II
dinamiche di relazione fra linguaggio e realtà, sottolineando come il primo, 
determinando la prospettiva attraverso la quale si osserva la  seconda, si 
costituisca come un potente strumento di rappresentazione e di creazione di 
significati. 
Sia che si tratti di linguaggio inteso come parole in un testo, che di interfaccia 
come programma computazionale, esso costituisce uno spazio comune di confine 
fra due sistemi fra loro eterogenei – quello di chi comunica e di chi interpreta – 
che plasma inevitabilmente la comunicazione nel suo complesso, attraverso una 
grammatica e un’estetica ben precise. Le modalità di fruizione dell’intero sistema 
di conoscenza vengono orientate dai nuovi media secondo un approccio estetico, 
sensoriale, affettivo, oppure semplicemente cognitivo, di reperimento di 
informazioni: ciò conferma, per l’ennesima volta, come il mezzo sia portatore di 
una propria modalità ermeneutica, ovvero, con le parole di McLuhan, “the 
medium is the message”.  
Ma in che modo la tecnologia aiuta i visitatori a riflettere, ricordare, immaginare, 
valutare, comparare e, infine, interpretare il messaggio che sta dietro alla mostra? 
I nuovi media possono ampliare, approfondire, arricchire la visita al museo 
grazie alla pluralità delle loro funzioni, ma soprattutto al loro carattere di 
convergenza (in quanto consentono di manipolare informazione in forma 
digitale) e di interattività, consentendo una comunicazione sistemica e reticolare, 
piuttosto che lineare di tipo top-down. Essi si caratterizzano, poi, per la loro 
multicodalità, consentendo a chi li utilizza un approccio sinestetico (a livello 
quanto meno visivo e uditivo, ma nel caso della realtà virtuale anche tattile e 
cinestetico), particolarmente appropriato in ambito museale, dove il visitatore 
ricerca esperienze  sensoriali, emotive, immersive.  
Inoltre, la tecnologia non riproduce, ma rappresenta: essa non segue logiche 
descrittive, bensì ostensive (restauro virtuale, disponibilità di accesso a enormi 
banche dati, accesso all’infinitamente piccolo, grande, lontano…), offrendo 
possibilità espressive e strumenti di contestualizzazione che vanno ben oltre 
l’esibizione dell’oggetto reale in tutta la sua parzialità e, spesso, incompletezza.  
 III
Ci si chiede se il visitatore, davanti a queste rappresentazioni, non si senta come 
un prigioniero nella caverna di Platone, che vede passare sugli schermi dei 
computer ombre (immagini) di oggetti (contenuti reali) che non possono vedere. 
In realtà, ciò che si crea con l’ausilio del computer non sono ombre di oggetti 
reali illuminati da una luce che ne restituisce un’immagine distorta, bensì oggetti 
“altri”, che brillano di luce propria. La finzione è una menzogna solo quando la si 
postula come realtà data, ma se le si restituisce la sua funzione di comunicazione, 
di rappresentazione, essa si rivela in tutte le sue potenzialità, prima fra tutte 
quella di mostrarci la realtà che ci è familiare, quella che ormai non siamo più in 
grado di vedere, con occhi nuovi. L’esperienza della finzione diventa, così, più 
autentica di un oggetto reale, che ormai ci viene sottratto dalla forza 
dell’abitudine. 
I nuovi media restituiscono, poi, la componente ludica alla visita al museo, ossia 
quella dimensione essenziale per l’elaborazione di una cultura progredita, dove i 
singoli abbiano spazio per muoversi in modo creativo, per esprimersi attraverso 
cose e idee. “Spazio” per creare significati e continuamente rivisitarli, è ciò che 
nella lingua tedesca s’intende con la parola Spielraum. La tecnologia fornisce gli 
strumenti per una maggiore espressività, per un movimento creativo più ampio in 
questo Spielraum, innestando la dimensione del virtuale in quella del reale come 
un piano che s’incunei in una dimensione “altra”, provocando uno slittamento 
semantico ed estetico. Si tratta di due dimensioni, queste, che non si escludono 
reciprocamente, anzi, si potenziano, in un continuo gioco di allusioni, seduzioni, 
tangenze. Reale e virtuale si incontrano e si sottraggono l’un l’altro, e ciò 
rappresenta un’importante occasione per un museo, la cui vocazione non è solo 
quella di esporre oggetti reali, ma anche di significarli, di far affiorare i discorsi 
