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rappresentare una rottura rispetto a tutto quanto risulta immediatamente 
precedente. La moda sembra dunque assecondare il bisogno umano di essere a 
passo con i tempi, di non rimanere indietro rispetto ai mutamenti in atto, di sapere 
cogliere le novit  e farsene interprete, di sperime ntare il nuovo. Non Ł quindi 
casuale parlare congiuntamente di  moda  e  moderni t   per sottolineare la 
dimensione evolutiva del gusto. Entrambe, infatti, sono proiettate verso il futuro e 
guardano al passato solo se questo pu  diventare og getto di un interesse presente 
(revival, vintage). Il famoso filosofo Friedrich Nietzsche (2001, ed. or. 1896) 
affermava che Ł possibile arrivare alla profondit  delle cose passando attraverso la 
loro superficie. In questo caso la moda, analizzata da questo punto di vista, 
diviene uno strumento di lettura della societ , dei  suoi mutamenti e delle 
dinamiche di interazione che gli individui stabiliscono al suo interno. 
Solo dalla fine del XIX secolo infatti, e grazie soprattutto agli studi affrontati da 
Nietzsche, le scienze sociali, si sono interessate alla moda e all abbigliamento; da 
quel momento possiamo trovare abbondanti informazioni sulla moda, grazie alle 
prime riviste e ai primi materiali di moda. Da allora, tutto ci  che veniva reputato 
come moda e di moda, divenne gradualmente motivo di interesse per la sociologia 
e la psicologia.  
Per poter analizzare la moda e l abbigliamento-moda come fenomeno sociologico, 
dobbiamo per  collocarli in un determinato contesto  sociale accompagnato dai 
relativi processi di mutamento. La moda come fenomeno sociale consiste 
nell affermarsi in un determinato momento storico e in una data area geografica e 
culturale, di modelli estetici e comportamentali. 
Nel celebre saggio  Die Mode  del 1895  Georg Simmel  (Simmel, 1998) affronta, 
in quello che Ł considerato uno dei primi trattati sociologici sulla moda la 
problematica questione dell ambivalenza della moda   a cui poco dopo (1899)  ha 
fatto eco Thorstein Veblen con  The Theory of the Leisure Class  (Veblen, 1971)   
volta sia all imitazione che alla differenziazione, dove l abito risulta essere 
l elemento cardine in quanto Ł una forma di  linguaggio non verbale  che 
comunica agli individui un determinato status sociale.  
Tra il XIX e il XX secolo la moda Ł stata vista come imitazione, come occasione 
di distinzione e come costume sociale e culturale. Sicuramente, l imitazione Ł una 
 - 8 - 
delle caratteristiche della moda, ma affinchØ si possa parlare di imitazione Ł 
necessario che esista un certo sistema sociale, una determinata struttura sociale 
relativamente fluida e aperta alla mobilit : devono  esistere differenze di posizione, 
che per  siano possibilmente superabili. 
Le basi della moda, dunque, affondano nelle origini della societ  moderna, in 
seguito allo sviluppo del capitalismo industriale; la novit  divenne l essenza non 
solo della moda, ma anche il simbolo della cultura, della modernit . La moda si 
trasform  in strumento d espressione, essenza fonda mentale del desiderio di 
cambiamento, si fece prodotto industriale dal contenuto culturale. Novit  e 
cambiamento, sono questi i punti cardini su cui si articola l intero sistema moda.  
 
 
 
