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Una parte importante nel processo di cambiamento del sistema normativo è senz’altro 
rappresentata dalle pronunce della Corte Costituzionale, nelle quali si è affermata l’illegittimità 
delle disposizioni in cui il figlio naturale era posto in senso assoluto in una condizione degradata 
rispetto a quella dei figli legittimi, e nelle quali si è interpretato l’art. 30 comma 3 Cost. nel 
senso che gli interessi della famiglia legittima prevalgono sugli interessi del figlio naturale nei 
limiti della famiglia nucleare. 
Per quanto riguarda gli interventi di legge, si ricordano la legge 31 ottobre 1955 n. 
1064, abrogativa del “n.n.” anagrafico, e la legge 1 dicembre 1970 n. 898 sui casi di 
scioglimento del matrimonio, che ha esteso all’ipotesi di scioglimento del vincolo matrimoniale 
per divorzio la disciplina del riconoscimento dei figli adulterini. 
Il contributo più efficace al processo di cambiamento del quadro normativo è stato 
comunque dato dalla riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975 n. 151). La riforma, 
avendo variato sostanzialmente il regime della filiazione, ha in gran parte rimosso la precedente 
condizione d’inferiorità dei figli nati fuori del matrimonio. 
E’ stato cancellato, infatti, il divieto di riconoscimento dei figli adulterini, e sono stati 
riconosciuti ai figli naturali gli stessi diritti dei figli legittimi ed un’eguale posizione 
successoria. In definitiva, la legge di riforma ha quasi interamente parificato la disciplina 
riguardante i figli naturali alla disciplina del rapporto di filiazione legittima: rimane salva 
l’eccezione dei figli incestuosi, sulla quale peraltro permangono dubbi di legittimità 
costituzionale. 
Tale adeguamento normativo è certamente da valutare in modo positivo, poiché si 
riconduce al principio di eguaglianza costituzionalmente affermato, ma va allo stesso tempo 
osservato come vi siano delicati problemi di coordinamento con la disciplina della famiglia 
legittima.
4
La normativa attualmente in vigore sembra in ogni caso fare emergere un fatto: il superamento 
della contrapposizione tra i due stati di figlio legittimo e di figlio naturale, e l’affermazione di 
 
4
 M. COSTANZA, ivi, 1. 
 5
                                                
un unico, basilare rapporto di filiazione, che si qualifica poi come legittimo o naturale a seconda 
che i genitori siano uniti o meno in matrimonio.
5
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
5
 C.M. BIANCA, op. cit., 276. 
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CAPITOLO I 
 
 
Lo stato di figlio naturale riconosciuto 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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CAPITOLO I 
 
Lo stato di figlio naturale riconosciuto 
 
 
1. Filiazione naturale e filiazione legittima 
 
 
L’evento naturale della nascita dovrebbe essere considerato un avvenimento neutro. 
L’ordinamento giuridico invece, sebbene in misura molto ridotta rispetto al passato, permane 
nella distinzione tra la nascita che avviene in costanza di matrimonio e la nascita al di fuori del 
matrimonio stesso. 
I figli nati nel periodo in cui i genitori sono uniti in matrimonio, infatti, vengono 
qualificati come “legittimi”, mentre i figli nati al di fuori dell’unione matrimoniale si 
considerano come “naturali”. 
Da un punto di vista sostanziale, la parificazione dei figli naturali ai legittimi è oggi 
quasi completa, come esige il dettato costituzionale (art. 30, comma 1 Cost.): il figlio quindi, 
per il solo fatto di essere stato procreato, può vantare una serie di diritti nei confronti dei 
genitori.
6
 Le differenze tra i due tipi di filiazione dunque non si colgono più sul piano 
sostanziale del rapporto, bensì sul piano fattuale. 
L’evento della nascita, se avviene nell’ambito di un rapporto matrimoniale tra i genitori, 
determina automaticamente l’acquisto dello status di figlio legittimo; nel caso in cui la stessa 
nascita avvenga invece al di fuori del matrimonio, si attribuisce al figlio la qualità di “naturale”. 
Si parla di qualità e non di status, poiché la nascita in assenza di matrimonio non 
comporta l’acquisto automatico dello stato di figlio naturale: l’ottenimento dello status è 
comunque un diritto del figlio, il quale può acquistarlo con l’atto di riconoscimento da parte del 
genitore (o di entrambi i genitori) o con la dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità 
naturale. 
 
