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Introduzione 
“La Grande Italia” fu un giornale fascista marchigiano che 
non ebbe grandissima fortuna. La sua vita editoriale fu 
relativamente breve considerando che uscì praticamente 
all’unisono con la presa del potere di Mussolini. Infatti vide la 
luce nel settembre 1922 mentre l’ultimo numero dell’edizione 
settimanale è datato aprile 1924. 
La testata proverà a ripresentarsi subito, fin da giugno, con 
una nuova veste e con un nuovo formato in versione mensile, ma 
anche questa soluzione non riscuoterà il successo sperato, e al 
marzo del 1925 cesserà definitivamente la pubblicazione. 
Qui si è voluto prendere in esame solamente l’edizione 
settimanale che ricopre quindi un arco temporale di circa due 
anni e mezzo. Non molti, ma comunque anni fondamentali e
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ricchissimi di eventi politici, sociali ed economici che 
segneranno profondamente la storia del Paese. 
Anni che videro la crisi e il fallimento di un sistema politico 
che per settanta anni aveva guidato l’Italia unita, tra guerre, 
espansione coloniale e lotte sociali: lo stato liberale. 
Anni che videro nascere, crescere e affermarsi una nuova 
forza politica e sociale che si opponeva al vecchio sistema e che a 
questo voleva succedere, un nuovo movimento reazionario e 
rivoluzionario che interpretò il diffuso malcontento popolare e 
dei poteri economici attraverso una politica autoritaria, squadrista 
e antiparlamentare: il fascismo. 
“La Grande Italia” fu un giornale regionale; stampato ad 
Ancona non godette mai di grandissima diffusione, ma 
soprattutto nella capitale dorica e nella sua provincia esso funse 
da punto di riferimento e guida per tutti i fascisti. 
Il settimanale non era molto corposo e all’inizio si limitò a 
uscire in tre pagine più una pubblicitaria. Di solito la prima 
pagina ospitava articoli di politica nazionale (a parte occasioni 
speciali), mentre nelle pagine restanti era relegata la cronaca di 
Ancona e delle altre città marchigiane. 
Una volta avvenuta la fusione con il giornale nazionalista “La 
Prora” (aprile 1923), il giornale si arricchì di un’ulteriore pagina 
dove venne inserita la cronaca sindacale.
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“La Grande Italia” fu protagonista, attraverso le sue pagine 
ma anche attraverso la sua stessa storia editoriale, del processo di 
evoluzione del fascismo marchigiano che passò attraverso 
momenti gloriosi e crisi profonde. Basti pensare alla linea 
editoriale che passò dalle mani di uno squadrista della prima ora 
come Nello Zazzarini a quelle dei nazionalisti e dei revisionisti. 
Tutto questo è stato d’ispirazione a ciò che si è voluto qui 
realizzare. Ovvero evidenziare alcuni avvenimenti o questioni 
che ebbero un’importanza di livello nazionale e vedere come 
queste vennero recepite, fatte proprie e affrontate dal settimanale 
marchigiano. 
Dopo un primo capitolo in cui si tracciano, parallelamente, 
una breve storia del fascismo della regione e del giornale, si 
passerà ad affrontare la “marcia su Roma” e le giornate che la 
precedettero. 
All’istituzione della milizia fascista è invece dedicato il terzo 
capitolo cui seguiranno la trattazione nel quarto e nel quinto 
rispettivamente della fusione del PNF con i nazionalisti e 
l’annoso problema della questione adriatica.
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Capitolo 1  
Le Marche e “La Grande Italia”. 
Fino alle elezioni del 1921 il fascismo nelle Marche fu un 
fenomeno di ben poco conto. Nonostante l’inevitabile declino e 
la debolezza della destra tradizionale potrebbero favorire l’ascesa 
del nuovo movimento mussoliniano, dalla tornata elettorale 
uscirà eletto per tutta la regione un unico rappresentante, quel 
Silvio Gai che già aveva fatto fortuna grazie alla Società 
Marchigiana di Elettricità. 
Successivamente si avvia una nuova fase che porterà a livello 
nazionale un rapido processo di istituzionalizzazione del 
fascismo stesso soprattutto attraverso la fondazione del Partito 
Nazionale Fascista, allo scopo di andare oltre il movimentismo 
delle origini e di guadagnare quei risultati politici che avrebbero 
aperto al Duce la strada verso il governo di Roma. 
Ma se puntiamo l’attenzione alla sola regione Marche ci 
accorgiamo di come questa fase sia più graduale e arriverà a 
compimento con almeno un anno di ritardo. Nel frattempo, tra il 
1921 e il 1922, l’inserimento nel sistema repressivo dello stato
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liberale e il tacito consenso da parte di quest’ultimo di fare della 
violenza lo strumento principe della lotta politica, permetterà al 
fascismo di avere la meglio sia sui partiti “sovversivi” della 
sinistra sia sullo stesso partito liberale e quello nazionalista. I 
primi, dopo un biennio di lotte, si avviavano oramai ad un lungo 
declino mentre ai secondi, seppur ben strutturati ed organizzati 
nel territorio, venne meno quella spregiudicatezza tanta cara al 
movimento squadristico. E’ importante ricordare che in questa 
fase fu fondamentale l’appoggio al fascismo di settori di rilievo 
della società civile come quello agrario e quello nuovo, ma non 
meno importante, dell’elettricità e della telefonia. 