1.2    Lo sviluppo della moda quale motore culturale 
 
La moda ha origine in precisi contesti storici, Ł legata a una particolare societ  e 
cultura, in generale quella occidentale-europea, ma Ł anche una forza che si 
espande in modo irregolare, influenzando un numero sempre maggiore di persone, 
interessando zone sempre piø vaste del globo: il costume soggetto alla moda 
cambia molto rapidamente nel tempo, lasciando di volta in volta segni dei 
processi e delle strutture di produzione che diventano simboli culturali. 
In questa forma la moda pu  essere trattata come un  oggetto culturale prodotto da 
organizzazioni, dalle istituzioni e dagli individui che ne compongono il sistema; 
pur prestando una particolare attenzione alle figure centrali della produzione, gli 
stilisti, e agli oggetti della moda, bisogna sottolineare come la cultura della moda 
non sia legata esclusivamente alla produzione e al consumo di un prodotto, ma 
anche al valore aggiunto che gli viene conferito da tutti quei soggetti e da tutte 
quelle istituzioni che hanno contribuito alla sua realizzazione e diffusione (i 
creatori, i consumatori, i mass media, il mercato, etc.) e in particolare alla novit  e 
al cambiamento. 
Osservando il fenomeno della moda non si pu  fare a  meno di rilevare il suo 
andamento ciclico. La determinazione della durata di questi cicli relativi ai diversi 
 - 9 - 
tipi di moda, Ł certamente uno dei criteri piø utili di cui dispone la sociologia per 
svelare ed analizzare la stratificazione delle diverse mentalit  e dei diversi modi di 
vivere nella societ  stessa. Ogni classe sociale, o gni gruppo di appartenenza, cerca 
di fare sfoggio della propria diversit .  
Ma la moda assume una duplice valenza: da un lato significa coesione di quanti si 
trovano allo stesso livello sociale, dall altro chiusura dei livelli piø alti della 
societ  nei confronti dei gradi sociali inferiori, perchØ la moda viene lanciata dai 
livelli piø alti della struttura sociale per poi scendere progressivamente (trickle 
down effect). Nel corso di questo processo, ci  che all inizio  si presentava come 
innovativo, a seguito di un processo di massificazione per esigenze di mercato, 
diviene ordinario. Quando una moda raggiunge le classi inferiori, quelle elitarie 
danno vita ad un nuovo ciclo, con un nuovo look che sar  nuovamente imitato 
dalle classi inferiori, fino a eternare il ciclo di differenziazione-imitazione. 
Separare e collegare sono le due funzioni che nella moda si uniscono 
indissolubilmente (Simmel, 1998). 
 
 
 
1.3    Il sistema moda 
 
Per capire la moda quale sistema Ł necessario analizzarne le caratteristiche 
strutturali. La moda Ł un insieme di istituzioni, organizzazioni, gruppi, produttori, 
eventi e attivit  che direttamente o indirettamente  contribuiscono alla creazione 
della moda. 
Sono queste istituzioni che nella loro complessit  riproducono l immagine della 
moda e ne differenziano la cultura nelle capitali della moda quali New York, 
Parigi, Londra e Milano e che formano, entrando in relazione tra di loro, il fashion 
system che vede la moda come meccanismo sociale, in cui l abito Ł solo uno dei 
molti aspetti visivi della societ  moderna influenz ata dal fenomeno . 
Anche se la moda non significa solo abbigliamento, poichØ l abbigliamento serve 
per coprirsi e la moda serve per comunicare, la produzione di quest ultimo e la 
produzione di moda sono entrambe attivit  collettiv e, legate all interno del 
 - 10 - 
sistema. L una non pu  esistere senza l altra; i du e processi creativi non si 
includono nØ si escludono a vicenda, ma si affiancano: perchØ un capo sia di moda 
questo deve non solo essere creato da un produttore, ma la produzione deve 
coinvolgere anche quanti riescono a contribuire all ideazione di moda.  
C Ł un gruppo di persone, i professionisti della moda cos  come vengono definiti, 
che partecipano non solo alla produzione, ma anche alla legittimazione e 
promozione del sistema e della moda stessa. 
La definizione  sistema della moda  viene comunemen te usata per descrivere le 
organizzazioni, le istituzioni e gli individui che interagiscono tra loro e per 
legittimare gli stilisti e la loro creativit : stil isti, professionisti di settore e i 
consumatori svolgono tutti ruoli diversi ma estremamente importanti (Kawamura, 
2006), che congiuntamente danno vita al fenomeno della moda. La relazione tra 
consumatore e sistema moda si pu  invertire, nel se nso che il singolo o la 
comunit  hanno entrambi la capacit  di dettare la n uova moda. 
Fondamentali oggi piø che in passato sono i contesti urbani di produzione in 
quanto la moda tende a concentrarsi in alcune particolari citt  dove Ł radicalmente 
strutturata, come Parigi, New York, Milano e Londra, perchØ la moda Ł un 
fenomeno che in qualche modo Ł radicato in un preciso contesto urbano. 
All interno della citt  tende a ritagliare degli sp azi in alcuni quartieri ben distinti: 
le strade sono come laboratori, fonte di ispirazione e diffusione delle mode, tanto 
che oggi si inizia a parlare di  strada di moda ,  quartiere alla moda  sia per 
indicare che gli showroom non sono piø il mezzo statico tramite cui la moda si 
mostra ai consumatori e al pubblico, sia che le strade sono diventate le vere 
vetrine dinamiche della moda.  
 
