8
distruttivo, ma anche nanochirurghi superprecisi, in grado di intervenire 
con un raggio laser su una singola cellula. Non è più fantascienza ma ciò 
che si sta sperimentando nei laboratori di tutto il mondo. La 
nanotecnologia è ben più di una nuova moda! 
Niels Boeing intitola uno dei sui ultimi libri “L’invasione delle 
nanotecnologie” utilizzando una metafora più che appropriata per 
descrivere la realtà che ci circonda, perché è proprio questo che stanno 
facendo queste nuove tecnologie, ci stanno invadendo. 
Le nanotecnologie, infatti, sono diventate uno dei mantra dei nostri 
giorni ed il motivo risiede nel fatto che in questo settore i rappresentanti 
del mondo della ricerca e dell’industria, ma anche quelli della finanza ed 
i pianificatori, vedono un modo totalmente nuovo per realizzare 
materiali, prodotti, dispositivi, tale da rivoluzionare sia l’attività di 
ricerca che quella industriale e, in ultima analisi, lo stesso modo di 
vivere. Queste tecnologie sono in sostanza ritenute capaci di innescare 
un vero e proprio ciclo di sviluppo nuovo. 
I profeti della rivoluzione nanotecnologica promettono un radicale 
cambiamento nel modo di produrre le classi più disparate di oggetti e 
beni di consumo: dai vaccini ai pneumatici, dagli aeroplani agli 
strumenti chirurgici. 
 9
Tutti i Paesi più industrializzati stanno investendo milioni e miliardi di 
euro in progetti innovativi, e le cifre andranno sempre più 
incrementandosi, nel prossimo futuro. 
Le nanotecnologie sono ancora nella loro “fase iniziale di sviluppo” e 
non poche domande vengono poste dai vari scienziati e ricercatori sulla 
loro tossicità, sul loro possibile impatto negativo sull’ambiente. Questi 
per ora sono solo degli interrogativi che con il passare del tempo, non 
troppo però, si spera abbiano presto una risposta. 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 10
CAPITOLO I 
LE NANOTECNOLOGIE 
1. Cosa s’intende per nanotecnologie? 
La nanotecnologia è una tecnologia, ossia l’applicazione pratica di 
conoscenze di base. Non basta operare con atomi o molecole o comunque 
con oggetti di dimensione nanometrica; occorre poterli manipolare e 
collocare dove si vuole. Quindi qualsiasi branca delle tecnologie 
esistenti, per potersi definire nanotecnologia, deve avere a che fare con 
materiali o sistemi con alcuni requisiti: 
 ξ  almeno una delle dimensioni deve essere tra 1 e 100 nanometri 
(1nm=10
-9 
m, ossia un miliardesimo di metro). 1nm, è grosso 
modo quattro volte il diametro di un singolo atomo e 10nm 
equivalgono, più o meno, al diametro di un capello umano; 
 
 
 Figura 1: Confronto schematico tra diverse scale dimensionali 
 11
 ξ  devono essere prodotti tramite processi non casuali, tali per cui 
esista un controllo completo sulle strutture su scala molecolare 
che vengono ottenute.                     
 
Le nanotecnologie consentono quindi di agire sulla struttura della 
materia, sia organica che non, ad una scala dimensionale che coinvolge 
da qualche decina a qualche migliaio di atomi. Le strutture di queste 
dimensioni si chiamano abitualmente nanostrutture e il loro campo di 
applicazione più avanzato è quello dei dispositivi elettronici molecolari: 
attualmente hanno già trovato impiego commerciale alcuni polimeri 
conduttori, fotoconduttori, transistor e LED organici. Dispositivi di 
questo tipo hanno reso possibile, ad esempio, la produzione di display 
luminosi che si presentano sottoforma di fogli di materiale plastico. 
 12
1.1 Un po’ di storia 
Se sulla definizione di ciò che sono le nanotecnologie possono esistere 
delle incertezze, queste si dissolvono quando si tratta di decidere quando 
sono nate.  
La loro data di nascita è ben definita e molto recente: il 29 dicembre del 
1959. Proprio quel giorno Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica, 
tenne una ormai famosa conferenza al meeting annuale del California 
Institute of Technology (Caltech), dal titolo There’s plenty of room at 
the bottom: “C’è un sacco di spazio là in fondo”. In quella occasione 
Feynman descrisse per la prima volta le potenzialità legate alla 
manipolazione controllata del mondo atomico.  
“Considerate la possibilità che anche noi, come la biologia 
molecolare, siamo in grado di costruire oggetti piccolissimi, che 
facciano quello che vogliamo; allora potremo anche produrre 
macchine che manovrino a quel livello [..] Non ho paura di dire che 
la questione decisiva sarà se alla fine – in un futuro lontano – saremo 
capaci di disporre gli atomi nel modo da noi voluto. Sì, giù giù, 
proprio sino agli atomi.” 
Solo nel 1974, però, Norio Taniguchi, dell’Università di Tokio, coniò il 
termine nanotecnologia. Taniguchi distinse tra l’ingegneria su scala 
 13
micrometrica, la microtecnologia, e un nuovo livello sub-micrometrico, 
che chiamò nano-tecnologia. Per circa un decennio la possibile esistenza 
di questo nuovo campo rimase sconosciuta ai più. 
Nel 1981, il ricercatore del MIT Eric Drexler pubblicò un articolo 
intitolato “Ingegneria molecolare: un approccio allo sviluppo delle 
capacità necessarie per la manipolazione molecolare” su Proceedings 
of the National Academy of Science, USA. Si tratta della prima 
pubblicazione scientifica in cui la fattibilità della nanotecnologia fu 
dimostrata. L’esistenza delle complesse strutture molecolari presenti in 
ogni sistema vivente è utilizzata da Drexler per dimostrare la possibilità 
teorica della progettazione e costruzione di strutture altrettanto o più 
complesse con mezzi di ingegneria molecolare. L’intuizione geniale di 
Drexler fu la realizzazione che il problema scientifico di come tali 
strutture si formino, fosse molto più complicato del problema 
ingegneristico di come progettare una struttura proteinica in modo che si 
ripieghi in un certo modo. 
 Nel 1986 però Eric Drexler scrisse Engines of creation: the coming era 
of technology l’opera che oggi è considerata la pietra miliare da cui è 
partito il rapido e turbolento sviluppo delle nanotecnologie.  
 