L’occupazione da parte delle camicie nere delle città di 
Tolentino, Pergola, S.Elpidio e soprattutto di Ancona nei primi 
giorni di agosto sanciscono la rapida, totale e relativamente facile 
conquista militare di tutto il territorio marchigiano. Appena 
conquistata la regione, il partito fascista, guidato da Gai, si rese 
conto della necessità di confermare il successo ottenuto e di 
raccogliere un consenso maggiore di quello acquisito con la 
campagna militare. Gai e i suoi manipoli dovevano ora affermarsi 
su un piano diverso da quello militare ossia quello politico-
culturale allargando la base e definendo meglio la propria 
identità. 
D’altronde gli stessi marchigiani ormai stanchi di anni di 
tensioni, conflitti e incertezze che si prolungano dalla guerra
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guardano con curiosità questo fenomeno nuovo, auspicando una 
normalizzazione della situazione. E’ in questo clima che il giorno 
3 settembre nasce il giornale “La Grande Italia” che si presenta ai 
suoi nuovi lettori con queste parole: 
Il fascismo ha conquistata la trincea rossa che calunniava 
la Marca generosa e deposte le armi, esso oggi si lancia alla 
conquista delle anime, sicuro del trionfo, perché giusta e santa è 
la causa che difende. 
Quindi come conferma l’intero articolo, il fascismo prova a 
presentarsi con un volto più rassicurante rivolgendosi soprattutto 
ai lavoratori che più di tutti sono stati ingannati dalla demagogia 
dei partiti. 
Interessante per i suoi contenuti è anche un altro articolo che 
compare nel primo numero e che ha per titolo Democrazia, a 
firma di Giuseppe Bastianini, allora vice segretario del PNF che 
scrive: 
Il fascismo combatte indubbiamente la democrazia in tutte 
le specie e sottospecie che ha  assunto in Italia, ma non per i 
principii di cui essa si dice paladina, piuttosto per il metodo con 
quali tali principi, anziché venire applicati vengono deformati 
quotidianamente secondo esigenze particolari e a tutto danno 
della comunità.
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1  Anonimo;Presentazione, in “La Grande Italia” anno I n.1, Ancona 3 settembre 
1922.
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Il messaggio per tutte le forze che intendono stare con i 
fascisti (nazionalisti, monarchici e liberali) è chiarissimo: 
dimenticare la pratica democratica. 
Alla fine della violenza si arriverà in tempi molto brevi, dato 
che i movimenti operai e anarchici, a parte qualche sporadico 
episodio di resistenza, hanno ormai gettato la spugna. 
Al contrario il partito repubblicano, rappresentato dal 
riformista Oddo Marinelli, aprì ai fascisti sperando di ricevere in 
cambio il ritorno all’ordine sociale e un ritorno agli ideali 
patriottici. Resta sorprendente come lo stesso Marinelli e buona 
parte dei repubblicani anconetani esprimano ancora fiducia nel 
nuovo corso (anche dopo l’aggressivo discorso di Mussolini alla 
Camera del 16 novembre 1922), evidentemente ormai con la 
speranza di salvare il salvabile. Purtroppo non si rivelerà una 
scelta molto lungimirante. Questo atteggiamento risulterà difatti 
fatale al partito repubblicano e sarà decisivo nella scissione 
provocata dalla corrente di destra, interna al partito, nel gennaio 
del 1923. Ciò porterà nello stesso anno alla fondazione della 
Federazione repubblicana autonoma a cui parteciperà lo stesso 
Marinelli. 
Tale divisione sarà accolta con entusiasmo da “La Grande 
Italia” dove nell’articolo intitolato Rinsavimento repubblicano, 
nell’ultimo numero di gennaio, si legge:
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Finalmente! E’con un senso di viva e sincera soddisfazione 
che si può leggere che una parte cospicua di repubblicani, e non 
certo quelli di minor valore, sta assumendo un atteggiamento 
decisamente contrario a quello tenuto da oltre quattro anni a 
questa parte dalla direzione del P.R.I. la quale si era buttata in 
braccio al peggior bolscevismo antimazziniano.
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La firma è di Nello Zazzarini, precursore del fascismo 
marchigiano ed ex segretario dei giovani repubblicani, che 
auspicherà addirittura “buoni rapporti di buon vicinato”. 
Secondo lo storico ascolano Pietro Rinaldo Fanesi “in questa 
fase Marinelli pensava forse in maniera alquanto machiavellica 
che fosse possibile un’azione di contrasto al fascismo che si 
andava affermando, sfruttando alcune divisioni interne al 
movimento mussoliniano, dato che tra i fascisti anconetani 
c’erano alcuni massoni.”