 
Milano come laboratorio urbano della creativit  
 
La moda, applicata a Milano, riveste un ruolo essenziale per la citt  sia in termini 
economici   poichØ la maggior parte delle professioni collegate allo stile, alla 
commercializzazione, alla comunicazione e ai servizi, sono localizzate qui (sedi 
istituzionali, uffici stile, showroom, agenzie di pubbliche relazioni, editoria ecc.)   
 - 11 - 
sia in termini di immagine.  
La moda milanese, oltre a essere uno dei settori di punta della nostra economia, Ł 
anche l attivit  che meglio caratterizza e promuove  la citt  nel mondo, perchØ 
Milano ha fatto del suo stile, della sua moda, uno dei suoi marchi riconoscibili in 
tutto il mondo. Il mio intento Ł quello di analizzare il rapporto fra la moda e la 
citt , inserendo quest ultima nella prospettiva di una grande metropoli e 
considerando la moda come un processo e un fattore di strutturazione urbana.  
Di fatto Ł da tre decenni almeno che Milano e la moda made in Italy hanno 
conquistato centralit  a livello globale. La moda q ui viene vista come fenomeno 
nuovo e innovativo, a seguito dell evoluzione dello storico settore economico-
produttivo del tessile e dell artigianato per abbigliamento ed accessorio e dei 
notevoli cambiamenti che si sono susseguiti nel tempo e che tuttora stanno 
avvenendo all interno del sistema della moda.  
La crescente internazionalizzazione del settore, sia a livello commerciale sia 
produttivo, l avvento della nuova concorrenza asiatica e i sempre maggiori 
investimenti sull immagine hanno ormai stabilito il  superamento di un 
orientamento artigianale della moda, che da sempre caratterizzava il settore. 
Tuttavia, la cultura della creativit , l idea di in novazione e l esigenza della 
comunicativit  della moda, sono ancora elementi vit ali per  il sistema.  
Il legame tra la moda e Milano Ł molto stretto: la moda ha modificato il tessuto 
urbano attraverso la rivalutazione di alcuni quartieri semiperiferici. Le vecchie 
aree industriali riconvertite in centri commerciali e abitativi come via Savona, via 
Tortona, corso Como, zona Ticinese; luoghi di deindustrializzazione che la moda e 
i servizi hanno saputo recuperare e valorizzare per mezzo della creativit . Ma 
anche zone centrali quali, ad esempio, le zone Boccaccio-Cadorna e Mozart-
Cappuccini, nelle quali i vecchi edifici borghesi sono stati recuperati e trasformati 
in showroom.  
La moda Ł, dunque, un fattore di sviluppo non solo quantitativo ma anche di 
riqualificazione qualitativa della citt . ¨ un sist ema che si autoalimenta in quanto 
questo processo di gentrification1 della citt  negli ultimi trenta anni   abitazioni di 
                                                        