6
 G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2002, 248-249. 
 8
                                                
Il contenuto del rapporto di filiazione naturale e di filiazione legittima è 
tendenzialmente eguale, dato che il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione 
di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli può avere nei confronti dei figli legittimi (art. 261 c.c.). 
La realizzazione del principio di eguaglianza tra figli naturali e legittimi ha costituito uno dei 
temi principali della riforma del diritto di famiglia del 1975, che in tal modo ha adeguato la 
disciplina del codice civile ai precetti costituzionali espressi dagli articoli 2, 3 e 30 della 
Costituzione.
7
Il codice civile del 1942, infatti, riservava ai figli naturali un trattamento giuridico 
fortemente differenziato rispetto alla filiazione legittima. Ciò derivava principalmente 
dall’esigenza di rispondere al pericolo di una svalutazione dell’istituto del matrimonio e della 
famiglia con una disciplina che penalizzava le unioni non fondate sul matrimonio e i figli nati 
da tali unioni. 
La Costituzione ha rovesciato decisamente questa impostazione. Negli articoli 29 e 30 
Cost., tuttavia, il principio egualitario non emerge in tutta la sua chiarezza, soprattutto dove 
all’affermazione dell’eguaglianza tra coniugi e tra figli senza distinzione di origine viene fatta 
seguire la previsione di limiti a tale eguaglianza.
8
Si deve però considerare che la dottrina più puntuale aveva chiarito che, tenendo 
presente che la Costituzione pone tra i suoi principi fondamentali il rispetto dei diritti della 
persona, la pari dignità e l’uguaglianza di tutti i cittadini (artt. 2 e 3 Cost.), anche nell’ambito 
della famiglia i limiti all’eguaglianza dovevano essere circoscritti a quelli resi necessari 
dall’esigenza di preservare valori altrettanto fondamentali.
9
La protezione della famiglia legittima, quindi, va intesa come circoscritta al nucleo 
composto dai coniugi e dai figli,
10
 ed i diritti dei membri della famiglia legittima stessa, per la 
 
7
 G. FERRANDO, La filiazione naturale, ne Il diritto di famiglia, Trattato Bonilini-Cattaneo, Torino, 1997, III, 93. 
8
 Lo segnala G. CATTANEO, Della filiazione legittima, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-
Roma, 1988, 4 ss. 
9
 Cfr. M. BESSONE, Rapporti etico-sociali, in Commentario della Costituzione Branca, Bologna-Roma, 1976, 108 
ss.; A.M. SANDULLI, Rapporti etico-sociali, in Commentario al diritto italiano della famiglia, diretto da Cian-
Oppo-Trabucchi, Padova, 1992-1995, I, 3 ss. Vedi anche G. FERRANDO, La filiazione naturale e la legittimazione, 
in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, Torino, 1997, IV, 102 ss. 
10
 Si tratta del costante orientamento della Corte Costituzionale, da Corte Cost. n. 79/69 a Corte Cost. n. 82/74. Al 
riguardo, per i necessari approfondimenti, v. G. ALPA-M. BESSONE-A. D’ANGELO-G. FERRANDO-M.R. 
SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 2002, 24 ss., 209 ss. 
 9
                                                
