II 
gia gestiscono denaro degli investitori finali, di accedere più facilmente 
(con le limitazioni del caso) a questo tipo d’investimento. 
Per quanto riguarda l’assenza in Italia di operatori prime brokerage si sta 
facendo sostanzialmente poco. È notizia degli ultimi giorni del merger tra il 
gruppo bancario San Paolo-IMI e BancaIntesa che creerà la più grande 
banca presente in Italia e una delle più grandi d’Europa. È auspicabile che 
tale banca oltre a crescere in dimensione acquisti quella flessibilità necessa-
ria di muoversi sui diversi mercati, svolgendo quelle funzioni, tipo il presti-
to titoli per le vendite allo scoperto o gli acquisti a margine, necessarie agli 
hedge funds per poter mettere in pratica le loro strategie. 
Comunque, nonostante ciò, dal 2001 in poi anche l’industria italiana ha a-
vuto una crescita significativa e ad oggi sono 29 le Sgr speculative italiane, 
con altre in via di autorizzazione all’attività, che, secondo i dati forniti da 
Assogestioni, gestiscono 227 fondi. Questi sono prevalentemente fondi di 
fondi, vale a dire fondi che investono in altri fondi speculativi, perlopiù 
americani, ma anche dei paesi off shore.   
Negli ultimi anni, oltre a quelli italiani, tutti i fondi hedge hanno avuto una 
crescita significativa trainati sia dalle opportunità di profitto presenti sui 
mercati (opportunità sia per gli investitori e sia per i gestori date le alte 
commissioni di performance), sia dallo sviluppo delle tecnologie 
dell’information and comunication tecnology e sia dal cambio di atteggia-
mento dei diversi governi nei confronti di questi strumenti. 
Per quanto riguarda i profitti conseguibili l’opportunità di sviluppare stra-
tegie sui mercati e i settori emergenti ha aperto nuove fonti di reddito, men-
tre con lo sviluppo delle tecnologie informatiche e della telematizzazione 
dei mercati i gestori di fondi speculativi possono accedere dal loro ufficio a 
praticamente tutti i mercati mondiali con un notevole risparmio di costi e di 
tempo.  
III 
Un’importante caratteristica di questo tipo di fondi è data dal fatto che essi 
contribuiscono a rendere più efficienti i mercati finanziari, in quanto au-
mentano le opportunità di investimento.  
Per la teoria della finanza i mercati devono essere completi, nel senso che 
devono offrire all’investitore opportunità d’investimento in tutti gli stati del 
mondo e con la possibilità di usare qualsiasi strumento finanziario (effi-
cienza di completezza o di Arrow-Debreu). 
I fondi speculativi, investendo in strumenti di mercato poco liquidi, forni-
scono liquidità a questi segmenti di mercato. Inoltre essi, investendo in 
strumenti finanziari particolari (come ad esempio i titoli emessi tramite col-
locamenti privati o titoli di società distressed) permettono agli investitori 
finali di accedere a questo tipo di strumenti. 
Negli ultimi anni alcune strategie d’investimento stanno soffrendo per il 
sovraffollamento del mercato, non riuscendo più a conseguire le perfor-
mance dei primi tempi. In particolare le strategie market neutral sono quel-
le che stanno avendo le difficoltà maggiori a causa dell’eccesso di operatori 
in questa nicchia di mercato. Infatti questo tipo di strategie sono basate 
sull’arbitraggio tra incongruenze nella valutazione di determinati strumenti 
finanziari come le obbligazioni convertibili, rispetto alle azioni di compen-
dio, dei titoli a reddito fisso o dei titoli mortgage backed. Quando gli opera-
tori su tali mercati sono in numero ridotto le opportunità di profitto sono e-
levate, ma quando altri operatori cercano di trarre profitto da tali inefficien-
ze, quest’ultime si riducono, e con esse le opportunità di profitto. 
Per uscire da questa situazione gli operatori hanno di fronte a loro due stra-
de: spostarsi verso altre strategie più profittevoli o fare un uso massiccio 
della leva finanziaria. 