1
 Il termine fu coniato per la prima volta nel 1964 dalla sociologa americana Ruth Glass (London: 
aspects of change, MacGibbon & Kee, London, 1964), «Fenomeno secondo il quale le periferie 
urbane degradate da un punto di vista edilizio e con costi abitativi bassi, nel momento in cui 
 - 12 - 
lusso, ristoranti, divertimenti e negozi raffinati   ha attirato una nuova 
popolazione con alti redditi, alimentando il sistema della moda, la quale, con il 
suo intreccio fra industria, artigianato e cultura, Ł diventata l emblema della nuova 
citt -consumo (si veda il recupero delle vecchie ar ee periferiche quali, ad 
esempio, l area Bovisa, il Ticinese e l area Bicocc a, leggermente decentrate ma 
inserite a pieno titolo in quello che viene definito il  centro  di Milano). 
Questa gentrification di molti dei quartieri milanesi, non Ł un processo recente, 
ma affonda le sue radici negli anni Sessanta: cambia in larga misura la 
destinazione d uso degli edifici e degli spazi esistenti delle allora periferie urbane, 
aree depravate ma prossime al centro appartenenti alla  working class    ex aree 
industriali e ex aree operaie    che vengono recupe rate e ammodernate dai nuovi 
residenti della  middle class , ma soprattutto dalla produzione e dalla 
commercializzazione di beni, in particolare beni simbolici. A Milano, questa 
trasformazione ruota principalmente, e da tempo, intorno ai valori della moda. ¨ 
in questa prospettiva che la citt  si presenta come  vetrina della moda.  
Penso, quindi, che il forte legame tra moda e territorio, moda e citt , sia evidente 
per almeno tre ragioni. La prima Ł l eccellenza della moda, nata da una storia 
lunga, dalla tradizione tessile che da sempre caratterizza la Lombardia: una 
produzione all insegna della qualit .  
La seconda ragione Ł che la moda non Ł legata solo alla qualit  del prodotto, ma 
richiama la cultura, l identit , la storia del luog o di produzione, tanto che oggi si 
parla non solo di made in Italy, ma anche di living in Italy.  
La terza ragione Ł legata ai tempi e ai luoghi della citt , perchØ la moda detta 
alcune norme sociali e ridisegna urbanisticamente alcune aree della citt . Basta 
pensare all importanza delle vie della moda e delle vie commerciali, ai nuovi 
insediamenti sui Navigli, alle fabbriche dismesse che la moda e i servizi hanno 
saputo trasformare e valorizzare.  
¨ nella citt  che la moda sintetizza le sue espress ioni. La citt  Ł nello stesso tempo 
teatro e laboratorio delle mode, luogo di incontro e di scambio culturale. Esiste 
infatti nella citt  un complesso  sistema della mod a  basato su una lunga catena 
                                                                                                                                                       
vengono sottoposte a restauro e miglioramento urbano, tendono a far fluire su di loro nuovi 
abitanti ad alto reddito e ad espellere i vecchi abitanti a basso reddito» (Enciclopedia Treccani, 
2007).  
 - 13 - 
produttiva e distributiva formata da stilisti, industriali, manager, fotografi, 
pubblicitari, distributori, negozianti, commessi e consumatori.  
La moda della metropoli Ł la sintesi di tutte le mode e di tutti gli stili. La moda Ł, 
infatti, un fenomeno complesso prima di tutto per l essenza stessa, la sua 
volatilit ; la moda continua a presentarsi a Milano  con un ritmo sempre piø 
accelerato, sempre piø coinvolgente. Nuovi negozi, nuovi showroom, nuovi nomi, 
nuove tendenze, nuovi scenari urbani in frequente trasformazione. ¨ difficile da 
analizzare poichØ abbraccia piø campi, da quello sociologico a quello economico 
e psicologico, il tutto avente come sfondo la grande citt , passerella di moda e di 
mode. ¨ un fenomeno difficile da analizzare perchØ il prŒt- -porter Ł un ambiente 
produttivo ed ideativo estremamente chiuso a Milano. Ma fortunatamente non 
esiste solo la moda degli showroom e delle sfilate; anzi, stanno assumendo sempre 
piø importanza i luoghi della moda, i percorsi, le strade e gli spazi di aggregazione 
che vanno di moda, visti come i nuovi simboli di riconoscimento di Milano, 
nuova fashion city.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 - 14 - 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 - 15 - 
 
 
 
CAPITOLO 2 
 
L IMPORTANZA DELLA MODA PER MILANO 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 - 16 - 
2.1    Le origini della moda milanese 
 
