reggono su parametri 
di unitarietà geografico-politica. Allora “Chi sono i baschi”
12
? 
Il popolo basco si designa nella propria lingua con le parole 
Euskal Herria che etimologicamente significano: “popolo della 
lingua basca” e che indicano sia il Paese Basco che il popolo 
basco.  E’ infatti  la lingua basca a definire il popolo basco. E’ 
in base al loro idioma che los vascos si identificano e si 
riconoscono come popolo. E’ il loro idioma a costituire il 
fulcro principale su cui si regge la loro identità. Il compito 
simbolico svolto dalla lingua basca, l'euskera
13
, appare  
                                                                                                       
fatto di scriverlo con -zeta proviene dal fatto che Sabino Arana considerava 
che la radice eusk-(vasco) si dovesse scrivere con zeta (euzk-) perchè era 
una contrazione de la parola e(g)uzk(iko) [egúskikó; del sol]  e basava 
questa etimologia sul fatto che gli antichi baschi adoravano la dea Mari, 
conosciuta anche come Maia o Ama-Lur (madre terra) il cui simbolo 
cosmico era il sole;e dato che eguzki (egúski; sol) si pronuncia con zeta, 
anche Euzkadi, secondo il fondatore del PNV-Partito Nacionalista Vasco- 
deve essere scritta con zeta. Però, attualmente, in tutti i dialetti la radice 
eusk- (che si trova anche in parole come euskara, Euskal Herria, euskaldun) 
si pronuncia con "s" ed è considerata la forma corretta anche da 
Euskaltzaindia, la Real Academia de la Lengua Vasca. Cfr. anche 
Azurmendi (1998: 49,115-116). 
12
 “¿Quíenes son los vascos?” in Charpentier (2005). 
13
 Basque in francese ed in inglese. In castigliano viene detta vascongado o 
lengua vascongada o vascuence. In basco si può trovare anche nella forma 
eukara. 
 18
evidente anche nel gioco di semantica linguistica secondo cui  
per dire che una persona è  basca si dice che è “euskaldun
14
”, il 
che significa precisamente che è bascofono  ossia  “che parla il 
basco”. La relazione simbiotico-identitaria che sussiste tra 
l’individuo basco e la sua lingua emerge con forza anche nei 
principi della cultura nazionalista e può essere meglio 
compresa attraverso l’esempio di un assioma linguistico che 
recita “nessuno è degno di essere basco se non parla euskera”  
e di conseguenza “euskararik gabe Euskal Herririk ez” ovvero 
“senza l'euskera non esisterebbe il popolo basco”
15
 (Azurmendi 
1998:114). 
Bisogna considerare che all’interno del più generale  processo 
di localismo il richiamo al concetto di stato-nazione ampliato 
nelle sue rivendicazioni storico-politiche risulta accompagnato 
dalla preoccupazione per la perdita dell'identità linguistica e 
culturale. Ed è proprio il timore per questa perdita che risulta 
centrale quando si analizza  il popolo basco. In effetti  il nuovo 
paesaggio moderno, sull'onda dell'imperialismo implacabile 
delle lingue universali, avrebbe accentuato  il naufragio morale 
di questa comunità di quasi tre mila abitanti che  autodefinisce 
la sua esistenza soprattutto in base al parametro linguistico. Ciò 
che i baschi temono è che in vista di un'omologazione culturale 
e linguistica come diretta conseguenza della postmodernità si 
arrivi ad offuscare un' identità collettiva ricca di storia e 
tradizione presumibilmente millenaria
16
 e con esso venga 
aggravato il rischio di scomparsa  del loro idioma che  per anni 
è stata definito come lingua in via di estinzione, difendendola 
                                                 
14
 Euskal (relativo all’euskera) e dun (che lo possiede). 
15
 Questo assioma linguistico è stato adottato dalla A.E.K. come slogan per 
l’anno scolare 1997-1998: “hay que  recoger la misión de siempre, dejar 
claro que sin euskera no existe Euskal Herria”.  
16
 Le ipotesi a riguardo verranno affrontate più avanti. 
 19
invece come “una lingua viva con capacità per adeguarsi alle 
necessità della società odierna”
17
(Azurmendi 1998). Il rischio 
concreto di scomparsa della propria lingua ha alimentato 
sicuramente la radicalità della lotta dei baschi  e  questo perché 
viene percepito che con la lingua scomparirebbe anche 
l’identità di questo popolo. 
 Effettivamente se si analizza la portata ed il tasso della perdita 
in corso della diversità linguistica a livello mondiale, la paura 
sembra giustificata. Se si considera la probabilità che delle 
6000 lingue oggi presenti nel mondo circa  la metà sparirà nel 
corso di questo secolo, calcolando una media approssimativa 
della morte di una lingua
18
 più o meno ogni due settimane, 
allora  non  dovrebbe stupire che la rapidità del declino sia  uno 
dei principali campi di lavoro di ricerca in ambito linguistico. 
Ma la maggioranza degli studi sull’euskera non riguardano 
tanto il suo processo di scomparsa, paura che oggi è in parte 
rientrata
19
, quanto piuttosto le sue origini. Infatti questa lingua, 
definita un caso affascinante di lingua-isola,  sembra non essere 
neolatina e neppure indoeuropea, le sue origini e parentele 
restano controverse e tutt'oggi oggetto di studio. Qui di seguito 
si è scelto di riportare un saggio riassuntivo delle ipotesi più 
discusse sull’origine dell’euskera.  
Il lavoro di schematizzazione che si è svolto ha una doppia 
funzionalità. In primo luogo nasce dall’esigenza di presentare 
un quadro completo delle posizioni assunte dagli studiosi 
evidenziando così il lungo lavoro di critica ed investigazione 
che per secoli ha caratterizzato questo ambito di ricerca. In 
                                                 
17
 “haya llegado hasta el presente siendo una lengua viva y con capacidad 
para adecuarse a la necesidad de la sociedad actual”. 
18
 Su questo argomento cfr. anche Hagège (2000) e Crystal (2004). 
19
 Lo stato attuale della lingua il suo status legale e la sua “vitalità” verranno 
affrontate più avanti. 
 20
secondo luogo si è voluto presentare  il dibattito sulla presunta 
origine millenaria di questa lingua (e quindi di questo popolo)
20
 
perché queste diverse ipotesi sono state utilizzate più volte  sia 
per il  processo di difensivismo di un’identità basca originaria
21
   
portato avanti dal nazionalismo più radicale sia per 
l’assunzione di  posizioni totalmente opposte. 
                                                 
20
 Cfr. qui, par. 1.1 Ipotesi sull’origine dei baschi. 
21
 Le tesi a riguardo verranno affrontate più avanti nell’ambito dell’analisi 
della ideologia nazionalista di Sabino Arana Goiri. (Cfr. qui, par. 6.1 La 
politica linguistica a difesa del nazionalismo).