Quest’ultima possibilità e sconsigliabile in quanto in caso di situazioni av-
verse il gestore potrebbe incorrere in perdite consistenti, anche superiori al 
IV 
capitale del fondo. Inoltre l’utilizzo della leva espone il fondo al rischio di 
dover disinvestire a condizioni antieconomiche nel caso in cui il prestatore 
richiedesse indietro i capitali finanziati. 
Quindi la migliore opportunità di incrementare la performance è spostarsi 
verso altre strategie o nicchie di mercato, ed è quello che sta avvenendo. 
Molte gestori che precedentemente implementavano strategie market neu-
tral si sono spostati verso strategie direzionali, che non soffrono il sovraf-
follamento del mercato. Alcuni hanno preferito spostarsi verso strategie di-
rezionali indirizzate ai mercati emergenti (che presentano inefficienze tali 
da garantire opportunità elevate di profitto sia ai fondi direzionali che 
market neutral), mentre altri hanno preferito specializzarsi prendendo posi-
zioni direzionali sugli strumenti finanziari più recenti come gli arbitraggi 
sulle forme di collocamento privato, quelli sulla finanza strutturata e quelli 
sui derivati sul credito. 
Altro postulato della teoria finanziaria è dato dal fatto che i mercati non 
dovrebbero essere segmentati, nel senso che dovrebbero garantire parità 
d’accesso all’intero set di opportunità d’investimento indipendentemente 
dal patrimonio detenuto dagli operatori. In questo senso si è ancora fatto 
poco in quanto le opportunità per gli investitori retail sono ancora scarse, 
nel senso che le alte soglie d’ingresso (previste per legge, come in Italia, o 
imposte dai gestori) impediscono l’accesso a tali veicoli d’investimento ai 
piccoli risparmiatori. In tal senso in Italia, come accennato, è stato fatto un 
primo passo in questa direzione con l’emanazione del decreto del ministero 
dell’economia n. 47 del 2003 con il quale si è abbassata la soglia minima a 
500 mila euro e si è alzato il numero massimo di partecipanti (portandolo a 
200 unità). 
La soglia di 500 mila euro, imposta per avere un parametro di discrimina-
zione tra investitori in possesso delle competenze riguardanti le strategie 
V 
d’investimento alternative e investitori incompetenti, resta tuttavia abba-
stanza elevata riducendo la clientela di questi fondi. La mancanza di un al-
tro parametro in grado di discriminare tra le due tipologie di investitori fa sì 
che un ulteriore abbassamento della soglia d’ingresso non sia praticabile, in 
quanto aprirebbe solo una gara al ribasso che finirebbe con l’eliminazione 
di qualsiasi soglia d’ingresso imposta per legge.  
Quindi la strada per incrementare la possibilità per gli investitori retail di 
accedere alle forme di investimento alternative sembra essere quella di 
permettere agli investitori istituzionali, e in particolare a fondi comuni 
d’investimento e fondi pensione, di investire il proprio portafoglio in hedge 
funds. In questo modo gli investitori finali accederebbero indirettamente al-
le forme di investimento alternative.  
Per far ciò è necessario un intervento delle autorità di vigilanza atto a mi-
gliorare la trasparenza fornita da questi fondi, coerentemente con le ultime 
impostazioni fornite dalle autorità di altri paesi e in particolare americane, 
che stanno imponendo la registrazione presso la Sec dei fondi maggiori. Se 
anche in Italia migliorasse il livello di trasparenza di questi fondi, permet-
tendo agli investitori di comprendere pienamente i rischi e le opportunità 
non vi sarebbero più motivi validi per ostacolare l’allocazione di capitali 
degli investitori istituzionali in questa forma d’investimento alternativa. 