La nascita della moda moderna Ł solitamente fatta coincidere con l’apertura nel 
1858 a Parigi dell’atelier di Worth2. Da allora la Francia rester  per molto tempo, 
fino almeno agli anni Trenta, il punto di riferimento obbligato per tutte le signore 
e i sarti dell’epoca che in Parigi vedono il centro mondiale di diffusione delle 
nuove tendenze.  
Possiamo iniziare a parlare di moda italiana, nonostante il predominio francese, 
gi  a partire dagli anni Venti, quando ancora Parig i dettava la moda con Coco 
Chanel e Vogue.  
In questo periodo, alcuni fervori della moda moderna si diffusero in alcune citt  
italiane, quelle piø ricche e laboriose, e in particolare a Milano; nell epoca delle 
piccole boutique, quasi private, e delle sartorie che lavorano su misura, si assiste 
alla costruzione di ci  che diventer  uno dei  teat ri  principali della moda 
internazionale: un padiglione specificamente dedicato alla moda, quello di p.za 5 
Febbraio (vecchia location di Milano Collezioni alla Fiera di Milano).  
Ripercorrendo la storia della  Milano di Moda  dive rsi sono gli eventi piø 
significativi. Nel 1917 apre La Rinascente (inizialmente chiamato  Alla citt  
d’Italia ), magazzino promotore della nascente  moda  dell’Art Nouveau (o stile 
Liberty). Con l’avvento del regime fascista il nazionalismo si fa sentire anche 
nella moda; viene costituita la  Lega Italiana cont ro il Lusso , promossa dai Fasci 
Femminili Milanesi, e piø tardi costituito l’Ente Nazionale della Moda che impone 
alle case di couture locali, contro il predominio francese, di avere il 50% di 
modelli originali italiani. Nel 1934 la Rinascente crea Upim, Unico Prezzo 
Italiano Milano (Giorgetti, 1996, p. 362). 
 
 
 
 
 
                                                        
2
 Charles Frederick Worth (Bourne, 13 ottobre 1825   10 marzo 1895). Nel 1858 apr  il suo primo 
atelier al numero 7 di Rue de la Paix, insieme all amico di origine svedese Otto Bobergh,  
http://www.wikipedia.it.  
 - 17 - 
Il dopoguerra e l esperienza americana 
 
Gli anni Quaranta e Cinquanta segnano un forzato ritorno ad uno stile piø rigoroso 
e maturo, dovuto alla rigidit  delle due guerre e a lle difficolt  del settore.  
La possibilit  di ripresa delle attivit  economiche  offriva nuove speranze a tutto il 
sistema produttivo italiano, anche se il settore dell abbigliamento, come del resto 
tutta l industria italiana, si trovava a superare enormi ostacoli.  
I problemi piø importanti riguardavano l arretratezza dei mezzi di produzione, 
l imperfetta organizzazione aziendale, il basso rendimento del lavoro e la 
mancanza d imprenditori capaci. A questo si aggiungeva una situazione del 
mercato che, soprattutto nel campo tessile, appariva pesante, con un offerta di 
prodotti inferiore rispetto al periodo anteguerra, ma assolutamente superiore alla 
domanda. Il reddito disponibile alla fine della guerra nel 1945, pari soltanto a un 
quarto di quello anteguerra, era appena sufficiente per i consumi alimentari e ci  
riduceva la richiesta del consumatore. La decisione italiana di perseguire una 
politica chiusa e un sistema di relazioni economiche e industriali con gli Stati 
Uniti venne pressa subito nei primi anni del dopoguerra.  
Il modello fordista americano si basava interamente su una produzione di massa, 
su salari piø alti per le classi meno agiate e su un consumo di massa. Molti italiani 
continuarono a difendere il sistema industriale europeo  stratificato , che 
includeva vari livelli di produzione e che mirava al mercato piuttosto che al 
 benessere  delle classi lavoratrici. Tuttavia le s fere economiche e politiche 
furono molto attratte dal modello americano, in particolare dall idea dei consumi 
di massa e dal Free Trade. La situazione dell industria italiana miglior , d opo il 
deficit del 1946, grazie ai finanziamenti dell UNRRA, United Nations Relief and 
Rehabilitation Administration, e dall apporto di materie prime deciso dal Piano 
Marshall, oltre agli ulteriori aiuti provenienti dall ERP, European Recovery 
Program3 (Merlo E., in Belfanti e Giusberti, 2003, pp. 667-697).   
Fino al 1945 l alleato tedesco fu il principale punto di riferimento per il nostro 
Paese, ma con la fine del conflitto l interesse italiano si spost  prima verso la 
                                                        
