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Introduzione  
In questa tesi si affronterà il tema delle politiche occupazionali dei paesi membri 
dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) e come lo stesso 
organismo abbia cercato di far fronte alla crisi che di recente ha colpito i mercati finanziari 
ed economici. 
Si analizzeranno le politiche del lavoro implementate dall’Ocse ma, per poterlo fare, 
si studierà, nel primo capitolo, il fenomeno della disoccupazione.  
La disoccupazione infatti è la condizione in cui si trova chi vorrebbe lavorare ma non 
trova lavoro o perchØ lo ha perso o perchØ è la prima volta che lo cerca.  
Si vedranno, abbinando il mercato dei beni e del lavoro che operano in concorrenza 
perfetta, la domanda e l’offerta di lavoro in due modelli: competitivo e non competitivo. 
La teoria competitiva dell’offerta di lavoro mostrerà che la scelta del numero di ore 
di lavoro da offrire sul mercato è determinata dal confronto tra salario e tasso marginale di 
sostituzione tra lavoro e ozio. Pertanto gli individui offriranno le proprie prestazioni 
lavorative laddove il loro sforzo sia esattamente compensato dal salario reale. Per quanto 
riguarda invece la curva di domanda di lavoro aggregata, essa esprime la relazione inversa 
tra occupazione e livello salariale. 
Come già anticipato, si presenterà poi il modello non competitivo, di recente molto 
usato dagli economisti perchØ ritengono che le imprese e i lavoratori  godono di un certo 
potere di mercato quindi è parso giusto tenere conto di ciò nel vedere come si determinano 
i salari nelle nostre economie.  
Nell’esaminare il mercato di lavoro e la disoccupazione non si potrà non fare un 
piccolo accenno all’istituzione del sindacato.  
Anche se i lavoratori non fossero organizzati in un sindacato, si può pensare che 
all’interno di ciascuna impresa esistano dei gruppi di potere che ne condizionano le 
decisioni mediante un processo di contrattazione locale che può avere luogo a livello 
individuale o collettivo, questa è la situazione tipica dei modelli insider-outsider che 
costituiscono una variante dei modelli sul ruolo del sindacato.  
Verrà anche approfondito il fenomeno dell’incapacità della disoccupazione di 
ritornare al suo livello iniziale ovvero l’isteresi fornendo varie spiegazioni a tale 
condizione.  
Si vedrà come il fenomeno della disoccupazione ha assunto caratteristiche diverse a 
seconda che si parli dei paesi membri dell’Ocse o dell’Europa perchØ diverso è 
l’andamento del fenomeno. Proprio per questo è importante studiare ed analizzare le 
politiche per l’occupazione volte appunto a ridurre al minimo il numero dei disoccupati. 
L’Ocse ha classificato le politiche in passive includendo tra queste quelle a tutela 
economica dei disoccupati e pensionamento anticipato, e politiche attive tra cui si trovano 
orientamento, formazione, schemi di suddivisione del lavoro, incentivi all’occupazione, 
inserimento dei disabili, creazione diretta di lavoro nel settore pubblico e incentivi alle 
nuove attività d’impresa.  
Nel secondo capitolo, si analizzerà come, dal punto di vista dell’Ocse, ci sono dei 
fattori istituzionali che rendono rigidi salari e prezzi come l’assetto della contrattazione, la 
regolamentazione del mercato del lavoro, sussidio al reddito e il cuneo fiscale.
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Successivamente, si intraprenderà lo studio di riforme del mercato di lavoro per far 
fronte ad una disoccupazione elevata e persistente e si individueranno una serie di fattori 
politici e istituzionali determinanti tale fenomeno attraverso un analisi econometrica con 
dati panel. Secondo un’altra visione della politica dell’Ocse, si sostiene che i pacchetti di 
politica globale siano forse piø appropriati rispetto alle riforme del mercato del lavoro 
anche se in realtà non si è fornito alcuna prova circa l’esistenza di pacchetti di politica di 
successo.  
Per valutare possibili effetti di interazione tra politiche e istituzioni si  amplierà 
l’analisi econometrica precedentemente svolta.  
Un analisi approfondita si incentrerà su altri fattori determinanti i modelli di 
disoccupazione che nell’analisi precedente sono state escluse come la politica degli 
alloggi, salari minimi e politiche attive del mercato del lavoro.  
L’analisi sui fattori trainanti della partecipazione alla forza lavoro sarà svolta anche 
per i maschi in età adulta, femmine in età adulta, lavoratori anziani  e giovani.  
