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controllo di queste attività. In altri termini, ci si chiede se i mezzi cosmici: razzi 
vettori, satelliti artificiali ed astronavi e le varie attività svolte mediante essi, 
debbano essere sottoposti unicamente al controllo degli Stati che li hanno lanciati 
e ne utilizzano l’attività, o debbano essere sottoposti anche al controllo degli Stati 
in qualche modo da essi sorvolati, come accade per i mezzi aerei e per le attività 
da essi svolte. Tale problema fondamentale è connesso per la scienza giuridica a 
quello, altrettanto importante, dell’espansione della sovranità egli Stati 
nell’ambito degli spazi che li sovrastano e li circondano. Le nuove attività 
cosmiche pongono sostanzialmente in discussione i confini superiori della 
sovranità degli Stati nell’ambito degli spazi ad essi soprastanti, e manifestano la 
tendenza degli Stati stessi a riconoscere alle esplicazioni di tale sovranità dei 
+limiti che non le sono riconosciuti con riguardo alle attività aeree. Nella scienza 
giuridica vengono seguiti due diversi, e contrastanti, criteri per affrontare e 
risolvere il problema dell’esercizio della sovranità nello spazio cosmico: il primo 
di essi può essere definito criterio di determinazione spaziale, in quanto assume 
come punto di riferimento lo spazio cosmico e le sue delimitazioni; il secondo può 
essere definito criterio di determinazione funzionale, in quanto prescinde dalle 
delimitazioni dello spazio cosmico, per assumere come punto di riferimento la 
natura delle attività che nell’ambito di esso si svolgono
2
. Per una parte della 
dottrina, il problema fondamentale sarebbe costituito dalla determinazione della 
                                                 
2
 Sul dibattito tra spazialisti e funzionalisti: MATEESCO MATTE, Spatialisme ou fonctionalisme 
juridique?, in Annales de droit marittime et aerien, VI, 1982, p. 405 ss.; GOEDHUIS, The 
Problems of the Frontiers of Outer Space and Air Space, in RC, 1982, I, pp.375-407; 
GOEDHART, The Never Ending Dispute: Delimitation of Air Space and Outer Space, Paris, 
1996. 
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condizione giuridica dello spazio cosmico, cui sarebbe strettamente collegata la 
questione della individuazione dei confini verticali della sovranità nello spazio. 
Secondo questo orientamento, solo lo spazio atmosferico od inferiore, e quindi 
tutte le attività che in esso si svolgono, indipendentemente dalla loro natura, 
sarebbero sottoposte unicamente alla sovranità degli Stati sottostanti. Lo spazio 
extra-atmosferico o superiore, invece, sarebbe libero, e quindi tutte le attività che 
in esso si svolgono, indipendentemente dalla loro natura, sarebbero sottoposte 
unicamente alla sovranità degli Stati che le esercitano.
3
 Tuttavia, pur ammettendo 
che siano le attività che qualificano lo spazio e non viceversa, occorrerebbe 
qualificare come spazio aereo l’ambito nel quale vengano esplicate le attività 
aeree che sfruttano la densità dell’atmosfera, mentre sarebbe spazio cosmico 
l’ambito nel quale vengono esplicate sole le attività spaziali o cosmiche, i cui 
mezzi di esplicazione, prescindendo dalla densità atmosferica, navigano mediante 
propulsione propria sino alla collocazione in orbita. A tale scopo si rivelano 
insoddisfacenti i dati forniti dalla scienza geofisica. Maggior fondamento ha la 
distinzione tra attività aeronautiche ed attività astronautiche. Partendo dalla 
definizione di aeromobile data dalla Convenzione di Chicago del 1944 
sull’aviazione civile internazionale, una parte della dottrina afferma che lo spazio 
cosmico inizierebbe dove cessa la reazione dell’aria ed il volo è possibile solo 
mediante la forza centrifuga, cioè a dire tra gli ottanta ed i cento chilometri di 
                                                 