3
 Gli Stati Uniti fornirono direttamente all Italia 380 milioni di $ attraverso il United Nations 
Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), 98 milioni di $ grazie al Foreign Economic 
Administration (FEA) e indirettamente 110 milioni di $ (White, 2000, p. 13). 
 - 18 - 
Svizzera e poi verso gli Stati Uniti, dove il settore tessile presentava gi  da anni 
un carattere innovativo.  
La ripresa dell industria tessile italiana non fu solo dovuta agli interessi del Paese, 
ma gioc  un ruolo fondamentale nei piani americani in Italia. L interesse 
americano (cos  l appoggio previsto dal Piano Marshall) si basava sul fatto di 
avere grosse quantit  di cotone grezzo da lavorare,  e di volere promuovere 
contemporaneamente l esportazioni italiane, in modo da spingere l Italia verso un 
sistema commerciale liberale. Per questa ragione, tutta l industria italiana ricevette 
un forte sostegno dagli Stati Uniti.  
 
 
Il Piano Marshall e l industria tessile italiana 
 
Gli aiuti destinati all industria tessile furono erogati in due fasi distinte. 
Inizialmente, dopo la Guerra, ingenti quantit  di c api vestiari furono mandati in 
Italia dall America per vestire le popolazioni colpite dal conflitto; quelli che non 
potevano essere indossati, venivano rilavorati con fibre aggiunte per renderli piø 
resistenti. Successivamente, nell ottobre del 1945, oltre alla fornitura di beni di 
prima necessit  gli Stati Uniti finanziarono il set tore anche attraverso l erogazione 
di nuovi macchinari industriali e di forme di investimenti diretti, quasi 
esclusivamente pubblici, provenienti soprattutto dalla Exim Bank (Export-Import 
Bank), la quale aveva concesso a favore dell industria tessile italiana 25 milioni di 
dollari (ibid.) in prestito per la ripresa produttiva del Paese, per pagare le 150.000 
balle di cotone grezzo provenienti dagli Stati Uniti. Queste importazioni 
continuarono fino al 1949. Furono le piø grandi e potenti manifatture italiane, 
come Rivetti e Marzotto, che beneficiarono maggiormente degli aiuti del Piano 
Marshall, e che conseguentemente si arricchirono.  
Nel 1947 l industria tessile italiana speriment  un  mini-boom: il consumo 
mondiale di tessili, infatti, raggiunse proprio in quell anno i livelli precedenti il 
conflitto. L Italia sfrutt  appieno questa situazio ne beneficiando della favorevole 
congiuntura internazionale e degli aiuti americani4: in questo periodo il governo 
                                                        