Nel terzo capitolo, si condurrà un interessante studio circa le politiche occupazionali 
volte a ridurre la disoccupazione, aumentare l’occupazione e la prosperità.  
Le riforme del mercato del lavoro dal 1994 sono state raggruppate in sette aree tra 
cui le politiche attive del mercato del lavoro, imposte sul lavoro, legislazione per la tutela 
dell’occupazione, sussidi di disoccupazione, contrattazione salariale, orario di lavoro 
flessibile e, infine, gli incentivi a rimanere nel mercato del lavoro.   
Le politiche attive del mercato del lavoro cercano di intensificare la ricerca di lavoro 
ma anche a beneficiare quei gruppi di lavoratori piø deboli. Si mostrerà come da parte 
dell’Ocse sono state avviate diverse riforme incentrate su quattro aree tra cui il 
posizionamento del servizio di  pubblico impiego, una maggiore enfasi sul monitoraggio 
della disponibilità di lavoro intesa quale rigorosa applicazione di requisiti per la ricerca di 
posti di lavoro; attivare i disoccupati in modo tale da evitare la perdita di competenze e, 
infine, la gestione per le attività di servizio per l’impiego. 
Le imposte sul lavoro spesso vengono trasferite sui lavoratori con l’effetto di una 
riduzione dell’offerta di lavoro. 
Si menzionerà anche la legislazione a tutela della disoccupazione per evitare degli 
effetti negativi che colpiscono le fasce piø deboli di lavoratori. La maggior parte dei paesi 
dell’Ocse si sono concentrati sulla relazione tra i lavoratori a tempo determinato e tempo 
indeterminato.  
I sussidi di disoccupazione mirano a ridurre la disoccupazione e concedere a chi 
cerca lavoro di avere una sistemazione migliore.  
Nella contrattazione salariale non c’è stato alcun movimento nella riduzione dei 
salari minimi relativamente elevati per legge che hanno spesso inciso sulle prospettive di 
occupazione per i giovani e  lavoratori a basso salario. 
L’orario di lavoro piø flessibile può consentire alle imprese di adattare l’orario 
lavorativo piø facilmente e con costi sicuramente inferiori.  
Gli incentivi a rimanere nel mercato del lavoro sono stati attivati in quanto il 
prepensionamento spesso sembra avere l’effetto opposto rispetto a quello desiderato 
ovvero che, per ogni persona che va in pensione, al suo posto sarà impiegato un 
disoccupato.
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Nella seconda metà del terzo capitolo si parlerà quindi della crisi economica che ha 
duramente colpito nel 2008 i mercati finanziari ed economici con gravi conseguenze per i 
lavoratori e le loro famiglie. 
Molti paesi all’interno e all’esterno dell’OCSE hanno visto scendere sensibilmente il 
prodotto. Ciò ha determinato un netto calo dell’occupazione e una brusca crescita della 
disoccupazione.  
Le prospettive a breve termine per l’economia e il mercato del lavoro presentano un 
notevole grado di incertezza. Esistono crescenti segnali di un possibile superamento della 
fase peggiore della crisi e dell’avvicinarsi di una ripresa.  
Si vedrà che le ultime proiezioni dell’OCSE indicano che la crescita del prodotto 
tornerà in positiva solo nella prima metà del 2010 e che resterà moderata fino all’ultima 
parte dell’anno. In ogni caso, il ritmo di creazione di posti di lavoro seguirà con un ritardo 
significativo la ripresa eventuale del prodotto.  
Si prevede, di conseguenza, che il tasso di disoccupazione nei paesi dell’OCSE 
continui a crescere per tutto il 2010 e che nella seconda metà dell’anno si avvicini a un 
nuovo massimo dal dopoguerra (10%, corrispondente a 57 milioni di disoccupati).  
Esiste il serio rischio che gran parte di questo forte aumento della disoccupazione 
assuma una natura strutturale, vale a dire che una buona parte di quanti perdono l’impiego 
passi gradualmente a ingrossare le fila dei disoccupati di lungo periodo oppure abbandoni 
le forze di lavoro.  
Si tratta di un fenomeno indesiderato che ha contraddistinto diverse economie 
dell’OCSE nei precedenti episodi di recessione, quando la disoccupazione è rimasta 
superiore ai livelli antecedenti la crisi anche una volta che il prodotto effettivo è tornato a 
coincidere con quello potenziale ed è, se mai, ridiscesa solo dopo molti anni. 
Si mostrerà che in una profonda recessione, molte aziende assumono dei lavoratori, 
ne perdono altri o chiudono. Tutto ciò dovrebbe facilitare la circolazione di disoccupati e  
posti di lavoro disponibili anche in una recessione.  