3
 Per l’origine della dottrina spazialista: De La Pradelle, Les frontières de l’air in RC, 1954, II, 
p.132 ss. Tra gli spazialisti inoltre: SCHLACHTER, Legal Aapects of Travel, in Journal of the 
British Interplanetary Society, 1952, p. 14 ss.; KROELL, Elements createaurs d’un droit 
astronautique, in RGA, 1953, p. 223 ss.; FASAN, Weltraumrecht, Mainz, 1965, p. 73 ss. 
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altezza. Tale limite consentirebbe di far rientrare sotto la sovranità dello Stato 
territoriale la navigazione aerea supersonica, che raggiunge i venti chilometri di 
altitudine, e sottrarrebbe, invece, a tale sovranità territoriale i fenomeni di 
navigazione getto-orbitale ed arco-orbitale, che superano i cento chilometri di 
altitudine. Per altra parte della dottrina, invece, il problema fondamentale sarebbe 
costituito dalla determinazione del regime giuridico delle attività spaziali o 
cosmiche, cui sarebbe strettamente collegato il problema dell’individuazione dei 
limiti funzionali della sovranità nei confronti delle attività stesse. Secondo questo 
orientamento, solo le attività aeree, ovunque esse si svolgono, potrebbero essere 
sottoposte,per i loro tradizionali caratteri, che le collegano al territorio 
sorvolato,alla sovranità degli Stati eventualmente sottostanti. Mentre le attività 
spaziali o cosmiche, ovunque esse si svolgono, potrebbero essere sottoposte, per i 
loro diversi caratteri che non determinano alcun collegamento col territorio 
eventualmente sorvolato, unicamente alla sovranità degli Stati di lancio che 
esercitano tali attività. Varie argomentazioni basate sull’esperienza possono essere 
adottate a sostegno di quest’ultima posizione. In primo luogo, non è mai stato 
possibile determinare con precisione gli esatti confini spaziali della sovranità degli 
Stati in senso verticale (la troposfera, la stratosfera, la mesosfera, la ionosfera, 
l’esosfera, l’atmosfera metereologia) od il limite, anch’esso incerto e variabile, 
della forza di gravità. In queste condizioni è impossibile determinare fino a quale 
altezza le attività che si svolgono nello spazio sarebbero sottoposte alla sovranità 
degli Stati sottostanti e da quale altezza in poi esse sarebbero a queste sottratte. In 
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secondo luogo, le attività spaziali o cosmiche, e quindi, i mezzi attraverso i quali 
esse si esplicano, restano sottoposte unicamente al controllo, e quindi alla 
sovranità degli Stati di lancio che le esercitano, anche quando, nella fase 
ascensionale di lancio od in quella discensionale di rientro, attraversino lo spazio 
atmosferico od inferiore sottoposto tradizionalmente alla sovranità di Stati diversi 
da quelli che effettuano i lanci. Al criterio di determinazione spaziale, sembra 
dunque da preferire il criterio di determinazione funzionale dei limiti della 
sovranità degli Stati negli spazi cosmici.
4
 Non a caso i vari Trattati relativi ai 
principi che reggono le attività degli Stati in materia di esplorazione e di 
utilizzazione dello spazio cosmico e lo stesso Comitato delle Nazioni Unite sulle 
utilizzazioni pacifiche dello spazio cosmico (creato dall’Assemblea generale delle 
Nazioni Unite nel 1958) hanno dibattuto per molti anni il problema della 
delimitazione dello spazio extra-atmosferico senza essere arrivati ad alcuna 
conclusione, dato il contrasto esistente in materia tra i vari Stati, hanno lasciato 
irrisolto il problema dei limiti che segnerebbe il passaggio dallo spazio aereo, 
soggetto alla sovranità degli Stati, a quello cosmico, per il quale viene affermato 
un principio di libertà. Il regime giuridico dello spazio cosmico è dunque definito 
dalle attività di lancio e di messa in orbita dei mezzi spaziali. Il regime di libertà, 
valido per le attività svolgentisi nello spazio cosmico, in ragione della natura 
incoercibile delle attività stesse e della loro esclusiva sottoposizione al controllo e 
quindi alla sovranità dello Stato di lancio, è determinato, per quanto riguarda 
                                                 
4
 Tra gli studiosi sostenitori della teoria funzionale si ricordano: CHAUMONT,Droit de l’espace 
Paris,1960; QUADRI, Prolegomeni di diritto internazionale cosmico, Milano, 1960; LEANZA, 
Fenomeni di contiguità aerea nel diritto internazionale, Napoli,1961. 
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l’utilizzazione dello spazio come iter, ai fini della navigazione cosmica, dal 
principio secondo il quale l’esercizio di tale libertà da parte di ciascuno Stato non 
deve ostacolare o limitare l’esercizio della stessa libertà da parte di ogni altro 
Stato; e per quanto riguarda l’utilizzazione dello spazio come fonte di risorse ai 
fini dello sfruttamento, dal principio first come served, che costituisce una sorta di 
attualizzazione del principio prior in tempore potior in jure. 
 