4
 L 11%  degli aiuti europei previsti dal Piano Marshall vennero destinati all Italia (White, 2000, p. 
 - 19 - 
italiano alline  le sue industrie al modello americ ano, che ebbe cos  un impatto 
notevole su tutta l industria italiana. L economia degli Stati Uniti e l industria 
americana basata sul modello fordista, tecnologicamente avanzata, infatti, si 
presentavano come le uniche condizioni in grado di rilanciare in tempi brevi 
alcuni prodotti chiave della nostra piø raffinata produzione artigianale, come la 
moda e tutti gli altri settori ad essa collegati. 
I movimenti di capitale e le modalit  di utilizzo d ei prestiti statunitensi, non 
spiegano esaurientemente i rapporti che in questi anni le imprese tessili avevano 
stabilito con gli americani. Infatti, sebbene le informazioni a riguardo siano 
scarse, esistono alcune indicazioni riguardanti l utilizzo da parte degli Stati Uniti 
di alcune tecniche tessili italiane.  
Dall inizio degli anni Sessanta numeri rilevanti di attrezzature furono portate 
anche fuori dall Italia, verso gli Stati Uniti. A riguardo Nicola White, autore di 
Reconstrucing Italian Fashion (2000, p. 23), riporta nel volume l esempio 
dell impresa Snia Viscosa, leader del sintetico, che l  vi esport  i primi 
macchinari per la produzione del nylon seguiti da altrettanti esperti tecnici. 
Sempre piø frequentemente imprenditori e agenti commerciali si recavano per 
affari negli Stati Uniti, mentre i buyer iniziavano ad aprire i primi uffici di 
rappresentanza in Italia. Nel periodo tra il 1945-1965, le manifatture tessili 
italiane consolidarono definitivamente la presenza dei loro prodotti sul mercato 
americano.  
 
 
La ripresa dell Italian fashion 
 
La reputazione dell Italian fashion, come sinonimo di qualit  e tradizione, fu il 
fattore chiave della promozione della moda e degli stilisti italiani, prima negli 
anni Sessanta negli Stati Uniti, poi in tutto il mondo. Il periodo successivo alla 
Seconda Guerra Mondiale fu fondamentale per stabilire il successo che ancora 
oggi detiene l industria della moda, e gli Usa svolsero un ruolo significativo per lo 
sviluppo del sistema.  
                                                                                                                                                       
14). 
 - 20 - 
Numerose furono le iniziative intraprese, inizialmente grazie all appoggio di 
buyer e rivenditori americani, per promuovere le manifestazioni di moda a livello 
nazionale: Milano dovette aspettare il 1948 affinchØ Giorgini, gi  organizzatore 
dell’alta moda a Firenze, decidesse di lanciare qui un nuovo genere di moda, il 
prŒt- -porter. Nasce dunque a Milano, sulle rovine dell Ente Nazionale della 
Moda, il Centro Italiano della Moda di Milano con sede periferica a Roma avente 
il compito di rendere operativo il gemellaggio tessuti-abbigliamento. Il Centro 
Italiano della Moda, dimostr  fin da subito l inten zione di riunire attorno a sØ le 
case di moda organizzando al Teatro dell Opera, nell aprile del 1949, la prima 
manifestazione ufficiale di moda italiana, nella quale, nonostante fossero ancora 
molti i modelli d importazione, sfilarono i piø importanti atelier di Roma, Milano 
e Firenze. Negli anni Sessanta Milano Ł la capitale industriale d’Italia e conta una 
popolazione di 1 milione e 300 mila abitanti con un ritmo di entrata di 30 mila 
nuovi abitanti all’anno.  
A cominciare dalla met  degli anni Settanta si va c onsolidando il processo di 
democratizzazione della moda, a seguito dell introduzione sul mercato di prodotti 
di piø ampia diffusione, ponendo cos  le basi per una moda vicina allo spirito 
imprenditoriale abbandonando l’alta moda parigina per entrare nel mercato della 
moda pronta. Queste caratteristiche hanno fatto di Milano la capitale mondiale  
indiscussa della moda pronta. 
L evento decisivo si realizz  nel 1974, quando alcu ne case molto qualificate 
appartenenti alla Camera Nazionale decisero di non sfilare piø a Firenze, ma di 
creare una manifestazione autonoma a Milano. Anche se alcuni sarti romani 
tentarono la strada del prŒt- -porter5, fu il mercato milanese a mantenere il primo 
posto in questo campo grazie all alleanza degli sti listi, non piø sarti, ma veri e 
propri designer, con i piø importanti gruppi industriali: Marzotto, Zegna, GFT 
(Gruppo Finanziario Tessile). 
 
 
                                                        
5
 Ad accrescere la crisi dell alta moda romana durante gli anni Settanta aveva contribuito anche la 
stampa italiana, che critic  duramente le manifesta zioni capitoline per l eccessiva durata e per il 
numero di case presenti, molte delle quali carenti di capacit  creativa.