che scaturiscono dal loro essere immersi in una cultura ben precisa. Cogliere 
questa occasione significa, per un museo, comprendere che l’esposizione di un 
oggetto nella sua concretezza non comporta automaticamente l’emergenza dei 
discorsi che stanno dietro a tale oggetto: essa può, anzi, può rivelarsi una trappola 
che usurpa questi discorsi, soffocandoli e attribuendo loro significato estranei. 
 IV
L’oggetto in mostra dietro una teca, inserito in una determinata sequenza 
espositiva, non può parlare di sé e del proprio contesto originario: la realtà cela 
una menzogna, l’evidenza concreta degli oggetti si rivela apparato ideologico nel 
momento stesso in cui questi vengono collocati in una collezione, ed esposti al 
visitatore. 
I nuovi media restituiscono all’oggetto la propria collocazione, il proprio 
contesto, la propria identità, attraverso un’operazione solo apparentemente 
paradossale. 
Raccontando la storia delle opere in mostra, ricostruendo il contesto originario in 
cui esse si trovavano attraverso la Computer Graphic, ma anche semplicemente 
attraverso strumenti informativi come CD-ROM, Portable Digital Assistants 
oppure organizzando collegamenti video con luoghi remoti, il museo offre al 
visitatore un accesso più autentico al sapere. 
Questo accesso serve ad aprire le porte di un percorso personalizzato e 
consapevole, dove lo sguardo del visitatore trova un equilibrio tra visione 
generale (“glance”) e taglio prospettico (“view”) che privilegia alcune delle voci 
espresse dagli strumenti digitali, ma deve anche potersi muovere fra queste voci, 
cambiare prospettiva in modo fluido e articolato (non fisso, non 
“gaze”).L’informazione va processata, e i mezzi che la veicolano devono 
consentire uno spazio di metabolizzazione e selezione, anziché sovraccaricare 
cognitivamente l’utente, immagazzinando e spezzettando l’informazione come se 
fosse “carne da polpette”, secondo un’immagine usata da von Foerster. 
Il terzo capitolo affronta la questione del contributo dei nuovi media 
nell’elaborazione di servizi di supporto alla visita, del valore aggiunto che questi 
apportano al museo, arricchendone le collezioni, accrescendo il patrimonio 
culturale, stimolando la ricerca e fornendo occasioni per la creazione di network, 
sia esso inteso come trama che mette in comunicazione il museo con altre 
istituzioni culturali, sia come occasione di dialogo in senso esteso fra il mondo 
della cultura e dell’industria. 
 V
Un’istituzione che aspiri a disegni strategici di ampio respiro, che voglia proporsi 
come proattiva, piuttosto che adattiva, non può non inserirsi in una filiera 
complessa, che comprenda il turismo, l’editoria, le attività commerciali del 
territorio cui essa è legata; ciò comporta, da parte del museo, la possibilità di 
instaurare trame relazionali con imprese private e nuove occasioni di business 
con settori anche lontani dal proprio. 
Ciò si traduce, per esempio, nella condivisione di database di immagini da parte 
di varie istituzioni culturali – per cui la collezione di ciascun museo risulta 
enormemente potenziata dal patrimonio comune, ma anche le scuole e gli istituti 
di ricerca ne possono beneficiare – ma anche nella possibilità di sfruttare questo 
“deposito di conoscenza” nel settori industriale (si pensi alle potenzialità di un 
database sugli abiti di un determinato periodo storico in ambito tessile, della 
moda ecc.). Un database multimediale, inoltre, costituisce un’importante 
strumento promozionale: un network di istituzioni che offrono le proprie banche 
dati non solo alle scuole, ai visitatori e ai ricercatori, ma anche a Tour Operators, 
agenzie di viaggi, aziende di trasporti pubblici svolge un’azione integrata di 
divulgazione e diffusione in modo efficace e d efficiente.  
Gli ambiti di applicazione di un medesimo dato si ampliano enormemente, i 
singoli contributi si valorizzano reciprocamente. Allo stesso modo, una 
postazione multimediale collocata all’ingresso del museo illustra le opere che 
costituiscono la collezione (e rappresenta quindi un’importante strumento di 
accesso sia fisico che intellettuale, orientando il visitatore), ma anche le scelte 
che hanno determinato il progetto della mostra, nonché il legame fra museo e 
contesto cittadino, offrendo al visitatore la possibilità di conoscere l’offerta 