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 Più probabilmente Marinelli da sempre 
interventista e filodannunziano sentì più vicino a sé l’ideale 
patriottico fascista che quello rivoluzionario delle forze della 
sinistra. Ciononostante la strada politica di Marinelli non si 
fonderà mai con quella del fascismo e anzi si dividerà, tanto che 
                                           
 
2  N. Zazzarini; Rinsavimento repubblicano, in “La Grande Italia”  n.3, 28 gennaio 
1923. 
3  P. R.Fanesi; Oddo Marinelli, in N.Sbano (a cura di), Avvocati politici,politici 
avvocati, Il lavoro editoriale, Ancona 2006, pag  124.
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durante la lotta di liberazione sarà l’indiscussa e autorevole guida 
del CLN delle Marche. 
Nonostante l’eclatante successo, il consenso sempre crescente 
e la costante incapacità di reazione dei suoi avversari, l’inizio del 
1923 è un periodo piuttosto travagliato per il fascismo 
marchigiano. Il problema principale sul quale nascono fazioni, 
diatribe e rancori all’interno del partito ruota intorno alla 
questione dei fascisti della seconda ora e degli opportunisti. Il 
portavoce del malcontento della vecchia guardia nei confronti dei 
“nuovi arrivati” (cioè di coloro che salivano sul carro del 
vincitore all’ultimo momento, come ad esempio i massoni) è 
Silvio Gai, ras locale ed eroe della conquista di Ancona, convinto 
assertore del motto: “fascisti non si diventa, ci si nasce”. 
“La Grande Italia” fu protagonista di questo periodo 
ospitando nelle sue pagine proclami e riflessioni dei massimi 
esponenti del fascismo locale come lo stesso Gai o il suo rivale 
principale: il console della legione marchigiana Ottorino 
Giannantoni. 
Frattanto la situazione nazionale stava rapidamente mutando. 
Per Mussolini i tempi erano ormai maturi per lo scioglimento del 
movimento nazionalista nel PNF che poté essere completato nel 
marzo 1923.
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Subito dopo l’unione dei due movimenti anche il settimanale 
marchigiano si adatta alla nuova situazione politica inglobando il 
giornale simbolo del nazionalismo marchigiano: “La Prora”. A 
partire dall’edizione del primo aprile uscirà la testata rinnovata: 
“La Prora Grande Italia”. Novità anche alla redazione dove al 
veterano Zazzarini viene affiancato il leader nazionalista Serafino 
Mazzolini. 
Questo ulteriore ingrossamento delle file fasciste farà 
rapidamente precipitare la situazione nella regione. Una presa di 
posizione forte viene manifestata da Gai subito dopo la 
cooptazione dei nazionalisti; su “La Prora la Grande Italia” dell'8 
aprile compare infatti una circolare durissima e decisiva contro 
gli opportunisti, che qui si legge integralmente: 
Dalle giornate della rivoluzione d’ottobre il Fascismo 
Marchigiano, e si può dire che ciò avviene in tutta Italia, soffre 
del male sottile degli ultimi arrivati. Di quelli che sentono 
vibrare nell’ intimo l’anima fascista solo dopo l’ultima 
giornata, quando la vittoria spaziava gloriosa nel bel cielo 
d’Italia. 
Anima fascista pertinacemente nascosta e riservata quando 
nel gioco erano morte privazioni,sacrificio dei propri beni, 
gioiosa e spavalda di romano impulso quando, scomparse le 
truci visioni, si profilavano all’orizzonte onori e prebende. 
Avessero almeno mantenuto un contegno riservato. No! Al 
contrario si son lanciati all’ assalto delle cariche, nell’ intento 
ormai evidente di asservire i Fasci alle vecchie camorre di 
politicanti. Vilissima gente più spregevole ancora dei social 
comunisti i quali sia pur presentandone la schiena,corsero 
almeno il rischio della vita.
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E’ tempo di liberarsene. 
Né  le rivoluzioni si fanno per valorizzare uomini e metodi 
contro i quali si è combattuto. 
Pochi ma buoni, i fascisti devono mantenersi una piccola 
minoranza audace che precede il popolo italiano sulla via della 
sua terza grandezza  
Qualità non quantità, il Fascismo Marchigiano ha 
dimostrato con le sue gloriose azioni, la verità di questo 
assioma. 
Per guarire il male ordino la cancellazione di tutte le 
iscrizioni avvenute dopo il 30 ottobre incluso. I fasci costituiti 
dopo tale data saranno sottoposti ad una rigorosa revisione che 
tenga conto delle ragioni per cui la costituzione non si poté e 
delle origini politiche degli iscritti. 
In questa opera di epurazione è impegnato l’onore dei 
Segretari provinciali e dei Segretari dei Fasci.Recanati,3-4-23.
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La condanna da parte di Gai è quindi durissima e la soluzione 
addirittura drastica se si viene a parlare apertamente di 
epurazione. 
Sempre nello stesso numero compare proprio sotto il 
sopracitato duro ordine di Gai un articolo di un certo dottore G.C. 
titolato: ”Primi e ultimi” nel quale l’autore con un'attenta analisi 
non condivide questa divisione: 
                                           
 
4  S.Gai; Un ordine di S.E. l’on. Gai, in “La Prora Grande Italia”  n. 14, 8 aprile 
1923.