Altra caratteristica peculiare di questi fondi è data dal fatto che essi, contra-
riamente ai fondi comuni d’investimento sono esposti al rischio specifico e 
non al rischio sistematico. Essi infatti si coprono dal rischio di mercato as-
sumendo posizioni lunghe e corte che, per i fondi market neutral (i veri he-
dge funds) sono di identico ammontare. In questo modo viene neutralizzato 
il beta del portafoglio e il rendimento è fornito unicamente dall’alfa. In 
questo senso i fondi hedge sono anche chiamati “veicoli d’investimento 
generatori di alfa”, in contrapposizione ai classici fondi comuni 
VI 
d’investimento detti “veicoli d’investimento generatori di beta”, in quanto 
diversificano il rischio specifico e sono esposti solo al rischio sistematico 
(misurato dal beta del portafoglio).  
Nel corso di questa tesi saranno passate in rassegna le caratteristiche dei 
fondi speculativi italiani e mondiali, visto che i fondi italiani investono 
prevalentemente in altri fondi speculativi. Essa e composta di quattro parti. 
Nella prima parte sono descritte le caratteristiche dei fondi e dei gestori. In 
particolare il primo capitolo introduce i concetti del risparmio gestito e evi-
denzia come l’investitore deleghi la gestione del risparmio ad un interme-
diario in possesso delle competenze necessarie ad operare profittevolmente 
sui mercati finanziarie tramite il conferimento in un pool consente di opera-
re la diversificazione su più attività. Viene poi evidenziata l’importanza di 
generare rendimenti in modo assoluto in quanto per l’investitore 
l’importante è ottenere un profitto comunque e non di perdere meno di un 
determinato benchmark. Viene poi passata in rassegna la storie degli hedge 
funds dalla genesi fino agli ultimi anni. 
Negli altri capitoli della prima parte vengono evidenziate le caratteristiche 
dei singoli fondi e le caratteristiche dell’industria, mondiale e italiana, dei 
fondi speculativi. In particolare il quinto capitolo riporta dati sul patrimonio 
in gestione delle Sgr speculative italiane e viene evidenziata la struttura di 
gruppo. 
La seconda parte della tesi mette in evidenza le caratteristiche della per-
formance e del rischio di tali fondi. In particolare il quarto capitolo passa in 
rassegna le tipicità della distribuzione dei rendimenti dei fondi speculativi. 
Il sesto capitolo passa in rassegna le teorie elaborate dagli accademici ri-
guardo ai metodi di misurazione della performance, mentre il settimo passa  
in rassegna le teorie di misurazione del rischio dei fondi speculativi. 
VII 
Viene chiarito il concetto di valore a rischio e viene spiegato perché tale 
concetto, nella sua formulazione originale, così come i modelli classici di 
misurazione del rendimento, non si può applicare agli hedge funds.  Nel 
prosieguo del capitolo vengono quindi proposte le modificazioni che gli 
studiosi hanno elaborato per misurare la rischiosità di tali investimenti. 
La terza parte è invece dedicata alle strategie d’investimento. Tali strategie 
vengono distinte in relative value o market neutral, che sono quelle proprie 
degli hedge funds intesi come fondi di copertura, direzionali, in cui il ge-
store prende una posizione rischiosa in base alle sue convinzioni 
sull’andamento dei mercati finanziari e event driven, che sono quelle stra-
tegie che mirano a trarre profitto da operazioni di arbitraggio su eventi a-
ziendali particolari come le fusioni o il salvataggio delle imprese in banca-
rotta. 
Nel parlare delle diverse strategie viene evidenziato come la maggioranza 
di esse si servono di analisi macroeconomiche del paese in cui investono e 
di analisi fondamentale per trovare il valore intrinseco di determinate im-
prese o strumenti finanziari. Viene poi evidenziato come la strategia mana-
ged futures non si serva di analisi fondamentale o altri tipi di analisi sul va-
lore, ma conduca esclusivamente analisi tecnica basata sulle medie mobili 
per cercare i trend di mercato e quindi cercare o di cavalcarli fino 
all’esaurimento o di anticiparne l’inversione. 