turistica in una prospettiva allargata al territorio. Il sistema informativo si 
trasforma in sistema strategico, sottolineando la portata culturale dell’offerta 
museale, e quindi caratterizzandola in modo unico rispetto alla concorrenza (altre 
attività legate allo svago e al tempo libero, con le quali la cultura è costantemente 
messa a confronto dai suoi potenziali utenti). 
 VI
La tecnologia, inoltre, combinando automazione e flessibilità, consente da un lato 
un innalzamento degli standard qualitativi (il servizio non è più pesantemente 
determinato dalla componente labour intensive, che lo rende variabile), e 
dall’altro una maggiore personalizzazione dell’offerta (l’utente interagisce con lo 
strumento, sceglie il proprio percorso).  
L’automazione della biglietteria, l’aggiornamento in tempo reale dei contenuti, il 
restauro virtuale, la maggiore visibilità (in termini di costo contatto) a parità di 
investimento promozionale consentita dai nuovi media sono solo alcuni esempi 
di come la tecnologia permetta di articolare dei servizi più efficienti, e, di 
conseguenza, una migliore allocazione delle risorse. 
Oltre ai già citati vantaggi che l’uso dei nuovi media apportano in termini di 
trasversalità e personalizzazione dei percorsi, di maggiore visibilità del 
patrimonio sommerso (contestualizzazione), di indotto industriale (creazione di 
network intersettoriali) oltre che di conservazione dell’opera (restauro virtuale, 
monitoraggio continuo della vita dell’opera), non va dimenticato il contributo che 
l’utilizzo di tali tecnologie apporta all’incremento del senso di orgoglio nazionale 
dei cittadini italiani, all’elaborazione, insomma, della consapevolezza di detenere 
un immenso patrimonio culturale che deriva dal passato, ma anche di aver creato, 
e di possederne, i relativi derivati elettronici. 
Il quarto capitolo è un case study dei laboratori didattici presso il Museo dei 
Bambini di Vienna, lo ZOOM Kindermuseum. Nello ZOOMLab i bambini 
imparano a conoscere oggetti  d’uso quotidiano attraverso nuove prospettive e a 
raccontare storie su di essi utilizzando i nuovi media, che si collocano come 
strumenti di supporto alla narrazione e alla creatività. Fondamentale per lo 
sviluppo di questo progetto è l’idea del museo costruttivista, secondo la quale la 
conoscenza di sé e del mondo che ci circonda – in cui gli oggetti d’uso 
quotidiano rappresentano una componente fondamentale, in quanto portatori di 
significati culturali e personali – si costruisce  rielaborando e producendo  in 
modo creativo nuovi significati. Non autoritaria e univoca trasmissione di 
conoscenza dal museo al bambino, dunque, bensì valorizzazione della scoperta 
 VII
individuale, oltre che interazione e condivisione delle proprie interpretazioni e 
percezioni a livello di gruppo. 
Sei sono gli obiettivi conseguiti, in questo senso, dallo ZOOMLab: 
coinvolgimento fisico motorio e mentale; educazione al gioco; stimolo all’auto-
consapevolezza, responsabilizzazione e auto-stima; focus sul processo di 
apprendimento più che sul risultato; incentivo alla collaborazione; esplorazione 
multisensoriale di nuovi scenari e territori non familiari, ancorandoli però sempre 
al vissuto quotidiano (gli oggetti) del bambino, mettendolo quindi in condizione 
di interiorizzare la novità e rinegoziare il proprio mondo interiore (das Innere) 
con la realtà esterna. 
Lo ZOOMLab offre un’occasione per comprendere come la propria esperienza 
personale si collochi in un tessuto culturale di valori condivisi e di apparati di 
conoscenza, e di condividere e tramandare agli altri membri della comunità una 
parte di se stessi, attraverso ciò che si è creato. 
In Appendice, infine, si offre una breve rassegna di casi che illustrano vari aspetti 
dell’uso dei nuovi media in ambito museale; ciascuno ne mette in luce una 
potenzialità diversa, contribuendo a creare un quadro che, ovviamente, non ha 
pretesa di esaustività, proprio perché l’auspicio maggiore è che i nuovi media 
aprano alla museologia prospettive sempre nuove, e che ciò che è stato realizzato 
finora non sia che l’inizio di un entusiasmante percorso di esplorazione di tali 
prospettive. 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO I 
 