 15
1.2. La Convenzione cosmica del 1967 
 
La prima fase dell’intervento delle Nazioni Unite in materia spaziale si è 
attuata in una serie di risoluzioni dell’Assemblea Generale adottate, dapprima nel 
quadro dei lavori in materia di disarmo (risoluzione 1141 XII del 14 novembre 
1957) e, successivamente ad opera del Comitato per le utilizzazioni pacifiche 
dello spazio cosmico della risoluzione 1721 XVI intitolata “Cooperazione 
Internazionale relativa alle utilizzazioni pacifiche dello spazio extra-atmosferico” 
completata ed ampliata due anni più tardi dalla risoluzione 1962 XVIII del 13 
dicembre 1963 intitolata “Dichiarazione di principi giuridici regolanti le attività 
degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-
atmosferico” che costituisce la pietra angolare del diritto dello spazio. In tale 
Dichiarazione sono affermati nove principi di notevole importanza: 
1) Esplorazione ed utilizzazione dello spazio cosmico per il bene e 
nell’interesse dell’intera umanità. 
2) Libertà di esplorazione e di utilizzazione dello spazio e dei corpi celesti 
per tutti gli Stati su basi di uguaglianza ed in conformità al diritto 
internazionale. 
3) Principio della inappropriabilità nazionale dello spazio e dei corpi celesti. 
4) Applicabilità del diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni 
Unite, alle attività spaziali degli Stati. 
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5) Responsabilità internazionale degli Stati per le attività nazionali da essi 
esercitate nello spazio; responsabilità delle Organizzazioni internazionali e 
degli Stati membri per le attività spaziali imputabili alle Organizzazioni. 
6) Obbligo per ogni Stato di tener conto, nelle proprie attività di esplorazione 
e di utilizzazione dello spazio, degli interessi corrispondenti di altri Stati 
con facoltà di accedere alle richieste di questi ultimi di aprire consultazioni 
al riguardo. 
7) Esercizio, da parte di ogni Stato, della sua giurisdizione e del suo controllo 
sugli oggetti spaziali immatricolati preso le sue autorità; obbligo di 
restituzione per gli altri Stati. 
8) Responsabilità dello Stato che ha effettuato il lancio e di ogni altro Stato 
che abbia posto il proprio territorio e le proprie istallazioni a disposizione 
del lancio, per i danni causati nell’atmosfera o nello spazio. 
9) Obbligo per ogni Stato di prestare assistenza agli astronauti, considerati 
come “inviati dell’umanità”. 
I principi contenuti nella Dichiarazione non costituivano ancora delle norme 
vincolanti di diritto internazionale, sebbene la loro rilevanza per tutto il sistema 
del diritto internazionale facendo sorgere una volta di più il problema del valore 
giuridico delle dichiarazioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in 
quanto nonostante le analogie che si fanno facilmente colle assemblee 
parlamentari degli Stati titolari normalmente di poteri legislativi né il diritto 
internazionale generale, né la carta dell’ONU riconoscono all’Assemblea 
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Generale il potere di creare di norme giuridiche, ma soltanto di fare 
raccomandazioni (artt. 11-14 Carta ONU). Del resto, la proposta fatta nel corso 
dei lavori della Conferenza di S. Francisco, di attribuire poteri legislativi a 
quest’organo, fu respinta.
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 Tali principi rappresentavano senza alcun dubbio degli 
importanti modelli di comportamento degli Stati in materia spaziale; modelli che 
si sarebbero trasformati in norme convenzionali, se inclusi in accordi multilaterali 
o bilaterali successivamente stipulati, od in norme consuetudinarie, se 
successivamente confermati dalla prassi internazionale.Unite in materia spaziale 
ha inizio con la conclusione del primo Trattato sullo spazio, il 27 gennaio 1967 (la 
denominazione ufficiale è “Trattato sui principi che reggono le attività degli Stati 
in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, ivi 
compresa la luna e gli altri corpi celesti”) in cui i principi contenuti nella 
Risoluzione n.1962 (XVIII) sono stati confermati e sviluppati nel Trattato sullo 
spazio sono trasformati in norme convenzionali; si sviluppa mediante alcuni altri 
accordi multilaterali, relativi ai vari aspetti del regime degli spazi, tutti ispirati al 
principio di libertà di utilizzazione, in cui le disposizioni del primo Trattato 
vengono ulteriormente specificate; e culmina nella conclusione del Trattato sulla 
Luna, nel 1979.  
 
  
  
                                                 
5
 Sulle teorie favorevoli a riconoscere una competenza quasi-legislativa all’Assemblea generale, v. 
M. D. de Velasco Vallejo, Lègislation et codification dans le droit inernational actuel, ST. Ago, I, 
pp. 247-259.