L’intenzione dei governi dei paesi membri dell'OCSE è quella di fornire un aiuto 
adeguato ai disoccupati e altri lavoratori colpiti dalla recessione in corso per evitare di 
iniziare un altro lungo periodo di disoccupazione persistentemente elevato e mercati del 
lavoro poco dinamici. Questa sarà una sfida difficile da rispettare in quanto una recessione 
profonda sconvolge i mercati del lavoro in modo complesso e  mette tutti i lavoratori a 
rischio di disoccupazione e esistenza della sottoccupazione.  
Successivamente si vedrà come la maggior parte dei paesi OCSE operano intensivi 
programmi a sostegno del reddito. Prestazioni in denaro forniscono reti di sicurezza per 
disoccupati infatti, con una disoccupazione crescente e il deterioramento dei redditi, le 
politiche diventano ancora piø importanti in quanto reti di sicurezza per le singole famiglie 
e stabilizzatori macroeconomici. La loro capacità e l'efficacia è, però, messa duramente 
alla prova dalla crisi economica attuale.  
L’attenzione sulle recenti politiche si è concentrata proprio sul sostegno al reddito 
per i disoccupati. In aggiunta, ci sono altri tipi di trasferimento che possono 
potenzialmente fornire un supporto fondamentale per un gruppo piø ampio di individui 
affetti da un indebolimento del mercato del lavoro. Soprattutto, i trasferimenti del governo 
possono svolgere un ruolo nel mantenere le persone nei loro posti di lavoro e  rendere il
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lavoro a bassa paga piø economicamente fattibile per i lavoratori che subiscono perdite di 
reddito.  
Così, si vedrà come l’indennità di disoccupazione parziale e sistemi di lavoro a breve 
tempo sono progettati per fornire integrazioni salariali temporanee per gli individui di 
fronte a  riduzioni di ore di lavoro. Allo stesso modo, le prestazioni di lavoro possono 
essere uno strumento efficace di ridistribuzione, ammortizzando le perdite di reddito 
derivanti dalla riduzione dell'orario di lavoro o concessioni salariali.  
Una delle principali riforme OCSE delle politiche del lavoro nell'ultimo decennio è 
stata  l'implementazione di determinate strategie, dove,  in cambio del pagamento di 
sussidi e offrendo efficaci servizi per il reimpiego, i destinatari sono tenuti a partecipare 
alla ricerca attiva di lavoro o formazione professionale o programmi di lavoro.  
Quindi, mentre è importante per alleviare le difficoltà attraverso il sostegno al 
reddito, è altrettanto importante per incoraggiare e aiutare chi cerca lavoro, trovare un 
nuovo lavoro e aumentare la loro occupabilità nel lungo periodo. Questo è in genere 
denominato "attivazione".  
Si vedrà come il periodo di formazione dovrebbe essere ampliato nel contesto del 
crescente numero di coloro che hanno perso il posto di lavoro e durata di una 
disoccupazione piø lunga.  
Ulteriore azione dei governi dell'OCSE è quella di aprire percorsi di 
prepensionamento e di invalidità in recessione, anzichØ prevedere disoccupati piø anziani e 
persone con disabilità parziale, con ri-occupazione e assistenza su misura per superare 
particolari barriere, per trovare un nuovo lavoro. 
Riguardo ai giovani, in particolare quelli meno qualificati, con particolari difficoltà 
nel mercato del lavoro,  necessitano spesso di assistenza particolare per evitare di 
compromettere nel lungo periodo le prospettive di carriera.  
Sicuramente la recessione diminuisce drasticamente le prospettive del mercato del 
lavoro di giovani meno qualificati, aumentando notevolmente la loro vulnerabilità alla 
disoccupazione di lunga durata.  
Infine si mostrerà come poter realizzare la riduzione al minimo dell'aumento del 
numero del gruppo dei giovani che vivono la disoccupazione di lunga durata e                        
l’ inattività, che sono quindi a rischio di perdere il contatto efficace con il mercato del 
lavoro e in modo permanente compromettono le loro prospettive di occupazione e di 
capacità di guadagno.
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Capitolo 1 
IL MERCATO DEL LAVORO E LE POLITICHE PER 
L’OCCUPAZIONE 
Introduzione  
In questo capitolo si affronta il tema delle politiche per l’occupazione OECD.  
Per cominciare vengono fornite delle spiegazioni sul mercato del lavoro e il connesso 
fenomeno della disoccupazione, dopodichØ si passa ad esaminare lo stesso in due semplici 
modelli: modello competitivo e modello non competitivo. 