LA COMUNICAZIONE 
 
 
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI 
NEL MUSEO 
 
 2
Introduzione 
 
Definire il concetto di comunicazione in termini teorici comporta 
necessariamente operare una scelta semantica precisa, una presa di posizione su 
quale aspetto si vada ad affrontare e su quale prospettiva si voglia adottare. 
Quello della comunicazione, infatti, � un processo altamente pervasivo, che ci 
coinvolge profondamente sia a livello individuale che collettivo e che informa i 
pi� svariati ambiti disciplinari: dalla psicologia alla sociologia, dall�antropologia 
alla linguistica, alla semiologia, all�economia fino all�informatica e cos� via. Tutti 
questi contributi e i loro livelli d�indagine sono a loro volta applicabili all�ambito 
museale, e in particolare, per quanto riguarda questo studio, a quello 
dell�applicazione della multimedialit� nella comunicazione museale.  
Nel tentativo di elaborazione del concetto di comunicazione non � possibile 
prescindere da tre assunti basilari: 
- essa � in generale un processo permanente nato ed esteso a vari gruppi; 
- l�uomo in particolare non pu� prescindere da essa, perch� � condizione 
intrinseca al suo essere sociale, il suo modo d�essere, e non uno strumento di 
cui decide di fare uso o meno; 
- affinch� ci sia trasmissione di informazioni, � necessaria la presenza di 
almeno tre entit�: un emittente, un destinatario o ricevente e un messaggio 
veicolato dal primo al secondo. 
 
LA COMUNICAZIONE 
 
 
3
1.1  MODELLI DI COMUNICAZIONE 
 
1.1.1 Modelli lineari di comunicazione  
 
Una prima teoria che ci pu� avvicinare ad una definizione di comunicazione 
� quella di R. Jakobson
 1
. Essa prevede, oltre alla triade precedentemente 
articolata in cui A e B sono due organismi capaci di percepirsi reciprocamente e 
C l�oggetto su cui converge la loro attenzione congiunta, la presenza di un 
contesto, un canale e un codice. In base a tale modello, la comunicazione pu� 
essere sintetizzata come quel processo di trasmissione di una quantit� di 
informazioni, codificate in messaggi, tra entit� definite emittenti, cio� coloro che 
possiedono e governano l�informazione e che si costituiscono come fonte dei 
messaggi, ed entit� definite riceventi, cio� coloro cui il messaggio � � 
intenzionalmente o meno � destinato e veicolato tramite un codice e un canale, 
che i due devono condividere affinch� la trasmissione abbia buon esito. Il tutto 
avviene in un contesto, ovvero un ambiente che, se a livello fisico pu� non essere 
condiviso, deve esserlo a livello concettuale, in quanto gioca un ruolo 
fondamentale nell�attribuzione di senso del messaggio.  
Secondo Jakobson, in base all�entit� su cui viene posto l�accento, la 
comunicazione pu� assumere varie funzioni, le quali comunque non si escludono  
reciprocamente: 
- Funzione referenziale: orientata al contesto, gi� noto a priori; sottolinea la 
capacit� del linguaggio di riferirsi ai fatti; 
- Funzione emotiva: centrata sul mittente, del quale comunica lo stato d�animo 
(interiezioni, ironia, tono della voce etc.); 
- Funzione conativa: orientata al destinatario, a modificarne il comportamento 
(per esempio: �Andate!�); 
- Funzione fatica: condizionata dal canale, il suo scopo � stabilire e controllare 
la comunicazione con il destinatario (per esempio, �pronto?�, �mi ascolti?�); 
                                                           
1
 R. Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966. 
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI 
NEL MUSEO 
 