tutela dei quali deve ritenersi ammissibile il sacrificio delle pretese dei figli naturali, sono 
identificati nell’unità e nell’intimità della vita familiare. 
La scelta egualitaria operata nella Costituzione è in ogni caso una normale conseguenza 
dell’abbandono di una concezione istituzionale della famiglia che ha portato a valorizzare 
l’esigenza di protezione dei valori della singola persona. L’esperienza italiana si allinea in tal 
senso a quella di altri paesi europei, dove la scelta di una disciplina egualitaria nei confronti dei 
figli in qualunque modo concepiti
11
 si inscrive in una più generale linea di tendenza che volge 
alla protezione degli interessi della persona prima di quelli dell’istituzione familiare. 
Nel codice civile italiano, in seguito alla riforma del 1975, l’attuazione del principio 
d’eguaglianza è riscontrabile in numerose norme, prima fra tutte il già citato art. 261 c.c., per il 
quale <<il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i 
diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi>>. 
Le residue differenze tra filiazione legittima e naturale emergono pertanto non più dalla 
disciplina del rapporto con i genitori, ma piuttosto nei rapporti con i parenti. Parte della dottrina 
e tutta la recente giurisprudenza, infatti, ritengono che all’accertamento di stato non consegua 
l’instaurarsi di rapporti di parentela con i collaterali.  
In ogni caso, ammettendo che si sia realizzata l’eguaglianza tra filiazione legittima e 
naturale sul piano del rapporto tra genitori e figli, da un punto di vista formale la diversità 
permane, poiché non si è adottata una tecnica legislativa di disciplina uniforme del rapporto di 
filiazione indipendentemente dall’esistenza o meno dell’unione matrimoniale tra i genitori. 
La riforma del 1975, infatti, non si discosta nel suo impianto formale dal codice del 
1942, avendo conservato la distinzione delle diverse condizioni filiali, che si concreta nella 
suddivisione dei figli in due differenti categorie normative: quella della filiazione legittima 
(capo I, titolo VII, libro I c.c.) e quella della filiazione naturale (capo II, titolo VII, libro I c.c.).
12
 
D’altra parte, la tecnica normativa impiegata per la disciplina del contenuto del rapporto di 
 
11
 Si segnalano in modo particolare i rilievi di G. CATTANEO, op. cit., 4, 10; C. COSSU, Filiazione legittima, in 
Riv. dir. civ., 1988, II, 635; C.M. BIANCA, op. cit., 235. 
12
 G. FERRANDO, op. cit., 96. 
 10
                                                
filiazione è spesso quella dell’equiparazione della condizione del figlio naturale a quella del 
figlio legittimo, il che presuppone una distinzione tra le due posizioni. 
Stessa osservazione può essere fatta riguardo all’istituto della legittimazione, che 
nell’attribuire a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo (art. 280 c.c.) 
presuppone la formale suddivisione in distinte categorie normative.
13
Osservando quindi l’attuale sistema normativo, parte della dottrina è orientata ad 
affermare che anche nel nostro Paese sia ormai attuata quella “separazione” tra filiazione e 
matrimonio che in altri Paesi è stata perseguita in maniera comunque più approfondita e 
concreta, visto che anche nel nostro ordinamento la disciplina del rapporto di filiazione 
prescinde dall’esistenza o meno del matrimonio tra i genitori; ma lo sviluppo di tale processo 
non può dirsi completo, mancando ancor oggi di un’adeguata definizione formale.
14
 
 
2. Uguaglianza e differenze di disciplina tra i due status filiationis 
 
 
La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha determinato l’affermazione del principio 
di uguaglianza in molte norme del codice civile. Nell’art. 261 c.c. si afferma che <<il 
riconoscimento comporta, da parte del genitore, l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti 
che egli ha nei confronti dei figli legittimi>>. In questa norma del codice viene espresso un 
principio di rilevanza fondamentale poiché, riferendosi ad una serie aperta di rapporti, la norma 
stessa sembra escludere che il figlio naturale, per il fatto di essere nato fuori del matrimonio, 
possa essere soggetto ad un trattamento giuridico differente rispetto al figlio legittimo.
15
Obbligo di mantenimento, di istruzione e educazione (art. 30 Cost., art. 147 c.c.), 
esercizio della potestà (artt. 316, 317, 317 bis c.c.), doveri dei figli verso i genitori (art. 315 
c.c.), usufrutto legale (art. 324 c.c.), obblighi alimentari (art. 433 c.c.) seguono quindi regole 
identiche senza differenze riguardo all’origine dei figli. 
 
13
 Lo rileva anche G. CATTANEO, op. cit., 7 ss. 
14
 G. FERRANDO, op. cit., 96-97. 
15
 In questo senso, v. G. ALPA-M. BESSONE-A. D’ANGELO-G. FERRANDO, op. cit., 159.