    Infine, si intraprende la trattazione sulle politiche del lavoro non solo in generale 
ma anche andando a specificare il contributo dell’ OECD.  
 
1.1. Mercato del lavoro: nozioni e definizioni  
Come ogni mercato, il mercato del lavoro è un’istituzione decentrata in cui 
domanda,in questo caso le imprese, e offerta, in questo caso le “famiglie”, interagiscono 
nel determinare quantità, ovvero occupazione, e prezzi cioè i salari (Zanella, 2006). 
La definizione applicata nelle moderne economie e dagli istituti di statistica definisce 
occupati solo coloro che, tramite il lavoro,percepiscono un reddito monetario e disoccupati 
coloro che vorrebbero lavorare per percepire un reddito e sono attivamente impegnati nella 
ricerca di occupazione ma non la trovano. Sono dunque esclusi dalla categoria “occupati” 
coloro che svolgono attività non remunerate, ad esempio il lavoro domestico o il 
volontariato. Parimenti, sono esclusi dalla categoria dei disoccupati coloro che vorrebbero 
lavorare, ma non cercano attivamente un’occupazione (Fubini, 2006). 
Molte persone che, pur non cercando lavoro sono disponibili a lavorare, possono 
essere definite “lavoratori scoraggiati”. Si tratta sia di lavoratori disoccupati che nei 
periodi di elevata disoccupazione, dopo aver tentato di trovare lavoro, abbandonano la 
ricerca; sia di quei potenziali lavoratori che rinunciano ad entrare nel mercato del lavoro a 
causa delle scarse probabilità di trovare occupazione. I "lavoratori scoraggiati" non sono 
inclusi dalle statistiche fra i disoccupati, ma fra i "non appartenenti alle forze di lavoro", 
tuttavia si tratta di persone pronte a cogliere nuove opportunità di occupazione, quando 
queste si presentano. 
I principali indicatori che descrivono le condizioni del mercato del lavoro sono: 
- Forza lavoro, ossia la somma dei lavoratori occupati e quelli in cerca di 
occupazione. 
- Il tasso di attività(o di partecipazione), che è il rapporto fra le persone appartenenti 
alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. 
- Il tasso di occupazione: rapporto fra gli occupati e la corrispondente popolazione di 
riferimento. Salvo diversa indicazione, il tasso di attività e il tasso di occupazione 
vengono calcolati facendo riferimento alla popolazione in età lavorativa (15-64 
anni). 
- Il tasso di disoccupazione che è il rapporto fra persone in cerca di occupazione e le 
forze di lavoro. 
- Il tasso di disoccupazione di lunga durata che è il rapporto fra persone in cerca di 
occupazione da dodici mesi(e oltre) e le forze di lavoro.
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1.2. La disoccupazione 
La disoccupazione è la condizione in cui si trova chi vorrebbe lavorare ma non trova 
lavoro: in tale situazione si può trovare chi aveva un lavoro e lo ha perduto oppure chi si 
affaccia per la prima volta sul mercato del lavoro cercando una prima occupazione.   
Le interruzioni di lavoro possono dipendere da dimissioni da parte dei lavoratori in 
cerca di un lavoro migliore e da licenziamenti dovuti a variazioni dei livelli di occupazione 
tra le imprese. 
Queste ultime riducono l’organico in risposta a una diminuzione della domanda dei 
beni o servizi attraverso una riduzione o blocco del numero di assunzioni – in questo caso 
diminuisce la probabilità per i disoccupati di trovare un impiego-  oppure attraverso una 
riduzione del numero di assunzioni associata a un aumento dei licenziamenti.  
 
1.2.1. Tipi di disoccupazione 
Come già detto, i lavoratori sono disoccupati per motivi diversi e per periodi di 
tempo diversi e i responsabili della politica economica normalmente si preoccupano per 
certi tipi di disoccupazione e non per altri. Per questo è utile classificare la disoccupazione 
in base alle sue caratteristiche e alle sue origini. 
Tradizionalmente la disoccupazione è stata classificata secondo quattro tipologie: 
frizionale, strutturale, stagionale e ciclica. In tempi recenti alcuni autori hanno posto 
l’accento anche sulla disoccupazione tecnologica, che può essere considerata un aspetto 
particolare della disoccupazione strutturale. 