 4
- Funzione metalinguistica: orientata al codice (per esempio: la spiegazione di 
una parola, del contenuto di un  paragrafo etc.): 
- Funzione poetica: esalta il ruolo del messaggio, si centra sulle sue 
caratteristiche. Il messaggio ha valore non solo perch� portatore di 
informazioni, ma anche per la forma in cui � espresso. 
Un approccio altrettanto schematizzante, inevitabile tendenza che ogni 
modellizzazione tende ad assumere, � quello della comunicazione postale dei due 
matematici statunitensi C.E. Shannon e W. Weaver
2
. In esso le parti interagenti 
vengono considerate come entit� distinte che agiscono occasionalmente l�una 
sull�altra, e le influenze reciproche vengono concettualizzate nei termini di una 
sequenza lineare continua di eventi che si svolgono nell�ambito di uno schema 
diadico. Shannon e Weaver, proponendo un modello matematico 
dell�informazione, definiscono il processo comunicativo come il passaggio di un 
segnale (o messaggio) da una fonte (il soggetto emittente) attraverso un 
trasmettitore (il suo apparato fonatorio, o mimico, ecc.), lungo un canale (il 
mezzo materiale utilizzato) ad un destinatario (il soggetto ricevente) grazie ad un 
recettore (organi di senso del soggetto ricevente).  
                                                           
2
 C.E. Shannon e W. Weaver, The Mathematical Theory of Communication, Illinois UP, Urbana 
1949. 
LA COMUNICAZIONE 
 
 
5
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
        
 
                                            
 
 
 
 
    
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                       
 
 
                                          
 
 
 
 
 
Fig.1. Rappresentazione del processo di trasmissione dell�informazione secondo Shannon e 
Weaver. 
 
 
Una situazione esemplificativa potrebbe essere: �Quando io ti parlo il mio 
cervello � la fonte di informazione, il tuo il destinatario; il mio sistema vocale � 
l�emittente, e il tuo orecchio costituiscono il ricevente�. 
FONTE
MESSAGGIO 
ENCODING 
TRASMETTITORE 
CANALE RUMORE 
RECETTORE 
DECODING 
MESSAGGIO 
DESTINATARIO
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI 
NEL MUSEO 
 
 6
In realt� la situazione non � cos� semplice: nel modello di Jakobson infatti, 
come in quello di Shannon e Weaver, ogni entit� sembra agire 
indipendentemente, nel determinare il tipo di funzione e finalit� comunicativa nel 
primo caso, e nella trasmissione di messaggi da un lato codificati e dall�altro 
decodificati nel secondo caso. Ci� che viene qui ignorato � il fatto che coloro che 
partecipano allo scambio non si riducono mai a semplici trasmettitori, cos� come 
i pensieri non sono pacchetti che possono essere trasferiti da una testa all�altra. 
Nonostante un modello matematico come quello di Shannon e Weaver fornisca 
indicazioni su vincoli e modalit� di elaborazione di elaborazione e trasmissione 
di messaggi codificati, esso rimane astratto e incorporeo: in esso non c�� posto 
per il concetto di feedback, inteso come �informazione che ritorna dal ricevente 
alla fonte, fornendole la possibilit� di modificare la comunicazione successiva�
3
. 
In altre parole � possibile attuare una costante risemantizzazione del messaggio, 
che reca con s� una conoscenza che � sempre  processo, mai dato di fatto. Le 
situazioni comunicative sono il frutto di un percorso che si costituisce in base a 
continue ridefinizioni di ruoli e significati. Secondo U.Eco, infatti, al messaggio 
viene assegnata una marca semantica sempre diversa, che egli definisce come 
�codice di selezioni restrittive che relazionano il messaggi ad un contesto�
4
. Eco 
vede in questa marca la modalit� costitutiva della comunicazione semantica (la 
dimensione contenutistica, legata al messaggio): �Perch� ci sia significazione, 
occorre che al sistema dei significati corrisponda un sistema delle unit� culturali. 
Definire, descrivere ed esaurire questo sistema � di fatto impossibile e non solo a 
causa della sua vastit�, ma anche perch� nel cerchio della semiosi illimitata le 
unit� culturali nella loro correlazione si ristrutturano di continuo�
5
. Se riferiamo 
questa affermazione ad una situazione comunicativa semplificata come quella dei 
due schemi di Jakobson e di Shannon e Weaver, le �entit� culturali� andranno 
interpretate come l�emittente e il destinatario, ma fondamentalmente notiamo 
                                                           
3
 L. Anolli e R. Ciceri, Elementi di psicologia della comunicazione: processi cognitivi e aspetti 
strategici, LED, Milano 1995, p.32. 
4
 U.Eco, Segno, Mondadori, Milano 1980, p.150. 
5
 Ibidem, p.151. 
LA COMUNICAZIONE 
 
