Ma soprattutto di particolare rilevanza ai fini del mio studio sono i calcoli 
razionali nelle formulazioni di notevoli decisioni politico-economiche, 
nazionali ed internazionali, poiché la matematica, in quanto linguaggio 
universale, può incoraggiare e realizzare la cooperazione internazionale e 
sviluppare capacità di ragionamento razionali e generali.  
TEORIA DEI GIOCHI (di J. Nash)
MICROECONOMIA:
strategie d’impresa
SCIENZA POLITICA:
modalità di scelta decisionale a 
sostegno delle autorità politiche
Studio del comportamento di due o più 
“agenti” che operano in condizione di 
interdipendenza strategica
 
Proprio in funzione di ciò ho focalizzato l’attenzione della mia analisi 
sulla trattazione della teoria dei giochi, poiché essa rappresenta un valido 
mezzo di applicazione della Matematica ad importanti situazioni 
Economiche e Politiche.  
Il mio interesse per la Teoria dei Giochi nasce infatti in seguito allo studio 
della Microeconomia, materia nella quale essa trova spazio nelle varie 
strategie d’impresa, ma anche in seguito allo studio della Scienza Politica, 
nella quale essa si traduce in modalità di scelta decisionale a sostegno 
delle autorità politiche. 
Sviluppata dal fisico Von Neumann nel 1944 e successivamente 
concretizzata ed estesa dal matematico americano John Nash, la Teoria 
dei Giochi è un importante ramo della matematica applicata che studia la 
soluzione di quei problemi pratici di competizione, collaborazione e 
negoziato tra due o più “agenti” (persone, società, partiti, nazioni, ecc.) 
che operano in condizioni di interdipendenza strategica, ovvero in 
situazioni in cui i risultati del singolo soggetto dipendono non solo dalle 
sue azioni ma anche dalle reazioni degli altri. Lo scopo essenziale della 
teoria dei giochi è quello di elaborare, tramite modelli e linee razionali, la 
miglior strategia competitiva o cooperativa per ciascun soggetto in base 
alle previsioni circa le azioni delle parti avverse.  
LEGAME TRA L’AZIONE 
RAZIONALE INDIVIDUALE E 
L’AZIONE COLLETTIVA
ORDINE 
SOCIALE 
SPONTANEO?
 
Analizzando così situazioni in cui le “mosse” di ciascun individuo 
condizionano e sono condizionate dalle “mosse” dell’altro, il filo 
conduttore della mia discussione è la questione del legame tra l’azione 
razionale individuale e l’azione razionale collettiva, intesi sia in ambito 
economico che politico.  
Porsi tale obiettivo vuol dire chiedersi se il perseguimento razionale del 
proprio interesse costituisca un fondamento adeguato per dimostrare la 
possibilità di un ordine sociale spontaneo.  
La risposta della mia trattazione è negativa.  
A. SMITH 
Il risultato migliore per la società si ottiene quando 
ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio 
per sé. L’individuo è condotto da una mano 
invisibile a perseguire un fine che non rientra 
nelle sue intenzioni
J. NASH 
Il risultato migliore per la società si ottiene quando 
ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per 
sé ma anche per il gruppo stesso
 