Un ultimo punto riguardante le strategie è bene chiarirlo in questo momen-
to. Parlando delle operazioni messe in atto dai gestori si parlerà quasi sem-
pre di arbitraggio (es. arbitraggio sulle convertibili, arbitraggio sui titoli a 
reddito fisso ecc.). In realtà le operazioni di arbitraggio messe in atto dai 
fondi speculativi non hanno niente a che vedere con le operazioni di arbi-
traggio comunemente intese. In senso classico un’operazione di arbitraggio 
consente a chi la implementa di conseguire un profitto senza subire alcun 
VIII 
rischio. Le operazioni di arbitraggio messe in atto dai fondi speculativi 
consentono di conseguire profitti, a volte anche molto elevati, sopportando 
però anche dei rischi. Ad esempio nell’arbitraggio sulle obbligazioni con-
vertibili il gestore è esposto al rischio di fallimento dell’emittente, mentre 
nell’arbitraggio sui titoli a reddito fisso il gestore è esposto al rischio di al-
largamento degli spread di credito tra titoli di debito privati e titoli di stato 
(come è accaduto nel 1998 al fondo LTCM). 
Infine l’ultima parte di questa tesi è dedicata alla raccolta di informazioni, a 
cui l’investitore si deve dedicare prima di procedere all’investimento. In 
particolare viene evidenziato come l’investitore debba raccogliere tutte le 
informazioni utili per effettuare un investimento consapevole, nella fase i-
niziale e successivamente in modo periodico per verificare l’eventuale 
cambiamento delle condizioni che lo avevano portato a scegliere quel tipo 
d’investimento. 
Infine vengono presentate le conclusioni a cui si è giunti nello studio in cui 
si evidenziano le prospettive di crescita dell’industria per i prossimi anni e 
l’aumento di nuovi operatori, che si lanceranno in questo tipo di industria, 
non sempre in possesso delle capacità necessarie. 
 
1 
1. L’attività di risparmio gestito: tra forme tradizionali e 
alternative 
 
1.  L’attività di gestione del risparmio 
La globalizzazione dei mercati finanziari, la crescente complessità di stru-
menti e servizi finanziari a disposizione dei risparmiatori, insieme ad una 
cultura finanziaria ancora poco adeguata a questa crescente complessità ha 
spinto a delegare le scelte di investimento ad operatori specializzati, capaci 
di muoversi con disinvoltura su diversi mercati e di operare con diversi 
strumenti finanziari. Tra i molteplici fattori che hanno contribuito ad una 
rapida crescita del risparmio gestito nel nostro paese , oltre a quelli ricorda-
ti, bisogna menzionare in particolare i seguenti: 
• La discesa dei tassi d’interesse sui titoli del debito pubblico causata 
dal processo di risanamento della finanza pubblica a cui si sono do-
vuti impegnare i governi della fine degli anni novanta
1
 per dare avvio 
alla terza fase dell’unione economica e monetaria europea; 
• Il progressivo indebolimento del sistema pensionistico pubblico, a 
causa dell’allungamento della vita media, che a spinto i governi a va-
rare riforme che prevedono un allungamento del periodo lavorativo e 
il progressivo passaggio da sistemi retributivi a sistemi contributivi; 
• La UE, che con le direttive che prevedono il principio del mutuo ri-
conoscimento di un operatore che presta la sua attività in un altro sta-
to membro
2
 ha permesso l’ingresso nel mercato italiano di operatori 
                                                 
1
 In particolare il processo di risanamento dell’economia italiana inizia con la svalutazione della lira con-
seguente all’uscita dell’Italia dallo SME nel 1992, successivamente con le finanziarie dei governi Amato 
e Ciampi. Nell’ultima parte degli anni novanta è stato il Governo Prodi ad allineare l’economia italiana a 
quelle del resto del continente per l’attuazione del progetto di un Europa con una sola economia (libera 
circolazione delle merci e dei lavoratori all’interno dell’unione) e di una sola moneta. 
2
 Per quanto riguarda gli investimenti collettivi in valori mobiliari bisogna fare riferimento alle direttive 
85/611/Cee e 88/220/Cee.