 
7
come la modalit� di �continua ristrutturazione� rimanga tale. La parola � 
immersa in un universo di relazioni, e i sensi che essa contrae dipendono dal 
contesto semantico in cui appare. 
Arriviamo cos� al superamento della concezione lineare manifesta nei due 
modelli di cui sopra, per scoprire come, secondo A.M. Ronchi, � la dinamica 
relazionale dei processi comunicativi faccia s� che in ogni momento sia operante 
una particolare configurazione della rete semantica�
6
, e ancora come sussista 
�una continua e necessaria negoziazione tra entit� distinte, un patteggiare fra le 
parti in gioco che non � mai a-problematico, e che coinvolge processi complessi 
di codifica, decodifica e di produzione di senso, sulla base di codici linguistici e 
comunicativi, di valori, di intenzionalit� e di comportamenti convenzionalmente 
accettati da parte dei membri della comunit� implicati nel processo stesso, dai 
quali dipende la comprensione dei messaggi, sia la possibilit� che tali messaggi 
hanno di suscitare un qualche effetto�
7
. 
 
1.1.2 La comunicazione sistemica 
 
Il fatto che la comunicazione non sia lineare ma sistemica e reticolare, 
comporta una serie di possibili asimmetrie che possono compromettere l�esito 
della stessa. Se si considera la diade emittente (A) /destinatario (B), una possibile 
asimmetria pu� essere data dal fatto che i messaggi di A diretti a B vengano da 
quest�ultimo parzialmente o totalmente fraintesi (vari livelli di incomprensione a 
seconda di quanto la sorgente e il destinatario del messaggio non concordino su 
quale senso e valore attribuire ad un dato segnale). Nell�indirizzare un messaggio 
a B, per esempio, A pu� farlo in modo pi� o meno autoritario, conseguentemente 
B verr� sottoposto a processi di sacralizzazione che di solito variano a seconda 
del coinvolgimento empatico e  
                                                           
6
 A.M. Ronchi, Considerazioni riguardo il presente ed il futuro dei musei virtuali, in �Sistemi 
Intelligenti�, 2, 1998, p.170. 
7
 Ibidem, p.170. 
 
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI 
NEL MUSEO 
 
 8
 
del livello di formalit� del contesto comunicativo. Colui che avvia il processo 
comunicativo emettendo un messaggio dunque, pu� esercitare un controllo su di 
esso rendendosi consapevole non solo del processo stesso, ma anche degli effetti 
che ne conseguono, cio� delle modalit� di ricezione e semantizzazione del 
soggetto destinatario. Si � a questo proposito parlato di �possibilit� dei messaggi 
di suscitare un qualche effetto�
8
, tuttavia un tale controllo � possibile solo 
limitatamente ad alcuni aspetti della ricezione: nella comunicazione, infatti, c�� 
sempre un�irriducibile ed inalienabile quota di soggettivit�, e non � possibile 
prevedere tutte le combinazioni semantiche di un atto comunicativo. La 
psicologia sociale del discorso studia appunto come questi processi di 
semantizzazione, rappresentazione, categorizzazione e la conseguente produzione 
di stereotipi vengano acquisiti, utilizzati e scambiati da individui e gruppi 
attraverso testi e conversazione. Essa definisce le modalit� e gli strumenti di cui 
l�emittente si pu� servire per controllare e influenzare gli effetti e le ripercussioni 
del messaggio sul destinatario.  
Anzitutto egli deve individuare le specificit� della situazione comunicativa 
e adeguarle al proprio comportamento: le circostanze possono richiedere un 
atteggiamento pi� o meno formale, vari livello di familiarit�� 
In base alla situazione egli dovr� inoltre saper assumere codici comunicativi 
(verbali e gestuali) pertinenti; per quanto riguarda il codice linguistico, � 
necessario saper utilizzare le potenzialit� della lingua per trovare la formulazione 
non solo pi� adeguata, ma anche la pi� efficace. Conoscere e applicare 
consapevolmente i codici linguistici, infatti, permette una produzione controllata 
di testi dotati di una buona leggibilità (la forma fisica con cui il testo si presenta 
al lettore/ascoltatore, per esempio il lettering, la divisione in paragrafi, 
capoversi�), comprensibilità e organizzazione logico-concettuale.