Infatti la formulazione delle teorie di John Nash ha portato un radicale 
cambiamento nel campo economico, rivoluzionando l’approccio sino ad 
allora basato sulle teorie della “mano invisibile” di Adam Smith. 
Secondo Adam Smith “l’ambizione individuale serve al bene comune” e, 
di conseguenza, “il risultato migliore per la società si ottiene quando ogni 
componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé. L’individuo è condotto 
da una mano invisibile a perseguire un fine che non rientra nelle sue 
intenzioni”
1
. Celebre è la citazione di Smith: “Non è certo dalla 
benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il 
nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse”.  
L’intuizione di Nash lo porterà ad affermare invece che tale enunciato è 
incompleto: “il risultato migliore per la società si ottiene quando ogni 
componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé ma anche per il gruppo 
stesso”. 
Infatti, in ogni circostanza la soluzione ottimale suggerita dalla teoria dei 
giochi è puntare non egoisticamente al proprio obiettivo ma formulare a 
proprio vantaggio previsioni utili circa le aspirazioni e le possibili azioni 
dei propri antagonisti e, di conseguenza, determinare un comportamento 
razionale, o ove possibile cooperativo, che tenda alla massima 
soddisfazione dell’individuo e di tutta la società intera, affinché ciascuno 
ricavi un guadagno, anche se non assoluto ma sicuro. 
EQUILIBRIO DI NASH
(TEOREMA FONDAMENTALE
DELLA TEORIA DEI GIOCHI)
Nessuno dei soggetti, una volta note le 
strategie scelte dagli altri, ha incentivo a 
modificare unilateralmente la propria 
strategia, poiché ritiene di aver fatto la 
scelta ottimale.
DILEMMA DEL PRIGIONIERO:
esempio classico di gioco non cooperativo
 
Si otterrà così l’equilibrio di Nash, uno dei teoremi più significativi della 
teoria dei giochi, ovvero l’unico che garantisce a tutti gli individui il 
miglior guadagno possibile nel peggiore dei casi, anche se non coincide 
sempre con un ottimo paretiano.  
Si ha una situazione di equilibrio  quando nessuno dei soggetti in gioco, 
una volta note le strategie scelte dagli avversari, avrebbe incentivo a 
modificare unilateralmente la propria strategia, poiché ritiene di aver 
previsto correttamente le strategie degli altri e di aver compiuto la scelta 
ottimale.  
                                          
1
 Adam Smith nella celebre opera “La ricchezza delle nazioni”. 
L’esempio classico di teoria dei giochi ed equilibrio di Nash è 
rappresentato dal famoso dilemma del prigioniero, gioco non cooperativo 
in cui due detenuti, per perseguire ciascuno la propria libertà assoluta, 
ottengono più anni di galera rispetto al caso in cui ciascuno avesse 
limitato la propria ambizione e avesse ragionato razionalmente sulle 
possibili scelte dell’altro. 
In particolare, il fine del mio studio è comprendere come le azioni dei 
singoli individui, coordinandosi, possano generare un ordine globale 
migliore e produrre esiti collettivi di ottimizzazione in economia, o al 
contrario,  come ciò sia “matematicamente impossibile” quando, in 
politica, si ricerchi una democrazia rappresentativa.  
TEORIA DEI GIOCHI ED ECONOMIA
OLIGOPOLIO
Presenza di “grandi e poche” imprese 
con forte potere di mercato e capacità di 
influire sull’andamento del prezzo
Necessità di assumere 
un comportamento strategico
 
Per quanto riguarda l’Economia, in tale ambito, soprattutto, lo spazio di 
applicazione della teoria dei giochi si è esteso notevolmente negli ultimi 
anni, fino ad affermarsi come strumento essenziale per la spiegazione di 
complicati casi di interdipendenza strategica tra imprese. 
Più diffusamente la teoria dei giochi ha permesso l’osservazione e la 
soluzione di quelle situazioni di mercato caratterizzate dalla presenza di 
“grandi e poche” imprese,  in cui ognuna di esse ha forte potere di 
mercato e capacità di influire, almeno in parte, sull’andamento del 
prezzo: sto parlando dell’oligopolio.  
A differenza della concorrenza perfetta, dove ogni impresa, talmente 
piccola, ha un effetto trascurabile sul prezzo, e del monopolio, dove la 
singola impresa “fa” il prezzo, nell’oligopolio l’impresa,  per 
massimizzare il proprio profitto, sia nella determinazione del prezzo che 
della quantità da produrre, deve tener conto dell’interazione strategica 
con altre imprese rivali e delle previsioni sulle loro possibili reazioni. 
L’equilibrio di Nash, in tal caso, si ha quando le decisioni di produzione e 
di prezzo di ciascuna impresa sono la reazione o la risposta ottimale alle 
decisioni delle altre imprese, di modo che non ci sia una che vince o che 
perde, come nella politica conflittuale, ma sono soddisfatte tutte quando si 
raggiunge tale punto di equilibrio. 
TEORIA DEI GIOCHI E POLITICA
TEORIA DELLE SCELTE 
SOCIALI:
(K. Arrow)
SCIENZE MILITARI
(crisi di Cuba degli anni ‘60)
 