 14
 
              Figura 2: Copertina del libro di Drexler 
 
 
 
Pur mantenendo il rigore di una pubblicazione scientifica, Drexler ha 
realizzato un’opera di divulgazione scientifica in cui illustra non solo le 
basi teoriche della nanotecnologia, ma anche una serie di affascinanti 
speculazioni sulle possibili conseguenze dell’arrivo di una 
nanotecnologia avanzata sulla condizione dell’umanità e del pianeta, 
siano queste positive o negative. 
Mentre Drexler fantasticava sulle future applicazioni delle 
nanotecnologie, ci furono due importanti scoperte che contribuirono a 
dare un impulso determinante alla nascita del settore. Nel 1986 il gruppo 
di Richard Smalley alla Rice University faceva un’importante scoperta 
identificando una nuova molecola di 60 atomi di carbonio, il fullerene, 
che è divenuto in seguito il capostipite di una nuova classe di materiali, i 
nanotubi, con numerose applicazioni. 
 15
Più o meno in quegli anni, Gerd Binning e Heinrich Rohrer all’IBM di 
Zurigo inventavano il microscopio a scansione a effetto tunnel (STM), 
uno strumento in grado di fornire per la prima volta immagini della 
materia su scala atomica. Qualche anno dopo veniva sviluppato uno 
strumento simile, il microscopio a forza atomica (AFM). 
 
1.2  Informazioni generali 
La nanotecnologia si basa su tre ipotesi in fase di sperimentazione: 
 
 ξ  Qualsiasi struttura chimicamente stabile e modellabile può essere 
creata, ossia: ciascuna molecola può essere scomposta ed i suoi 
componenti possono essere riuniti in un’altra molecola. 
 ξ  E’ possibile assemblare delle molecole per fabbricare dei motori in 
grado di funzionare per un dato periodo di tempo con una quantità 
d’energia infinitesimale. 
 ξ  E’ possibile aggregare delle molecole in un dispositivo in grado di 
captare delle informazioni e trasmetterle in modo pressoché 
invisibile. 
La scienza del piccolo è un settore interdisciplinare nel quale scienziati 
della materia, ingegneri meccanici ed elettronici, biologi, chimici e fisici 
 16
mettono insieme le proprie competenze per superare i confini della nano-
scala. 
Possiamo distinguere tre aree principali dove i ricercatori operano a 
livello molecolare: 
 ξ  Nano-materiali: controllare precisamente la morfologia a 
dimensioni nanometriche di sostanze o particelle per produrre 
materiali dotati di nanostrutture; 
 ξ  Nano-elettronica: continuazione dello sviluppo della 
microelettronica, specialmente per i computer, ma a livelli 
dimensionali notevolmente più piccoli; 
 ξ  Nano-biotecnologie:   associazione   tra   l’ingegneria  su scala  
nanometrica e la biologia, per manipolare sistemi viventi o per  
costruire a livello molecolare materiali di ispirazione biologica. 
 