In qualsiasi momento la disoccupazione non può essere pari a zero, perchØ è sempre 
presente la  disoccupazione frizionale che è  la disoccupazione di breve durata, che è 
determinata dai normali tempi intercorrenti tra quando si perde o si abbandona un lavoro e 
quando se ne trova uno nuovo o tra quando terminano gli studi o la formazione 
professionale e si trova il primo impiego. Non tutti i lavori sono uguali, i posti di lavoro si 
differenziano per mansioni, retribuzione, orari, dislocazione geografica e l’informazione 
circa le disponibilità di lavoro è imperfetta. Quindi, è piø che naturale che si impieghi un 
po’ di tempo per trovare il lavoro adeguato alle proprie capacità ed esigenze anche se la 
domanda di lavoro è elevata.  
PoichØ esistono delle “frizioni” nel funzionamento del mercato del lavoro e la 
riallocazione dei lavoratori non è immediata, in ogni economia c’è sempre una quota di 
disoccupazione frizionale. 
Molti lavoratori rimangono disoccupati per un periodo di tempo piuttosto lungo, talora 
interrotto da lavori saltuari. Lunghi periodi di disoccupazione non possono essere attribuiti 
alla normale ricerca di un posto di lavoro; la disoccupazione strutturale nasce dunque dallo 
squilibrio fra il numero dei lavoratori con particolari qualifiche e il numero di lavoratori 
con quelle qualifiche richieste dalle imprese.  
L’attuale situazione del mercato del lavoro richiede una ulteriore nozione di 
disoccupazione, che possiamo definire “disoccupazione intermittente”. La diffusione dei 
contratti a tempo determinato ha creato una nuova categoria di lavoratori, che passano 
continuamente da periodi di lavoro a periodi di disoccupazione non per loro volontà ma 
perchØ comunque non riescono a trovare un’occupazione stabile. In molti casi rimangono
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disoccupati per periodi brevi, ma piø volte nel corso di un solo anno e spesso devono 
impegnarsi in corsi di formazione per poter trovare una nuova occupazione. 
La disoccupazione stagionale risulta da un minor livello di attività economica in 
determinati settori dell’economia in particolari momenti dell’anno. Per esempio nel settore 
agricolo e nell’edilizia c’è un rallentamento dell’attività durante l’inverno. Anche il 
turismo è spesso un fenomeno stagionale. 
La disoccupazione ciclica deriva da un rallentamento dell’attività produttiva. Nelle 
fasi recessive ristagna il livello dell’attività economica e di conseguenza diminuisce la 
domanda di lavoro. In queste fasi aumenta quindi la disoccupazione. La disoccupazione 
ciclica viene poi riassorbita nelle fasi espansive del ciclo economico. 
La disoccupazione tecnologica deriva dall’introduzione di impianti e macchinari che 
consentono di risparmiare la quantità di lavoro impiegata per unità di prodotto (Fubini, 
2006).  
 
1.2.2. La disoccupazione di lunga durata 
La persistenza di elevati tassi di disoccupazione per periodi prolungati determina 
disoccupazione vera e propria. Se la disoccupazione di protrae per tempi molto piø lunghi, 
si ha allora la cosiddetta “disoccupazione di lunga durata”. Quest’ ultima può avere 
conseguenze particolarmente serie non solo sulla psiche del disoccupato, ma anche sulle 
sue effettive possibilità di trovare un lavoro in seguito, in quanto le sue competenze, 
derivanti da esperienza o da studio, da un lato vanno gradualmente perdendosi per mancato 
esercizio, dall’altro perchØ diventano obsolete rispetto alle nuove tecniche di produzione. 
Uno degli effetti della disoccupazione di lungo periodo consiste nel mancato incontro 
tra domanda e offerta di lavoro per quanto concerne le caratteristiche e le competenze dei 
lavoratori. 
Si crea allora un “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro. Non sempre le imprese 
domandano meno lavoro di quanto ne venga offerto, bensì cercano lavoratori con 
caratteristiche diverse: si verificherebbero così contemporaneamente casi di lavoratori 
senza occupazione e di imprese che non trovano lavoratori da occupare nei posti di lavoro 
che esse richiedono di coprire (Fubini, 2006).        
 
1.2.3. La disoccupazione frizionale e la curva di Beveridge 
La teoria competitiva prevede che il mercato del lavoro sia, almeno nel lungo 
periodo, in perfetto equilibrio.  
Tuttavia, come già detto,  è chiaro che nella realtà sarà sempre possibile osservare 
degli individui disoccupati. Se domanda e offerta di lavoro sono uguali, si può ipotizzare 
che la parte della popolazione attiva che non trova impiego stia cercando opportunità di 
impiego migliori. Per questi individui esistono dei posti vacanti disponibili e la durata della 
disoccupazione è limitata al periodo di ricerca del posto vacante adatto. Queste 
considerazioni sono alla base del concetto di “disoccupazione frizionale” (v. Figura 2.1).