In politica, invece, tale situazione di equilibrio e di “compromesso” 
razionale e morale tra le varie aspirazioni individuali è irraggiungibile, 
ovvero l’opportunità di trasformare le scelte dei singoli soggetti, espresse 
in termini di voto, in una volontà univoca e collettiva sfocia 
inevitabilmente in una dittatura, il solo sistema di voto non manipolabile 
secondo la “teoria dell’impossibilità” dell’economista americano Kenneth 
Arrow.  
Così come la teoria dei giochi formula modelli di interazione strategica 
tra soggetti economici, allo stesso modo essa trova applicazione nei 
rapporti strategici tra soggetti politici: partiti, elettori, nazioni,…Nota a 
tutti è, per esempio, la famosa crisi di Cuba degli anni ’60 e la corsa agli 
armamenti tra USA e URSS, dove la teoria dei giochi ha rivestito un ruolo 
di vitale importanza nell’evitare l’olocausto mondiale. 
Ma la teoria dei giochi, oltre ad essere fondamentale nella formulazione 
di scienze militari, si presenta anche come linguaggio universale per lo 
sviluppo del pensiero razionale, per la teoria delle scelte sociali, per 
l’analisi delle procedure di voto e delle strategie elettorali. 
Non esiste e non può esistere 
un sistema di voto perfetto
TEOREMA DELL’IMPOSSIBILITÀ
(K. ARROW)
 
I nostri politici si arrovellano spesso alla ricerca del meccanismo 
eticamente giusto per costruire un governo davvero rappresentativo delle 
istanze delle diverse componenti sociali. 
Il problema cruciale è naturalmente quello di individuare una regola di 
decisione che garantisca una razionalità collettiva. Il voto è il simbolo 
stesso della democrazia. Tuttavia non sempre i sistemi elettorali 
rispecchiano fedelmente la volontà degli elettori.  
I problemi e i limiti incontrati nell’individuare una regola di scelta sociale 
che sia razionale fanno sospettare sulla difficoltà di individuarne una 
appropriata: Kenneth Arrow, analizzando vari sistemi di voto, ha 
dimostrato, nel suo “Teorema dell’impossibilità”, che la ricerca di tale 
criterio razionale non è semplicemente difficile ma del tutto impossibile.  
REGOLE DI SCELTA COLLETTIVA
UNANIMITÀ
Solo per un numero 
limitato di soggetti
MAGGIORANZA
Paradosso di 
Condorcet
 
La più elementare e non conflittuale regola di scelta collettiva è quella 
dell’unanimità. Tuttavia tale regola è spesso adottata quando la decisione 
riguarda un numero limitato di soggetti; la probabilità di un accordo 
unanime decresce rapidamente all’aumentare del numero dei 
partecipanti.  
L’attenzione di Arrow si concentra allora soprattutto su un secondo 
plausibile criterio decisionale, tipico delle società contemporanee, quello 
della votazione a maggioranza semplice: una decisione approvata con la 
metà più uno dei voti deve essere rispettata anche dalla metà meno uno 
dei votanti. Ciò tuttavia può funzionare solo se le preferenze dei cittadini 
su una data questione non siano troppo distanti, altrimenti può portare ad 
una “tirannia della maggioranza”(Tocqueville 1835), con il rischio di 
abusi di potere da parte della stessa, oppure può portare a risultati 
contraddittori, ciò è noto come il “paradosso del voto o di Condorcet”.  
Il paradosso di Condorcet consiste nel fatto che una votazione a 
maggioranza porta spesso a conclusioni per cui la preferenza della 
maggioranza risulta incoerente con le preferenze singole degli individui 
che la hanno votata.  
Questa situazione di contraddizione e incertezza può incentivare a trovare 
una soluzione nella teoria dei giochi per individuare la strategia migliore 
per ciascun votante in risposta alle possibili scelte degli altri individui.  
In alcuni casi la soluzione potrebbe essere, per esempio, mentire 
strategicamente e votare paradossalmente contro la propria stessa 
preferenza o comunque assumere comportamenti strategici, manipolando 
in altro modo la gara. 
DEMOCRAZIA MATEMATICAMENTE 
IMPOSSIBILE
Transitività
Libertà 
individuale
Condizione 
paretiana
Indipendenza 
da alternative 
irrilevanti
Rifiuto 
della 
dittatura
REGOLA DEL DITTATORE
 