Due sono le strade seguite per operare a livello nanometrico: l’approccio 
“top down” e quello “bottom up”. Il primo consiste nel ridurre con 
metodi fisici le dimensioni delle strutture più piccole verso livelli nano. 
Un esempio significativo è la cosiddetta dip pen nanolithography, con la 
quale si sfrutta la punta di un microscopio a forza atomica (AFM, Atomic 
Force Microscope), che viene ricoperta da molecole come i tioli, in grado 
 17
di reagire chimicamente con una superficie di oro formando forti legami 
covalenti con essa. Controllando il movimento della punta sulla 
superficie si può sfruttare una goccia d’acqua come canale per far 
migrare le molecole dalla punta al campione, ottenendo un processo 
analogo alla scrittura con una penna ad inchiostro. I campi principali di 
applicazione sono la nanoelettronica e la nanoingegneria. 
La seconda strada, sta ad indicare l’approccio nel quale, partendo da 
piccoli componenti, normalmente molecole, si cerca di 
controllarne/indirizzarne l’assemblaggio utilizzandoli come “building 
blocks” per realizzare nanostrutture, sia di tipo inorganico che 
organico/biologico. Tale approccio rappresenta il tentativo di costruire 
entità complesse sfruttando la capacità di autoassemblamento o di 
autoorganizzazione dei sistemi molecolari. E’ pertanto un approccio di 
tipo chimico o biologico, potenzialmente in grado di creare strutture 
tridimensionali complesse a basso costo e in grande quantità. A seconda 
dei casi parleremo di autoassemblamento chimico, autoassemblamento 
fisico e di autoassemblamento colloidale. 
Le due metodologie descritte non sono in contrapposizione, anzi 
attualmente lo sforzo maggiore è ricercare tra esse la sinergia più 
adeguata per l’applicazione desiderata.  
 18
Un esempio è la cosiddetta litografia “soffice” (soft-lithography) in cui si 
usa uno “stampo” realizzato con tecnologia a fascio di elettroni per poi 
trasferire pattern di molecole autoassemblate sulle zone desiderate del 
substrato. 
Alcuni prodotti derivanti dalle nanotecnologie sono già disponibili sul 
mercato, come, ad esempio, nanopolveri con proprietà anti UV per creme 
solari e polveri nanostrutturate per coatings o vernici, ma anche “hard 
disks” con superfici nanostrutturate per la registrazione di dati ad alta 
densità.  
 
 19
1.3  Curiosità: le nanotecnologie si usavano anche nel Rinascimento 
Sulla maestria degli artigiani italiani del Rinascimento non si discute,  ma 
a quanto pare anche le loro conoscenze scientifiche erano particolarmente 
evolute. Secondo uno studio pubblicato da Bruno Brunetti dell’Università 
di Perugia sulle pagine della rivista Journal of Applied Physics, le 
ceramiche della cittadina umbra di Deruta sfruttavano alcune proprietà 
fisiche dei metalli che oggi potremmo definire campo di studio delle 
nanotecnologie. La caratteristica dei vasi umbri dell’epoca era infatti una 
copertura vetrosa colorata, ottenuta dalla fusione di sabbia, soda e sali 
minerali, che  rendeva i vasi iridescenti o simili all’oro. Il trucco stava 
nelle proprietà di minuscole particelle di metallo di dimensione compresa 
tra i 5 e i 100 miliardesimi di metro che riflettevano la luce in varie 
frequenze, dando l’effetto iridescente, dorato o anche rosso. 
Oltre a ciò, la copertura vetrosa era arricchita con minime quantità di ioni 
di rame che alteravano la capacità di condurre la luce del vetro e lo 
rendevano più brillante. La tecnica è nota grazie a tre libri sull’”Arte del 
vasaio” di Cipriano Piccolpasso risalenti al 1557. Rame, argento ed altri 
sali minerali venivano mischiati con aceto, ocra e argilla e quindi 
applicati sulle ceramiche. 
 
 20
1.4   La differenza tra i materiali normali e quelli nanostrutturati 
I    materiali   costituiti   da   nanostrutture  ( che sono   ottenuti  mediante 
interventi a scala nanometrica)   si presentano  sotto  forme diverse che, a  
prima vista, non differiscono dai materiali strutturati su scala corrente (es. 
un pezzo metallico o ceramico, in cui le dimensioni lineari dei “grani” 
costituenti possono variare generalmente tra 0.01 e 0.1 mm). I materiali 
nanostrutturati possono essere utilizzati sia sotto forma di manufatti o 
polveri finemente divise, sia come film sottili o rivestimenti superficiali 
di materiali convenzionali. Le differenze sostanziali con i materiali a 
struttura normale riguardano le loro proprietà e la possibilità di 
modificarle mediante la manipolazione delle loro strutture a livello degli 
atomi che la compongono. 
 I grani dei normali materiali microcristallini possono contenere milioni o 
miliardi d’atomi, di cui la maggior parte si trova all’interno dei grani 
stessi, e sono quindi poco influenzati dall’interfaccia tra grani, detta 
anche “bordo di grano”. Questa interfaccia ha proprietà diverse da quelle 
della massa materiale, ma rappresenta solo circa l’1% del volume di un 
pezzo di materiale policristallino usuale e ha quindi un’influenza limitata 
sulle proprietà del pezzo nel suo insieme. In altre parole, un pezzo di 
materiale le cui dimensioni lineari siano di qualche centesimo di