In conclusione di ciò Arrow, con una dimostrazione sconvolgente ed 
anche scoraggiante, afferma che nell’ambito delle scelte politiche 
qualunque sistema di voto democratico concepibile può fornire risultati 
antidemocratici, poiché non esiste alcun sistema elettorale perfetto che 
soddisfi la collettività senza violare almeno uno dei criteri minimi di 
democraticità, razionalità e coerenza e che egli stesso elenca in 5 punti: 
1. transitività: se il candidato A è preferito al candidato B, e se B è 
preferito a C, allora A dev’essere preferito a C; 
2. libertà individuale: i votanti devono avere larga libertà di scelta tra 
tutte le alternative possibili; 
3. condizione paretiana o unanimità: se tutti gli individui di una società 
preferiscono un dato candidato all’altro, inevitabilmente questo dovrà 
essere eletto. 
4. indipendenza delle scelte sociali dalle alternative irrilevanti: le scelte 
collettive e sociali non devono essere influenzate da eventuali 
cambiamenti irrilevanti; 
5. rifiuto della dittatura: nessun individuo deve poter imporre le proprie 
scelte di benessere sociale agli altri individui. 
Secondo la definizione di Arrow, in base a varie dimostrazioni esplicative, 
è “matematicamente impossibile” realizzare una democrazia realmente 
rappresentativa coordinando simultaneamente tutti e 5 questi principi di 
coerenza e moralità; in qualche modo bisogna rinunciarne ad almeno 
uno.  
L’unica regola di scelta collettiva che soddisfa i 5 requisiti è la “regola del 
dittatore”, poiché esisterà sempre almeno un’alternativa per la quale un 
solo individuo impone la sua preferenza alla collettività. Ciò è la prova 
dell’impossibilità della democrazia e di qualsiasi sistema di voto perfetto, 
poichè “un processo di decisione collettiva è definito democratico quando 
rispetta le decisioni di tutti i cittadini e non è il frutto della decisione di un 
singolo o di un gruppo di pressione”. 
SCELTE COLLETTIVE 
RAZIONALI POSSIBILI
Solo se c’è 
omogeneità sociale
Maggioranza qualificata
 
Le implicazioni positive interessanti e logiche del teorema sono invece: 
scelte collettive razionali sono possibili, in generale, quando esiste un 
buon grado di “omogeneità sociale”, quando cioè le preferenze non sono 
troppo “distanti”. 
In questo caso è possibile affermare che una maggioranza qualificata, in 
particolare una maggioranza del 64% può rispecchiare in modo razionale 
le preferenze individuali. L’intuizione del fatto che ciò sia vero sta 
nell’osservare che il limite superiore dell’omogeneità è rappresentato da 
una società di persone fra di loro identiche: in questo caso il criterio 
dell’unanimità si identifica con quello della dittatorialità, in quanto le 
preferenze di un individuo scelto a caso sono necessariamente anche 
quelle della società. 
In conclusione, in questa teoria dell’impossibilità e dell’incertezza, la 
teoria dei giochi presuppone che la solidarietà sia il dispositivo di 
cooperazione e la razionalità sia il dispositivo di equilibrio e di riuscita.